20/06/2023
Tre anni fa ci lasciava Mario Corso, il piede sinistro di Dio.
Divinamente estroso, trequartista ante litteram, genio della foglia morta.
Diceva di lui Pasolini: “Corso gioca un calcio in poesia, ma non è un ‘poeta realista’: è un poeta un po' maudit, extravagante”.
Nato a Verona il 25 agosto 1941, l’Inter lo acquistò dalla squadra locale dell’Audace per 9 milioni di lire.
Con la sua fantasia e il suo amato piede mancino rese grandi i nerazzurri, vincendo 4 Scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali.
“Quando Suárez era in forma sapevamo di non perdere, ma quando Corso era in forma sapevamo di vincere”, rivelò il suo compagno Carlo Tagnin.
Compassato e tecnico, artistico e visionario, venne presto accostato al più famoso mago dei fumetti: Mandrake.
Di lui San Siro ricorda i calzettoni abbassati, la tendenza a riposarsi nelle zone d’ombra del campo, la capacità unica di superare le barriere avversarie.
“Meglio un piede solo che due scarsi, è il mio motto”, usava dire scherzando sulle proprie abitudini calcistiche.
Il talento di Corso sul prato verde ispirò menti e penne raffinate, come quelle del compianto Gianni Mura: “Bisogna essere grati a Corso, perché la foglia morta sopravvive ancora in un mucchio di cannonate, spingardate, siluri, missili, fucilate. È una presenza gentile e lieve, va dove la porta il vento così come Corso andava dove lo portava l'estro. Insofferente agli schemi, anarchico, imprevedibile, lunatico, geniale, per noi Mario Corso era la libertà, ma non lo sapevamo”.