28/10/2025
La storia di Saverio mostra con chiarezza quanto l’inclusione degli alunni con autismo richieda continuità, competenza e attenzione autentica. Per un bambino autistico, il legame di fiducia con l’insegnante di sostegno è un punto fermo indispensabile: interromperlo bruscamente significa spezzare un equilibrio faticosamente costruito. Non bastano le parole o i piani educativi, serve una scuola capace di comprendere le esigenze specifiche di questi studenti e di garantire stabilità e rispetto. A Saverio non è mancata la buona volontà, ma la cura del sistema. Restituirgli serenità e fiducia è un atto di giustizia e di civiltà.
Saverio ha undici anni, è un bambino con autismo e a settembre ha iniziato la prima media in un istituto della provincia di Napoli. I primi giorni erano stati un piccolo miracolo: entusiasmo, serenità, voglia di imparare. Il merito anche di un professore di sostegno capace e stabile, con cui Saverio aveva trovato fiducia ed equilibrio.
Poi, all’improvviso, tutto è crollato. Il 13 ottobre la famiglia scopre, per caso, durante le lezioni, che quel docente è stato trasferito d’ufficio. Nessuna comunicazione, nessuna preparazione, nessun rispetto delle procedure previste. Da quel momento Saverio si ritrova con tre insegnanti di sostegno diversi in pochi giorni, uno dei quali in congedo. Le assenze, le sostituzioni continue e l’assenza di punti di riferimento mandano in frantumi la stabilità conquistata.
Il 21 ottobre, disorientato e in crisi, Saverio reagisce con un comportamento aggressivo mai avuto prima. La scuola convoca un GLO — il gruppo che dovrebbe pianificare il suo percorso educativo — ma alla riunione si presentano solo i genitori e un docente. Tutti gli altri membri previsti dalla legge assenti.
Nei giorni successivi arrivano i segnali più dolorosi: regressione, ansia, perdita di fiducia. Un bambino che aveva imparato a credere nella scuola ora ne ha paura. Anche i compagni, spaventati, si allontanano. L’inclusione, che era stata un successo, è svanita. Nessuno ha pensato di attivare un supporto psicologico, né per Saverio né per i suoi compagni.
La famiglia parla di abbandono totale: un Ministero che non risponde, un Ufficio Scolastico Provinciale più attento a difendere le carte che le persone.
La verità è che nel caso di Saverio il sistema ha fallito. L’inclusione non può essere un titolo su un documento o una giornata celebrativa. È una responsabilità quotidiana fatta di continuità, presenza e rispetto.
Oggi Saverio e i suoi genitori, come troppi altri bambini, non chiedono privilegi, ma un diritto elementare: sentirsi parte della scuola, non un problema da spostare. La burocrazia gli ha tolto un punto di riferimento, la scuola il suo rifugio. Ora tocca alle istituzioni restituirgli ciò che gli spetta: dignità, stabilità, futuro.