26/08/2025
Chi vive una dipendenza affettiva vive anche una situazione di conflitto interiore: da un lato la mente riconosce che la relazione fa soffrire, dall’altro le emozioni spingono a restare, anche a costo della propria serenità.
Chi ne soffre tende a:
■ Idealizzare il partner, trasformando una relazione tossica in una “grande storia d’amore” da difendere a tutti i costi.
■Dare sempre la colpa a sé stesso, pensando che basterebbe impegnarsi di più per far funzionare le cose.
■Aggrapparsi alla speranza che, con il tempo, il partner diventi diverso e la relazione finalmente equilibrata.
Dunque chi vive una dipendenza affettiva sperimenta un dolore profondo e contraddittorio:
🔹 la ragione vede chiaramente che la relazione è tossica, fonte di delusioni e sofferenza;
🔹 le emozioni, però, spingono a restare, a lottare, a credere che “con un po’ più di impegno tutto potrà migliorare”.
Questo conflitto interiore genera un circolo vizioso fatto di colpa, vergogna e speranza. Ci si accusa di non essere abbastanza, si cerca di cambiare per compiacere l’altro e, allo stesso tempo, si rimane legati a piccoli segnali positivi, ignorando la massa di gesti svalutanti o distruttivi.
Secondo la psicoterapeuta Gloria Noriega Gayol, la dipendenza affettiva affonda le radici in schemi interiori appresi nell’infanzia: per sentirsi accettati e amati, spesso si è imparato a mettere i bisogni degli altri al di sopra dei propri. Da adulti, questo modello si ripete e porta a legami che svuotano l’autenticità e minano la libertà personale.
Come se ne esce? Gayol indica un percorso chiaro e graduale:
- Riconoscere e accettare la realtà della dipendenza, senza più negarla.
- Osservare sé stessi: imparare a notare i propri automatismi e le strategie di sopravvivenza che si ripetono.
-Vivere una relazione terapeutica empatica, che diventi modello di fiducia e rispetto reciproco.
- Integrare tutte le parti di sé (il bambino interiore ferito, il genitore interiorizzato, l’adulto) per agire con più consapevolezza nel presente.
- Interiorizzare una voce amorevole, capace di sostenere e accompagnare nei momenti di fragilità, sostituendo l’autocritica distruttiva.
Uscire dalla dipendenza affettiva non significa diventare qualcun altro, ma ritrovare la propria autenticità, imparando a scegliere sé stessi prima di tutto. È un percorso che porta dal bisogno di trattenere l’altro alla libertà di vivere relazioni sane, basate su rispetto, stima, fiducia, interdipendenza e reciprocità.