28/08/2025
“Sono ormai passati cinquant'anni dal mio primo incontro con Aldo Aniasi a Palazzo Marino, la sede del Comune di Milano. Lui era il "compagno Iso", ed è così che lo chiamai quando gli parlai da giovane studente per invitarlo al mio liceo a parlare di democrazia e repressione dopo Il golpe cileno contro Salvador Allende. Sì, compagno Iso: però quel giorno gli diedi del lei, e non solo perché era il sindaco, da 7 anni e con un prestigio sempre maggiore, ma soprattutto per il rispetto reverenziale verso un uomo della Resistenza, il comandante partigiano che aveva liberato insieme ai suoi compagni illustri e sconosciuti l'Italia settentrionale dall'oppressione nazifascista.
Non ho ricordato quel primo incontro per autobiografismo di maniera: noi davvero provavamo per le figure come Iso e gli altri venuti dalla Resistenza e rimasti sulla scena politica una venerazione e un timore reverenziale. La loro vittoria e il percorso politico che ne seguì ci avevano portato in dono quell'alfabeto di democrazia che iniziava con con la A di antifascismo e conteneva la C di Costituzione, la D di difesa della libertà, la E di Europa, la F di fede nella scienza, la G di giustizia sociale, la L di lavoro per tutti, la N di no all'antisemitismo e a ogni discriminazione, la O di occidente, la P di progresso, la R di Repubblica fino alla S di socialismo, l'idea di lottare per la conquistare pieni diritti civili e sociali per tutti, e con le sole armi del confronto democratico.
Non è un esercizio retorico: ho messo in fila quei punti fondamentali, perché oggi, mezzo secolo dopo, sono diventati tutti contendibili, come se quell'alfabeto fosse diventato almeno in parte il polveroso retaggio di un tempo superato. Le vite finiscono, e nonostante gli sforzi per difendere e tramandare il patrimonio storico e politico senza il quale l'Italia non sarebbe rinata, inesorabilmente le nuove generazioni guardano alla seconda guerra mondiale e alla conquista della democrazia repubblicana come noi guardavamo al Risorgimento, pagine infeltrite e infarcite di retorica patriottarda. L'Italia unita per noi era lo stato di natura, come lo è per i giovani di oggi la libertà repubblicana in un quadro di pace. Uno stato di natura, non una conquista per tutti che dobbiamo a pochi. Oggi si guarda con compatimento quando non fastidio a chi è sopravvissuto a Auschwitz, si rimette in discussione il ruolo del movimento partigiano nella Liberazione, si recrimina sul peso degli americani nel nostro ritorno alla libertà e nella nostra ricostruzione, e del resto è toccato vedere leader di organizzazioni partigiane titubanti nel condannare un'invasione di oggi, in Ucraina.
Aldo Aniasi sapeva bene che la memoria aveva bisogno di essere liberata dall'arma a doppio taglio della glorificazione. Doveva essere ricordo documentato, rendiconto di un'esperienza collettiva capace di organizzazione e amministrazione. Lo spirito della Repubblica dell'Ossola era del resto embrione di quella che fu poi la sfida riformista. Per questo il sindaco poi parlamentare e poi ministro Aldo Aniasi poté essere tra i pochi a tracciare una linea di continuità tra l'esperienza ossolana, e quelle di delega rappresentativa a livello milanese e nazionale, lungo dieci lustri di vita politica. Lo posso dire per conoscenza diretta del suo percorso, delle sue idee, dei suoi valori. Dopo quel primo incontro con Iso, mezzo secolo fa, con lui mi sono impegnato in tante battaglie ora lontane, dal circolo De Amicis fino all'approdo alla Camera, a fare quelle cose da riformisti, a cominciare dalla battaglia sulle autonomie e i poteri degli enti locali - c'era da dare contenuto alla legge 382 - in cui sembrava un rabdomante delle regole e delle norme, con capacità inesauste di ascolto, studio e lotta in commissione e in aula parlamentare. Lottava come aveva lottato nell'Ossola, con passione civile e politica, vincendo e perdendo, fino a quando ha fatto politica. Non smise mai di rapportarsi agli anni della Resistenza, e tutelò la memoria partigiana dai due nemici speculari che vedeva crescere per evidenti interessi politici contrapposti: la mitizzazione e la relativizzazione. È stato Iso dall'inizio alla fine, un partigiano perbene. Sapeva di aver combattuto dalla parte giusta della storia, contro il fascismo e alla larga dal fanatismo. Indubbiamente, indiscutibilmente ne valeva la pena.”
𝐄𝐧𝐫𝐢𝐜𝐨 𝐌𝐞𝐧𝐭𝐚𝐧𝐚, Postfazione a 𝑁𝑒 𝑣𝑎𝑙𝑒𝑣𝑎 𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑛𝑎. 𝐷𝑎𝑙𝑙𝑎 “𝑅𝑒𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑎” 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑂𝑠𝑠𝑜𝑙𝑎 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑖𝑡𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑟𝑒𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑎𝑛𝑎, a cura di Aldo Aniasi, Biblion edizioni, 2024.