Movimento Federalista Europeo - Ravenna

Movimento Federalista Europeo - Ravenna Il Movimento Federalista Europeo mira alla creazione di una Federazione degli Stati europei, e fu fondato da Altiero Spinelli nel 1943.

Questa è la pagina della sezione "Carlo Sforza" del Movimento Federalista Europeo, attiva a Ravenna dal 2001. Il MFE è un movimento apartitico e trasversale alle ideologie politiche che ha fra i propri ideali la nascita degli Stati Uniti d'Europa e il federalismo come strumento di governo mondiale. Il Movimento Federalista Europeo venne fondato a Milano il 27-28 agosto 1943 da Altiero Spinelli e d

a alcuni altri antifascisti, tra i quali Ernesto Rossi e Luciano Bolis, presso casa Rollier. Esso si fonda sui principi contenuti nel Manifesto di Ventotene, elaborato nel 1941 dagli stessi Spinelli e Rossi assieme ad Eugenio Colorni.

04/11/2025

UE nello scenario globale: sfide e opportunità della difesa europea
Mercoledì 5 novembre 2025, ore 17.00 – Salone Nobile di Palazzo Rasponi dalle Teste, Piazza Kennedy – Ravenna

Il Centro Europe Direct della Romagna promuove la tavola rotonda “UE nello scenario globale: sfide e opportunità della difesa europea”, in programma mercoledì 5 novembre 2025 alle ore 17.00 presso il Salone Nobile di Palazzo Rasponi dalle Teste (Piazza Kennedy, Ravenna).

L’incontro offrirà un momento di approfondimento e dialogo pubblico sul ruolo dell’Unione europea nella politica di difesa e sicurezza comune.
Al centro del confronto, temi chiave come l’autonomia strategica, la cooperazione industriale nel settore della difesa, la gestione delle minacce globali e la partecipazione democratica dei cittadini alle scelte europee in materia di sicurezza.

La tavola rotonda sarà moderata da Sofia Costa e Nora Righini, volontarie del Servizio Civile Universale presso il Centro Europe Direct della Romagna.

Saluti istituzionali di Barbara Monti, Assessora alle politiche europee

Interverranno:

Antonio Missiroli, Senior Advisor presso ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, già Direttore dell’Istituto di studi sulla sicurezza dell’Unione europea e Segretario generale aggiunto della NATO;

Alberto Pagani, docente all’Università di Bologna e analista di politica di sicurezza e difesa, già membro del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (COPASIR);

Massimiliano Del Casale, già docente dell’Università di Bologna, Presidente del Centro Alti Studi per la Difesa e membro del COPASIR;

Domenico Moro, già dirigente del Gruppo Fiat e direttore dell’Istituto di Studi Federalisti “Altiero Spinelli”, membro del Consiglio direttivo del Centro Studi sul Federalismo di Torino e referente regionale per il Piemonte del Movimento Europeo Italia.

Introduce Emanuela Medeghini, responsabile del Centro Europe Direct della Romagna.

Le conclusioni saranno affidate a Michele Marchi, professore associato di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Beni culturali dell’Università di Bologna – Campus di Ravenna e Coordinatore del Corso di Laurea in Società e culture del Mediterraneo.

La tavola rotonda rientra tra le attività di informazione e dialogo sui temi dell’Unione europea promosse dal Centro Europe Direct della Romagna, punto di contatto ufficiale della Commissione europea sul territorio, con sede presso il Comune di Ravenna.

04/11/2025
04/11/2025

Il dilemma della difesa europea: perché l'unione fiscale non è più un'opzione
Senza una radicale riforma istituzionale, l'Europa non potrà organizzare la difesa di cui ha disperatamente bisogno contro una Russia sempre più aggressiva.
Andris Šuvajevs – Social Europe – 29 ottobre 2025

Le ultime violazioni dello spazio aereo russo nel territorio della NATO hanno costretto l'Europa a confrontarsi con una scomoda verità: la trasformazione di Mosca in un'economia di guerra a tutti gli effetti rende sempre più improbabile la coesistenza pacifica. Queste incursioni non sono semplici provocazioni: segnalano la volontà della Russia di sperimentare il confronto diretto con la NATO. Ogni illusione residua sulle ambizioni imperialistiche della Russia dovrebbe essere abbandonata. L'élite politica russa, avendo puntato la propria sopravvivenza sull'espansione militare, non può permettersi una pace significativa. Per loro, qualsiasi vero accordo in Ucraina si rivelerebbe probabilmente fatale. L'Europa deve quindi prepararsi a un confronto prolungato, forse persino a una guerra.
Eppure, la domanda che assilla le capitali europee è se le istituzioni del continente siano lontanamente attrezzate per una sfida così monumentale. La decisione dei leader europei di aumentare drasticamente la spesa per la difesa rappresenta un'ambizione paragonabile alla transizione climatica, e questo precedente offre ben poco conforto. I risultati contrastanti dell'Europa in materia di azione per il clima sollevano un interrogativo urgente: il continente può permettersi una simile sottoperformance in materia di difesa o deve ripensare radicalmente la propria architettura istituzionale?
Il quadro fiscale e monetario dell'Unione Europea, a lungo criticato sia in periodi di prosperità che di crisi, rischia ora di diventare il tallone d'Achille della sicurezza europea. Le attuali regole fiscali, ossessionate dalla riduzione del debito, creano un vincolo insormontabile. In un'epoca di crescita lenta, i governi non possono contemporaneamente ridurre il debito e ampliare massicciamente gli investimenti nella difesa. Questo non è solo difficile, è matematicamente impossibile.
Quando i ministeri delle Finanze si trovano di fronte a questa scelta, l'esito è tristemente prevedibile. Lo spettro di un aumento dei rendimenti obbligazionari scoraggerà qualsiasi serio programma di investimento. I governi potrebbero tentare di derubare Pietro per pagare Paolo, spostando risorse dal welfare o dalle infrastrutture alla difesa, ma tali strategie guidate dall'austerità rappresentano un suicidio politico in democrazie già messe a dura prova dall'incertezza economica. Il risultato saranno mezze misure che non soddisfano nessuno e lasciano l'Europa pericolosamente esposta.
Il dilemma della banca centrale
Il problema si aggrava se si considera il deliberato distacco della Banca Centrale Europea dagli imperativi strategici del continente. Quando le autorità politiche concordano su un obiettivo di investimento esistenziale – la difesa della civiltà europea stessa – la gestione del denaro non può rimanere un esercizio tecnocratico slegato dalla realtà politica.
È qui che l'Europa deve affrontare il problema monetario. La contraddizione fiscale può essere risolta attraverso la politica monetaria. I ministeri delle Finanze esitano ad aumentare la spesa perché un debito più elevato innesca un aumento dei rendimenti obbligazionari, rendendo l'indebitamento proibitivo. L'unica istituzione in grado di gestire tali rendimenti è la BCE, che potrebbe garantire l'acquisto di obbligazioni i cui prezzi scendono a causa degli investimenti legati alla difesa.
Tuttavia, la BCE si ritrae da tale azione, temendo che possa apparire "troppo politica". Ma questo fraintende ciò di cui l'Europa ha bisogno ora. Il continente non ha bisogno della depoliticizzazione delle banche centrali, ma del loro allineamento strategico con le priorità esistenziali. L'indipendenza politica dell'Europa deve avere la precedenza; l'indipendenza della sua banca centrale deve servire a questo obiettivo superiore. Non si tratta di compromettere l'integrità monetaria, ma di riconoscere che la politica monetaria senza un'Europa difendibile è priva di significato.
Questi obiettivi politici contrastanti si manifesteranno in modo più doloroso a livello nazionale, ma non potranno essere risolti lì. La storia ci insegna che le crisi esistenziali spingono le politiche verso una maggiore centralizzazione e federalizzazione, non verso la frammentazione. La Guerra Civile Americana e le due Guerre Mondiali hanno spinto le nazioni verso strutture di governance più unificate, capaci di mobilitare risorse su larga scala.
Le autorità nazionali ed europee devono quindi impegnarsi seriamente in ciò che un tempo sembrava impensabile: un'autentica unione fiscale e un'autorità monetaria strategicamente allineata. Questo può sembrare radicale, persino impossibile. Ma è proprio nell'ambito di ciò che prima era impensabile che l'Europa deve ora operare se vuole contrastare efficacemente la minaccia russa.
Senza questo riallineamento istituzionale, le ambizioni di difesa dell'Europa rimarranno ambiziose. Gli investimenti materiali saranno cronicamente in ritardo rispetto alle esigenze. Le capacità nazionali si svilupperanno in modo frammentario, creando pericolose lacune e complicando il coordinamento. La guerra moderna richiede una pianificazione meticolosa, e una pianificazione efficace richiede un'autorità centrale dotata di un effettivo potere di allocare le risorse e far rispettare le priorità.
È fondamentale che l'Europa non rinunci ai suoi impegni in materia di azione per il clima e di welfare sociale in questo momento di svolta per la sicurezza. Con la giusta architettura finanziaria, questi obiettivi non devono necessariamente essere in competizione tra loro, ma possono rafforzarsi a vicenda. Le tecnologie verdi possono migliorare l'indipendenza energetica; la coesione sociale rafforza la resilienza contro le minacce ibride. Ma senza riforme istituzionali, queste aree politiche si cannibalizzeranno a vicenda, aggravando le tensioni politiche all'interno degli Stati membri e potenzialmente frammentando il progetto europeo stesso.
È giunto il momento dell'unione fiscale, guidato non da preferenze ideologiche ma da necessità strategiche. Una vera minaccia esterna dovrebbe catalizzare la fase finale dell'integrazione europea: la messa in comune e la distribuzione delle risorse finanziarie per l'obiettivo comune della sopravvivenza. L'Europa si trova di fronte a una scelta ardua come qualsiasi altra nella sua storia: evolversi o perire. L'architettura istituzionale che ha servito un continente in pace non può difendere un continente minacciato. È giunto il momento di una riforma radicale.

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Profilo dell'autore Andris Suvaievs
Andris Šuvajevs
è membro del parlamento lettone, in rappresentanza dei Progressisti, un partito verde di sinistra. Il suo lavoro politico si concentra sulla politica fiscale e tributaria, nonché sulla spesa pubblica. In precedenza ha lavorato come giornalista finanziario, analista pol

04/11/2025

L'adesione all'Unione europea è vista con favore dai cittadini dei nuovi Stati membri, grazie soprattutto alla forza economica acquisita. Euronews Business analizza da vicino la crescita del Pil nei nuovi Paesi entrati nel corso dello storico allargamento del 2004
➡️ https://l.euronews.com/QOeO

03/11/2025
02/11/2025

Il Sole 24 Ore
Europa24
– di Michele Pignatelli
02 novembre 2025
LA SETTIMANA
Terre rare, l’Europa punta sulla solidarietà. La Bce non tocca i tassi, braccio di ferro sul bilancio Ue

La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde durante la conferenza stampa al termine della riunione del Consiglio direttivo (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
Buongiorno e bentornati su Europa24. Con i riflettori della diplomazia internazionale puntati questa settimana sull’Asia e sull’incontro del disgelo commerciale, in Corea del Sud, tra il presidente americano, Donald Trump, e quello cinese, Xi Jinping, l’Europa tenta di non restare indietro. Venerdì, in un incontro a Bruxelles, alti funzionari del ministero del Commercio cinese hanno confermato anche per la Ue - la tregua era stata annunciata con gli Stati Uniti - la sospensione di 12 mesi delle restrizioni all’export di terre rare cinesi (da cui Bruxelles importa l’80-90% del suo fabbisogno) annunciate all’inizio di ottobre, mentre le parti si impegnano a mantenere aperto il dialogo in materia
A breve comunque la Commissione europea presenterà un piano per rafforzare l’indipendenza dell’Unione a livello di materie prime, con un’attenzione specifica alle terre rare. Si discute di acquisti e stoccaggi in comune e anche di garanzie reciproche nel caso di penuria a livello nazionale, all’insegna della solidarietà già sperimentata ai tempi del Covid.
Senza alternative adeguate, del resto, la dipendenza da Pechino rischia di avere conseguenze pesanti per l’Europa, con un’economia che in diversi Paesi ancora arranca, a cominciare dalla Germania, come hanno confermato i dati sul Pil stagnante del terzo trimestre, che ha registrato una crescita zero anche in Italia. Meglio è andata la Francia, spinta dal commercio estero, ma a Parigi nuove nubi si addensano sulla stabilità politica del governo Lecornu, dopo la bocciatura da parte dell’Assemblea nazionale della proposta sulla tassa Zucman (sostenuta dai Socialisti), che avrebbe introdotto un’imposta del 2% sui patrimoni superiori ai 100 milioni.
Tra prospettive economiche ancora incerte e una battaglia contro l’inflazione che non si può dichiarare vinta del tutto, giovedì la Banca centrale europea ha deciso di lasciare invariati i tassi di riferimento, come anticipato in questa analisi che ne riassume i presupposti.
Sul fronte istituzionale Ue, si è registrato in settimana uno sviluppo significativo nel negoziato (per non dire braccio di ferro) in corso tra Parlamento e Commissione Ue sul prossimo quadro finanziario pluriennale, il bilancio comunitario 2028-2034. I principali gruppi parlamentari che sostengono la Commissione von der Leyen (Popolari, Socialisti, Liberali e Verdi) hanno infatti chiesto correzioni sostanziali alla proposta dell’Esecutivo, in particolare di mantenere il ruolo delle regioni nella gestione dei fondi riservati all’agricoltura e alla coesione, per le quali vorrebbero inoltre preservare bilanci separati. Il Parlamento, lo ricordiamo, ha il compito di approvare o bocciare il bilancio.
Chiudiamo con una notizia sui collegamenti tra Europa continentale e Regno Unito: si avvicina la fine del monopolio per Eurostar, che dal 1994 a oggi ha dominato incontrastato la rotta del tunnel sotto la Manica. Virgin Trains ha infatti ottenuto il via libera per operare servizi concorrenti a partire dal 2030.

31/10/2025

USA-CINA: ESCALATION IN PAUSA
Una stretta di mano goffa durata 27 secondi, la prima dal 2019. Il silenzio di un leader, che vale più delle mille parole dette dall'altro. A Busan si chiude il secondo round della (seconda) guerra economica tra Stati Uniti e Cina: l'incontro tra Donald Trump e Xi Jinping ha sancito una tregua, per almeno un anno, sulle azioni tariffarie e sui controlli all'export più estremi annunciati tra settembre e ottobre. Ed entrambi i leader tornano a casa con delle vittorie politiche: Trump ha guadagnato promesse di acquisto di soia dal Paese asiatico e tempo per riaggiustare gli approvvigionamenti statunitensi di terre rare; Xi ha dimostrato che la Cina ha la capacità di mettere con le spalle al muro Washington senza fare grandi concessioni. Tuttavia, sfiducia personale, rivalità nei settori strategici e squilibri domestici rimangono questioni irrisolte e difficilmente risolvibili. In una competizione che vede interessati anche la Corea del Sud, il Giappone, l'Australia e i Paesi dell'ASEAN, tutto è rimandato. Forse per un anno, forse meno.
L'incontro a Busan: vittoria temporanea, rivalità permanente

31/10/2025

Fra Usa e Cina. Sarà un secolo americano con una nuova destra, o un secolo cinese guidato da un’autocrazia sorvegliata? Dove prenderemo le materie prime, come si combatterà il cambiamento climatico? Ecc.ecc…???

31/10/2025
30/10/2025

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