
05/07/2025
Un libro per l’estate...
# Procidacittà che legge
Il bello tra le crepe: una filosofia gentile per riparare la vita (anziché buttarla via)
“Nella mia esperienza di insegnante, filosofa, madre, amica, ho visto con chiarezza che ciò che davvero ci salva non è la rivoluzione eclatante, ma la riparazione paziente…”. La scrittrice Simonetta Tassinari ci parla del suo nuovo libro, “Il bello tra le crepe – Manuale di riparazione della vita quotidiana”
Ho scritto Il bello tra le crepe perché, a un certo punto, ho capito che la parola “riparare” stava scomparendo dal nostro vocabolario esistenziale. La stavamo lasciando indietro, sostituendola con sinonimi più bruschi: mollare, cambiare, ricominciare da zero. Eppure, nella mia esperienza di insegnante, filosofa, madre, amica, ho visto con chiarezza che ciò che davvero ci salva non è la rivoluzione eclatante, ma la riparazione paziente. Non è la fuga, ma la restanza – quella scelta consapevole di prendersi cura di ciò che c’è, anche se imperfetto, anche se ferito. Viviamo in un mondo che ci spinge a cancellare. Relazioni, oggetti, identità: se qualcosa si incrina, è più comodo sostituirlo. Ma io ho sempre pensato che buttare via un amico perché ci ha delusi una volta è un po’ come vendere casa perché si è rotto un rubinetto. Funziona nel breve termine, certo. Ma ci lascia più soli. Più vuoti. Più convinti, erroneamente, che solo ciò che funziona subito meriti spazio.
Negli ultimi tempi, però, ho sentito il bisogno di “sporcarmi le mani”. Di prendere quei concetti e portarli nel fango della vita quotidiana, dove tutto è meno chiaro, ma anche più vivo. Così è nato questo libro: come un manuale di riparazione della vita quotidiana, ma anche come una dichiarazione d’amore per ciò che non è perfetto. Come un invito a rallentare, osservare, e magari provare ad aggiustare, invece di scappare.
Ho incontrato lungo il mio cammino tanti “filosofi riparatori”. Karl Popper, ad esempio, con la sua idea che il sapere cresce per approssimazioni successive. O le filosofe della cura, da Carol Gilligan a Joan Tronto, che hanno cambiato il modo in cui pensiamo all’etica mettendo al centro la relazione, l’ascolto, la responsabilità. Ma ho incontrato anche filosofi senza cattedra: l’amica che ti ascolta in silenzio, il collega che ti dà una mano senza farne un evento. I riparatori umani. Quelli che restano.
Nel libro contrappongo due archetipi. Da un lato ci sono i “profeti della scossa”: quelli che, davanti a un problema, sentenziano “serve una svolta!” e poi spariscono, lasciandoti solo con la spina elettrica in mano. Dall’altro, ci sono i “riparatori”: quelli che si fermano, ascoltano, dicono “vediamo se possiamo salvare qualcosa”. Io sto con i riparatori. Con chi sceglie di restare, non per debolezza, ma per responsabilità. La restanza, come la intende l’antropologo Vito Teti e come la intendo io, non è immobilità. È azione lenta, profonda, affettiva. È scegliere di costruire qualcosa lì dove tutti vedono solo macerie.
Una delle domande che mi sento fare più spesso è: “Ma come si fa a capire quando accettare e quando cambiare?”. Non c’è una formula. Ci vogliono lucidità e immaginazione insieme. Lucidità per vedere cosa c’è davvero. Immaginazione per intuire cosa potrebbe essere. A volte non possiamo fare molto. Ma anche solo accettare con dignità è un atto riparativo. E altre volte possiamo fare più di quanto pensiamo, se troviamo il coraggio di aggiustare anche senza sapere se verrà bene. Per me, riparare non è sinonimo di rassegnarsi. È il contrario. È avere fiducia che qualcosa di nuovo e di buono può nascere anche da ciò che si è spezzato.
Per chi ho scritto questo libro
L’ho scritto per chi ha voglia di cambiare, ma non crede più nei colpi di scena. Per chi ha subito una perdita, una delusione, un fallimento, e vuole trasformarlo in qualcosa di sensato. Per chi sente di aver bisogno di una cassetta degli attrezzi per la propria vita emotiva. Per chi ama pensare, ma anche vivere con pienezza e tenerezza. E l’ho scritto anche per me. Per ricordarmi ogni giorno che restare è più difficile che scappare, ma anche molto più efficace.
Se una relazione, una giornata, una stagione della vita si incrina, possiamo buttarla via. Oppure possiamo guardarla da vicino, ascoltarla, capire cosa si è rotto. E forse, con pazienza e creatività, possiamo ripararla. Con un filo d’oro. Con un gesto d’amore. Con una filosofia che accetta la crepa, e la illumina.
L’AUTRICE – Simonetta Tassinari ha insegnato storia e filosofia nei licei e nel Laboratorio di didattica della filosofia dell’Università del Molise. Da anni coltiva la psicologia relazionale, la psicologia dell’età evolutiva, il counseling filosofico e divulga la filosofia tra bambini e ragazzi. Anima caffè filosofici e tiene conferenze in tutta Italia e all’estero. Collabora con la fondazione Quid+ e con Treccani Futura.