30/11/2025
CON MARIA INCONTRO AL SIGNORE CHE VIENE
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Di Padre Giuseppe Agnello (l'autore aderisce ad una riforma ortografica della lingua italiana per cui l'articolo è scritto in tal modo)
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Con la liturgia della Chiesa e nell’anno litúrgico che oggi ricomíncia, noi non ripetiamo cose già fatte, ma attualizziamo il passato e anticipiamo il futuro, vivendo in entrambi i casi la nostra fede in Colui che è, che era e che viene. Il tempo di Avvento allora ci offre l’occasione di aspettare, meditando, le venute del Signore Gesú come Salvatore e come Giúdice, affinché la stòria sia sempre abitata dalla luce di Cristo e dalla certezza che ci attende il suo giudízio. E di entrambe le cose parla la parola di Dio di questa prima Doménica di Avvento del ciclo A: «Casa di Giacobbe, venite,
camminiamo nella luce del Signore» (Is 2, v.5) dice il profeta Isaia annunciando i tempi messiànici dove avrà fine ogni guerra, e vedèndoli realizzati in Gerusalemme, che nel suo nome stesso è “città di pace”. Il Salmo ci faceva rispòndere con il versetto: «Andiamo con giòia incontro al Signore» (Sal 121), dàndoci la direzione del nostro pellegrinàggio terreno: la Gerusalemme celeste in cui ci attende il Príncipe della pace e dove si tròvano «i troni del giudízio». San Pàolo, intèrprete fedele dell’attesa del Giudízio, che è come un giorno senza tramonto, invita a «indossare le armi della luce», «consapévoli del momento» che viviamo. Infatti Gesú stesso aveva richiamato i suoi, e ancora oggi lo fa con la stessa forza, alla consapevolezza che il tempo non deve scόrrere pensando che tutto quello che mi serve è soddisfare dei bisogni primarî: mangiare, bere, accasarsi. Il tempo deve scόrrere verso l’ocèano di pace che è Gesú Cristo. Lui ci attende e ci precede là dove tutto è compimento perfetto, glòria perenne, giòia indescrivíbile, luce che non si spegne. Il suo ritorno a prènderci accadrà nel giorno e nell’ora che non sappiamo ed esige la vigilanza. Siamo certi però, per le parole stesse che dice il Vangelo, che sarà in un contesto di inconsapevolezza generale e di ignoranza delle promesse di Gesú. Questo non accadrà però perché è mancata la predicazione, ma perché è mancata l’attenzione a ciò che non passa, che non è effímero o transitòrio. Anziché pensare al cielo, l’uomo pensa alla terra; anziché vívere nella fede ogni cosa della vita presente, egli vive nell’oblio dell’eternità; anziché fare di ogni cosa terrena un mezzo per meritare e raggiúngere la Gerusalemme celeste, si fa di ogni cosa terrena il fine del momento. Questa prospettiva mortífica l’uomo nella sua essenza di cercatore di Dio e di giòia; di único èssere vivente che attende il compimento e spera di raggiúngere la meta; di persona che ama e vuole scoprire la fonte dell’amore. Se l’uomo è attento solo a che cosa e dove mangiare; che cosa e dove bere; con chi e quando sposarsi, tradisce la vera attesa, perde tempo útile alla santificazione, che poi è il vero successo nella pròpria vita; e, quando arriva la morte, la vive come un furto operato da un ladro. La mancanza di consapevolezza del perché si vive e del dove si va, conduce inevitabilmente al lasciarsi scassinare la casa da ladri ben diversi dal Signore della vita. La morte e il giudízio sono come un ladro solo per chi si è fatto derubare tutta la vita dalla distrazione da ciò che conta e dall’ignoranza di ciò che resta. Senza Dio, senza Chiesa, senza preghiera, senza attesa con le armi della luce, arrívano i ladri di giòia, di speranza, di verità, e ci tòlgono ciò per cui siamo nati. Questi ladri ci tòlgono il trono del re, la sapienza del profeta, la sacralità del sacerdote; ci distrúggono la vita congelando il nostro battésimo; ci rúbano la luce facèndoci operatori di ingiustízie e figlî delle tènebre.
¿Come riconόscere un fíglio della luce da un fíglio delle tènebre? Da quello che spera e da quello che fa. Se, da quello che spera e da quello che fa, manca la relazione con Dio; se non pensa mai a meritare il Paradiso con le òpere che Dio stesso gli súscita di fare, sarà un fíglio delle tènebre impegnato a divertirsi o impegnato a delínquere; impegnato a conseguire successi o impegnato a superare sempre di piú il límite, tanto da vívere «in mezzo a orge e ubriachezze, … fra lussúrie e impurità, … in litigî e gelosie». Il fíglio della luce conserva il trono che Dio gli ha dato con il domínio di sé stesso e il buon governo di ciò che è suo dovere fare (se sei marito, il marito; o studente lo studente; professionista il professionista); conserva e sviluppa la sapienza che viene dall’alto al profeta, perché ascolta e mèdita la parola di Dio; conserva sacralità a sé stesso e alle sue azioni perché sa che deve èssere in tutto un’offerta a Dio gradita. E pròprio per ciò, ímita la Donna dell’Attesa che è Maria santíssima. Il fíglio della luce ha bisogno di Maria santíssima per offrirsi a Dio con le virtú che il Signore si attende da lui. Dice sant’Alfonso Maria de’ Liguori: «Sono tanti i motivi che abbiamo di amare questa amorévole regina che, se in tutta la terra si lodasse Maria, se in tutte le prèdiche si parlasse soltanto di Maria, se tutti gli uòmini déssero la vita per Maria, sarebbe poca cosa rispetto all’ossèquio e alla gratitúdine che le dobbiamo, per l’amore tènero che ella porta a tutti gli uòmini, anche ai piú miseràbili peccatori che consérvano verso di lei qualche sentimento di devozione» (Le Glorie di Maria, VI, 2). A parlare è un uomo, un fíglio, un santo, che ha consapevolezza che andiamo incontro al Signore e non possiamo presentarci a Lui senza gli aiuti necessarî a raggiúngerlo. Maria santíssima è l’aiuto piú grande e piú bello che egli poteva darci: colei che ha saputo aspettare, portare in sé, generare e servire il Salvatore, fino alla glòria del Paradiso dov’è stata assunta in corpo ed ànima.
Facciamo diventare Maria santíssiama, in questo Avvento, la nostra guida sicura nel compimento della volontà di Dio. Ritorniamo soprattutto a Dio, gràzie a Maria. A quel punto, leggendo queste parole del Vangelo: «Allora due uòmini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata»; spereremo di èssere i rapiti dal Signore e non gli scartati, condannati a ripètere ogni cosa senza la speranza di incontrarlo mai.
I Doménica di Avvento, anno A,
1 Dicembre 2025
Is 2,1-5; Sal 121; Rm 13,11-14; Mt 24,37-44