08/01/2023
FESTA DEL TRICOLORE: la nostra bandiera compie 226 anni !!!
Il tricolore italiano è la variante della bandiera della Rivoluzione francese, con la sostituzione del verde all’azzurro, e perciò può considerarsi l’emblema più fedele dei principi della rivoluzione, perché il verde, secondo il simbolismo massonico ereditato dai giacobini, rappresentava allora la natura e con essa l’acquisto dei diritti di natura: uguaglianza e libertà. Il verde venne proclamato il colore nazionale italiano per eccellenza, e passò a significare per i più la speranza in un migliore avve**re d’Italia.
La giornalista Giovanna Cavalli, scrisse sul Corriere della Sera del 8 marzo 2003 l’articolo denominato: (Dopo 206 anni ecco i “veri” colori della bandiera), intervistato, araldicamente esplicitai la valenza dei redolenti colori della nostra bandiera.
Una delle iconografie più significative del tricolore è racchiusa nell'immagine di un uomo che, sulla cima di un monte, sventola una bandiera mentre i suoi compagni di scalata, più in basso, alzano le piccozze in segno di gioia. La dicitura sotto la tavola di Achille Beltrame, pubblicata sulla Domenica del Corriere del 15 luglio 1906, recita:
“ La spedizione guidata dal Duca degli Abruzzi conquista l'estrema vetta del Ruwenzori, mai prima raggiunta da alcuno. Di lassù, nel cuore dell'Africa tenebrosa, hanno sventolato i nostri bei colori.”
Questi accenni alla nostra storia nazionale servono per proporre alcune considerazioni legate alla storia di tutti gli Italiani, che da quel lontano gennaio del 1797 sotto la bandiera verde bianca e rossa si sono riconosciuti in una Patria comune. Con essa e per essa hanno vissuto momenti di gloria, esaltazione, dolore, commozione.
Il tricolore sventolato dal Duca degli Abruzzi è un simbolo di Pace, di una conquista dedicata al progresso dell'umanità; lo stendardo esposto sul pennone di una nave della Marina Militare è una garanzia di protezione; su quella Mercantile ci ricorda l'Italia anche nei luoghi più lontani.
Questa, dunque, è la bandiera: un immaginario collettivo, un sentire comune, che di volta in volta, a seconda delle circostanze, accompagna, stimola le nostre esigenze. Ci fa ritrovare figli di una stessa MadrePatria.
Giosuè Carducci chiuse il discorso che tenne il 7 gennaio 1897 per festeggiare i cent'anni del tricolore, nell'atrio del palazzo civico di Reggio Emilia, con le seguenti parole: “L'Italia avanti tutto! L'Italia sopra tutto!”.
Per ricordare quei giorni appassionati di oltre due secoli fa, bisogna risalire a Modena, al Congresso della Repubblica Cispadana, che ratificò il Decreto Costitutivo del Tricolore, deliberato a Reggio Emilia su indicazione del Segretario Generale della Confederazione Cispadana, Giuseppe Compagnoni, un ex sacerdote e letterato di Lugo di Romagna. La sua proposta mise d'accordo l'assemblea, dopo una discussione di campanile con i deputati di Modena, Reggio e Ferrara, che avevano minacciato di abbandonare i lavori perché si sentivano prevaricati da quelli di Bologna.
Ma alla fine tutti si ritrovarono sotto il Tricolore, allora a strisce orizzontali, affinché le quattro popolazioni formassero un popolo solo, anzi, una sola famiglia.
Quella bandiera era stata ideata tre anni prima da due studenti dell'Università di Bologna: Luigi Zamboni e Giambattista De Rolandis. Sull'onda della rivoluzione francese, nel 1794, s'inventarono una bandiera per due terzi simile a quella transalpina, ma con il verde al posto del blu, colore della speranza, per far risorgere l'Italia a nuova vita.
Catturati dai gendarmi pontifici, vennero orrendamente torturati. Luigi Zamboni s'impiccò in carcere; Giambattista De Rolandis fu “afforcato”. Furono i primi due morti per il Tricolore. Avevano poco più di vent'anni, l'età delle grandi, generose illusioni. Mi sembra doveroso ricordarli.
L'idea del Tricolore venne raccolta nel 1796 dalla Guardia Civica di Milano, che sotto la dominazione Napoleonica volle tenere viva e distinta la propria italianità fino a sostituire il colore blu della bandiera transalpina (che era anche il colore delle giubbe delle truppe napoleoniche) con il verde delle proprie giubbe, per dire che erano sì rivoluzionari, ma Italiani. Napoleone fondò quindi la Repubblica Cispadana, sul modello della costituzione del 1795, nata dagli ideali della Rivoluzione francese.
I rappresentanti della Cispadania ratificarono nel 1797, al congresso di Modena, la nascita della bandiera bianca rossa e verde. Una bandiera che non è nata a tavolino, ma da un moto ispirato da una rivoluzione che a Parigi aveva letteralmente tagliato la testa al Re e ai suoi sostenitori. In nome della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità. Aspirazioni particolarmente sentite in un Paese come l'Italia, frammentato e oppresso da dominazioni straniere.
Aspirazioni che da noi vollero affermarsi, proprio nella scelta del Tricolore, come volontà di ve**re realizzate nel segno di una realtà nazionale tutta italiana. Ma come? Per rispondere a questa domanda, gli stessi patrioti che riconobbero nella loro bandiera il riferimento ideale, percorsero poi strade diverse, a seconda dei propri progetti politici, per arrivare all'identica meta dell'unità d'Italia.
Fu il grande dilemma risorgimentale: un Re garante di una costituzione democratica o un Presidente della Repubblica eletto dal popolo?
A Modena, nella stessa città che vide nascere la Repubblica Cisalpina, venne impiccato Ciro Menotti. Il 12 dicembre 1830 esponeva all'avvocato Enrico Misley le sue “Idee per organizzare delle intelligenze fra tutte le città d'Italia onde realizzare una insurrezione mirante a dare all'Italia indipendenza, unione e libertà sotto il governo di una monarchia rappresentativa con Roma capitale”.
Traditi dal Duca Francesco IV, che inizialmente si era mostrato favorevole al programma, Ciro Menotti e i suoi carbonari pagheranno con la vita la loro illusione, dopo una rivoluzione duramente repressa. Così la celebrava in un'ode Giovanni Berchet:
" Un popol diviso per sette destini, In sette spezzato da sette confini, Si fonde in un solo, più servo non è."
A Bologna, Modena, Reggio Emilia, Imola,…… il popolo si fuse in un solo per riscattare il suo diritto a vivere libero in una stessa Patria e sotto una sola bandiera: quel Tricolore che sventolarono andando a morire nelle città divise per sette destini. Quel Tricolore che avevano proclamato bandiera nazionale.
Siamo nel 1831, una data importante nella nostra storia perché a Marsiglia, nello stesso anno, Giuseppe Mazzini fondò la Giovine Italia, con un programma unitario e repubblicano, mentre a Torino saliva sul Trono Sabaudo Carlo Alberto, il quale poi, dopo aver emanato lo Statuto (rimasto legge fondamentale dello Stato per cent'anni, sino al 1° gennaio 1948), nel marzo del 1848 mosse le sue truppe contro l'Austria, nella Prima Guerra d'Indipendenza.
Truppe che combatterono sotto il Tricolore, che il Re volle adottare quale bandiera nazionale, come simbolo dell'unione Italiana, con lo stemma Sabaudo al centro. Era l'undici aprile 1848. Una data anch'essa molto importante e significativa per il Tricolore.
Da allora, il Tricolore ha segnato le tappe della nostra storia: è stata la bandiera dei Mille, di Porta Pia, di chi ha combattuto nelle quattro Guerre d'Indipendenza, nel primo e nel secondo conflitto mondiale.
Non ho detto “rilanciare” a caso, perché dopo la Liberazione, come sostiene Lucio Villari, “DC e PCI hanno cercato di occultare il significato del Tricolore per ragioni diverse, gli uni perché ne deprecavano l'origine rivoluzionaria, gli altri per la loro visione internazionalista”.
Una tesi condivisa praticamente da tutti gli storici. Dice Gian Enrico Rusconi: “Eh sì, prima il trauma del fascismo e la retorica patriottica e poi due forze, DC e PCI, che non sono mai state antinazionali, ma in qualche modo andavano oltre e mettevano così in sordina l'elemento nazionale”. E aggiunge: “La sfida aggressiva dell'elemento separatista, le polemiche sul revisionismo e poi l'Europa hanno fatto in modo che emergesse il problema dell'identità nazionale di cui il Tricolore è simbolo”.
Se, dunque, l'attuale rilanciò del Tricolore e la voglia di riconoscersi in un'identità nazionale anche come reazione a una pesante campagna secessionista, un primo risultato positivo l’ha raggiunto: nessuno ci invita più, volgarmente, a gettare la bandiera come qualcuno fece in passato e che ben ricordiamo!
Ma non basta ritrovarsi uniti sotto una bandiera soltanto per reagire contro chi la insulta e ci vuole divisi. È un momento che ci affratella ma non va oltre un'epidermica emozione. Il fiore d’Italia divenne frutto quando essa fu “una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cuore”.
Queste note sono tratte da varie letture, oltre che pensieri di valenti italiani e miei personali.
Vogliate perdonarmi se essi non sono pari all’assunto e alla fede del dettato, ma i dati storici vi sono collocati e, credo, con lo stesso animo col quale qualsiasi buon ITALIANO non tralascerà mai di rinverdirlo.
Viva l’Italia, Onore alla nostra Bandiera, Giubilo agli assertori per la Salvezza delle Memorie e a conforto delle Speranze.
Don Francesco Alfredo Maria Mariano