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Rocco ci fa sapere che ha brillantemente superato le selezioni per il Grande Fratello VIP 👁️🍌
19/12/2025

Rocco ci fa sapere che ha brillantemente superato le selezioni per il Grande Fratello VIP 👁️🍌

L'AMORE È TUTTO.❤️Buongiorno amici 😍
17/12/2025

L'AMORE È TUTTO.
❤️
Buongiorno amici 😍

15/12/2025
L’uomo nella foto si chiama Oumar Ndiaye, ha 45 anni, di mestiere addetto alle pulizie all’aeroporto di Fiumicino.A un c...
13/12/2025

L’uomo nella foto si chiama Oumar Ndiaye, ha 45 anni, di mestiere addetto alle pulizie all’aeroporto di Fiumicino.

A un certo punto, mentre era di turno allo scalo C, intorno alle 7 di mattino, Ndiaye ha notato una borsa incustodita con dentro 10.000 euro in contanti.
Una cifra notevole, per una persona e un lavoratore che certo non naviga nell’oro.

Ma neanche per un attimo ha pensato di tenerseli. La prima cosa che ha fatto è stata andare alla polizia e a denunciare il ritrovamento.

Il suo racconto merita perché dice moltissimo della persona che è e della sua scelta.

“Lavoro sempre di mattina presto, verso le 7 Stavo pulendo vicino a una porta e ho visto la borsa. Poi ho notato che c'era del denaro. Non avevo visto in vita mia così tanti soldi. Non ci ho pensato un attimo, i miei genitori mi hanno insegnato che quando si trova qualcosa bisogna restituirla. Ho coperto la borsa con un telo e l'ho portato dalla polizia. Ho avvertito anche mia moglie, che lavora sempre in aeroporto a Fiumicino, e anche lei mi ha detto di rivolgermi subito alla polizia”.

E può sembrare ovvio, banale, normale, ma la verità è che non lo è per nulla. E di sicuro non la troverete sui social di Salvini e Meloni, perché non è utile alla loro propaganda xenofoba.

Oggi sentire una persona che ragiona così è qualcosa che merita di essere raccontato e diffuso. E un po’ riconcilia con l’umanità.

Non basta un grazie, quest’uomo merita anche di essere premiato.
Non solo e non necessariamente in denaro.

Vittorio Feltri è stato condannato dal Tribunale di Torino per discriminazione dopo le frasi offensive pronunciate nella...
09/12/2025

Vittorio Feltri è stato condannato dal Tribunale di Torino per discriminazione dopo le frasi offensive pronunciate nella trasmissione La Zanzara contro le persone di fede musulmana: definire “razza inferiore” una comunità intera e augurare violenza è intollerabile. Checché ne dicano i professionisti dell'odio.

Per questo Feltri dovrà risarcire ASGI (Associazione studi giuridici sull'immigrazione) con 20.000 euro e pubblicare la sentenza su un grande quotidiano.

Questo caso ci ricorda che parole di odio hanno conseguenze legali e sociali. Ogni volta che viene negata la dignità di una persona o un gruppo di persone in base a religione, etnia, origine, sesso, orientamento sessuale, tutto il nostro tessuto civile viene ferito.

Diciamolo forte: nessuna tolleranza per il razzismo e la violenza verbale.

Ora Feltri paghi!

09/12/2025

Happy Holidays❤️
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23/11/2025

Un maalox plus a quest'uomo grazie!! 😅

Gentile redazione di Essere Nero,mi chiamo Arianne Noubissié e vi contatto perché sento il bisogno profondo di raccontar...
22/11/2025

Gentile redazione di Essere Nero,

mi chiamo Arianne Noubissié e vi contatto perché sento il bisogno profondo di raccontare una vicenda che ha colpito la mia famiglia e che, purtroppo, rappresenta ancora una realtà diffusa per noi afrodiscendenti in Italia.

Mio padre, Augustin Désiré Noubissié, nato in Camerun nel 1968, è un medico di famiglia. Ha studiato Medicina a Varese e da più di 25 anni esercita con dedizione, lavorando non solo come medico di base ma anche in pronto soccorso e nelle guardie mediche. Ha sempre considerato il suo lavoro una missione, aiutare, curare, essere presente per la comunità.

Da circa otto mesi svolge servizio negli ambulatori di Dumenza e, da quasi due mesi, anche in quelli di Mesenzana, in provincia di Varese. Proprio a Mesenzana, la settimana scorsa, è avvenuto un episodio gravissimo.

Dopo il turno, intorno alle 19, un paziente ha spaccato con un masso di circa 5 kg la finestra dell’ambulatorio. Solo grazie al doppio vetro mio padre è riuscito ad allontanarsi in tempo. L’uomo ha poi devastato l’interno dello studio, computer, attrezzature, mobili, e ha iniziato a inseguire mio padre armato di un taglierino, urlando frasi minacciose (“Adesso ti ammazzo”, testuali parole) e chiaramente razziste, come:

“Voi ci rubate il lavoro, maledetti…”
e altre offese di stampo etnico.

Sono usciti vari articoli, che allegherò alla mail, ma sento che questa storia non può restare confinata in poche righe di cronaca locale. Non è solo la vicenda di un uomo aggredito, è la storia di un medico nero, italiano, stimato, che dedica la vita agli altri e che è stato attaccato non per il suo operato, ma per il colore della sua pelle.

Quello che chiedo non è sensazionalismo, ma ascolto e amplificazione.

Vorrei che questo episodio diventasse occasione per una riflessione più ampia, su come noi afrodiscendenti veniamo percepiti, soprattutto nelle province e nei piccoli paesi, dove spesso il pregiudizio è più radicato, più silenzioso, più pericoloso.

Non voglio che questa aggressione passi sotto silenzio. Non voglio che chi vive queste realtà continui a pensare di dover subire in silenzio. Non voglio che un medico che salva vite debba rischiare la propria perché “non dovrebbe essere lì”.

Picchiata brutalmente dal vicino di casa perché nera e africana, la storia di Reine e il razzismo che l’Italia finge di ...
19/11/2025

Picchiata brutalmente dal vicino di casa perché nera e africana, la storia di Reine e il razzismo che l’Italia finge di non vedere.

Reine Atadieu Djomkam vive in Italia da quasi quindici anni, è arrivata dal Camerun con un sogno semplice e legittimo, costruire un futuro per sé e per le sue figlie in un Paese che immaginava accogliente, giusto, civile.

Oggi invece quella stessa donna vive barricata in casa da cinque lunghi anni, terrorizzata, dopo essere stata insultata, minacciata e brutalmente picchiata dal suo vicino di casa. Non per un litigio, non per una banale tensione condominiale, ma per un’unica ragione, perché è nera, perché è africana.

Il suo aggressore la insulta chiamandola “africana di merda”, la minaccia di morte, alza le mani contro di lei e perfino contro sua figlia maggiore mentre va a scuola. Le urla “Ti scanno come un maiale, sei nel mio Paese”. In un video registrato da una delle bambine si sente chiaramente il terrore nella voce, una figlia che supplica un uomo adulto di non fare del male alla propria madre. Scene da incubo, scene che non dovrebbero esistere in un Paese civile, e che invece accadono nel silenzio di un condominio di Pavia, nell’Italia che ancora oggi finge che il razzismo sia un’invenzione.

Reine denuncia da anni insulti, biglietti offensivi, aggressioni fisiche, minacce. Eppure, la risposta più frequente che ha ricevuto è stata, “Abbia pazienza, esca il meno possibile”. Le forze dell’ordine, pur essendo intervenute più volte, le hanno suggerito di evitare l’uomo, quasi che fosse lei, la vittima, a dover cambiare vita, orari e percorsi per proteggersi, come se chiedere a una madre di chiudersi in casa fosse una soluzione accettabile, civile, umana.

Il risultato è devastante, da cinque anni le figlie di Reine non possono andare nemmeno al parco sotto casa, hanno paura delle scale, del pianerottolo, della porta d’ingresso, paura di vivere, paura di esistere. La stessa paura che Reine prova ogni volta che si reca al supermercato, a scuola, persino mentre guida, perché ovunque quell’uomo la incontri, la aggredisce, e sempre per lo stesso motivo, il colore della sua pelle.

Ma il problema non è solo l’aggressore. Il vero problema è un Paese che permette che tutto questo accada, è chi nega l’evidenza del razzismo pur di non guardarsi allo specchio, è chi minimizza, chi riduce tutto a una “tensione di vicinato”, mentre una donna e due bambine vivono in un regime di terrore quotidiano.

Negare il razzismo significa esserne complici, significa voltarsi dall’altra parte mentre qualcuno viene picchiato, insultato, umiliato perché africano, è moralmente peggio delle violenze stesse, perché le rende possibili.

Dopo anni di incubi, Aler ha infine mostrato a Reine un alloggio alternativo, ma l’amara verità resta, non doveva essere lei ad andarsene, non dovevano essere le figlie a filmare la madre per dimostrare ciò che lo Stato non voleva vedere.

Questa storia dovrebbe scuotere il Paese, non per suscitare pietà, ma per imporre una verità che troppi ancora rifiutano di pronunciare, in Italia si può ancora essere picchiati, minacciati, terrorizzati solo perché si è neri, e il silenzio che avvolge tutto questo è la parte più disumana di tutte.

Soumaila Diawara

16/11/2025

Italiano ma figlio di migranti bengalesi. Oggi, a Padova, serve con amore la Patria dove è nato e che ha accolto i suoi genitori.

Il “caso Cicalone” non nasce dall’insicurezza ma dal populismo e dallo squadrismo.Lo dico perché l’ho visto in prima per...
15/11/2025

Il “caso Cicalone” non nasce dall’insicurezza ma dal populismo e dallo squadrismo.

Lo dico perché l’ho visto in prima persona: all’inizio lo seguivo, faceva un lavoro sociale reale nelle periferie, denunciava la povertà e portava perfino i video sotto al Parlamento per mostrare ai deputati come vivevano davvero le persone.

Poi, quando ha capito che prendere di mira i poveri “senza tetto” nelle metropolitane portava più visualizzazioni e quindi più soldi, ha cambiato registro. Ha iniziato a sostituirsi allo Stato, polizia, carabinieri, vigili, andando a svegliare chi dorme per strada, soprattutto stranieri, filmando persone senza alcun consenso e cercando perfino di impedire l’accesso alle stazioni.

A me è persino venuto sotto casa a chiedere i documenti mentre ero seduto in un parco, con il mio cane che giocava a distanza. All’inizio pensavo fosse della Digos, quando ho capito chi era l’ho mandato a quel paese e gli ho detto che lo avrei denunciato se avesse pubblicato il video. E parliamoci chiaro: se ti metti a fare lo “sceriffo” con i deboli prima o poi incontri uno più violento di te. Non è insicurezza, è la logica del branco.

Ed è grottesco vedere certa destra stracciarsi le vesti. Governano da tre anni con una maggioranza bulgara, a colpi di decreti, smantellano programmi come “strade sicure”, non assumono poliziotti, fanno riforme che non c’entrano nulla con le priorità del Paese, e poi danno la colpa alla sinistra se nelle città c’è degrado.

Ecco perché questo episodio non ha niente a che fare con la permissività.

Ha a che fare con un clima politico che normalizza il populismo punitivo e lo squadrismo da social, trasformando l’umiliazione dei poveri in contenuto virale.

Il resto è solo propaganda.



14/11/2025

Indirizzo

Rome

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