02/11/2025
DIECI CONSIGLI DI SICURA EFFICACIA PER SCONFIGGERE LA SINDROME DELLA PAGINA BIANCA
di Giulio Mozzi
1. Non fartela ve**re. Ci sono giorni in cui abbiamo voglia di cucinare e giorni in cui anche lessare una patata ci dà noia; ci sono settimane in cui abbiamo solo voglia di andare a spasso e settimane che appena ci strappiamo dal lavoro ci rintaniamo in casa (felpa, tisana di zenzero e limone); ci sono periodi della vita in cui siamo curiosi di tutto e di tutti e periodi in cui bastiamo a noi stessi, quando addirittura non ci siamo di troppo; eccetera. Analogamente: ci sono nei quali la scrittura viene, quasi senza fatica, e tempi nei quali ci sembra di avere l’immaginazione in letargo. Lasciamola dormire tranquilla, e occupiamoci d’altro (a proposito: c’è sempre quell’anta della credenza da sistemare).
2. Se viene, prenditene cura. Se viene l’ansia di scrivere, ma non viene la scrittura, può darsi che l’ansia sia un’ansia vuota, ma può darsi invece che qualcosa che davvero preme da dentro ci sia. Questo qualcosa merita la nostra attenzione. Ma non è detto che stare davanti allo schermo e alla tastiera senza scrivere nulla, o scrivendo cose che cancelliamo subito, sia il modo migliore di prestare attenzione. Forse dobbiamo solo distrarci – come quando ci manca una parola; e poi, appena pensiamo ad altro, zac!, ci viene – così che ciò che preme dentro possa, prima o poi, trovare una via d’uscita non ingombra di pensieri o desideri o rimpianti o intenzioni o altro (a proposito: quant’è che non fai la torta di castagne?).
3. Se insiste, domandale che cosa vuole. Ovvero, domanda a te stesso che cosa vuoi. Una volta un mio amico scrittore, buono scrittore, dipendente pubblico, si mise in aspettativa non retribuita per sei mesi: voleva scrivere il suo grande romanzo. Furono gli unici mesi della sua vita in cui non scrisse nulla. Appena tornò al lavoro cominciò a fare le due tutte le notti: la scrittura urgeva, e il romanzo venne fuori quasi da sé. Può darsi, insomma, che tra l’intenzione esplicita e l’intenzione inconsapevole ci sia una discrasia; e bisogna permettere all’intenzione inconsapevole di fare il suo lavoro (comunque, visto che le ferie le hai prese, perché non sistemi un po’ il giardino?).
4. Se persiste, non pensare che la tua carriera di scrittrice o scrittore sia finita – magari prima ancora di cominciare. Ci sono scrittrici e scrittori che scrivono con grande regolarità, dieci righe o seimila battute al giorno, domeniche e feste comandate escluse; ci sono quelle e quelli che scrivono compulsivamente, ogni volta che hanno cinque minuti, giorno o notte che sia; e ce ne sono altre e altri che hanno ritmi diversi, magari stagionali. L’inattività scrittoria non è necessariamente segno di aridità o di estinzione; può essere, invece, un periodo di incubazione; o addirittura, magari dopo un tempo di grande attività, un periodo di riposo. E il riposo è salutare. (E dunque: la smetti di sfondarti ogni sera di serie televisive che alla fin fine neanche ti piacciono?).
5. Se il tempo di non scrittura si fa veramente lungo, non preoccuparti. Può darsi, in effetti, che tu non abbia – in quei mesi o in quegli anni – niente da offrire. Questo non significa che non avrai niente da offrire in futuro. E può anche darsi, in effetti, che tu abbia finito il tuo lavoro. Hai composta un’opera, ne hai composte due o tre: quello che avevi da dire l’hai detto. Sii contenta, sii contento di averlo detto: non a tutti succede di comporre e compiere un’opera o due o tre. E non è necessario metterne al mondo una dozzina o una dozzina di dozzine. Pensa a quanti sono gli autori di un solo libro, o di pochissimi libri – magari cucinati, meditati, lavorati, rifatti per un’intera vita –; e pensa a quanti sono gli autori che hanno scritto molto, ma magari solo un libro o due degno di resistere al tempo. Eppure sono dei grandi, e tutti noi li ammiriamo. (E dunque: perché non rileggi quello che hai scritto, e magari pubblicato? Prova a domandarti se saprebbe resistere al tempo).
6. Se hai assunti degli impegni con un editore, e sei in difficoltà a rispettarli, non farti prendere dal panico. Meglio nessun libro che un libro scritto per forza. Parla con l’editore; non nascondere nulla; pensa che non sarà la prima volta, per lui, in cui avrà dovuto confrontarsi con una situazione del genere. In molti casi, anche in presenza di contratti, addirittura in presenza di anticipi già versati, una soluzione si trova. Un editore serio accetta il silenzio di un suo autore: fa parte, per così dire, dei rischi dell’impresa. (In confidenza: ne so qualcosa, e una soluzione si è sempre trovata).
7. Se quella che non riesci a scrivere è la tua opera prima, domandati se veramente quello che vuoi è scrivere. Può darsi che non lo sia. Può darsi che quei contenuti che senti agitarsi dentro di te – perché li senti, che si agitano, anche se non riesci a scrivere – non siano contenuti che possono uscire con la scrittura. Può darsi che abbiano bisogno di altro: del teatro, della musica, di altre attività comunque interessanti. O può darsi che abbiano sì bisogno della scrittura, ma di una scrittura diversa da quella che tu immagini e tenti. Si tratterà dunque di rimettersi a studiare, di provare ad allargare i propri orizzonti. (Si dice: «Prima leggi, poi scrivi». Non è sempre vero. Ma forse, e soprattutto se sei giovane, nel tuo caso è ero).
8. Queste note che stai leggendo le ha scritte uno che non ha mai avuta una continuità di produzione. Uno che è riuscito a pubblicare in otto anni quattro libri di racconti, due d’inchiesta, un’antologia di esordienti, un poema, un libro di saggi: e che non ha pubblicato praticamente nulla negli otto anni successivi. Certi ritmi sono misteriosi. E i misteri, si sa, vanno accettati: non ci si combatte. (D’altra parte, se nel combattimento siamo destinati alla sconfitta, perché combattere?).
9. In realtà, la cosiddetta sindrome della pagina bianca non esiste. È un’invenzione di chi vuole far quattrini vendendo libri o corsi che aiutano a sconfiggere la sindrome della pagina bianca. La presenza della sindrome in te – di questa sindrome immaginaria – ti rende facile preda di venditori di manuali, di venditori di corsi, di venditori di stage, di venditori di coaching, eccetera eccetera. Ma se riesci a pensare che la sindrome in realtà non esiste, che semplicemente a volte e in certi tempi si scrive, e altre volte e in certi altri tempi non si scrive – ti libererai di tutti questi venditori.
10. Tu lo sai: io sono uno di questi venditori. Ormai da qualche anno campo quasi esclusivamente dell’attività di insegnamento nella Bottega di narrazione. E ho pubblicati diversi libri definibili come «manuali di scrittura creativa» o simili. Quindi capisci che dicendoti «Non sarà un corso, non sarà un manuale a toglierti di torno la sindrome della pagina bianca» vado contro i miei interessi. Però te lo dico, te l’ho detto: perché è quello che credo. Non comperare un manuale, non comperare un corso – mio o di altri – perché non sai cosa scrivere. Non ha senso. (E quindi domandati: che senso ha, che senso potrebbe avere, per te, leggere un manuale o frequentare un corso?).
Qui sotto: a mali estremi, estremi rimedi.