
19/07/2025
Era l’autunno del 2000, quando decine di soldati italiani si ammalavano di leucemie, linfomi non Hodgkin e altri tumori aggressivi dopo poche settimane dal loro ritorno dalle missioni di pace in Bosnia e in Kosovo. In Italia, la si chiamava “Sindrome dei Balcani”, mentre negli Stati Uniti, dove aveva colpito i veterani che avevano combattuto in Iraq e in Kuwait, era la “Sindrome del Golfo”.
Il minimo comune denominatore di chi si ammalava era uno: aver combattuto in un contesto bellico dove erano state utilizzate munizioni a uranio impoverito, un metallo pesante usato nelle testate missilistiche che polverizza tutto ciò che incontra. Le nanopolveri generate possono entrare nel corpo delle persone, facendole ammalare.
Oggi, per la prima volta c’è stata una condanna storica: lo stato serbo è stato riconosciuto come responsabile di un tumore sviluppato da un ufficiale che dopo aver partecipato alla guerra. A difenderlo, l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, intervistato da Materia Rinnovabile, e il collega serbo Srdjan Aleksic.
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