19/11/2025
📊 Mondiale a 48 squadre: caos o occasione?
🗣️ Amici di Play Roma, per chi ci ha seguito ieri sera durante Calcio Therapy, insieme a Daniele, Giorgio, Max e a tutti gli amici che hanno partecipato, abbiamo parlato a lungo delle qualificazioni mondiali e di come molte grandi europee, tra cui l’Italia, rischino seriamente di guardare il prossimo Mondiale da casa. Allo stesso tempo altre nazioni come Iraq, Giordania, Capo Verde e addirittura il piccolissimo Curacao si preparano a vivere un sogno che fino a pochi anni fa sembrava irraggiungibile.
🤔 Da qui la domanda che ha diviso tutti: il Mondiale allargato è un bene o un male?
🌍 Per capire davvero la questione bisogna necessariamente accennare alla storia politica della FIFA degli ultimi quarant’anni. João Havelange fu il primo a comprendere che il modo più semplice per consolidare il proprio potere consisteva nell’“aprire il calcio al mondo”, e non soltanto per motivi sportivi. La logica politica era chiarissima: ogni federazione vale un voto, e il voto di Capo Verde pesa quanto quello dell’Italia. Più federazioni coinvolte, maggiore è il potere nelle mani del presidente.
Sepp Blatter proseguì lungo la stessa strada e Gianni Infantino l’ha ampliata ulteriormente, spingendo verso un Mondiale più globale che garantisse maggiore rappresentanza e, parallelamente, più consensi elettorali. Il calcio internazionale, nel bene e nel male, funziona così: geopolitica più che tecnica, tattica o meritocrazia.
📉 In questo quadro il nostro vecchio continente è quello che ha perso più peso specifico. Ed è qui che entrano in gioco le percentuali che ieri sera il nostro amico Schiaubone ci ha fornito in diretta, dandoci una mano enorme nell’analisi.
L’Europa infatti passa da tredici a sedici posti, ma la sua quota complessiva crolla: con cinquantaquattro federazioni (la Russia è fuori per l’esclusione legata alla guerra in Ucraina) e soltanto sedici qualificate, la proporzione scende da quasi il cinquanta per cento al ventinove virgola uno.
Tradotto: quasi la metà delle nazionali europee che prima partecipavano alla fase finale del Mondiale oggi non ci arriverà più. Non perché siano peggiorate, ma perché il mondo è cresciuto e le quote sono state ridistribuite.
⚔️ L’Europa paga anche un secondo prezzo, legato alla disgregazione politica del passato. Il numero di federazioni UEFA è aumentato non per “merito sportivo”, ma per vicende storiche: la frammentazione di Jugoslavia, Cecoslovacchia e URSS ha moltiplicato le nazionali, aumentando la concorrenza interna senza che il livello tecnico crescesse allo stesso ritmo. Più squadre, più equilibrio, meno margine d’errore.
📈 Al contrario, quasi tutti gli altri continenti guadagnano posti. L’Africa sale, l’Asia sale, la CONCACAF sale e persino l’Oceania ottiene un accesso diretto.
Il caso più evidente è il Sud America: dieci nazionali in totale, ma sei qualificate dirette più una quasi sempre favorita allo spareggio. Significa che il settanta per cento del continente va al Mondiale, una sproporzione evidente rispetto a quanto avviene altrove.
💛 Eppure l’allargamento ha anche un lato meraviglioso. Senza questa apertura non avremmo mai avuto il Camerun delle Notti Magiche del ’90, il Senegal capace di travolgere il mondo, il Ghana spettacolare, la Costa Rica che sorprese tutti, il Marocco semifinalista nel 2022. Storie che hanno reso il Mondiale un luogo di magia, di sorprese, di romanticismo. Un torneo che appartiene al mondo intero, non solo a un’élite ristretta.
⚽ Il calcio non può permettersi di diventare uno sport esclusivo, né deve farlo. Lo abbiamo visto con il fallimento della Superlega: i tifosi hanno detto no perché il calcio è popolare, non aristocratico. E il Mondiale, nel suo spirito più puro, deve rappresentare tutti.
🔍 Il problema, semmai, non è l’allargamento in sé, ma il modo in cui vengono distribuiti i posti. Alcuni continenti hanno percentuali logiche, altri decisamente meno. Se si vuole davvero un Mondiale globale, allora servono criteri più equilibrati, più meritocratici e magari un sistema di qualificazione più moderno e sostenibile.
👀 Una cosa, però, è certa: il Mondiale del 2026 sarà diverso da tutti i precedenti. Quarantotto squadre, più continenti rappresentati, nuove storie, nuovi sogni, nuove emozioni. Potrà essere un successo o un disastro, ma di certo non passerà inosservato. E il calcio, volenti o nolenti, sta andando in quella direzione.
✍️ di Luca Piattoli
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