19/11/2025
C’era un tempo in cui la Sila appariva come una distesa infinita di verde cupo, un altopiano selvaggio e maestoso dove i boschi non erano solo paesaggio: erano vita, lavoro, ricchezza per un’intera regione.
Erano gli anni in cui la resina veniva raccolta a mano dai tronchi vivi, trasformata poi in prodotti preziosi. In cui il taglio degli alberi secolari seguiva regole severe, “a strati”, “a zone”, per proteggere la fecondità del bosco. E a occuparsi di questo compito erano le squadre di boscaioli dei paesi vicini, uomini esperti che da secoli vivevano all’ombra dei giganti verdi.
La scena era quasi rituale:
i colossi cadono uno dopo l’altro, con un ritmo che sembra meccanico, come obbedendo a una legge naturale. Subito dopo, tra mani forti e gesti antichi, il legno prende nuova forma: si scorteccia, si seziona, diventa materia.
Eppure, per ogni albero che muore, altri vengono alla vita. È il ciclo studiato dai tecnici forestali, qui nella Val Fossiata e in tutto l’altopiano: un equilibrio che garantisce continuità, futuro, rispetto.
Poi il viaggio continua: tronchi caricati sui camion lungo strade difficili, oppure lasciati scivolare verso il lago Ampollino, sfruttando il terreno a strapiombo e le correnti del grande lago. Una volta in acqua, diventano una grande zattera che scivola verso la segheria del Cupone, pronta a trasformarli in tavole bianchissime, perfettamente levigate.
È il ciclo del legno della Sila:
un processo antico, duro, necessario.
Un lavoro che non racconta solo la forza degli uomini, ma la storia di un territorio intero.
Un tempo che sembra lontano, ma che vive ancora nelle radici profonde della nostra terra.
Scopri la storia dei boschi della Sila nel dopoguerra: un’economia fatta di lavoro, resina e legname che ha sostenuto la Calabria e l’Italia intera