29/07/2025
(✍️Giuliano Delli Paoli) «Quando si smette di amare, si cerca la strada più breve, la rottura, la sofferenza. Invece ci vuole lo stesso impegno e la stessa intensità dell’inizio». Per addentrarsi tra le pagine de «I titoli di coda di una vita insieme» (Einaudi, 2024), il romanzo con cui sabato scorso Diego De Silva si è aggiudicato il Premio Viareggio-Rèpaci per la narrativa, occorre scomodare le celebri parole di Massimo Troisi sulla fine di una storia, pronunciate ai tempi di «Pensavo fosse amore... invece era un calesse». Nell’addio tra i protagonisti dell’ultimo romanzo di De Silva, lo scrittore Fosco e l’oncologa Alice, emerge la ricerca dei modi più sensati per avviare una separazione, dunque la volontà troisiana di lasciarsi bene. E di resistere, senza infingimenti e rancori, al post-amore. «Sono stato in finale al Premio Viareggio-Rèpaci nel 2001 da esordiente con “Certi bambini”. Oggi potrei dire che non provo più le emozioni di un tempo, ma mentirei. Vincere il Premio Viareggio, per la sua storia e il suo prestigio, e per quel legame lungo ventiquattro anni, mi dà una grande emozione. Anche perché “I titoli di coda di una vita insieme”, tra tutti i libri che ho scritto, è forse quello più carico di vita vissuta», racconta lo scrittore.
Quindi la pensa come Troisi quando diceva che ci vuole amore per chiudere una storia.
«Ma certo. “I titoli di coda di una vita insieme” è un romanzo che parla appunto di come gestire la fine, l’addio, con profondità, e anche una certa dose di eleganza e poesia. Non a caso ho scelto due protagonisti con un carattere strutturato, ossia uno scrittore e un’oncologa».
L’intervista completa al link in bio sul .mezzogiorno