05/12/2025
Partendo dall’idea di un documentario sull’Archivio di Stato di Napoli, è diventato un film con tutti i crismi, scritto e messo in scena a partire da storie vere contenute nei faldoni dimenticati tra i corridoi dell’Archivio. Prendono così vita, in forma poetica e politica, vicende realmente accadute nei decenni e secoli scorsi. Sono storie di donne, e accanto a vicende atroci (stupri, aborti clandestini, amori fatti a pezzi dalla guerra) è sempre riflessa la voglia e il desiderio di liberazione dai nemici di sempre, il sistema patriarcale e quello capitalistico. Il documentario ha una durata breve, 67 minuti. Colpisce la ricchezza di soluzioni stilistiche che adotta, dovuta probabilmente sia all’abilità al montaggio della regista – che nasce come montatrice –, sia al desiderio di utilizzare al massimo le possibilità del mezzo. Si va dal registro simbolico a quello teatrale, dal realismo tipico del documentario all’inserto d’animazione, fino all’utilizzo con parsimonia di materiale d’archivio. Piuttosto ricercata la scrittura; paradosso, poiché essa deriva quasi integralmente dalla lingua burocratica utilizzata nelle carte processuali.
un articolo di Salvatore Iervolino
disengo di Manincuore
L’occasione per questo articolo è duplice: per un verso il desiderio di chi scrive di “stare” su Napoli coi suoi artisti e le sue contraddizioni, le sue “novità” e le sue puntuali bruttezze; per altro verso la proiezione del film L’eco dei fiori sommersi al Modernissimo il 5 dicembre [...