15/09/2025
ETNOFILMfest 13. edizione
ESTE, 4 e 5 ottobre 2025
Come una fenice l'ETNOFILMfest, festival dedicato alle produzioni di documentari etnografici, riparte da dove aveva avuto inizio: la città di Este.
ETNOFILMfest da sempre dedicato alla promozione della cultura e della diversità attraverso il linguaggio del cinema, si prepara a riaprire le porte per una nuova edizione che promette coinvolgere gli spettatori con opere avvincenti e significative.
Dopo un periodo di pausa forzata, l'ETNOFILMfest torna con rinnovato entusiasmo. L'obiettivo del festival è sempre stato quello di offrire uno sguardo approfondito sulla ricchezza delle culture globali, celebrando la diversità e promuovendo il dialogo attraverso l'arte cinematografica.
La riapertura dell'ETNOFILMfest rappresenta un momento importante per gli appassionati del cinema documentario. Il festival non solo offre l'opportunità di godere di opere cinematografiche di alta qualità, ma anche di partecipare a dibattiti, incontri con registi e attori, e approfondimenti che arricchiscono l'esperienza complessiva degli spettatori.
In un contesto in cui la cultura e l'arte sono più importanti che mai per rafforzare il legame tra le persone e stimolare il pensiero critico, la riapertura dell'ETNOFILMfest è un invito a esplorare nuovi mondi attraverso lo schermo, a connettersi con le emozioni e a celebrare la ricchezza delle diversità umane.
L'ETNOFILMfest ha sempre avuto il merito di valorizzare l'incontro tra culture e di esplorare la complessità delle realtà umane attraverso il linguaggio del documentario.
Oggi, ritengo che il festival possa ampliare ulteriormente la sua missione, includendo un filone specifico dedicato al rapporto uomo-ambiente.
Tale tematica, sempre più centrale nel dibattito contemporaneo, offre spunti di riflessione cruciali su questioni come la sostenibilità, il cambiamento climatico e le tradizioni locali legate alla natura.
Un simile approccio potrebbe non solo rinnovare l’interesse verso il festival, ma anche attrarre un pubblico più ampio e diversificato, stimolando il coinvolgimento di nuovi partner e istituzioni.
L’edizione in preparazione rappresenta un momento di grande rilancio: un progetto rinnovato con una particolare attenzione alla diffusione mediatica e all’impatto culturale.
Le ultime 2 edizioni erano dedicate a Eros e Thanatos e al Corpo.
Da qui si riparte essendo questi temi cari a Etnodramma, grazie anche a un percorso dedicato all'antropologia della performance.
Questa nuova edizione sarà l'occasione per delineare un possibile nuovo approccio al documentario etnografico, dove chi filma diventa parte integrante del processo, e non semplice “testimone esterno”.
Tradizionalmente il documentario etnografico si è costruito sulla centralità dello sguardo: osservare, registrare, restituire. Ma la vita sociale non è solo visiva: è tatto, odore, ritmo, temperatura, vibrazione. Un nuovo approccio potrebbe chiedere al documentarista di sviluppare una pratica corporea capace di tradurre questa complessità in immagini e suoni che non descrivono soltanto, ma evocano. Non più soltanto un “film da guardare”, ma un’esperienza sensoriale che restituisca la densità dell’incontro.
La presenza del corpo di chi filma non è un ostacolo alla “neutralità”, ma una risorsa epistemologica. Attraverso esercizi di consapevolezza corporea (danza, respiro, ascolto del movimento nello spazio), il documentarista può allenarsi a percepire non solo “cosa accade” ma come quel che accade risuona in lui. La macchina da presa diventa estensione del corpo, non solo occhio meccanico.
Questo approccio implica che la relazione con le persone filmate sia meno asimmetrica. Se il corpo del documentarista è esposto e coinvolto, egli non si limita a “prelevare” immagini, ma entra in una dinamica di scambio. Ciò apre a nuove forme di co-creazione: le comunità non solo “oggetti di studio”, ma interlocutori attivi, capaci di restituire, commentare, correggere e persino guidare il processo filmico.
Il linguaggio audiovisivo può essere reinventato per suggerire esperienze tattili, olfattive, cinestetiche. Non si tratta solo di “aggiungere suoni” o “cercare immagini immersive”, ma di tradurre i modi in cui i corpi si muovono nello spazio, i ritmi quotidiani, le atmosfere emotive.
Ogni esperienza etnografica è anche un viaggio personale. Un nuovo modo di fare documentari dovrebbe legittimare questa dimensione, mostrando come la soggettività di chi filma entri nella tessitura del racconto. Non per accentrare l’attenzione sull’autore, ma per dichiarare il punto di vista e valorizzare la trasparenza del processo.
Questo percorso porta a un’“etnografia sensoriale”, in cui il sapere non è più solo discorsivo e razionale, ma anche incarnato. Lo spettatore, di conseguenza, non è chiamato a “capire” dall’esterno, ma a condividere un’esperienza trasformativa, quasi performativa, che lo avvicina ai mondi rappresentati.