22/03/2024
Tra pochi giorni suonerò il Requiem di Giuseppe Verdi, con una orchestra importante, in un teatro importante e pur essendo una composizione che conosco e che ho ascoltato più volte, magari non integralmente, mi sono accinto al riascolto… Non ho molto tempo però, e l’opera dura un’ora e mezza. Ecco, quindi ho ascoltato le prime battute e… mi vengono i brividi… solo le prime note, i primi attimi di quell’atmosfera nata dentro il compositore e messa per iscritto su carta, con una penna, stampata e copiata poi per renderla indelebile nella storia, incisa poi su dischi, prima di cera, poi in vinile, poi in silicio, purtroppo oggi in byte evanescenti, invisibili, magicamente esistenti e inesistenti allo stesso tempo.
Già qualche settimana fa, risuonando la 4 Sinfonia di Bruckner ho riflettuto -forse per la prima volta in modo così profondo- su ciò che accade nell’aria quando un’orchestra, o in generale un gruppo di persone si riunisce attorno ad un’opera, il lascito di un artista, o di una persona qualsiasi (purché questo sia un lascito fisico, udibile, o tangibile, o comunque comprensibile e decodificabile come uno spartito, non come un impersonalissimo tablet, sulla cui superficie può esserci un Requiem per un momento, e un attimo dopo un altro pezzo qualsiasi, o il video di una piattaforma di streaming).
Se si entra in empatia profonda con le note e quindi i sentimenti che quella musica suscita, succede qualcosa, ve ne potete rendere conto, potete accorgervene, se fate il mio stesso mestiere. Credo sia possibile per tutti… succede qualcosa. Succede che quello a cui stiamo dando nuovamente vita è la materia tangibile dell’anima di chi ha formulato, creato, gestato quella sequenza unica di segnali uditivi, che l’ha pensata in relazione alle possibilità espressive del suo tempo, in questo caso un’orchestra ricca di strumenti e di timbri.
Ecco perché gli occhi diventano lucidi ed ecco perché, accarezzato con dolcissima grandezza dalle onde sonore che tu e gli altri producete, inizia a vibrare tutto il corpo e la pelle inizia a muoversi cambiando i connotati alla sua superficie, diventando più ruvida, meno piatta, entrando in connessione con quell’aria piena di musica, dalle note più leggere, a quelle più grandiose, senza alcuna discriminazione.
Ecco cosa succede: quell’uomo o quella donna, che ha creato quell’opera torna in vita… lì, con te, con voi, vola tra gli strumenti, sopra le teste di chi suona e di chi ascolta, e tra i leggii ad accendere e a concertare i movimenti e le azioni di ogni singolo elemento, umano poi.
Se sentite questo durante una prova, durante un concerto, che sia in fase di costruzione o di presentazione al pubblico, potete dire di aver vissuto. Potete anche dire di lavorare in un mondo completamente diverso da tanti altri.
Abbiamo a che fare con i morti in quanto musicisti classici, il più delle volte, ma realizziamo il capolavoro umano più vivo che il nostro genere abbia mai concepito.
Ecco perché la cultura, la musica, l’arte in tutte le sue forme più alte, sono probabilmente, e a mio modestissimo ma convintissimo parere, la vittoria più schiacciante contro il nichilismo moderno e il nichilismo inteso anche come concetto filosofico del nulla, della morte. La nostra storia è piena di tentativi di sconfiggere la morte, prima con la fede in un dio, poi con la fede nella tecnologia… ed oggi infatti, nella civiltà della Tecnica, lo si cerca di fare unicamente attraverso lo sviluppo e il progresso tecnologico, accantonando per fede tutto ciò che ha a che fare con lo spirito umano, con l’anima, tutto ciò che esiste e si fa sentire anche se non lo vediamo o non lo tocchiamo… Ecco, per resuscitare i morti o per rendere immortali le persone che lo meritano, cari amici, non è necessaria neppure una sola presa di corrente, e per la musica non classica, il rock, e tutto ciò che ha utilizzato l’elettricità, potrei fare uno strappo alla regola, perché sono capace di accontentarmi dell’eredità geniale e semplice di un uomo come Nikola Tesla, o come Marconi, o Volta.
Insomma, basta così poco per vivere profondamente… e facciamolo.