19/12/2025
DJ Max Bondino, guarda il Milan lontanissimo da San Siro e sogna di tornare a casa in BPM, il podcast che si può anche leggere, la rubrica che si ascolta su Spotify ed Apple Podcasts.
---------------------------
BPM (Beats Per Matches)
Milan – Napoli 0-2 (Supercoppa) ovvero THIS MUST BE THE PLACE (Talkin’ Heads)
---------------------------
Ad una prima occhiata, tutto sembra al suo posto. Le luci sono giuste, le persone ci sono, la scena è completa. Tutto sembra funzionare.
Eppure manca quella frizione minima che trasforma un posto in qualcosa che ti riguarda davvero.
Come se fosse stato montato altrove, per qualcun altro, senza chiedersi se dovesse significare qualcosa.
Ti muovi, guardi, sei lì. Con i piedi ben piantati a terra e la testa da un’altra parte.
Davanti a te qualcosa accade, scorre, va avanti. Il tempo passa senza ostacoli, senza attriti, quasi con gentilezza.
Non fa male. Non fa nemmeno bene. Passa.
A volte ti senti persino tranquillo, come se questa assenza di picchi fosse una forma di equilibrio.
Come se bastasse coprire i vuoti, abbassare la voce, andare avanti improvvisando.
Dire meno possibile. Funzionare.
E mentre tutto accade, capisci che non stai cercando un posto preciso.
Stai cercando di sentirti a casa.
Anche solo per un minuto.
“Home is where I want to be
Pick me up and turn me round
I feel numb, born with a weak heart”
Questa citazione potrebbe aprire questo racconto.
E potrebbe anche chiuderlo.
Perché all’inizio, “tornare a casa” non è ancora un obbligo, ma una specie di desiderio profondo, quasi atavico: sentircisi, a casa.
E ogni volta che il nostro calcio viene messo in scena lontano da tutto ciò che lo rende vivo, quella sensazione diventa ancora più chiara. Non è questione di distanza geografica. È una distanza emotiva ogni volta. E peggiora.
Milan–Napoli di Supercoppa inizia così.
Coi figuranti, coi nomi sulle maglie in arabo in omaggio ai numeri che lo sono da sempre, con le sciarpe mostrate al contrario, le donne mute e accompagnate, insomma: “Minchia, Johnny, ma quant’è bello il futuro?!”.
“The less we say about it the better
Make it up as we go along”
Non è malaccio neppure il primo tempo del Milan senza Modric e Bartesaghi, che ormai nominiamo sempre più spesso nella stessa frase, anche quando non si trovano sulla stessa zolla per ba***re le punizioni.
Non lo trovate bellissimo?
(Scusate il rigurgito di milanismo).
Dopo soli cinque minuti, nel mondo capovolto del calcio moderno vediamo capovolgersi anche Pavlovic, che tenta addirittura una rovesciata in piena area:
il colpo diventa un assist per Loftus-Cheek che, in spaccata, va vicino al vantaggio, ma Milinković-Savić lo imita e para in spaccata pure lui.
Al quarto d’ora, un cross di Tomori trova Nkunku defilato in area, sponda in mezzo per Saelemaekers che spara altissimo un pallone che meritava decisamente un altro destino.
Rischiamo cinque minuti dopo, quando Mike non trattiene su un’uscita alta: la porta resta vuota, ma Elmas sparacchia a lato in un’area affollatissima e delirante.
Dopo un gran destro a lato di McTominay, alla mezz’ora arriva il nostro momento migliore.
Combinazione rapida dal vertice destro dell’area del Napoli,
Pulisic smista per Saelemaekers, cross sul secondo palo per la testa di Rabiot, che colpisce con forza ma manda di poco sopra la traversa.
Poi, al 37’, la vera sliding door del match. Saelemaekers innesca un contropiede alla Rafa Leão:
cinquanta metri palla al piede, in velocità, lanciato in una voragine. Lo segue Nkunku che, quando riceve palla un passo dentro l’area, fa ciò che purtroppo ormai ci aspettiamo tutti: trovare un modo qualunque per ribaltare l’ovvio.
Questa volta opta per alzarla sopra la traversa, svariati metri oltre ogni senso del pudore.
“Hi yo, I got plenty of time”
Tranquilli, c’è tempo per tornare ad avere un centravanti. Nell’immediato, il problema è che il Napoli ne ha uno.
Uno di quelli normali, eh? Ma che fanno quelle cose che fanno i centravanti.
Sul ribaltamento, Hojlund protegge palla dal fondo, si scrolla di dosso De Winter come fosse forfora e mette teso in area piccola. Mike la tocca, ma non basta: il tap-in di Neres ci manda sotto.
E lì ci restiamo.
Hojlund rischia di raddoppiare già nel recupero, con un gran rasoterra che Mike disinnesca.
Poi ancora al 53’, sul tiro potentissimo da fuori di Rahmani: anche lì, Mike salva tutto.
“Cover us and say goodnight
Say goodnight”
Dieci minuti dopo, siamo virtualmente su un volo Fly Emirates per Linate, sotto una trapuntina calda.
Una palla verticale di Spinazzola innesca l’imbarazzante uno contro uno fra Hojlund e De Winter.
Da ieri, quando un allenatore dei Pulcini dovrà spiegare ai suoi bimbi come si marca e come si difende,
esiste una clip nuova: quella del 2-0.
“Fate qualunque cosa. Tranne quello che vedete qui”.
Il danese arriva quasi sul fondo, calcia un diagonale su cui Mike mette (male) un piede: è il raddoppio.
“Never for money, always for love”
La reazione è soltanto nervosa. Il tempo è poco, così come pochissime sono le alternative.
Nonostante la grande motivazione dagli spalti.
In questa fase della partita emerge e riecheggia, eroico, un singolo tifoso.
Uno solo.
Lo sentiamo distintamente urlare fino al fischio finale il suo “Fooorsa Milaaa”, con quella “z” araba sibilante
e una conoscenza approssimativa del nome che portiamo.
Siamo già eccitati al pensiero della diretta da Perth, Australia, per Milan – Como, confermata poco prima di scendere in campo.
Perché se le Supercoppe petrolifere in tour ci lasciano come ci trovano (la vera eccitazione della vittoria dell’anno scorso stava nell’avversario, lo sappiamo tutti) quel passaggio di campionato sì, sarà davvero importante e inserirlo in questo circo itinerante ci preoccupa un po’.
“Home is where I want to be
But I guess I'm already there”
Perché alla fine è sempre lì che torniamo. Lontani da un calcio spedito nei container, pronto per essere aperto ovunque.
Torniamo dove il tempo pesa, dove le partite contano davvero, dove ogni punto va guadagnato col sudore.
Quest’anno, più che mai, tutto passa da lì.
Dal campionato. Da casa.
È una responsabilità quotidiana.
Ed è l’unico posto da cui, davvero, si deve ripartire.