Claudio Michelizza

Claudio Michelizza CU Specialist e CEO Bufale.net Claudio Michelizza nasce a Castellanza (VA) nel 1978 e sin da piccolo si appassiona al giornalismo e alla storia.

Entrambe le passioni lo portano a sviluppare uno spirito critico che, negli anni, diventerà la sua missione: dare il suo contributo alla corretta informazione sposando la causa del fact-checking, del debunking e della lotta alla disinformazione. In rete è conosciuto come “Lo Sbufalatore” e nel mondo del lavoro è un Data Analyst, SEO, Social Specialist ed esperto in Tag Container (Google Analytics,

Act Commander, AT Internet, Trackingbox, Google Tag Manager, Adform, Data Studio), capacità che oggi gli consentono di vivere il mondo social con le sue facoltà di debunker, una passione che nel 2014 si è tradotta con l’apertura di Bufale.net (il più importante servizio in Italia contro le fake-news e scuola di debunking), una realtà gratuita di verifica delle fonti alla quale collaborano, nel tempo libero, altri liberi cittadini che condividono la stessa passione al di là di ogni appartenenza politica e sociale. Oggi Claudio Michelizza ha una rubrica fissa su 5 radio nazionali, regionali e locali, fra le quali Radio24, RaiRadio Due e altre. Insieme allo Zoo di 105 ha lanciato la prima rubrica radiofonica sulle fake news seguita da tutti gli italiani a livello Nazionale. Nel suo impegno con Bufale.net si occupa anche di formazione di nuovi debunker presso le scuole ed è spesso ospite di convegni sul tema. Tra questi, si ricorda il Publisher Day di Milano, il Conosciamoci Meglio della Bayer, l’Hackaton di Rimini, l’After Festival di Reggio Emilia, il di Roma e il Controtempo di Sommariva del Bosco (CN). L’1 dicembre 2018 ha partecipato al settimanale Insieme/Juntos del TGCom24 per parlare di fake news. Il suo impegno come debunker ottiene spesso un riconoscimento da parte delle testate ufficiali e dalle agenzie di stampa, che nei loro articoli menzionano il servizio Bufale.net quasi ogni giorno come fonte che smaschera le bufale e la disinformazione (Giornalettismo, AGI, La Repubblica). In altri ambiti social è fondatore delle pagina Facebook Blastometro e admin della community Adotta anche tu un analfabeta funzionale. In passato è stato admin del team originale di Commenti Memorabili e oggi è fondatore di Copia Originale, il primo portale sulla Comunicazione Non Verbale (CNV).

18/10/2025

Mi chiamo Luca, ho 28 anni,
Giuro che quando la mia morosa si incazza… mi sento come un gatto in mezzo all’autostrada.

Non urla.
Non lancia piatti.
Peggio.
Fa silenzio. Quel silenzio glaciale, tipo prima di un temporale.
E tu lo senti arrivare, anche se sei in un’altra stanza.
Le domandi:
— “Tutto bene?”
E lei:
— “Sì.”
Quel “sì” che in realtà vuol dire: “Hai appena firmato la tua condanna”.

Una volta abbiamo litigato perché avevo dimenticato di mettere giù il coperchio del WC.
Dopo due ore di guerra fredda, le chiedo:
— “Ma perché non me l’hai detto subito?”
Risponde:
— “Se mi ami, dovevi capirlo da solo.”
Io non capisco nemmeno le istruzioni dell’aspirapolvere, figurati i segnali d’amore in codice.

Un’altra volta, tornando tardi dal lavoro, ho trovato la tavola apparecchiata con cura… per uno.
Accanto al piatto, un post-it:
“Il microonde è la tua nuova fidanzata.”

Quando si arrabbia davvero, entra in una modalità che chiamo “Netflix interiore”:
rivive TUTTI i miei errori in ordine cronologico.
2021: dimenticato l’anniversario.
2022: risposto “boh” a un messaggio importante.
2023: respirato nel modo sbagliato durante una discussione.

Io provo sempre a sdrammatizzare:
— “Amore, dai, non arrabbiarti…”
E lei:
— “Non sono arrabbiata.”
Lo dice con la voce di chi ha appena visto la fine del mondo.

E niente, ogni volta mi prometto che starò più attento.
Ma poi sbaglio una virgola, e si riaccende l’inferno domestico.
Ormai quando la vedo accigliata, mi viene spontaneo chiedere:
— “Vuoi un tè o devo scappare?”

18/10/2025

Mi chiamo Andrea, ho 31 anni,
e convivo con un coinquilino che tratta il frigorifero come una creatura mistica.

Giuro, secondo lui “il freddo è un’entità viva” e “non bisogna disturbarlo troppo”.
Quindi apre il frigo in silenzio, con una lentezza che manco Indiana Jones davanti a un tesoro.
Una volta ho osato chiudere la porta troppo forte e lui, serissimo, mi ha detto:
— “Hai spaventato il ghiaccio.”

Nel freezer tiene una busta con scritto “non aprire mai”.
Ho pensato fosse roba illegale.
Un giorno, spinto dalla curiosità (e dalla fame), l’ho aperta.
Dentro c’erano… tre cubetti di ghiaccio del 2019.
“È ghiaccio affettivo”, mi ha spiegato. “I primi del vecchio frigo.”

Poi ha l’abitudine di etichettare tutto:
“Pasta – emozioni neutre”,
“Yogurt – triste”,
“Birra – uso solo nei momenti di rivelazione”.

L’altra sera rientro tardi, apro il frigo e vedo che ha appeso un biglietto:
“Non toccare il prosciutto, è in lutto per la mozzarella scaduta.”
Io non so se ridere o cambiare appartamento.

Il momento peggiore è stato quando ha invitato degli amici per una “serata di riconciliazione alimentare”.
Hanno fatto cerchio attorno al frigo, acceso una candela e ringraziato “le verdure dimenticate”.
Io, nel frattempo, ordinavo una pizza da asporto.

Però la cosa più assurda è successa ieri:
sono tornato a casa e il frigo era… spento.
Gli chiedo:
— “Che succede?”
E lui, tranquillo:
— “Sta meditando.”

E niente, da quando vivo con lui mangio meno… ma rido molto di più.



18/10/2025

Mi chiamo Stefano, ho 29 anni,
e da quando ho cambiato casa vivo nel condominio più strano d’Italia.

Il primo giorno, mentre scarico le valigie, il vicino del piano di sopra si affaccia e mi dice:
— “Benvenuto! Io faccio musica con le padelle.”
Io penso sia una battuta.
No. Ogni sabato alle 7 del mattino parte il suo “concerto per tegami e mestoli in Mi minore”.

Al piano terra c’è la signora Gina, che annaffia le piante anche quando piove.
Una volta l’ho vista con l’impermeabile e l’ombrello… che bagnava i gerani.
Le ho chiesto perché.
Ha risposto: “L’acqua piovana non è educata”.

Il terzo giorno suona il campanello.
È un tizio con un vestito nero e un cagnolino al guinzaglio:
— “Buonasera, sono il presidente del condominio.”
Mi porge un foglio: “È il regolamento interno. Vietato cucinare pesce dopo le 20 e cantare dopo le 19. Ma si può usare il trapano fino alle 23:30”.
Non sto scherzando.

Poi c’è il garage.
Lì vive (letteralmente) un tipo che colleziona vecchi televisori “perché parlano di notte”.
Una sera mi ha invitato a bere una birra mentre uno dei suoi Mivar del ’98 gracchiava da solo.
“Vedi? Sta dicendo che pioverà.”
E in effetti il giorno dopo pioveva. Ora non so se ridere o chiamare un esorcista.

Ma la vera sorpresa è arrivata l’altra settimana.
Assemblea condominiale.
L’unico punto all’ordine del giorno: “Installare una statua del santo protettore degli elettrodomestici”.
Approvato all’unanimità.

E niente, vivo in un condominio che sembra una sitcom scritta da qualcuno in fase REM.
Però lo ammetto: da quando sono qui… non mi annoio mai.



18/10/2025

Mi chiamo Davide, ho 27 anni,
Ogni volta che vado al distributore automatico per le si*****te dimentico la tessera sanitaria.

La scena è sempre uguale.
Ore 23:58, pioviggina, luci al neon che fanno sembrare tutto un pronto soccorso per adulti.
Io, cappuccio in testa, monete già pronte.
Schermo: “Inserire tessera sanitaria”.
Io: “Ah già”.

Inizio il rito del fallimento.
Controllo portafoglio, tasca interna, tasca segreta, custodia del telefono, scontrino del 2021, tessera del supermercato, tessera della palestra che non frequento dal 2020.
La tessera sanitaria? Evaporata.

Dietro di me arriva un tipo in pigiama e ciabatte.
Mi guarda come se stessi provando a pagare con figurine Panini.
“Ti serve la tessera?”
“Eh.”
“Non ce l’ho neanche io, chiedo sempre a mia nonna.”
Pausa imbarazzante.

Provo l’ultima mossa: foto della tessera sul telefono.
La app non la prende.
Riprovo con il codice fiscale memorizzato a memoria.
La macchina risponde: “Documento non valido”.
La macchina ha ragione.

Alla fine cedo.
Compro gomme alla menta dal distributore a fianco, così almeno esco con qualcosa in mano e la dignità al 12 percento.
Torno a casa, apro il cassetto per buttare le monete avanzate… e la tessera è lì.
Sopra. In bella vista. A prendermi in giro.

Il giorno dopo ho messo un post-it sul portafoglio:
“Sigarette = tessera. Se no, ciao”.

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18/10/2025

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18/10/2025

Mi chiamo Luca, ho 31 anni,
e lavoro in un’azienda dove il capo ha deciso di motivarci con i “lunedì della positività”.

Ogni lunedì mattina alle 8, invece di timbrare il badge, dobbiamo fare un cerchio e dire una cosa per cui siamo grati.
Il primo giorno ho detto:
— “Sono grato di avere ancora la pazienza di stare qui.”
Il capo ha sorriso.
Il secondo lunedì ho detto:
— “Sono grato del fatto che sia venerdì… almeno nella mia testa.”
Da lì ha smesso di sorridere.

Poi ha introdotto il “rito del mantra aziendale”.
Ogni mattina dobbiamo ripetere in coro:

“Io non lavoro per i soldi, lavoro per la crescita personale.”
Io, ogni volta che lo dico, sento il mio conto in banca piangere.

Un giorno ha portato una coach motivazionale.
Ci ha detto:
— “Immaginate di essere degli alberi, radicati nella produttività!”
Il mio collega, senza ba***re ciglio:
— “Io mi sento un bonsai, pagato come un geranio.”

La settimana scorsa il capo ci ha scritto su WhatsApp:

“Da oggi niente pausa caffè, sostituita da 5 minuti di meditazione collettiva.”
Risultato: metà ufficio fuma di nascosto in bagno “per meditare meglio”.

E oggi l’ultima trovata.
Ha messo in sala relax un cartello con scritto:

“Lamentarsi abbassa la frequenza vibratoria.”
E sotto, qualcuno ha aggiunto a penna:
“E pagare poco abbassa la motivazione.”

Ora dice che vuole installare una “campanella della gratitudine” da suonare ogni volta che riceviamo una buona notizia.
Io propongo di suonarla ogni volta che arriva lo stipendio.
Silenzio.
Non l’ha più nominata.



18/10/2025

Mi chiamo Stefano, ho 28 anni,
e lavoro in un’officina dove il capo dice che “siamo una famiglia”.
Solo che in famiglia di solito la tredicesima non sparisce.

Lunedì scorso entro e vedo un cartello sulla porta:

“Da oggi niente caffè aziendale, costa troppo.”
Il giorno prima, lo stesso uomo aveva pubblicato su Facebook la foto del suo nuovo SUV con scritto:
“I sacrifici ripagano sempre.”
Già, i nostri sacrifici.

In officina siamo in cinque.
Il più anziano ha 63 anni e lavora da 40, il più giovane ne ha 19 e non ha ancora capito che non gli pagano gli straordinari.
Ogni giorno la stessa routine:
rumore di trapano, bestemmie sussurrate, e il capo che passa urlando “veloci ragazzi, il tempo è denaro!”.
Peccato che il tempo è nostro, il denaro no.

L’altro giorno ho chiesto:
— “Capo, ma gli straordinari di giugno?”
Lui mi guarda come se avessi chiesto un prestito in bitcoin.
— “Eh, li mettiamo a recupero, ti do due ore di permesso a novembre.”
Novembre 2046, probabilmente.

Ma la cosa più bella è il pranzo.
Ogni volta che tiri fuori il panino ti dice:
— “Eh ma mangi sempre panino? Ti fai male allo stomaco.”
Io:
— “Se mi pagassi in tempo mi farei il risotto, capo.”

Ogni venerdì alle 18 lo stesso discorso:
“Ragazzi, senza di voi l’azienda non esisterebbe.”
E io dentro penso:
“Senza noi, forse esisterebbe pure… ma senza debiti.”

E niente, si sopravvive.
A fine mese guardo la busta paga e sorrido.
Non per la cifra, ma per sport.



18/10/2025

Mi chiamo Davide, ho 30 anni,
e da tre mesi non vedo lo stipendio.

Ogni mattina mi alzo, vado a lavorare, faccio il mio, saluto con un “buona giornata” sincero… ma dentro mi viene da ridere.
O forse da piangere, non lo so più.

Tre mesi che lavoro “per passione”.
Tre mesi che quando mi chiedono “come va a lavoro?” rispondo:
“Benissimo, peccato solo che sia un hobby.”

La prima volta che non è arrivato lo stipendio ho pensato: “ci sarà stato un ritardo”.
La seconda: “forse problemi bancari”.
La terza ho capito che i problemi non erano della banca, ma miei.

Ogni settimana la stessa storia.
“Lunedì sistemiamo tutto.”
Solo che non specificano quale lunedì.

Nel frattempo l’affitto lo pago davvero, la spesa la faccio davvero, e il mutuo della macchina non accetta promesse come valuta.
La parte peggiore non è neanche la mancanza di soldi.
È la sensazione di non contare nulla.

Perché vai a lavorare lo stesso, ti impegni lo stesso, ma ogni giorno senti che ti stanno fregando un po’ di più.
Ti dicono: “abbiamo fiducia in te.”
E tu pensi: “anch’io in voi, fino a tre mesi fa.”

Gli amici ti fanno le battute:
“Eh ma almeno sei in regola.”
Sì, in regola nel lavorare gratis.
“Eh ma poi ti fanno gli arretrati.”
Sì, quando io sarò un reperto storico dell’INPS.

E niente, in Italia funziona così:
se non lavori sei un parassita,
se lavori gratis sei un esempio di dedizione.

Io nel dubbio continuo ad andare,
ma la sveglia la imposto con la scritta:
“Non ti dimenticare che ti devono ancora tre stipendi.”



18/10/2025

Mi chiamo Marco, ho 34 anni,
e tutti pensano che avere la partita IVA significhi essere ricco.

“Eh, beato te che sei libero.”
“Eh, tu non hai il capo.”
“Eh, tu puoi gestirti il tempo come vuoi.”

Sì, come no.
Libero… di lavorare anche la domenica.
Senza capo… ma con lo Stato che mi tratta come il suo stagista personale.
Gestirmi il tempo? Certo. Posso scegliere se lavorare la sera o la notte.

La verità è che, se arrivo a 1800 euro al mese, è festa grande.
Che poi 1800 lordi.
Netti diventano 1.100.
E di quelli, 400 se ne vanno in contributi, 200 in benzina, 100 in caffè per rimanere sveglio e il resto… boh, evapora tra bollette e IVA.

Un amico impiegato mi fa:
“Eh ma tu almeno puoi scaricare le spese.”
Sì, anche la dignità, se serve.

Ogni mese è un rebus: calcolo, ricalcolo, fatturo, aspetto i pagamenti come si aspettano le stelle cadenti.
Nel frattempo, il commercialista mi manda messaggi tipo:
“Ricordati l’acconto INPS.”
“Ricordati la ritenuta d’acconto.”
“Ricordati di respirare, se puoi.”

Quando dico che non ho ferie, la gente ride.
Quando dico che non ho malattia, pensano che scherzo.
Ma non scherzo.
Con la febbre a 39 io lavoro lo stesso, solo che invece di tossire al capo, tossisco alla stampante che non funziona.

E niente.
Siamo una generazione che lavora il triplo per guadagnare la metà,
che apre partita IVA per inseguire un sogno
e finisce per farsi ve**re l’ulcera a colpi di F24.

Ma tranquilli eh.
Siamo “autonomi”.



17/10/2025

Mi chiamo Luca, ho 29 anni,
e mia nonna va in discoteca.

Non è una metafora, né una frase nostalgica:
mia nonna, 78 anni, ogni sabato prende la borsetta glitterata, spruzzata di profumo “magnetico”, e va a ballare.

Tutto è iniziato quando le hanno chiuso il centro anziani “per lavori di ristrutturazione”.
Nel giro di due settimane era in crisi d’astinenza da liscio.
Allora una sua amica — la mitica Pina, 82 anni e ginocchiere in borsa — le dice:
“Vieni con me, fanno musica dal vivo e uomini vivi.”

Da lì è nata la leggenda.

Ora, ogni sabato, alle 22:00, lei mi scrive su WhatsApp:
“Non aspettarmi sveglio 💃✨”

Una volta l’ho accompagnata per curiosità.
Appena entrati, la security mi guarda storto:
— “Evento over 60, ragazzo, i giovani disturbano.”
— “Sono colla nonna.”
— “Ah, allora puoi entrare. Ma stai in un angolo.”

Dentro… il delirio.
Una pista piena di pensionati con più stile dei ventenni a Ibiza.
C’era un tizio con la bombetta che faceva moonwalk e una signora con la borsa di Prada che lanciava cuori al DJ.
Mia nonna?
In mezzo alla pista, a ballare “Gloria” di Umberto Tozzi come se fosse al Tomorrowland.

A un certo punto le arriva un messaggio.
Lo leggo per sbaglio:
“Stasera dopo il lento di Baglioni ci scambiamo la dentiera come segno d’amore.”
L’ho portata via immediatamente.

La domenica, quando la invitiamo a pranzo, arriva con gli occhiali da sole e la voce roca:
“Non chiedetemi com’è andata. DJ Franco mi ha dedicato ‘Ancora’ di De Crescenzo. Sto vivendo un sogno.”

E niente.
C’è chi a 78 anni guarda la TV, e chi mette la playlist su Spotify:
“Nonna Club Edition”.



17/10/2025

Mi chiamo Giuseppe, ho 32 anni e lavoro come OSS.
Attualmente assisto quattro persone.
Non perché abbia tanto tempo libero, ma perché con un solo incarico non riuscirei ad arrivare a fine mese.

Il guadagno è davvero irrisorio, e con i continui aumenti diventa sempre più difficile vivere con dignità.
Non sogno ville al mare, né vacanze ai Caraibi.
Vorrei solo una vita semplice, serena, insieme a mia mamma, che è gravemente malata.

Viviamo in affitto, e ogni mese è una lotta: bollette, affitto, spese quotidiane…
A volte sembra davvero di non farcela più.

Non scrivo queste parole per lamentarmi, ma per dare voce a una realtà che, purtroppo, vivono in tanti.
Chi lavora nel sociale lo sa: ti affezioni, ti prendi cura, diventi parte della vita di chi assisiti.
Eppure, alla fine della giornata, torni a casa stanco e preoccupato, perché anche tu — che ti occupi della fragilità altrui — devi fare i conti con la tua.

Spero solo che le cose possano cambiare.
Che chi lavora con il cuore, che si alza ogni giorno per dare dignità agli altri, possa un giorno vivere con la stessa dignità che ogni essere umano merita.

Perché la vita, così com’è ora, a volte sembra chiederti troppo.
E tu, nonostante tutto, continui a dare.

17/10/2025

Mi chiamo Alan, ho 43 anni,
e ho scoperto che i compleanni all’asilo sono diventati il Circo Massimo dei genitori nevrotici.

Mia figlia Emma ha compiuto 5 anni.
Io volevo fare una cosa semplice: torta, palloncini, fine.
Mia moglie mi guarda come se avessi proposto di festeggiare al cassonetto dell’umido.

— “Alan, l’anno scorso Ludovica ha avuto un castello gonfiabile a tema unicorno con nebbia scenica.”
— “Ludovica ha 4 anni, non sta girando un video di Beyoncé.”
— “E Mattia? Tre animatori vestiti da dinosauri che ballavano trap.”
— “Mattia probabilmente è traumatizzato.”

Risultato: abbiamo assunto un mago che costa più di un commercialista e una truccabimbi che usa solo pigmenti tibetani.

Il giorno della festa arrivo con 25 sacchetti regalo.
Dentro: matite eco-vegane, un libricino sui diritti degli animali e una pietra di quarzo rosa per “equilibrare i chakra”.
Mi sento un guru.

Poi vedo Alessandra, la mamma di Mattia.
Ha portato 25 zainetti monogramma con dentro un iPad Mini, cuffie wireless e una lettera scritta a mano dalla maestra che ringrazia per “la generosità”.

— “Ma Alessandra, ti sei quotata in borsa?”
— “No, ma Mattia ha un’immagine da mantenere.”
Mattia ha 5 anni e sbava ancora quando dorme.

Durante la festa i bambini giocano.
I genitori competono.
C’è quello con il videografo e il drone,
quella che ha organizzato una “silent disco” perché “la musica disturba la serenità interiore”,
e il papà che chiede se la torta è “gluten-free, sugar-free, dairy-free e capitalism-free”.

— “È free di buonsenso, come questo party.”

Il mago tira fuori un coniglio dal cappello.
Una mamma urla:
— “È rescue o l’hai comprato?”
Il mago, sudato:
— “Signora, è un trucco di magia, non un’adozione.”

Quando Emma spegne le candeline, Alessandra interrompe:
— “Fermi! Prima dobbiamo cantare in cerchio secondo il metodo Montessori-Waldorf-Steiner.”
Io:
— “O cantiamo ‘Tanti auguri’ come i cristiani, o mi butto dalla finestra.”

Alla fine, mentre raccolgo palloncini biodegradabili e piattini compostabili, Emma mi abbraccia:
— “Papà, è stato bellissimo.”
— “Davvero? Perché?”
— “Perché quando la mamma di Mattia ha litigato col mago, tu hai riso così forte che tutti si sono calmati.”

E niente.
Ho capito che i compleanni all’asilo sono un campo di battaglia.
E l’unica strategia vincente è portare una torta gigante e fregarsene del giudizio altrui.
Anche se domani Alessandra organizzerà il compleanno su uno yacht.
Con pony biologici.



Indirizzo

Milan

Orario di apertura

Lunedì 13:00 - 14:00
Martedì 13:00 - 14:00
Mercoledì 13:00 - 14:00
Giovedì 13:00 - 14:00
Venerdì 13:00 - 14:00
Sabato 13:00 - 14:00
Domenica 13:00 - 14:00

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