30/07/2025
Non amo fare polemica, ma a un certo punto bisogna parlare chiaro.
Io e mio fratello abbiamo lavorato per tre anni, da soli e senza alcun finanziamento, al documentario . Un progetto totalmente autofinanziato, nato dal desiderio di portare alla luce un tema che in Italia nessuno aveva mai voluto affrontare: il commercio legale della carne di squalo.
Abbiamo bussato ovunque, ma la risposta era sempre la stessa: “Non interessa”, “Non vende”, “Troppo scomodo”. Nessuno ha voluto crederci. E noi l’abbiamo fatto lo stesso. Con passione vera. Con sacrifici veri. Abbiamo messo in gioco tutto: tempo, soldi, energie. Perché ci credevamo davvero. Perché volevamo fare qualcosa di necessario.
E ora? Ora che il documentario è uscito e ha iniziato a fare rumore, improvvisamente il tema è ovunque. Ne parlano testate, programmi, media. Ma quasi mai viene citato il nostro lavoro. Nessun riferimento, nessuna menzione. Come se non fossimo mai esistiti.
E no, non è una questione di ego. Essere citati non serve a gonfiare l’orgoglio, ma a riconoscere il valore di un progetto in cui abbiamo messo l’anima. Un lavoro vero, fatto quando nessuno voleva ascoltare. Fa rabbia vedere che appena un argomento diventa mediaticamente “interessante”, c’è chi si sbriga a riprenderlo, a cavalcarlo, a farlo suo. Senza nemmeno dire da dove è partito tutto.
È sempre la solita storia: in Italia non si sostiene chi crea, si aspetta che qualcosa faccia rumore per rubarne l’eco.
Siamo fieri di quello che abbiamo fatto.
Ma siamo stanchi di vedere la fatica vera trattata come invisibile.
Noi siamo qui. E continueremo a dirlo forte… PER IL MARE 🌊