Il Corpo Estraneo

Il Corpo Estraneo Qui troverai un lavoro di analisi e decostruzione di stereotipi, pregiudizi, luoghi comuni su adozione/affido
(a cura di Monya Ferritti).

Per moltissimi ma non per tuttissimi 😅Continuate voi"CERTO, LO SAPPIAMO CHE...."
05/08/2025

Per moltissimi ma non per tuttissimi 😅

Continuate voi
"CERTO, LO SAPPIAMO CHE...."

Se qualcuno/a ti dice "Sono stato/a adottato/a" ...Anche questo dovrebbe arrivare su moltissime bacheche.
04/08/2025

Se qualcuno/a ti dice "Sono stato/a adottato/a" ...

Anche questo dovrebbe arrivare su moltissime bacheche.

Tris 😅
03/08/2025

Tris 😅

Anche meno 😅
02/08/2025

Anche meno 😅

L’asimmetria di potereIeri ho scritto un articolo su un caso di mancata accountability che ha portato come conseguenza a...
02/08/2025

L’asimmetria di potere

Ieri ho scritto un articolo su un caso di mancata accountability che ha portato come conseguenza all’abuso continuato di una bambina in affido eterofamiliare da parte dell’affidatario.

Ho introdotto il concetto di asimmetria di potere nel sistema dell’affido familiare dicendo che “l’affido familiare si configura come un dispositivo asimmetrico di potere tra adulti e minori”.

Approfondiamo questo tema.

L’asimmetria di potere si verifica quando due soggetti non hanno lo stesso grado di controllo sulle decisioni che li riguardano, quindi quando uno, rispetto all’altro, ha maggiore autorità o più risorse (economiche, sociali, simboliche), ecc.

Sono numerosi i contesti in cui può manifestarsi questa asimmetria di potere, ad esempio nella scuola in cui i docenti valutano, autorizzano comportamenti, rappresentano l’istituzione, ecc. Lo studente (o un piccolo alunno) può trovarsi in situazioni di forte subalternità soprattutto se in condizione di vulnerabilità (per lingua, disabilità, ecc.).

Un altro ambito è quello della sanità in cui il rapporto tra operatori sanitari e pazienti (soprattutto se fragili) è spesso segnato da disparità di competenze, accesso asimmetrico alle informazioni, condizioni di dipendenza fisica e/o emotiva.

Un ultimo ambito di esempio è quello del lavoro in cui le asimmetrie sono legate al contratto, alla cittadinanza, al genere (si pensi alle badanti, ai lavoratori del sommerso, ai tirocinanti, ecc.).
Chi riceve un intervento può avere difficoltà a contestarlo o negoziarlo, specialmente se si trova in una condizione di svantaggio linguistico, culturale o legale.

Nel contesto dell’affido l’asimmetria di potere è intrinseca prima di tutto perché siamo di fronte a un adulto affidatario legittimato e a un minore in posizione di tutela che ha diritti ma non ha strumenti reali per farli valere. Sono, infatti, gli adulti a rappresentarlo (affidatari, curatore, tutore, ecc.). Il bambino o il ragazzo in questa situazione è anche in una condizione di fragilità e bisogno di appartenenza che lo espone a una relazione di dipendenza, in cui l’adulto può rappresentare il più forte punto di riferimento. Oltre a ciò, il bambino o ragazzo è dipendente dalle risorse concrete o simboliche dell’adulto (casa, cibo, istruzione, relazioni, ecc.).

Anche nelle famiglie genetiche o adottive esiste una asimmetria di potere, certamente, ma questa è strutturale perché riguarda il tipo di legittimità, le aspettative sociali e i dispositivi di controllo coinvolti. Infatti, la responsabilità genitoriale deriva dalla filiazione genetica o adottiva ed è regolata dal diritto di famiglia. Questo significa che le istituzioni intervengono solo in caso di sospetto di inadeguatezza, abuso o abbandono. Invece, nella famiglia affidataria il legame è istituzionalmente costruito nella misura in cui l’adulto affidatario riceve dal tribunale o dai servizi sociali un mandato fiduciario temporaneo di accoglienza e tutela e, in molti casi, anche un rimborso economico, di un minore già valutato in condizione di vulnerabilità. È una funzione pubblica di un intervento istituzionale attivato, per questo dovrebbe essere costantemente monitorato.

Quando l’asimmetria non è bilanciata da controlli esterni, può diventare un terreno fertile per l’abuso. Se il potere dell’adulto affidatario non è sottoposto a verifica o limitato da contropoteri (es. operatori sociali, psicologi, giudici minorili), il bambino o il ragazzo rischia di trovarsi in una situazione senza via d’uscita in presenza di comportamenti abusivi; esattamente come è accaduto alla ragazza di cui ha scritto ieri il Corriere del Veneto.

L’asimmetria, quindi, non è il problema in sé, ma lo diventa quando manca una cornice di tutela dentro una organizzazione di rete. L’affido familiare deve quindi essere rientrato dentro a un contesto relazionale e organizzativo in cui il bambino e il ragazzo non sono solo oggetti di cura ma soggetti di diritti.

Non so se avete letto della condanna a 12 anni di un padre affidatario per violenza sessuale continuata nei confronti di...
01/08/2025

Non so se avete letto della condanna a 12 anni di un padre affidatario per violenza sessuale continuata nei confronti di una bambina prima e ragazza poi. Questa terribile vicenda ci aiuta anche a mettere in evidenza i danni prodotti dai bias, ad esempio come lo status socioeconomico e culturale delle famiglie affidatarie possa tradursi in capitale simbolico tale da inibire i meccanismi di vigilanza e controllo.

In questo caso specifico hanno agito i bias già analizzati per la storia della piccola Andromeda (bias di conferma e effetto alone) ma anche altri, come il bias reputazionale, cioè il credito sociale delle famiglie con un buon capitale relazionale che fa loro ricevere meno controlli formali; il bias istituzionale di inerzia, ossia la difficoltà a modificare prassi e protocolli.

Il capitale relazionale, l’adesione a valori ritenuti socialmente desiderabili (in questo caso la religiosità o la stabilità relazionale e lavorativa), l’assenza di segnali espliciti di devianza possono generare un pericoloso effetto di deresponsabilizzazione istituzionale in cui la fiducia sostituisce il monitoraggio sistematico.

Questi bias non agiscono solo a livello individuale, è importante sottolinearlo, ma sono spesso strutturali, incorporati nelle pratiche routinarie e nelle culture organizzative dei servizi sociali, dei tribunali per i minorenni e delle reti associative che si occupano di affido.

L’affido familiare si configura come un dispositivo asimmetrico di potere tra adulti e minori. Quando queste asimmetrie si accompagnano a un’assenza strutturale di accountability*, i rischi di abuso – psicologico, fisico e sessuale – aumentano.

La vicenda in oggetto fa attivare tutti i meccanismi di allarme, ci dovrebbe fare ripensare alle modalità di valutazione, selezione e monitoraggio delle famiglie affidatarie e ci dovrebbe imporre uno spazio di riflessione sul funzionamento delle reti di controllo e sull’efficacia di pratiche di audit.

Non è infatti sufficiente selezionare le famiglie affidatarie sulla base di criteri statici e reputazionali ma è necessario prevedere una vigilanza dinamica, basata su strumenti professionali, osservazione prolungata nel tempo e ascolto regolare delle persone affidate, con un approccio partecipativo che ne riconosca pienamente soggettività e l'agency.

*L’accountability è un concetto delle scienze sociali che definisce, in altre parole, il dovere di rendere conto. Essere "accountable" significa agire in modo responsabile rispetto a un incarico o un ruolo assegnato e rendere conto delle proprie decisioni e azioni a qualcuno (superiori, istituzioni, cittadini, ecc).

Nel nostro ambito accountability significa che i servizi sociali, i tribunali, e le famiglie affidatarie devono essere sottoposti a meccanismi di controllo, quindi le decisioni prese sul collocamento di un minore devono essere monitorate e giustificate nel tempo.
Questo perché chiunque operi nella tutela minorile deve poter essere chiamato a rispondere della sicurezza e del benessere di quella persona.
Nel caso di specie il sistema avrebbe dovuto interrogarsi su chi aveva la responsabilità di vigilare, se c'erano segnali di allarme e perché non sono stati raccolti, se c'erano protocolli da attivare.

Un sistema con una bassa accountability, invece, scaricherà la responsabilità su singoli individui e non attivera alcuna verifica sistemica.

Quanta pazienza 😅
30/07/2025

Quanta pazienza 😅

Un paio di giorni fa vi ho chiesto di condividere riflessioni, pensieri o altro da discutere insieme.Riporto un  argomen...
30/07/2025

Un paio di giorni fa vi ho chiesto di condividere riflessioni, pensieri o altro da discutere insieme.

Riporto un argomento che ci coinvolge

"Quanto è diffusa la tendenza a considerare un unico argomento la procreazione e la genitorialità; come fare per contribuire sul piano culturale a fare sì che vengano considerati come due aspetti distinti?"

Che dite?

Cari Estraniers, grazie davvero per aver risposto ieri al mio esperimento che chiedeva di provare a fare un confronto pi...
29/07/2025

Cari Estraniers, grazie davvero per aver risposto ieri al mio esperimento che chiedeva di provare a fare un confronto più orizzontale.

Ho ricevuto molte risposte dirette ma molte di più in privato che per motivi di privacy non posso pubblicare ma alle quali risponderò personalmente.

Una richiesta di confronto pubblicabile però è arrivata e la metto qui.
👇🏽

"Cara Monya c’è un tema di cui mi piacerebbe si parlasse e che secondo me ha a che fare con gli argomenti di cui ti occupi ma secondo me non se ne parla abbastanza. Si dice tanto che le famiglie adottive sono davanti alla legge come quelle biologiche ma non è vero. Quando si è collocatari spesso dobbiamo fare i conti con tutti i problemi legati a vederci congedi negati, meno mesi di maternità, uffici che non capiscono cosa voglia dire collocatario e difficoltà anche ad avere il pediatra pubblico perché magari abbiamo problemi col codice fiscale. Ti sembra giusto? E dopo l’adozione ci si può trovare ad avere problemi coi bonus e i congedi malattia perché i nostri figli sono grandi. Ecco io ti porto questo problema. Ha o no a che fare anche questo col bionormativismo della società?"

Parliamo di questo.

Voglio provare a fare un esperimento su questa pagina per renderla un po' meno top-down. Vorrei dare spazio a una vostra...
27/07/2025

Voglio provare a fare un esperimento su questa pagina per renderla un po' meno top-down.

Vorrei dare spazio a una vostra riflessione, a una richiesta di confronto su qualcosa che è urgente, importante o semplicemente difficile da dire altrove.
Un pensiero che vi portate dietro da tempo. Una domanda che vi torna in testa. Un’esperienza che vi ha fatto cambiare prospettiva. Una situazione che richiede confronto.

Scrivetela nei commenti o in privato, come preferite e proviamo a partire da qui, dal tentativo di costruire uno spazio più orizzontale.

Vediamo cosa succede.

Uno dei nodi centrali affrontati in Sangue del mio Sangue (ETS ed. 2023)  riguarda la rappresentazione della presunta “i...
27/07/2025

Uno dei nodi centrali affrontati in Sangue del mio Sangue (ETS ed. 2023) riguarda la rappresentazione della presunta “inaccessibilità” emotiva delle figlie e dei figli con una storia di adozione, per/ai loro genitori. Si tratta di un tema che si intreccia profondamente con le logiche del bionormativismo. Vediamo come.

All'interno delle narrazioni familiari dominate dai modelli biologicisti di appartenenza, l’adozione viene spesso letta attraverso la lente del trauma originario. Questo conduce alla costruzione di una distanza affettiva e simbolica tra genitori e figli. È frequente che le famiglie adottive si consolidino attorno all’idea che i bambini portino con sé una ferita insanabile, che segna la loro storia in modo irrimediabile e li rende, per questo, parzialmente o totalmente irraggiungibili nel profondo del loro mondo interiore.

Si sviluppa così una convinzione tacita – ma diffusamente presente – secondo cui gli individui con una storia di adozione siano emotivamente portatori di un dolore che non può essere né decifrato né condiviso. I genitori, da parte loro, si trovano spesso a interpretare questo dolore come un nucleo talmente estraneo alla propria esperienza che diventa qualcosa di impossibile da attraversare o accogliere.

Quali sono però le conseguenze? Questa rappresentazione non solo ostacola la costruzione di un legame profondo tra genitori e figli, ma contribuisce a consolidare lo stigma dell’alterità che viene proiettato sul figlio, percepito come radicalmente “altro” rispetto al resto del nucleo familiare.

Non è il trauma in sé o il passato sconosciuto del minore a impedire la creazione di una relazione autentica e affettuosa tra genitori e figli, ma è piuttosto la paura del trauma e l’angoscia legata all’ignoto che conducono gli adulti a erigere barriere difensive, emotive e simboliche. La retorica dell’insondabilità del dolore del figlio si traduce in una forma di esclusione sistemica, che disconosce la comune umanità dell’esperienza della sofferenza e isola il minore in una narrazione fatalistica e stigmatizzante.

Decostruire questa narrazione significa riportare il vissuto adottivo all’interno di una cornice relazionale in cui il dolore non sia visto come un elemento estraneo o minaccioso, ma come parte integrante – e condivisibile – del percorso di crescita. È solo riconoscendo la propria competenza affettiva e relazionale, e accettando di entrare in contatto con le aree di sofferenza proprie e altrui, che i genitori possono costruire uno spazio familiare autenticamente accogliente, capace di sostenere un senso di appartenenza profondo e non condizionato.

Treccani festeggia 100 anni e lo fa con un nuovo vocabolario, Treccani100, pensato per i ragazzi dai 9 ai 18 anni con un...
26/07/2025

Treccani festeggia 100 anni e lo fa con un nuovo vocabolario, Treccani100, pensato per i ragazzi dai 9 ai 18 anni con una impostazione originale che evita gli stereotipi e le discriminazioni.

Questa attenzione è fondamentale per piantare semi di convivenza rispettosa.

Quando Treccani mi ha chiesto di scrivere la voce Adozioni per la XI Appendice, uscita qualche mese fa, ho avuto l'occasione unica e di cui sono grata, di piantare il mio seme.

Bionormativismo da neologismo sta diventando solo una parola nuova. La vedo usare nei discorsi e lontano da me, nei contesti, nelle tesi di laurea e nelle ricerche, soprattutto fuori dalla nostra comunità. È usata nei luoghi in cui si vuole riconoscere e valorizzare tutte le relazioni che curano, amano, crescono.

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