19/08/2024
Siamo di fronte ad uno scarto generazionale!
In questa intervista Di Francisca spiega le sue motivazioni rispetto a quanto detto a Pilato dopo il 4° posto nella finale dei 100 m rana. Da quanto riportato avrebbe detto "Credo davvero che la sofferenza, lo stare male per un risultato che non arriva, sia importante. Lo dico attingendo al mio vissuto di ex atleta della scherma: bisogna provare dispiacere, perché da lì si attinge la motivazione per ripartire alla conquista. Io ho sempre fatto così. I ragazzi che si accontentano, i genitori accondiscendenti, la proposta di abolire i voti a scuola… Mi sembra un discorso culturale, di società che sta attraversando un cambio generazionale"
Utilizzo quanto detto da Di Francisca non per colpevolizzare o fare la morale ma per argomentare un tema per me importante: ha ragione Di Francisca quando dice che siamo di fronte ad uno scarto generazionale! Infatti la parola d'ordine nello sport delle ultime Olimpiadi non sembra più essere sofferenza ma consapevolezza! Gli atleti e le atlete hanno più volte sottolineato la consapevolezza di essere in un percorso di apprendimento, dove gli errori, le cadute, sono fonte di conoscenza finalizzata al miglioramento. Per molti di loro (non tutti) non è più il cieco dolore a guidare i percorsi sportivi e umani di questi atleti ma la capacità di individuare le zone d'ombra, ciò che non si sapeva prima dei propri limiti fisici e emotivi. Di Francisca però credo scambi queste consapevolezze per debolezza, in quanto figlia della cultura sportiva della sofferenza, non cogliendo invece che i limiti individuati non sono accettati passivamente ma diventano la nuova leva motivazionale per superare se stessi. Per queste atlete e atleti non vale piu l'equazione dispiacere= motivazione proposta da Di Francisca, (molto diffusa nello sport e nel senso comune). In molti casi si sta sostituendo con conoscenza di se'= motivazione, cioè la capacità di auto-osservarsi in un percorso evolutivo e dunque di spostare l'asticella in una direzione che non è imposta da altri ma deriva dal proprio percorso di conoscenza e quindi, per definizione, diversa per ognuno di loro . In questa dinamica evolutiva poi ri-trova spazio anche il divertimento che era (quasi) compleramente sparito dal panorama emotivo dello sport. Sapersi diveritire andando a caccia dei propri limiti (ad esempio Battocletti che dice "In finale dei 10.000 ho pensato a divertirmi ") può rappresentare davvero un ulteriore scarto generazionale, una sorta di "Ritorno al futuro" anche valoriale, che evidenzia una nuova capacità nel formulare obiettivi che mettono le emozioni positive come leva motivazionale pricipale per ottenere risultati. Forse stiamo davvero percorrendo, anche nello sport, una nuova strada che mette il benessere delle persone al servizio della performance e abbandona la vecchia in cui la performance a tutti i costi poteva anche danneggiare irreparabilmente la vita di uno sportivo