LUCeSCRITTURA

LUCeSCRITTURA Lucescrittura è un'associazione, costituita nel 2010, che si occupa di fotografia, editoria ed even

Lucescrittura è un'associazione, costituita nel 2010 (dal punto di vista giuridico è una A.S.D.), che si occupa di fotografia, editoria ed eventi. Promuove progetti ed iniziative legate in primis alle arti visive (fotografia, illustrazione, cinema). Ha al suo attivo diverse pubblicazioni (libri fotografici e calendari; docu film), tutti uniti dal fil rouge del rilancio e della riscoperta del terri

torio di appartenenza (quello friulano e veneto). Dal 2014 si occupa anche organizzazione di eventi di intrattenimento. Nelle persone di Loraine Colaguori e Piergiorgio Grizzo è mandataria per il Friuli Venezia Giulia e il Veneto del concorso di bellezza nazionale Star of the Year. Si occupa dell'organizzazione e della promozione di manifestazioni legati al mondo della fotografia, della moda e del glamour

26/12/2024

Mauro Corona ripercorre gli anni ruggenti dell’arrampicata sportiva e della palestra giù alla diga. “Di qui sono passati tutti i più forti del mondo” di Piergiorgio Grizzo Si chiamavano tra loro, per prendersi in giro, i ragazzi dello zoo di Erto. Drogati anche loro, come quelli di Berlino, ...

06/12/2024

DA SABATO 7 DICEMBRE IN EDICOLA IL NUOVO NUMERO DE "LA CITTA'"E "PIANCAVALLO DOLOMITI FRIULANE MAGAZINE"

Sará in edicola (in distribuzione gratuita) da sabato 7 dicembre il nuovo numero de La Cittá, il periodico di attualitá, politica, inchieste, cultura del Friuli Occidentale. Apertura dedicata al consorzio universitario di Pordenone: la storia, lo sviluppo, gli scenari futuri in due pagine firmate da Marianna Maiorino, una delle quali dedicate alle impressioni e alle istanze degli studenti del polo di via Prasecco. Poi un'anteprima sul nuovo ospedale di Pordenone, curata da Alberto Rossi: vinta la sfida costruttiva, ora bisogna trovare medici e infermieri.
L'inchiesta di Giorgio Simonetti é dedicata all'inquinamento elettromagnetico. Gli ultimi provvedimenti governativi hanno innalzato i limiti di tollerabilitá, mentre i sindaci, deputati per legge a tutelare la salute dei propri concittadini, non possono piú opporsi all'installazione delle antenne 5G.
Ci sará poi un'intervista del direttore della nostra testata, Piergiorgio Grizzo, al filosofo e saggista Diego Fusaro, sull'ereditá culturale lasciata dal paradigma degli intellettuali italiani anti sistema, Pier Paolo Pasolini, di cui nel 2025 ricorreranno i 50 anni dalla morte.
La storia della Madonna delle Grazie, santuario tanto caro a molti pordenonesi sará raccontata da Walter Arzaretti, mentre nella pagina della cultura si parlerá della mostra "AbitUdine", curata da Alessandra Santin e del rinnovato interesse editoriale per la figura di Lino Zanussi.
La pagina Salute & Benessere sará dedicata alla fotobiomodulazione, una pratica antica oggi sempre piú oggetto di studi e applicazioni, raccontata da Mirka Dorigo del Centro Aureo di Maniago.
Il personaggio del mese é il fotografo ritrattista Paolo Ciot, autore del calendario "Le donne del miele"e protagonista a dicembre di una personale, dedicata ai suoi vent'anni di carriera artistica, promossa dall'Associazione Lucescrittura con il sostegno del Comune di Pordenone.
Il locale da frequentare, sotto le feste ma non solo, é Peratoner, storico caffé pordenonese, rilanciato negli anni Novanta dall'imprenditore Giuseppe Faggiotto, che oggi gestisce altri due celebri locali con un fascino d'antan, il Caffè degli Specchi e il Ristorante Tommaseo, entrambi a Trieste.
Arricchiscono le nostre pagine anche la consueta rubrica di politica e attualitá di Mara Piccin, "La Specola", oltre ai focus sulla Fiera di Pordenone, sulla Bcc Pordenonese e Monsile, sulla GSM e sui supermercati Conad di Porcia e di Pordenone.

In allegato a La Cittá anche il suo supplemento Piancavallo Magazine

Appuntamento in edicola (a Pordenone, Porcia, Sacile, Spilimbergo, Maniago, San Vito al Tagliamento) e nei locali pubblici del Friuli Occidentale.
Buona lettura!

Con il sostegno di:


Canton Colori
Hotel Santin
Atap Pordenone
Gymnasium Water Age
Gymnasium Pordenone
Conad Pordenone VIALE MICHELANGELO GRIGOLETTI
Conad Porcia Via Roveredo 52
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Ingrosso Carta e Cancelleria Tarantola srl
Confartigianato Imprese Pordenone


Pordenone Fiere

12/10/2024

LUCI AL LED, RISPARMIO IN BOLLETTA MA A QUALE PREZZO?

L'illuminazione pubblica con questa tecnologia consente un abbassamento notevole dei consumi, ma resta controversa la questione salute

di Marianna Maiorino
Che la luce naturale emanata dal sole sia un toccasana è cosa nota, come altrettanto noto è che alcuni accorgimenti devono essere sempre adottati, per esempio non esporsi nelle ore di punta o non fissare il sole con gli occhi senza filtri. Ma oltre alla luce naturale ormai siamo sempre più circondati anche da luci artificiali che a loro volta possono incidere sulla nostra salute perché la luce, tutta, è energia elettromagnetica che viene assorbita dal nostro corpo e ogni frequenza, ogni vibrazione emessa, se non rispetta determinati limiti è capace di produrre delle reazioni nel nostro corpo [...]

QUI L'ARTICOLO COMPLETO: https://lacittanordest.it/luci-al-led-risparmio-in-bolletta-ma-a-quale-prezzo/

19/09/2024

La Città di settembre è in edicola... Buona lettura😉

13/09/2024

DOMANI, SABATO 14 SETTEMBRE, IN EDICOLA IL NUOVO NUMERO DE "LA CITTÀ"

Da domani in edicola ( a Pordenone, Porcia, Sacile, Maniago, Spilimbergo e San Vito al Tagliamento) il numero di settembre de La Città.
Come ogni anno di questi tempi, si apre con uno speciale di 5 pagine sulla pordenonelegge.it
Si parlerà poi delle comunità montane del Friuli Occidentale, ennesimo parto podalico della pubblica amministrazione, con un intervento di Andrea Carli; di denaro digitale, dei pro e contro dell'illuminazione pubblica al LED con un articolo di Marianna Maiorino .
L'angolo della storia prevede una retrospettiva su Radio Bambina, la prima radio pubblica del Friuli Occidentale, messa in piedi nel 1924 da Don Giuseppe Lozer nel rione di Torre. Il pezzo è firmato da Giorgio Simonetti.
Inoltre Walter Arzaretti ci porta alla scoperta della presenza francescana a Pordenone partendo dalla storia del convento di Piazza della Motta.
Ci saranno poi i focus sulle novità di Pordenone Fiere, sul centro nascite del Policlinico San Giorgio e sull'inizio del nuovo anno accademico dell' Ute di Pordenone.
Debutta la rubrica "La Specola", l'osservatorio politico di Mara Piccin .
La pagina sportiva sarà dedicata alla Mrc Sport , storica scuderia di rally di Brugnera.
Sotto la lente il quartiere di Borgomeduna e ArtU, lo spazio multisensoriale di Roveredo in Piano.
Infine la rubrica di Confartigianato Imprese Pordenone parlerà degli "artisti della luce", Elio e Stefano Ciol, notissimi fotografi specializzati nell'immortalare opere d'arte.
Buona lettura!

Direttore responsabile: Piergiorgio Grizzo
Progetto grafico: Stefano Andrean
Con il sostegno di:
Canton Colori
Gymnasium Pordenone
Gymnasium Water Age
Atap Pordenone
Ingrosso Carta e Cancelleria Tarantola srl
Giovani Imprenditori Confartigianato Pordenone
Autoricambi Pordenonese
Bccpm Ufficiostampa
Bcc Pordenonese e Monsile
Naonis Gym
Fiera Pordenone
Conad Porcia Via Roveredo 52


10/09/2024

SABATO 14 SETTEMBRE IN EDICOLA IL NUOVO NUMERO DE "LA CITTÀ"

Mentre il giornale andava in stampa, il povero Gennaro Sangiuliano, pur tenacemente inchiodato alla poltrona, come tutti gli uomini pubblici di questa nostra repubblichetta, ha dovuto alla fine alzare bandiera bianca.
Poco male, la sostanza del mio editoriale non cambia: il neo ministro alla Cultura, Alessandro Giuli, è un altro fedelissimo di Giorgia Meloni e continuerà a seguire con convinzione incrollabile, fedeltà granitica e maschio coraggio le linee guida tracciate dalla premier.
Per il resto il numero di settembre de La Città, in uscita sabato 14 (gratuito in tutte le edicole di Pordenone, Porcia, Sacile, Maniago, Spilimbergo e San Vito al Tagliamento) conterrà uno speciale di 5 pagine sulla 25esima edizione di pordenonelegge.it con gli interventi di GIAN MARIO VILLALTA , Alberto Garlini, Valentina Gasparet (intervistati da Alberto Rossi ), Michela Zin e Michelangelo Agrusti.
Si parlerà poi delle comunità montane del Friuli Occidentale, ennesimo parto podalico della pubblica amministrazione, con un intervento di Andrea Carli; di denaro digitale, dei pro e contro dell'illuminazione pubblica al LED con un articolo di Marianna Maiorino.
L'angolo della storia prevede una retrospettiva su Radio Bambina, la prima radio pubblica del Friuli Occidentale, messa in piedi nel 1924 da Don Giuseppe Lozer nel rione di Torre. Il pezzo è firmato da Giorgio Simonetti.
Inoltre Walter Arzaretti ci porta alla scoperta della presenza francescana a Pordenone partendo dalla storia del convento di Piazza della Motta.
Ci saranno poi i focus sulle novità di Pordenone Fiere, sul centro nascite del Policlinico San Giorgio e sull'inizio del nuovo anno accademico dell' Ute di Pordenone.
Debutta la rubrica "La Specola", l'osservatorio politico di Mara Piccin.
La pagina sportiva sarà dedicata alla MRC Sport, storica scuderia di rally di Brugnera.
Sotto la lente il quartiere di Borgomeduna e ArtU, lo spazio multisensoriale di Roveredo in Piano.
Infine la rubrica dell'Unione Artigiani di Pordenone, parlerà degli "artisti della luce", Elio e Stefano Ciol, notissimi fotografi specializzati nell'immortalare opere d'arte.
Buona lettura!

Direttore responsabile: Piergiorgio Grizzo
Progetto grafico: Stefano Andrean
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06/09/2024
15/08/2024

Dall'ultimo numero de La Città Pordenone

LA DINASTIA DEGLI AMMAN TRA COTONIFICI E BELLE ÉPOQUE

La marchesa Luisa Amman Casati Stampa fu amante di D'Annunzio e musa di artisti. Volle fare della sua stessa vita un'opera d'arte. Il suo palazzo di Venezia ospita oggi la Collezione Guggenheim

Il canale di Amman porta le acque del torrente Meduna fino a Pordenone. Scorre silenzioso e calmo tra le sue sponde di cemento, parallelo ai terreni del Seminario e a via Canaletto nel quartiere di Borgomeduna. Ricordo molti anni fa le sue rive affollate di canne da pesca e amici che dicevano: andiamo a pescare al canal de Amman. Ma chi era questo Amman?
Alberto Amman era un industriale appartenente ad un agiatissima famiglia austriaca di origine ebraica, arrivata in Italia, in Brianza, nei primi dell'Ottocento. Nel 1875, a 28 anni, grazie al sostegno del padre e insieme allo svizzero Emilio Wepfer, impiantò a Pordenone, in una zona paludosa tra il Noncello e Borgomeduna, il modernissimo cotonificio "Amman & Wepfer".
A cavallo tra l'Ottocento e il Novecento la piccola cittadina e i suoi dintorni divennero uno dei poli cotonieri più importanti del giovane Regno d'Italia. L'abbondanza d'acqua e la particolare umidità dell'aria erano ideali per l'insediamento di quel tipo di produzione, condizioni che convinsero molti capitalisti, soprattutto stranieri, ad investire in loco. Per sfruttare le acque, ma anche la manodopera di un'area che all'epoca era tra le più marginali e depresse del Regno. Centinaia e centinaia di contadini e braccianti che lasciavano le campagne, attirati dalla prospettiva di un salario fisso, accettando un lavoro massacrante e insalubre.
Nel 1888 la "Amman & Wepfer", dopo avere creato un altro opificio a Fiume Veneto, sfruttò l'acqua della roggia Vallona, che un tempo alimentava magli e mulini, per creare una centralina elettrica che portasse energia allo stabilimento. Nel frattempo Alberto era diventato cittadino onorario di Pordenone con delibera del Consiglio comunale di allora e soprattutto conte grazie ad un regio decreto, firmato da Umberto I. Nel 1893 la medesima ditta, che in seguito alla prematura scomparsa di Wepfer avrebbe preso il nome di "Amman & C.", creò, con uno sbarramento artificiale sul piccolo rio Maj, il lago della Burida, che consentì, grazie a una caduta d'acqua di nove metri, di ottenere energia elettrica per gli stabilimenti di Borgomeduna e di Fiume Veneto.
Alberto Amman, che morì nel 1896 (il canale che porta il suo nome fu scavato qualche anno dopo), fu superato in fama dalla secondogenita Luisa, celeberrima per il suo mecenatismo e le sue stravaganze.
Nata nel 1881, alla morte dei genitori ereditò, insieme alla sorella maggiore Francesca, un'autentica fortuna. Eccentrica e tormentata, fu una delle grandi protagoniste della vita mondana del Regno e d'Europa negli anni della Belle Époque.
Nel 1900 sposò il marchese milanese Camillo Casati Stampa di Soncino e l'anno dopo nacque la loro unica figlia: Maria Cristina, poi sposa a Londra di lord Francis Hastings, futuro sedicesimo conte di Huntingdon. In seguito Luisa Amman Casati Stampa intraprese una turbolenta e scandalosa relazione con Gabriele D'Annunzio, la cui vicinanza accentuò il suo carattere eccentrico e il suo desiderio di fare della sua stessa vita un'opera d'arte.
Nel 1910 acquistò a Venezia il palazzo Venier dei Leoni, che trasformò in una corte di artisti ed intellettuali, venuti in laguna per celebrarne la megalomania e gli eccessi a fronte di generose ricompense. Famoso il dipinto di Cesare Saccaggi che la ritrae come la Regina di Semiramide. Anche lei come la regnante babilonese si presentava in pubblico con delle belve al guinzaglio, oppure girava nuda per Venezia, coperta solo da una pelliccia, preceduta da un servitore che la illuminava con una torcia perché i passanti la ammirassero.
Mentre gli operai sgobbavano nei torridi capannoni degli stabilimenti di famiglia, la marchesa Casati Stampa era la musa di esponenti del futurismo come Marinetti, Depero e Boccioni e l'animatrice di una società ricca e decadente che inneggiava all'opulenza, al progresso tecnologico e alle guerre come strumento di pulizia del mondo e che distrattamente si avviava a portare l'Europa nel baratro della Grande Guerra. Celebre la sua festa in Piazza San Marco, riservata per l'occorrenza, alla quale invitò tutta la buona società del continente.
In seguito dovette vendere il palazzo sul Canal Grande ad un'altra ereditiera ebrea, Peggy Guggenheim, che aveva le stesse passioni e vocazioni. Oggi è sede dell'omonima fondazione e galleria d'arte. Per il suo stile di vita Luisa accumulò debiti enormi e morì in povertà nel 1957.
Suo marito, il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, ebbe da una relazione con Anna Ewing Cockrell un altro figlio, a cui diede il suo stesso nome, che nacque nel 1927.
Costui morirà suicida nel 1970 dopo aver ammazzato la moglie Anna Fallarino e l'amante di lei. Un fatto di sangue che riempirà le cronache per mesi per la notorietà dei protagonisti e i contorni morbosi della vicenda. La loro unica figlia, Anna Maria, erediterà tutto il patrimonio di famiglia, compresa la settecentesca Villa San Martino di Arcore, che sarà poi ceduta nel 1974, attraverso un discusso contratto, al rampante magnate dell'edilizia, Silvio Berlusconi.



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Alberto Rossi
Teatro Verdi Pordenone
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15/08/2024

Dall'ultimo numero de La Città Pordenone ...

In collaborazione con Confartigianato Imprese Pordenone

FULVIO DEL TIN, AMBASCIATORE NEL MONDO DI MANIAGO E DELL'ARTE FABBRILE

di Mauro Fracas

Non sempre a narrare “i cavallier, l’arme, gli amori, l’audaci imprese” è la penna di qualche poeta epico come l’Ariosto. In alcuni casi a scrivere la storia è l’incudine ed il martello di qualche pioniere dell’arte fabbrile come Fulvio Del Tin, classe 1955 che da più di 50 anni si dedica alla realizzazione di riproduzioni di armi bianche antiche.
La storia della produzione di armi antiche nacque quasi per caso nel 1965, in un piccolo laboratorio di 40 metri quadrati, poco più di una stanza, dove Silvano Del Tin ed il figlio Flavio, rispettivamente padre e fratello maggiore di Fulvio, si dedicavano, come tradizione locale, alla produzione di coltelli. “Il mestiere divenne presto passione - racconta lo stesso Fulvio - e, nonostante la durezza delle condizioni di lavoro del tempo, mio padre e mio fratello iniziarono ad esplorare applicazioni allora quasi del tutto inedite dell’arte della lavorazione del ferro, ossia la riproduzione di armi antiche. All’inizio fu quasi per hobby che iniziarono a produrre spade e mazze ferrate ed altre armi degli antichi cavalieri.”
Ma la svolta arrivò presto. Infatti, l'ESA (Ente Sviluppo Artigianato FVG), che era un ente regionale preposto allo sviluppo dell’artigianato, nel 1965 allestì un proprio stand alla mostra dell'Artigianato di Firenze e i Del Tin parteciparono esponendo le armi fino ad allora prodotte. Fu un successo immediato, e subito iniziarono a fioccare le ordinazioni. Una nuova nicchia di mercato si aprì per la Ditta Del Tin, ma avventurarsi nella produzione di armi antiche avrebbe significato ripensare radicalmente la propria strategia aziendale. Nonostante questo, il gu**to di sfida lanciato dal destino venne raccolto: nacque così la Ditta Del Tin Armi Antiche come ora la conosciamo. Fulvio si unì presto, insieme ad un altro fratello, all’attività del padre, come era costume a quei tempi, e a soli 15 anni era già membro a pieno titolo della ditta. Fulvio dovette crescere in fretta, come artigiano e come imprenditore, perché con l’uscita dalla ditta prima del padre e poi dei due fratelli fu costretto a ristrutturare nuovamente l’attività professionale. Valutò la possibilità di assumere qualcuno che lo affiancasse nel lavoro in officina, ma si scontrò contro un nemico che neppure la spada meglio forgiata riuscì a sconfiggere, la burocrazia, e preferì rimanere da solo. Creò allora una rete di collaborazioni con altri artigiani, cui affidare alcune lavorazioni per accelerare i tempi di lavorazione. Nel frattempo, Fulvio dovette confrontarsi con la complessità del processo produttivo relativo alla riproduzione delle armi antiche. “Una spada, uno scudo o una corazza sono oggetti in cui si incarnano i valori, i miti e le leggende del mondo che li ha prodotti, e che cerco di far emergere nelle mie creazioni - sottolinea Del Tin - Ogni spada non è che l’esito finale di un viaggio di scoperta che muove i suoi primi passi nei musei, nelle mostre e nelle antiche fonti iconografiche.”
Nel contempo, Fulvio ha intrapreso un percorso di ricerca per realizzare riproduzioni di armi antiche che soddisfacessero specifiche tecniche molto restrittive: serviva trovare un acciaio resistente all’usura e adatto all'uso schermistico ma quanto più possibile simile, per aspetto e caratteristiche, al materiale usato secoli fa nella produzione delle armi, durevole e flessibile. Alla fine, dopo un percorso di ricerca compiuto in collaborazione con un esperto in metallurgia, fu scelta una particolare lega in acciaio al cromo vanadio, forse non economica, ma capace di rispondere agli standard più elevati. L’accuratezza tecnica ed estetica delle armi realizzate da Del Tin hanno trovato apprezzamento su tutti i livelli. “La sorpresa tra le più motivanti per me è il fatto che la disponibilità di repliche di armi in tutto e per tutto simili a quelle antiche ha favorito la creazione di gruppi di rievocazione storica, che la storia la vuole rivivere inscenandone momenti particolari. Anche coloro che praticano la scherma antica hanno favorevolmente accolto le mie proposte, oltre che per accuratezza storica, anche per doti di bilanciamento, durevolezza e, non da ultimo, sicurezza, visto che le mie armi non sono mai affilate.” Con il tempo, arrivarono prestigiosi riconoscimenti da parte di istituzioni museali e culturali, come il Royal Armouries di Leeds, nel Regno Unito, dove gli fu assegnato un posto in prima fila e, ricorda con una nota di commozione Fulvio, “non distante dalla Regina Elisabetta”. Questi riconoscimenti rappresentarono un passaporto per entrare nel mondo del cinema. Le sue armi fanno la loro comparsa nel film Braveheart, a cui Del Tin ha fornito la lama della spada del protagonista, impersonato da Mel Gibson, oltre che numerose altre spade, asce, lance e daghe. Altrettanto importanti sono state le forniture di armi e soprattutto spade nei film “Caravaggio” di Angelo Longoni, “Il mestiere delle armi” di Ermanno Olmi, “I tre moschettieri” di Paul W. S. Anderson ed altre pellicole di successo internazionale.
L’opera di Del Tin ha rappresentato una punta di eccellenza nella produzione artigianale, come testimoniato dalle numerose mostre ospitanti le sue riproduzioni di armi allestite in varie parti d’Italia. Tre queste, ha avuto grande risonanza la mostra organizzata dall’Unione Artigiani di Pordenone nel 1991 presso il Salone dell'Artigianato Alpe Adria, nella Fiera di Pordenone.
Alla fine della sua carriera, Fulvio Del Tin pensa di realizzare un museo con le sue opere conservate nei locali antistanti il suo laboratorio, che costituiscono la sua collezione personale, il frutto di decenni di ricerca nell’ambito della oplologia, ossia lo studio delle armi e delle relative tecniche di impiego.
“Un modo personale di rendere omaggio alla storia, del passato e del mio territorio, costellata di maestri dell’arte fabbrile. È la memoria di questi eroi anonimi che rappresenta il pilastro più solido sui cui costruire il nostro futuro.”

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BCC Credito Cooperativo


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Confartigianato Imprese Pordenone
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Pordenone with Love

Maniago e Maniaghesi di ieri e di oggi
Sei di Maniago se
Maniago

15/08/2024

Dall'ultimo numero de La Città Pordenone

GYMNASIUM PORDENONE, SPORT, FORMAZIONE E SALUTE IN ACQUA

Come una Venezia di terraferma, anche Pordenone è stata costruita sull’acqua.
Di acqua è irrorato tutto il suo territorio, che è un teorema di risorgive, di polle, di rivoli e di rogge, sebbene ormai quasi tutte interrate o intubate, almeno nel centro storico. E poi c'è il Noncello, il fiume eponimo, che ha dato il nome alla città stessa, la quale, come sappiamo, celebra l’acqua anche nel suo gonfalone, dove è raffigurata una porta aperta sui flutti del mare.
Ma Pordenone non è in terraferma? Sì, ma strettamente collegata con il mare Adriatico e quindi con il mondo attraverso una rete viaria fluviale, usata già dagli antichi romani, che visse gli anni di maggior splendore durante il dominio della Repubblica di Venezia, un’idrovia frequentatissima da chiatte e burci di passeggeri e merci, che si snodava lungo il già citato Noncello, la Meduna e la Livenza.
Ma non divaghiamo…
La cosa strana è che in questa città d’acqua non si è nuotato fino al 1976, almeno non a livello agonistico. E in realtà ben pochi sapevano nuotare come si deve. In estate giovani e meno giovani andavano al lago della Burida, uno specchio d’acqua creato artificialmente per scopi industriali sul finire dell’Ottocento, oppure sul Meduna o sullo stesso Noncello per cercare refrigerio e fare quattro bracciate. E le cronache locali, purtroppo, davano spesso notizia di episodi di annegamento o di salvataggi in extremis di qualche incauto che finiva nei gorghi o trascinato dalle correnti.
Negli anni Settanta Pordenone aveva più che raddoppiato i suoi abitanti rispetto a venti anni prima e, sulla spinta delle sue industrie metalmeccaniche, Zanussi e Savio su tutte, da paesone era diventata città. E anche una città moderna, ben fornita di infrastrutture, servizi e perfino di impianti per fare sport.
Mancava ancora, però, una piscina…

“Mario, ti ricordi di me?”

Guido Deiuri, classe 1938, era un professore di ginnastica. Era nato a Rovigno.
Dopo la guerra, la sua famiglia, assieme agli altri 200.000 dell’es**o istriano-dalmata, aveva dovuto ripartire da zero in Italia, prima a Grado e quindi a Pordenone, dove Guido aveva trascorso gli anni dell’adolescenza. Lui e Mario Sandrin, classe 1937, che di mestiere faceva il ragioniere commercialista nello studio di famiglia, si erano conosciuti da ragazzini sui campetti sportivi dell’Oratorio Don Bosco. Poi si erano persi di vista.
A 20 anni Deiuri era andato a Roma per frequentare l’Isef e qui aveva conosciuto la futura moglie, Fausta Galluzzi, una ragazza ligure, che era stata nazionale giovanile di atletica leggera. I due, una volta sposati, avevano messo su famiglia a Genova, iniziando a lavorare entrambi come professori di ginnastica nelle scuole. Il chiodo fisso di Guido era però fare qualcosa con l’acqua, magari aprire e gestire una piscina, insegnare a nuotare ai ragazzini, ma a Genova, benché cittá di mare, mancavano gli spazi e le opportunità.
Ad un certo punto con la moglie e i tre figli piccoli, Silvia, Andrea e Claudio, decide di ritornare a Pordenone, dove ancora abitano i genitori e la sorella. E qui va a cercare il vecchio amico delle partitelle a pallacanestro all’oratorio, Mario Sandrin, che, ormai avviato nella professione, porta avanti lo studio ereditato dal padre Alberto.
Per una sorta di congiunzione astrale, anche Sandrin in quei mesi, assieme ad un gruppo di imprenditori lungimiranti quanto lui, sta pensando di realizzare una piscina, ma il progetto va a rilento per i proverbiali ritardi della politica e della burocrazia e soprattutto perché, dopo averla costruita, la piscina, bisogna anche trovare qualcuno che sappia gestirla.
L’arrivo di Deiuri, quindi, sembra quasi dettato dalla Provvidenza. “Mario, ti ricordi di me?”, esordisce il “Prof” , quando va a trovare il ragioniere in studio. “Certo che mi ricordo!”, risponde Sandrin e, dopo qualche minuto di convenevoli e di anedottica, si arriva al s**o. Deiuri espone la sua idea, Sandrin strabuzza gli occhi, sorride e dice: “Ma chi te gá mandá? Nostro Signor in persona?”. E apre sul tavolo la planimetria di una piscina.


Via Turati

La piscina di Sandrin e Deiuri, il primo impianto coperto dedicato al nuoto in provincia di Pordenone, apre i battenti nel gennaio del 1976, in via Turati, periferia Nord della cittá, in un francobollo di terra tra case e orti.
L’inaugurazione ufficiale avviene però solo il 13 giugno, subito dopo il terremoto che ha squassato il Friuli, in una città che accoglie le tendopoli dei tanti profughi provenienti dai paesi sinistrati della Carnia. Quasi un segnale di ripresa e di speranza, dopo la grande paura.
Sandrin si occupa fin da subito della parte amministrativa assumendo anche la presidenza della neonata società sportiva, la Gymnasium Pordenone; Deiuri si dedica alla programmazione sportiva.
“Fummo promotori di un’iniziativa assolutamente innovativa – raccontava lo stesso Giudo Deiuri, mancato nel 2010 – in una città dove il nuoto non era affatto conosciuto, se si eccettuano i bagni al fiume. Nel resto della regione gli unici centri dotati di una piscina erano Codroipo, Udine e Trieste”.
“La nostra fu una vera e propria azione pionieristica perché all’epoca il novanta per cento degli iscritti non sapeva nuotare; c’era però molta curiosità ed entusiasmo e partimmo subito con tantissime adesioni”.
Negli anni poi si è consolidata una scuola nuoto dalla quale sono scaturiti importanti risultati agonistici ed una squadra di atleti che dal 1982 riesce sistematicamente a essere protagonista dei vari campionati italiani, Assoluti o di categoria.
Il nuoto libero, la scuola nuoto e il nuoto agonistico sono stati solo l’inizio. Negli anni la proposta Gymnasium si è allargata ad una miriade di altre attività motorie in acqua. Non solo quindi il nuoto orizzontale, ma anche quello verticale, ossia tutte quelle attività che vanno dal nuoto in gravidanza e post partum all’acqua gym e alla vasta gamma di attività rientranti in un concetto ampio di benessere psicofisico. Anche qui la Gymnasium è sempre stata all’avanguardia in provincia ma anche in regione.
La missione della società si può sintetizzare da una parte nella continua ricerca e sviluppo di nuove forme di attività motorie sia in acqua che a secco, dall’altra nel mantenimento dei più alti standard di qualità degli ambienti all’interno dei quali queste attività vengono svolte.
I risultati di questa attenzione si riscontrano sin dai primi anni. Il movimento sportivo cresce rapidamente sia in termini numerici che di risultati (a livello regionale il primato assoluto delle squadre triestine comincia ben presto a essere insidiato dalla Gymnasium); le discipline sportive acquatiche, oltre al nuoto, che si fanno spazio, sono il nuoto sincronizzato, il nuoto pinnato e
la pallanuoto; il Centro Studi e Formazione Gymnasium sviluppa attività oggi di grande attualità, ma allora assolutamente innovative quali il nuoto in gravidanza, i programmi di acquaticità per neonati, la ginnastica antalgica in acqua per anziani, il nuoto nelle scuole.

L’Era dell’Acqua

Nei primi anni Ottanta, mentre la squadra assoluta di nuoto comincia ad imporsi per la prima volta a livello regionale, la Gymnasium inizia a proporsi come organizzazione in grado di gestire impianti pubblici. Parte con la gestione dello Stadio del Nuoto di Spilimbergo per poi passare a quella della piscina Comunale di Aviano, al Palazzetto dello Sport di Sacile ed alla palestra Comunale di San Quirino.
Oggi la società gestisce gli impianti pubblici di Aviano e Motta di Livenza.
Un passaggio fondamentale della storia di questa società, 25 anni dopo la sua fondazione, rimane l’inaugurazione del moderno impianto Gymnasium Water Age di Cordenons avvenuta nel giugno del 1999. Oltre alle attività ricreative estive, in questa sede trovano loro naturale sviluppo una serie di attività di grande valenza tecnica ed impatto sociale quali la riabilitazione in acqua (idrokinesiterapia), l’idro-antalgica, i programmi di acquaticità neonatale insieme ad attività legate al benessere generale quali l’acquafitness e la ginnastica in acqua per le donne in gravidanza. Oggi, a trent’anni di distanza dalla sua nascita, Gymnasium mantiene fede alla missione indicata dai suoi fondatori e continua nello studio e lo sviluppo di nuove forme di utilizzo dell’acqua quale ambiente-strumento per il raggiungimento di un miglior equilibrio psico-fisico della persona.
Il nuoto libero, la scuola nuoto e il nuoto agonistico furono, quindi, solo l’inizio. Negli anni la proposta Gymnasium é diventata un ventaglio di attività motorie in acqua, che continua ad allargarsi, mentre la societá viaggia verso il traguardo volante dei 50 anni.

Agonismo, salute e formazione

L’agonismo è importante perché educa all’impegno, alla dedizione, alla serietà, alla puntualità, al lavoro. Negli anni la squadra degli agonisti Fin della Gymnasium ha conquistato una qualificazione olimpica a Barcellona ‘92 con Francesca Salvalajo, protagonista all’inizio della medesima decade anche di Europei e Mondiali, due titoli italiani assoluti con la stessa Salvalajo e Cesare Sciocchetti e una sfilza lunghissima di titoli e podi nei vari Italiani di categoria e Master.
L’agonismo conquista i titoli dei giornali, ma non è tutto. La Gymnasium oggi fa nuotare e gareggiare oltre 400 ragazzi: oltre gli agonisti Fin, ci sono atleti che hanno scelto un percorso sportivo meno impegnativo e partecipano alle competizioni dell’ente di promozione sportiva Aics, assieme allo Special Team, composto da ragazzi con disabilità intellettivo-relazionali.
Sul versante della salute la società ha aperto ora anche la Gymnasium Medical Care, un complesso che ospita ambulatori medico – fisioterapici e spazi per la ginnastica riabilitativa all’interno dell’immobile del Body Center di via Nogaredo 78 a Cordenons.
Il già citato Centro Studi e Formazione organizza corsi di sicurezza in acqua, percorsi di prevenzione dall’annegamento ed è uno dei centri accreditati dall’Irc (Italian Resuscitation Council Comunità) dove si tengono corsi per la rianimazione polmonare e l’uso del defibrillatore, rivolti alle scuole, alle aziende, alle società sportive e alla popolazione in generale.
Torniamo all’agonismo: agli ultimi campionati italiani di categoria, tenutisi a Riccione ad aprile, la Gymnasium Pordenone ha portato 12 atleti, tutti giovanissimi, vincendo 2 ori, un argento e 2 bronzi.
La quindicenne Elena Savian ha appena partecipato con la nazionale italiana Juniores ai Giochi del Mediterraneo. Elena Savian è figlia di Luca e di Francesca Salvalajo.
Insomma, il futuro è già in vasca.
Lo spirito e la filosofia di Guido Deiuri sono ancora presenti e vengono perpetuati, oltre che dai figli, Claudio e Andrea, che hanno preso in mano la direzione tecnica del sodalizio, anche da tutti i maestri e gli ex atleti del “Prof”. Mario Sandrin è ancora al suo posto come presidente del club, supportato dalla sua famiglia. L’attenzione verso i rapporti umani, l’interesse verso le innovazioni, la cura dell’agonismo ma anche degli aspetti formativi, sociali e solidaristici dello sport restano dei dogmi in casa Gymnasium.

Un ringraziamento speciale a:

Gymnasium Pordenone
Gymnasium Water Age
Gymnasium Motta
Gymnasium Aviano
Naonis Gym
Piancavallo Magazine
pordenonelegge.it
Pordenone with Love
Canton Colori
Atap Pordenone
Ingrosso Carta e Cancelleria Tarantola srl
Hotel Santin
Pasha Group
Confartigianato Imprese Pordenone
BCC Credito Cooperativo


Autoricambi Pordenonese

Indirizzo

Via Zara, 6
Pordenone
33170

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