08/10/2025
Presentato fuori concorso al Festival del Cinema di Venezia, nel settembre del 1981, il film dell’esordiente Ulrich Edel, fu distribuito nel nostro Paese due mesi dopo, ottenendo anche un certo successo di pubblico, nonostante il parere scettico della critica nostrana.
Era tratto dal celebre libro “Christiana F. – Noi i ragazzi dello zoo di Berlino” uscito nel nostro Paese qualche mese prima, e che, come sappiamo tutti, raccontava le vicende della tredicenne Christiane Felscherinow, toss1c0d1pendente di ero1na nella Berlino degli anni ’70.
Un film che a me piacque molto: quando lo vidi adolescente in tv, vi trovai un ché di autentico, di documentaristico, ma anche di fascinoso, di attraente.
Il film non spiegava granché come faceva il libro, si limitava a mostrare, in una fotografia iperrealista e dai colori acidi ciò che il libro raccontava.
E questa fu la critica mossa principalmente dai giornali: il film si reggeva solo insieme alla lettura del libro, quasi come un’appendice audiovisiva di ciò che veniva ampiamente raccontato nel meraviglioso libro realizzato dai giornalisti Kai Herman e Horst Rieck, attraverso le interviste non solo a Christiane, ma anche ad altri protagonisti di quell’ambiente e di quelle vicende.
Il libro, infatti, non si limitava a narrare le vicende della ragazza, ma cercava di andare alla radice del problema, mettendo il dito nelle tante piaghe della Germania iper-produttiva di quegli anni, della sua rincorsa alla massiccia industrializzazione, e dei suoi effetti devastanti sulle famiglie e sulle nuove generazioni. Elementi che nel film non emergono o che vengono appena accennati.
“Noi, i ragazzi....” rimane comunque un film di grande impatto visivo, disturbante nel suo marcato iperrealismo, ma che potrebbe risultare fuorviante, o addirittura “affascinante” per certe nuove generazioni, se non accompagnato dalla lettura del libro, che meglio spiega le dinamiche e la genesi di quell'universo, ma anche il processo di disintossicazione e di presa di coscienza della protagonista, che nel film manca del tutto.
Le immagini di Christiane e i suoi amici, che si muovono in una Berlino notturna, illuminata da luci al neon o dai fari delle macchine, in un inferno metropolitano di adulti abusanti, sulle musiche di David Bowie, non lasciano, tuttora, indifferenti.
Qualche anno fa, fu prodotta una serie Amaz0n che mi sembrò più centrata rispetto ai contenuti del libro, ma che prendeva le distanze dall’estetica di questo film. Una serie che a molti non piacque proprio perché non rimandava a quest'immaginario (“non c’è lo sporco!”), ma che io reputo riuscita e che vi consiglio, se anche voi, in passato, avete subito il fascino di questa triste storia.