03/05/2022
Evo Moderno - L’editoriale del bordo
LA RETORICA DELL’ANTIPOLITICA
E’ fatto ormai noto come a Militello in val di Catania imperversi l’antipolitica, cioè questo atteggiamento di chi si oppone quotidianamente alla politica. Ma che cos'è di preciso l’antipolitica? Sicuramente questo tipo di pseudo-politica è in ogni caso la condizione meno umana, o la più innaturale per gli esseri umani, difficile persino da immaginare. Perché come anche gli animali hanno bisogno di comunicare per vivere, gli esseri umani hanno bisogno di vita associata per “sopravvivere”. Possiamo quindi definire l’antipolitica come una condizione inumana; ma per capire meglio questa definizione dobbiamo prima comprendere qual è il concetto di “politica”, ed il suo ruolo nelle piccole comunità come la nostra.
Il vivere politico - come abbiamo appreso dagli antichi greci - è quello che si manifesta e si materializza difatti nelle città, dove le interazioni tra le persone si fanno reciproche, perché ogni relazione di dipendenza (affettiva o produttiva) è superata. In una città vivono e si relazionano tra loro persone capaci, attraverso la comunicazione, di fare regole e leggi, di cambiare decisioni e politiche senza danno per la collettività, senza interrompere la regolarità quotidiana della vita associata. Questa è la condizione umana nella sua forma più completa. La nobiltà della politica sta proprio qui, poiché essa è la condizione che ci fa stare insieme, senza dover diventare gli uni subordinati agli altri. Da qui si ricava l’inumanità dell’antipolitica.
Allora perché esiste anche qui l’antipolitica? La gente si è fatta incapace di interagire e di relazionarsi?
L’antipolitica in realtà esiste perché di fatto si chiama Egoismo: il rifiuto cioè di interessarsi attivamente al bene della comunità, in tutte le sue forme, lasciando che lo facciano “quelli che decidono sempre tutto”, lamentandosene ma nello stesso tempo occupandosi prevalentemente del benessere strettamente individuale; condizione deleteria per la comunità stessa e, come detto prima, inumana.
Perché attribuire esclusivamente alle amministrazioni di turno la speranza che la comunità possa migliorare e possa cambiare, abbracciando intanto i cattivi atteggiamenti dell’egoismo, significa mettersi in disparte restando a guardare la fine del vivere comune. Significa perdere la propria identità, ed infine sparire.
Allora, mettendo da parte la retorica e l’antipolitica, l’unica cosa da condannare è necessariamente l’egoismo, che toglie il respiro alla nostra comunità e la voglia di partecipazione associata alla vita della stessa; bisogna dunque stimolare l’impegno attivo da parte di tutti i cittadini, che in quanto artefici ognuno del proprio futuro, sono dunque artefici del futuro dell’intera città.