08/12/2025
Viviamo in un periodo storico in cui il valore profondo di ciò che facciamo si sta dissolvendo. Non conta più come comunichiamo, né che cosa comunichiamo: tutto scorre dentro un flusso incessante di contenuti che si moltiplicano e si imitano l’un l’altro. La saturazione è tale che molte cose sembrano perdere senso, diventare copie di copie, frammenti senza origine.
In mezzo a questo rumore dimentichiamo il contatto con la realtà. La tecnologia ci ha portati a confondere ciò che è reale con ciò che è digitale, fino a farci smarrire la capacità di percepire dove finiamo noi e dove iniziano le immagini che ci circondano.
Eppure, in ognuno di noi esiste un modo unico di comunicarsi al mondo. C’è chi lo fa attraverso un suono, chi attraverso un profumo, chi tramite un gesto, una parola, un oggetto, un’immagine. Ogni forma può essere un linguaggio, ogni scelta può diventare un’estensione autentica di ciò che siamo. L’espressione personale è una piccola scintilla d’arte: prende ciò che sentiamo dentro e lo rende percepibile, tangibile, condivisibile.
Io scelgo di farlo attraverso la fotografia e attraverso il mare. In ciò che documento, in ciò che osservo, spero sempre che si riesca a percepire la mia verità, la mia presenza, la mia intenzione sincera. Ogni riflesso, ogni colore, ogni scatto è un modo per lasciare una testimonianza di me, del mio modo di guardare il mondo.
Credo che questo sia il vero senso di tutto: riuscire a lasciare una traccia autentica, qualcosa che ci rappresenti davvero. Ed è proprio questo, purtroppo, il significato che oggi rischiamo di perdere, risucchiati da una comunicazione che corre veloce ma raramente arriva in profondità.