Negrar di Valpolicella News

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IL RITORNO A CASA DEL TENENTE LUIGI TURRI ( GINO)Domenica primo agosto 1954 facevano ritorno in patria le spoglie del Te...
11/12/2025

IL RITORNO A CASA DEL TENENTE LUIGI TURRI ( GINO)

Domenica primo agosto 1954 facevano ritorno in patria le spoglie del Ten. Luigi Turri (detto Gino), originario di San Peretto di Negrar di Valpolicella, la di cui storia abbiamo riportata, su questa pagina, il 4 dicembre scorso.

Medaglia d’ Argento alla Memoria, con promozione al grado di Tenente, Luigi ( Gino) Turri cadde valorosamente combattendo con il Gruppo “Conegliano” Divisione alpina “Julia” nella Campagna di Grecia 1940-1941, e la via principale di San Peretto è dedicata a lui.

Dopo 71 anni nell'anniversario dell'evento vogliamo ricordarlo perché suscitò molto interesse non solo fra i concittadini di Negrar di Valpolicella , suo paese natale, ma anche da parte della stampa locale che ne diede ampio risalto.
Il Turri, caduto in combattimento sul fronte Greco/Albanese durante il Secondo Conflitto Mondiale e precisamente a Briaza (ora Distraton in Grecia) il 05/11/1940 era stato sepolto nel cimitero ortodosso di quella località dove le sue spoglie mortali sono rimaste per oltre 13 anni.
Grazie alle indicazioni fornite dai cappellani militari Don Carlo Bolzan e Don Luigi Ferrari, che ne indicarono esattamente l'ubicazione, la salma venne riesumata dal cimitero dello sperduto paesino greco e ricomposta in un'urna fece ritorno in Italia dove giunse nel porto di Bari il 16/06/1954.
Assolte le formalità burocratiche l'urna, caricata su un treno speciale, fu inviata a Verona ove giunse alla Stazione di Verona Porta Nuova alle ore 08,00 di domenica 01/08/1954 accolta dagli onori militari alla presenza dei fratelli e parenti (i genitori erano purtroppo deceduti), dalle Associazioni Combattentistiche e dal V. Presidente dell' A.N.A. di Verona Rag. Buffoni.

Poi in corteo il feretro verrà trasportato a Negrar di Valpolicella dove, dopo la celebrazione di una messa di suffragio nella nella chiesa parrocchiale ed un accorato discorso commemorativo del sindaco Avv. Ghedini, sempre scortata dal picchetto militare d'onore si dirigeva verso il locale cimitero per essre tumulata e dove tutt'ora riposa.

Il suo nome é riportato nella lista dei Caduti in guerra presso il Monumento al Parco della Rimembranza, quest’ultimo purtroppo non degnamente mantenuto.

Nella rammentare tale evento, vogliamo ricordare questo fatto perché la memoria di Luigi Turri non cada nell'oblio del tempo.

Foto 1: Il Tenente Luigi ( Gino) Turri
Foto 2: Cartolina avviso ritorno salma
Foto 3: Sbarco salma porto di Bari 16.06.1954 da nave Montegrappa
Foto 4: Arrivo feretro stazione di Verona Porta Nuova accolta da picchetto d’onore
Foto 5: Arrivo salma sul sagrato chiesa parrocchiale di Negrar di Valpolicella
Foto 6: Benedizione feretro da parte del parroco
Foto 7: Picchetto d’onore verso il cimitero di Negrar di Valpolicella
Foto 8:Tumulazione salma nel cimitero di Negrar di Valpolicella

Il Tenente Turri riposa nel Famedio del cimitero di Negrar di Valpolicella

NEGRAR DI VALPOLICELLA DOVE UN EROE, E UNA SCUOLA CHE NON LO RICORDA PIÙ ,  ORA PUÒ FINALMENTE RISCOPRIRE ED ONORARE.Al ...
04/12/2025

NEGRAR DI VALPOLICELLA DOVE UN EROE, E UNA SCUOLA CHE NON LO RICORDA PIÙ , ORA PUÒ FINALMENTE RISCOPRIRE ED ONORARE.

Al Tenente Alpino Luigi (Gigi) Turri, classe 1914, eroe ed unica medaglia d’argento militare di Negrar di Valpolicella al valore , caduto eroicamente in Grecia, a Briaza, il 5 novembre 1940, fu intitolata, come da molte testimonianze raccolte , la scuola elementare di San Peretto di Negrar di Valpolicella.

Incidentalmente , nel 1964, durante i lavori di restauro dell’edificio scolastico, la targa col suo nome fu divelta, e mai rimessa al suo posto.

Dopo 85 anni dalla sua scomparsa è doveroso ridare il nome del Tenente Turri, alla cui memoria i vari alunni della scuola potranno essere informati ed edotti su questa figura, della quale essere orgogliosi.

Purtroppo chi guidava l’Amministrazione comunale precedente, alla proposta, ha palleggiato tra lui e la dirigente scolastica senza addivenire, nonostante le reiterate promesse, a rinnovare il nome della scuola

Ora, l’attuale Amministrazione, accelerando le necessarie, per legge, pratiche burocratiche ridarà memoria pubblica a questo valoroso reintitolando la scuola primaria di San Peretto, come già fu fatto. Sarà il giusto gesto di rinnovamento della riconoscenza , di tutta la Comunità, come nei primi anni 50 il Comune, guidato dall’indimenticabile Sindaco Ghedini, decise.

Certi che ciò possa avvenire nel breve, senza indugi, grazie soprattutto alla nuova sensibilità dell’attuale Amministrazione.

Se poi qualcuno dovesse, per mancanza di memoria, adombrare dubbio sul fatto che la scuola fosse nominata in onore del Tenente Turri, rispettiamo la sua titubanza ma, a maggior ragione, sottolineiamo che il nome degli Eroi va evidenziato tra coloro che hanno data la Vita alla Patria.

DALL’ALTA VALPOLICELLA  FINO IN RUSSIA  CON NAPOLEONE, COME UN BENEDETTI DIVENNE « EL BERESINA » Francesco Benedetti, na...
27/11/2025

DALL’ALTA VALPOLICELLA FINO IN RUSSIA CON NAPOLEONE, COME UN BENEDETTI DIVENNE « EL BERESINA »

Francesco Benedetti, nato a Ceredo nel 1795, desideroso di vita avventurosa, ma anche per garantirsi, in quel periodo di ristrettezze, almeno due pasti al giorno, si unì nel 1812 alle truppe napoleoniche che dal Veneto marciavano verso la Russia.

Ben presto si trovò, nel novembre dello stesso anno, a combattere la battaglia della Beresina, che fu battaglia combattuta presso il fiume Beresina, affluente di destra del Dnepr, tra la Grande Armata di Napoleone e l'esercito dell'impero russo tra il 26 e il 29 novembre 1812, durante la campagna di Russia. Lo scontro ebbe un esito discusso: anche se le forze francesi riuscirono a forzare la linea russa, evitando così di finire intrappolate fra le tre armate che convergevano su di loro, la battaglia costò loro moltissime perdite, ed in ogni caso la ritirata dalla Russia non fu arrestata.
Infatti la battaglia della Beresina è contemplata dagli storici come uno dei peggiori disastri militari della storia contemporanea, benché dall'esito parzialmente favorevole. Essa infatti è stata eretta a simbolo della disfatta della campagna di Russia intrapresa dall'Impero francese nell'estate del 1812.

Per molti soldati il fiume Beresina diventa la tomba. Francesco, allora diciassettenne, si salva per miracolo fingendosi morto nel ventre di un mulo squarciato.

Ritornato, dopo diverse peripezie nelle sua Ceredo, anche se non sollecitato, continua a raccontar della sua avventura-disavventura, mettendo nel suo dire così spesso il fiume Beresina, tanto che finisce per diventare egli stesso «el Beresina», in seguito storpiato in Bresina, e Bresini.

A raccogliere i racconti del «Beresina» da tramandare oralmente ai posteri ci ha pensato il nipote Giuseppe Benedetti, nato nel 1854, detto «Il Caporale».
Nel tempo «Bresini» saranno chiamati, ancora oggi, i Benedetti suoi discendenti, originari da un unico ceppo, cognome presente sul territorio fin dalla metà del 1500.

( nella foto Giuseppe Benedetti, detto «Caporale» con le figlie Linda e Marietta)

« MAMMA, DOVE SONO NATO? » « IL PAPÀ TI HA PORTATO DALLA CAVERNA DI SENGIA SBUSA ».Indubbiamente la diceria più diffusa,...
20/11/2025

« MAMMA, DOVE SONO NATO? »
« IL PAPÀ TI HA PORTATO DALLA CAVERNA DI SENGIA SBUSA ».
Indubbiamente la diceria più diffusa, fino a pochi decenni or sono, quella usata dalle madri per rispondere alla curiosità infantile.

Chi ricorda di averlo chiesto o sentito che lo commenti.

La Sengia Sbusa è un monolito possente sul lato orientale della vallata di Negrar.
Alto 40 metri in forma circolare con diametro 15-20 metri e a 30 metri dal suolo presenta una grande caverna, e si appoggia alla parete rocciosa del Monte Tondo.
Avvolta da sempre da un alone di mistero fu oggetto di leggende. Si narrò di un eremita che viveva nella caverna che si raggiungeva calandosi dalla cima con una fune.
Misteri di quella caverna, oggetto di ripetuti tentativi di scalata ed esplorazione, attestate da numerose scritte. C’erano già i grafittari, come quei quattro chierici della Diocesi di Verona - non passati alla storia- che il 14 ottobre 1594, in piccoli caratteri rossi incisero i loro nomi ( Annonio, Marcobruno, Gerolamo e Sigismondo,) saliti fin lassù.

LE CAVE DEI PACETTI SULLA MASUA A NEGRAR DI VALPOLICELLA Si racconta che, nell’immediato dopoguerra, vi fosse veramente ...
15/11/2025

LE CAVE DEI PACETTI SULLA MASUA A NEGRAR DI VALPOLICELLA

Si racconta che, nell’immediato dopoguerra, vi fosse veramente un periodo di enormi ristrettezze e grande povertà, in tutto il territorio italiano, anche in Valpolicella non vi era sufficiente abbondanza, mentre un possidente della zona necessitava di lavoratori per i propri terreni.
Tra questi lavoratori arrivó, dalla Campania, un uomo volenteroso con la famiglia e si adattó a vivere in una vecchia cava abbandonata sulla cima della Masua., al limite del confine tra la Valpolicella di Negrar è quella di Fumane.
Si trattava, come recita la lastra di marmo incisa e tutt’ora in loco, di una cava di proprietà dei Fasoli di Negarine che, dato che il filone di pietra della Lessinia si era esaurito, avevano lasciata al pubblico nel 1886.
Per alcuni anni, adattando con qualche muro divisorio in pietra per creare abitabilità il contadino visse dentro questa grotta artificiale con la famiglia, che si sosteneva anche allevando una decina di capre e galline, coltivando insalate e verdure.
Ed un grande braciere per “scaldarsi” d’inverno e cuocere il mangiare.
Dopo qualche anno la famiglia trovó finalmente alloggio in una vera casa.
Questa è la storia che si racconta e molti, che all’epoca erano bambini o ragazzi, probabilmente rammentano.
Recentemente un appassionato ricercatore, Lucio Gelain, , e noto per esplorare gli angoli reconditi della Valpolicella, si è imbattuto nella Cave dei Pecettti, facendone riverberare la memoria., con esatte testimonianze fotografiche.

( foto archivio NdVN e di Gelain)

07/11/2025
UNA CORAZZATA SULLA MONTAGNA (che mai sparò un colpo e che ora é visitabile)Non molti sanno che a pochi chilometri a nor...
07/11/2025

UNA CORAZZATA SULLA MONTAGNA
(che mai sparò un colpo e che ora é visitabile)

Non molti sanno che a pochi chilometri a nord di Negrar di Valpolicella, vi è l’imponente Forte Monte Tesoro, che è stata una fortezza militare, costruita a difesa della città di Verona contro l'Impero austro-ungarico, sulla sommità dell'omonimo monte nella Lessinia. Il forte si trova nel territorio comunale di Sant'Anna d'Alfaedo, ed è a 917 metri sul livello del mare. Il genio militare definì il forte Monte Tesoro una struttura modernissima - in pietra di Prun su base di cemento armato - e potentissima che oggi, su appuntamento/prenotazione, è possibile visitare e che consigliamo per la sua impressionante bellezza.

Per il suo armamento equivaleva ad una nave corazzata da guerra dell’epoca. Il forte faceva parte del sistema di fortificazioni sull'altopiano dei monti Lessini, a Nord di Verona. Costruito per volontà del Regio Esercito, nei primi del '900, aveva lo scopo di difendere l'allora confine con l'impero Austro Ungarico, confine che allora passava proprio sui Lessini.

Fu ideato e progettato ancora tra gli anni ’70 e ’80 dell'Ottocento per completare la parte settentrionale della piazzaforte di Verona. I lavori iniziarono però soltanto nel 1906 e si portarono fino al 1911. Faceva parte, insieme con i forti Santa Viola e Castelletto, della seconda generazione di forti appartenenti alla cosiddetta fortezza di Verona e costruiti nella Lessinia o settore Destra Adige, come fu nominato dal Regio Esercito.

Però nella Prima Guerra Mondiale si trovò lontano dal fronte e di conseguenza fu quasi subito disarmato dopo l'entrata in guerra dell'Italia, senza mai sparare un colpo verso il nemico.
Nel 1915 l'opera era armata con pezzi d’artiglieria posizionai in torrette protette da spesse cupole in acciaio e che erano:
– 6 cannoni 149/35A in cupola corazzata Armstrong dello spessore di 14 cm
– 4 cannoni 75A
– 6 mitragliatrici di cui 3 in torretta corazzata a scomparsa

Usato fino al termine degli anni ’80 del Novecento dall'Esercito Italiano come deposito polveri e munizioni, è stato negli ultimi anni concesso, dal Demanio, al comune di Sant'Anna d'Alfaedo. Grazie ad una importante azione di recupero e restauro, diretto dall’architetto Fiorenzo Meneghelli, in occasione del centenario della Grande Guerra, dal 2018 è ritornato visitabile.( vedasi seconda foto)

(fonte: Negrar di Valpolicella News - foto © Marco Malvezzi)

IL PONTE DI VEJA, L’ARCO NATURALE DI ROCCIA PIÙ GRANDE D’EUROPA.Migliaia di visitatori ogni anno visitano, il più delle ...
31/10/2025

IL PONTE DI VEJA, L’ARCO NATURALE DI ROCCIA PIÙ GRANDE D’EUROPA.

Migliaia di visitatori ogni anno visitano, il più delle volte per sentito dire, il maestoso Ponte di Veja, a volte senza sapere di trovarsi davanti non solo al più grande d’Europa ma anche ad uno dei siti geologici di maggior interesse in Lessinia e in tutta Italia.
Il ponte di Veja è un maestoso arco naturale di roccia, formatosi circa 40 milioni di anni fa a seguito della caduta della parte interna a causa dell’erosione delle acque dei torrenti che scendevano verso valle. Esso è collocato a 602 metri sul livello del mare ai confini del comune di Sant’Anna d’Alfaedo, tra l’alta Valpolicella e là Valpantena.

Il ponte ha un’altezza di 50 metri e l’arco ha uno spessore di circa 10 metri, mentre la sua larghezza media è di 17 metri.

l Ponte di Veja oltre ad essere il più importante monumento geologico della Lessinia è anche un sito archeologico che ha attratto ricercatori e studiosi in tutte le epoche. Al di sotto della sua grande volta infatti vi sono numerosi ripari e grandi grotte che fin dalla Prima Glaciazione sono stati rifugio e dimora. I numerosi ritrovamenti di punte di frecce, aghi, utensili e ossa di animali preistorici rappresentano un’importante testimonianza che ci porta in un lontanissimo passato. Dandoci prove che venne usato proprio come ponte spesso da carri agricoli e di commercio.

Il Ponte di Veja ha ispirato per la sua particolarità numerosi artisti: il più importante è sicuramente Andrea Mantegna, che lo riprodusse in uno sfondo di un affresco della Camera degli Sposi, nel Palazzo Ducale di Mantova. Ha particolarmente influenzato anche Dante Alighieri, che secondo la leggenda, durante il soggiornò a Verona causato dal suo esilio da Firenze, si sarebbe ispirato al Ponte per le Malebolge, l’ottavo cerchio dell’Inferno della Divina Commedia. Inoltre, il castagno secolare , valutato vecchio di oltre 700 anni, che si trova nelle vicinanze, viene ancora chiamato il Castagno di Dante

LA ROMANA VIA CLAUDIA AUGUSTA PASSAVA DALLA VALPOLICELLALa via Claudia Augusta è stata una strada romana la cui realizza...
25/10/2025

LA ROMANA VIA CLAUDIA AUGUSTA PASSAVA DALLA VALPOLICELLA

La via Claudia Augusta è stata una strada romana la cui realizzazione risale alla prima metà del primo secolo, fu completata nel 46-47 d.C: da Druso, figlio dell'imperatore Claudio.

Tradizionalmente si ritiene sia stata costruita per mettere in contatto il mondo romano con quello germanico, partendo dalla Pianura Padana e raggiungendo, attraverso le Alpi, il Danubio in Baviera.
All'altezza dell'attuale Trento si univa alla ""via Altinate", che si riferisce alla parte della Via Claudia Augusta che partiva dall'antica città di Altino (vicino all'attuale Quarto d'Altino) e risaliva verso nord. Il tracciato, sebbene non del tutto definito si dirigeva verso Oderzo, Feltre, e poi, attraverso la Valsugana, verso Trento e il passo di Resia, collegandosi poi al tracciato che scendeva verso il Danubio.

Interessante curiosità : nel 1939, in località Castello di Arbizzano, si realizzò l’esistenza di un “lapis miliarius” romano ( poi traslato al Museo Civico di Verona) con, in grandi caratteri, la dicitura “ V-A P-###VI”.
Il primo numero dà la distanza di Arbizzano a Verona in miglia romane, il secondo quella di Arbizzano al Pado (fiume Po).
Indicazioni esattissime: 5 miglia ( il miglio romano corrisponde a circa 1480 metri), ossia km. 7,400, quanto in realtà dista Arbizzano da Verona, e 36 miglia , pari a km.53,280, fino al nodo stradale di Ostiglia sul Po, dove prendeva inizio la via Claudia Augusta Padana, che per la valle atesina arrivava al passo di Resia, per poi raggiungere il Danubio.

Un secondo milario, a conferma che la Claudia Augusta passava dalla Valpolicella , fu rinvenuto
vicino Castelrotto di San Pietro in Cariano, con dediche imperiali , probabilmente a Massenzio e Costantino.
Ulteriore testimonianza è la carreggiata, venuta alla luce vicino alla tenuta Pulè, nel territorio di San Pietro in Cariano, con un selciato largo 5-6 metri, a schiena d'asino, con ciottoli e ghiaino

IL BUNKER ANTIATOMICO PIÙ GRANDE D’ITALIA É VICINO. TRA LA VALPOLICELLA E IL LAGO DÌ GARDA.Da oltre tre anni si seguono,...
15/10/2025

IL BUNKER ANTIATOMICO PIÙ GRANDE D’ITALIA É VICINO. TRA LA VALPOLICELLA E IL LAGO DÌ GARDA.

Da oltre tre anni si seguono, con apprensione, le notizie che provengono dall’Ucraina invasa dalle forze militari russe.
Lo “spettro” di una guerra che potrebbe coinvolgere direttamente anche l’Europa Occidentale ha messo in timore molti spingendoli a informarsi sui costi per la costruzione di un bunker antiatomico. Forse, però, non tutti sanno che in Italia ci sono già diversi rifugi che auspichiamo non doversi mai utilizzare.

Il bunker antiatomico più grande d’Italia si trova nel Comune di Affi che è collocato nelle viscere del monte Moscal, dove nel 1966 iniziarono le operazioni di West Star, il bunker che, per tutta la Guerra Fredda, ospitò la sede protetta del comando Nato da cui venivano diramati gli ordini militari all’Occidente, ed era in grado di ospitare non meno di 1000 persone.

West Star ha una superficie di 13 mila metri quadrati e si trova 150 metri sottoterra. A oggi, è l’unico rifugio antinucleare in Italia capace di resistere a 100 chilotoni, 5 volte tanto la bomba sganciata su Hiroshima.

Quattro anni fa, nel marzo del 2018, il bunker è stato ceduto dai ministeri della Difesa e della Finanza al Comune di Affi, che ha progettato di renderlo un museo aperto al pubblico.

In linea teorica, questo sito appare come l’unico in Italia che potrebbe essere riattivato “facilmente”, essendo stato dismesso dal suo ruolo solo pochi anni fa, cioè nel 2010, ma tutti preghiamo che non vi sia assoluta necessità, se non quello di diventare un centro culturale e museo dedicato alla Guerra Fredda.

Cosa lo rende unico:
13.000 m² di superficie con capacità di ospitare fino a 500 persone; strutturato come una piccola città: dormitorio, mensa, cucina, infermeria, sala operativa, palestra, bar. Con protezioni antiatomiche: muri in cemento armato, porte blindate, ventilazione forzata e difese contro le radiazioni

( foto d’archivio post abbandono)

Indirizzo

Via Roma
Negrar
37024

Telefono

+393471422505

Sito Web

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