Nuova Rivista Storica

Nuova Rivista Storica Rivista quadrimestrale di ricerca e critica storica edita da: Società Editrice Dante Alighieri E così fu. LXIV. E tale è rimasta. Nord e Media Italia.

La «Nuova Rivista Storica» fu fondata nel 1917 da Corrado Barbagallo: era in corso la prima guerra mondiale ed è probabile che quanto avveniva nel nostro paese e in tutta l’Europa sia stato determinante nel condizionarne il programma che fu pensato «un po’ diverso da quello comune alle altre riviste storiche» (Il nostro programma, firmato La Redazione, fasc.1, a. 1 gennaio-marzo 1917). In ess

o si auspicava infatti di poter «esercitare una speciale azione nell’ambito della nostra cultura storiografica: quella che nel pensiero dei suoi ideatori è parsa la più conforme ai bisogni dell’ora che volge». In altre parole, dare maggiore spazio alla vita e alla politica da cui, nei tempi passati la storiografia «attingeva il suo più vital nutrimento» (Barbagallo stesso stava passando da interessi per la storia antica alla storia contemporanea) nei confronti di quel metodo critico-storico ereditato dalla storiografia tedesca che, pur essendo stato utile per la metodologia delle fonti, stava trasformando la storia in filologia, paleografia, diplomatica, archeologia, perdendo di vista l’interesse e il panorama generali. Un rischio, se ci si pensa con attenzione, che colpisce la storiografia con corsi e ricorsi ciclici. Nel primo fascicolo dell’anno II (1918), ancora La Redazione (certamente Corrado Barbagallo, Guido Porzio, Ettore Rota), dava conto del successo ottenuto dalla Rivista malgrado le circostanze sfavorevoli in cui era nata, ribadendo il concetto informativo di base, ossia «fare in modo… che lo scrivere di storia torni ad essere in Italia, non già tediosa esercitazione critica su questioni minute e disorganiche, non già illustrazione spicciola di testi e di documenti, ma, essenzialmente, interpretazione e intelligenza dei fatti sociali, specie di quelli politici, nel senso più ampio e comprensivo della parola» (p. 3). Se si pensa a quale fosse la storiografia ufficiale in quegli anni, ci si rende conto dello sforzo coraggioso e intelligente compiuto da quel gruppo di studiosi, alcuni giovani, altri meno, per muovere le acque dell’accademismo e del filologismo che impregnavano la cultura storica italiana.
«La storiografia – lo rilevava Giuseppe Martini nelle pagine di Cinquant’anni con le quali nel 1967 celebrava il cinquantesimo anniversario della Rivista (fascicolo gennaio-aprile, pp. 1 ss.) – doveva essere scienza, non semplice descrizione dei fatti». Non mancava, in quel periodo, né in Barbagallo, né negli altri redattori, l’attenzione per i problemi del materialismo storico sebbene filtrato dall’originale interpretazione di Arturo Labriola, e quindi inteso piuttosto come ispirazione, suggerimento, verifica che come dottrina rigidamente definita e applicata. Barbagallo stesso aveva pubblicato nel 1899 uno scritto «Pel materialismo storico», poi ampliato nel saggio del 1916 «Il materialismo storico», ed appare chiaro come a lui e ai suoi collaboratori le pagine di Gaetano Salvemini e la sua azione politica e sociale risultassero quasi paradigmatiche. Tuttavia, nel programma della «Nuova Rivista Storica» il materialismo storico non è nominato ed è chiaro pertanto che il periodico non intendeva nascere sotto questa insegna, fosse questa un’opportunità imposta dallo stato di guerra in atto o dalla tendenza eclettica di Barbagallo che lo portava ad una grande elasticità interpretativa. Trascorsero anni buoni e anni difficili: nel 1930 la redazione era composta da Barbagallo, da Gino Luzzatto che gli subentrava nei compiti di coordinamento generale fino ad allora da lui tenuti, Piero Pieri, Porzio e Rota, in un regime che non vedeva di buon occhio l’impostazione della Rivista. Nel 1932, infatti, si ebbe una campagna di stampa ostile; nel 1939, scoppiò la seconda guerra mondiale, alla quale il periodico fece fronte con riduzione nel numero dei fascicoli e nelle pagine, ma sopravvisse ad entrambe. Nel 1942, mentre continuavano nel loro impegno Barbagallo, Rota e Porzio, scomparve dalla Redazione il nome di Luzzatto colpito dalle leggi razziali; vi ritornerà a guerra finita. Su La «Nuova Rivista Storica» e la storiografia del ‘900 (1917-1945) si veda l’articolo di Manuela Doglio sul fascicolo III-IV 1980, a. Nel 1952, si spense a Torino Corrado Barbagallo: nella Rivista rimasero Gino Luzzatto, Piero Pieri, Guido Porzio, Ettore Rota, Segretario di redazione Angelo Tursi, che fu poi per molti anni nume tutelare del periodico. Nel 1958 morì anche Guido Porzio e, a fianco di Gino Luzzatto, rimasero Domenico Demarco, Piero Pieri e Nino Valeri. Nel 1963, Luzzatto, ormai malato e stanco, tramite Bruno Caizzi, chiese a Martini di assumere la direzione della «Nuova Rivista Storica», rimanendo però nel Comitato di direzione fino alla sua morte, l’anno seguente. Assumere la direzione del periodico fu per Martini un momento di grande gioia, del quale siamo stati partecipi: aveva colto subito l’importanza dell’occasione che gli si offriva e che gli avrebbe permesso di essere di aiuto soprattutto ai giovani i quali avrebbero potuto rivolgersi a lui per pubblicare le proprie ricerche, se meritevoli, senza troppo pregare. La rivista era uno strumento prezioso, ricco di una tradizione culturale di quasi mezzo secolo e sostenuto da una Casa Editrice intelligente, una rivista da sempre palestra aperta a tutti gli storici, senza divisioni ideologiche o di corrente. Nell’assumerne la direzione, Martini, scriveva in alcune pagine il suo programma nel quale si richiamava all’impostazione data al periodico da Barbagallo, nella strenua lotta contro il filologismo e il negativo positivismo negli studi storici, richiamando quale movente e stimolo agli studi stessi l’interesse e la passione per i fatti della vita vissuta senza i quali «non sorgono idee stimolanti, né in storiografia, né in alcun altro campo; la cultura intristisce, e diventa pretesto di erudite ma squallide esercitazioni» (fascicolo gennaio – aprile 1964, p. 5). Martini rilevava che oggi (1964) «non si richiede più allo storico la totale insensibilità ai problemi vivi del proprio tempo», tuttavia si domandava se avremmo potuto essere ben sicuri «che ogni pericolo sia superato e che certi atteggiamenti mentali… non si ripropongano sotto forme attenuate o clandestine», come, ad esempio, l’insofferenza per ogni discussione metodologica o di ricerca di storia della storiografia insieme alla diffidenza con la quale veniva accolto l’insegnamento della storia contemporanea nelle Università, per la cui collocazione si cominciava allora a battersi nella neonata «Società degli Storici Italiani» (sulla quale si veda in questa Rivista, a firma di chi scrive: Per il ricupero della memoria: i primi dieci anni di vita della «Società degli Storici Italiani»: 1964-1974, fascicolo II, 2000, pp. 337-364). Martini ribadiva che la «storia deve intendersi in senso ‘globale’, cioè come l’insieme delle manifestazioni politiche, culturali, religiose, giuridiche, economiche di una certa società, la quale ne costituisce sempre il fondamento unitario», il che non disconosceva peraltro la necessità di approfondimento specializzato ma senza perdere di vista la sintesi generale. Come già Barbagallo, Martini ricordava un altro difetto della nostra storiografia, ossia il suo «estremo provincialismo» e auspicava la presenza degli storici stranieri nelle ricerche e nelle pagine della Rivista. In quel primo fascicolo con cui si apriva la direzione di Martini, la redazione comprendeva chi scrive, poi divenuta ordinario di Storia Medioevale nell’Università degli Studi di Milano, Giorgio Chittolini che ora ricopre la medesima cattedra e Enrico Decleva che oggi ne è il Magnifico Rettore: sono esempi interessanti, ma molti degli storici che oggi sono noti e vanno per la maggiore, hanno cominciato la loro carriera sulle pagine della «Nuova Rivista Storica». Martini diresse la Rivista fino al 1979, anno della sua scomparsa, e in quei quindici anni non si allontanò dalle linee programmatiche che aveva tracciato all’inizio del suo lavoro. A qualcuno forse l’indirizzo del periodico parve un po’ sfumato, ma esso era del tutto in sintonia con il concetto che egli aveva della ricerca storica, con la sua grande cultura, la sua profonda umanità, la sua apertura mentale e il suo mai sopito amore per la libertà dello spirito e dell’individuo. Fin dai primi tempi, furono piuttosto numerosi i riferimenti alla storiografia extraitaliana; fu altrettanto attento a mettere in rilievo e ad ampliare la visione metodologica, qualunque fosse il settore o l’epoca della ricerca; frequenti le ricerche sulla storia delle strutture economiche, sociali, politiche, culturali delle terre padane, ma la visione si allargava anche a comprendere l’Oriente greco e bizantino, il mondo islamico e quello iraniano. Dal 1971 aveva dato vita ad una rubrica di «Storia, psicologia e scienze sociali”, allora emergenti nella ricerca. Quasi nello stesso periodo cominciava il lavoro per gli «Indici generali del cinquantennio». 1917-1966. Nel 1966 fu inaugurato lo spoglio delle Riviste storiche straniere per quanto concerneva i temi di storia italiana che vi venivano trattati, senza limitazione di spazio o cronologica, che non si potè mantenere a lungo, perché le riviste straniere arrivavano (e arrivano tuttora) in Italia per lo più con notevole ritardo e perché necessitava di collaborazioni poliglotte. Vedremo se sarà possibile riprenderlo, sebbene il «Bollettino bibliografico», che si pubblica ora una volta all’anno per ragioni di spazio, sia sempre molto nutrito e dia ampie notizie anche di storiografia straniera, per non parlare delle recensioni, sempre numerose, delle rassegne storiografiche, del tipo di quella sulla storiografia francese sul Medioevo, giunta all’anno 2000. Le ultime righe di Martini, poste in capo al resoconto di un Convegno organizzato dall’Ecole Française di Roma sulle «Annales» e la storiografia italiana, furono un’appassionata difesa della storiografia italiana, di fronte al pericolo incombente di un’imitazione indiscriminata di modelli transalpini che venissero a limitare la ricerca storiografica autonoma. A questa visione, mai venuta meno, si collegava la sua intenzione di allargare il Comitato di direzione a comprendere storici della diverse discipline per avere contributi dalle voci più varie. Poco prima di morire, aveva contattato amici come Luigi De Rosa (storico economico), Geo Pistarino (medievalista esperto dell’Oriente e di Cristoforo Colombo), Cesare Vasoli (storico del Rinascimento) e pensato a giovani contemporaneisti come Enrico Decleva e Giorgio Rumi, che avevano dato la loro adesione. Il suo programma si attuò solo nel 1989, quando Alberto Boscolo richiamato all’Università di Tor Vergata a Roma lasciò Milano e la Rivista, e con la direzione di Gigliola Soldi Rondinini si mise in atto l’ampliamento del Comitato di direzione voluto da Martini, mentre la Redazione si valeva già del 1973 dell’impegno di Liliana Martinelli quale segretaria (sulla quale grava tuttora il peso maggiore della Rivista), coadiuvata da Roberto Perelli Cippo e, per alcuni anni da Nicola Criniti e da Aldo Albonico, passato poi, fino alla sua scomparsa nel 2000, nel Comitato di direzione. Nel corso degli anni, entrarono a far parte del Comitato di direzione Antonio Padoa Schioppa, eminente storico del diritto italiano, il ben noto medievalista Cosimo Damiano Fonseca, cui seguì qualche anno dopo Grado Giovanni Merlo, mentre per il settore di storia antica si pensò a Lellia Cracco Ruggini e per quello di islamistica a Valeria Fiorani Piacentini. In due occasioni, alla scomparsa di Gino Luzzatto e di Giuseppe Martini, la Rivista pubblicò due volumi in loro memoria: nel primo (fascicolo gennaio-aprile 1965) figurano i saggi di Ferdinando Milone, Roberto Cessi, Frederic C. Lane, Bruno Caizzi, Nino Valeri, Enzo Tagliacozzo e le testimonianze di Raffaele Ciasca, Ugo Facco de Lagarda, Ugo La Malfa, Roberto Sabatino Lopez, Piero Pieri, Michael M. Postan, Silvio Pozzani, Cecil Roth, Armando Sapori, Freddy Thiriet, Charles Verlinden e la Bibliografia a cura di Angiolo Tursi; nel secondo («Quaderno» n. 35, Scritti e Testimonianze, 1981) in cui furono ripubblicati alcuni degli studi più significativi di Martini tra i quali Regale sacerdotium, quelle di Alberto Boscolo, Paolo Brezzi, Attilio Agnoletto, Gigliola Soldi Rondinini, Luigi De Rosa con la Bibliografia a cura di Liliana Martinelli Perelli, testimonianze che mettono in risalto aspetti particolari della sua personalità e della sua figura di studioso e di organizzatore. All’inizio degli anni Novanta si cominciò a lavorare agli Indici dal 1967 al 1991, che uscirono nel 1997; ora si sta pensando a quelli dal 1992 al 2000. Annualmente la Rivista pubblica tre fascicoli per complessive 800-1000 pagine, suddivise tra gli articoli, che, di maggiore ampiezza di ricerca e di visione storica, occupano la prima parte di ogni fascicolo, seguiti dalle rubriche «Questioni storiche», «Note e documenti», «Interpretazioni e rassegne», ciascuna con una sua precisa individualità dichiarata nel titolo; seguono i «Congressi», le «Recensioni» e il «Bollettino Bibliografico», quest’ultimo, presente sui fascicoli a stampa due volte all’anno, è dal 2009 pubblicato sul sito internet della rivista. Quando si verificano dolorose scomparse di studiosi, se ne dà ampia notizia in «Storici e Storici», sempre ad opera di penne prestigiose. La «Nuova Rivista Storica» ha una sua «Biblioteca» nella quale sono pubblicati «Quaderni» che riprendono in forma singola saggi già apparsi sul periodico, che hanno così la possibilità di essere conosciuti al di fuori della Rivista stessa: ne sono usciti fino ad ora 43, Segnaliamo qui di seguito i più recenti: il n. 39, che riunisce le relazioni tenute a Milano nel 1999 al Seminario su Finanziare cattedrali e grandi opere pubbliche nel Medioevo. Secoli XII-XV, al quale hanno contribuito l’Opera di S. Maria del Fiore di Firenze, la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, l’Opera della Cattedrale di Orvieto, l’Opera della Metropolitana di Siena; il n. 40, Arte e storia in Lombardia. Scritti in memoria di Grazioso Sironi, con i saggi di alcuni dei maggiori storici dell’arte italiani e stranieri, pubblicato nel 2006; il n. 41, Laura Brazzo, Angelo Sullam e il sionismo in Italia tra la crisi di fine secolo e la guerra di Libia, che affronta un tema di grande attualità, uscito nel 2007; il n. 42, Evangelizzazione e globalizzazione. Le missioni gesuitiche nell’età moderna tra storia e storiografia, a cura di Michela Catto, Guido Mongini, Silvia Mostaccio, pubblicato nel 2010; il n. 43, Eduardo Gonzáles Calleja, Nelle tenebre di brumaio. Quattro secoli di riflessione politica sul colpo di Stato, uscito nel 2011. La Rivista ha cambiato la veste grafica nel 1965 e nel 1989 e si è rifatta il trucco per il primo fascicolo del 2007, ma non ha cambiato quello che Martini definiva il suo compito, ossia quello che «pur riconoscendo la legittimità delle ricerche speciali, con le tecniche che sono loro appropriate, dovrà richiamare costantemente l’attenzione degli storici sui problemi di fondo, sugli indirizzi metodologici, sulle correlazioni che esistono tra i vari settori di studio», il che si ottiene appunto dando spazio alla più ampia scelta di tematiche e di autori, giovani e meno giovani, alcuni noti e altri che si spera lo potranno diventare, come si è sempre fatto. GIGLIOLA SOLDI RONDININI

Le recensioni del I fascicolo 2025 su recensio.netCarlo Gastone / Nugzar Konstantinovič Ter-Oganov (eds.): Persian Arabe...
25/04/2025

Le recensioni del I fascicolo 2025 su recensio.net

Carlo Gastone / Nugzar Konstantinovič Ter-Oganov (eds.): Persian Arabesques. Memorie Politiche di Ivan Jakovlevič Korostovec (reviewed by Fabrizio Rudi)

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23/04/2025

Conformemente a quanto indicato nel «Regolamento per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche», approvato dal Consiglio direttivo dell’Anvur con delibera del 21 dicembre 2023, pubblicato il 9 gennaio 2024, tutti i contributi pubblicati dalla rivista sono sottomessi preventivamente al vaglio di due esperti anonimi esterni al Comitato editoriale (double-blind peer review), designati dal Direttore e dal Comitato di direzione. Quelli che appaiono nelle sezioni Interpretazioni e rassegne e Forum sono egualmente valutati secondo il procedimento di revisione tra pari cieco ma da un solo esperto anonimo esterno al Comitato editoriale, anch’esso designato dal Direttore e dal Comitato di direzione

Conformemente a quanto indicato nel «Regolamento per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche», approvato dal Consiglio direttivo dell’Anvur con delibera del 21 dicembre 2023, […]

Le recensioni del I fascicolo 2025 su recensio.netAntonio Musarra: Fra cielo e terra. Gerusalemme e l'Occidente medieval...
18/04/2025

Le recensioni del I fascicolo 2025 su recensio.net

Antonio Musarra: Fra cielo e terra. Gerusalemme e l'Occidente medievale (reviewed by Eugenio Di Rienzo)

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16/04/2025

Gli articoli pubblicati su «Nuova Rivista Storica» sono catalogati e repertoriati nei seguenti indici: Clarivate, Journal Citation Reports, Arts & Humanities Citation Index (formerly Thomson ISI); […]

14/04/2025

I saggi del I fascicolo 2025 (Questioni storiche)

ALEKSANDAR STAMATOVIĆ – ŽARKO LEKOVIĆ, Culture and Public Life in Montenegro during the age of Italian authority (1941-1943)

Questo articolo esamina la cultura e la vita pubblica in Montenegro durante il dominio italiano, dall’aprile 1941 al settembre 1943, con particolare attenzione all’economia, all’assistenza alla popolazione povera e ai rifugiati di guerra. L’obiettivo dell’articolo e di esplorare le reciproche relazioni tra le manifestazioni culturali e il loro impatto sulla vita pubblica, analizzando gli effetti di alcuni eventi durante le condizioni straordinarie di guerra e l’intervento dell’autorità straniera in Montenegro. L’articolo si focalizza su due territori: il Montenegro in senso stretto e le Bocche di Cattaro. L’Italia annesse le Bocche e Cattaro nel maggio 1941, a differenza del resto del Montenegro. L’articolo discute le caratteristiche della vita in questa provincia, che rappresenta una componente essenziale del Montenegro moderno.

Le recensioni del I fascicolo 2025 su recensio.netEugenio Di Rienzo (ed.): Julian James Cotton: Il Generale Avitabile (r...
11/04/2025

Le recensioni del I fascicolo 2025 su recensio.net

Eugenio Di Rienzo (ed.): Julian James Cotton: Il Generale Avitabile (reviewed by Fabio L. Grassi)

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Il Generale Avitabile https://www.recensio.net/rezensionen/zeitschriften/nuova-rivista-storica/109-2025/1/il-generale-avitabile https://www.recensio.net/++resource++plone-logo.svg « Vorherige Rezension Nächste Rezension » Eugenio Di Rienzo (ed.): Julian James Cotton: Il Generale Avitabile (review...

09/04/2025
«Nuova Rivista Storica» è lieta di ricevere proposte di pubblicazione di articoli di argomento storico, dall’età antica ...
09/04/2025

«Nuova Rivista Storica» è lieta di ricevere proposte di pubblicazione di articoli di argomento storico, dall’età antica all’età contemporanea, pubblicati in italiano e nelle più importanti lingue di cultura dell’Unione Europea (francese, inglese, spagnolo, tedesco).

«Nuova Rivista Storica» è lieta di ricevere proposte di pubblicazione di articoli di argomento storico, dall’età antica all’età contemporanea, pubblicati in italiano e nelle più importanti […]

07/04/2025

I saggi del I fascicolo 2025 (Questioni storiche)

ŠTĚPÁNKA MIŇOVÁ, The Problem of Interwar Czechoslovak Regionalism and the Establishment of Economic Corps

Sulla base dello studio di fonti edite e inedite, ma anche della letteratura sull’argomento, l’articolo analizza gli obiettivi teorici e pratici del regionalismo cecoslovacco tra le due guerre, presentando le attività di una selezione di corpi economici nazionali nella Prima Repubblica Cecoslovacca e cercando di rispondere a domande relative al fatto se il regionalismo cecoslovacco del periodo interbellico differisse nel suo orientamento dal regionalismo in altri paesi europei. Si può concludere che, per quanto il regionalismo culturale o sociale fosse già presente in Cecoslovacchia, il regionalismo economico, espresso in pratica attraverso la creazione di corpi economici nazionali, emerse indubbiamente soltanto allora. Nella seconda metà degli anni ‘30, questa forma di regionalismo si affermò poi come un sistema economico nazionale altamente apprezzato e associazioni economiche regionali si svilupparono praticamente in tutta la Cecoslovacchia.

Le recensioni del I fascicolo 2025 su recensio.netRichard A. Waddingham: Adriano IV. Nicola Breakspear, il Papa inglese ...
04/04/2025

Le recensioni del I fascicolo 2025 su recensio.net

Richard A. Waddingham: Adriano IV. Nicola Breakspear, il Papa inglese (reviewed by Ambrogio Bianchi)

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Adriano IV https://www.recensio.net/rezensionen/zeitschriften/nuova-rivista-storica/109-2025/1/adriano-iv-nicola-breakspear-il-papa-inglese https://www.recensio.net/++resource++plone-logo.svg Nächste Rezension » Richard A. Waddingham: Adriano IV. Nicola Breakspear, il Papa inglese (reviewed by Amb...

«Nuova Rivista Storica» è una rivista scientifica peer-reviewed che si ispira al codice etico delle pubblicazioni elabor...
02/04/2025

«Nuova Rivista Storica» è una rivista scientifica peer-reviewed che si ispira al codice etico delle pubblicazioni elaborato dal Committee on Publication Ethics COPE, le cui linee-guida sono condivise dall’Editore, dal Comitato editoriale, dagli autori e dai referee.

«Nuova Rivista Storica» è una rivista scientifica peer-reviewed che si ispira al codice etico delle pubblicazioni elaborato dal Committee on Publication Ethics COPE, le cui linee-guida […]

31/03/2025

I saggi del I fascicolo 2025 (Questioni storiche)

ELISA GIUNCHI, «Sultano rifiuta consultare meco». La missione di Umberto Omar a Mascate e il contrabbando di armi verso l’Afghanistan e la Costa dei Somali (1909-1911)

All’inizio del XX secolo i mercantili europei scaricavano a Mascate, sulla costa occidentale del Golfo Persico, quantità ingenti di armi e munizioni, che in larga misura venivano trasportate da nakhuda arabi verso il Baluchistan e, di lì, verso l’Afghanistan meridionale, dove erano utilizzate dalle milizie pashtun in funzione anti-britannica. Una parte consistente era invece riesportata verso la costa dei Somali, alimentando la rivolta mullista e le rivendicazioni abissine a detrimento degli interessi di Gran Bretagna e Regno d’Italia. Con il fine di contrastare la riesportazione di armi e munizioni verso l’Africa orientale, nel 1909 le autorità italiane affidarono il compito di raccogliere informazioni sulle imbarcazioni in partenza da Mascate a un agente informale di origine eritrea. In questo articolo si analizza innanzitutto, nel contesto degli interessi britannici e italiani, non sempre del tutto coincidenti, l’entità e la natura del contrabbando di armi nel Golfo. Si ricostruisce quindi, sulla base di fonti di archivio, la decisione di inviare l’agente eritreo a Mascate e l’efficacia di questa misura.

di Luigi MorroneLa storiografia italiana non si è occupata molto dell’attività della diplomazia fuori della madrepatria....
30/03/2025

di Luigi Morrone

La storiografia italiana non si è occupata molto dell’attività della diplomazia fuori della madrepatria. Manca uno studio organico della materia, se si fa eccezione per i lavori di Fabio Grassi Orsini e quelli più recenti di Luciano Monzali e Gerardo Nicolosi.

Eugenio Di Rienzo, modernista ormai dedito alla storia del Novecento, affronta la tematica ponendo la lente d’ingrandimento sul ruolo dei diplomatici dopo l’armistizio di Cassibile, reso noto l’8 settembre 1943. Il libro Un’altra Resistenza: La diplomazia italiana dopo l’8 settembre 1943, edito da Rubbettino nella collana “Studi Internazionali”, offre un’analisi approfondita del ruolo della diplomazia italiana dopo l’armistizio, esplorando le difficoltà e le sfide affrontate dai diplomatici italiani in un contesto di estrema incertezza e pericolo.

di Luigi Morrone La storiografia italiana non si è occupata molto dell’attività della diplomazia fuori della madrepatria. Manca uno studio organico della materia, se si fa […]

Pubblichiamo, per gentile concessione di D’Amico Editore, uno stralcio della prefazione del nuovo volume di Eugenio Di R...
28/03/2025

Pubblichiamo, per gentile concessione di D’Amico Editore, uno stralcio della prefazione del nuovo volume di Eugenio Di Rienzo, “Renzo De Felice, Leo Valiani e gli amici azionisti”. In appendice al volume è pubblicata la corrispondenza inedita di De Felice con Alessandro Galante Garrone, Giorgio Spini, Leo Valiani, Franco Venturi e tutte le recensioni dedicate da Galante Garrone e Valiani agli scritti di chi fu e rimane il massimo studioso della stagione fascista.

Pubblichiamo, per gentile concessione di D’Amico Editore, uno stralcio della prefazione del nuovo volume di Eugenio Di Rienzo, “Renzo De Felice, Leo Valiani e gli amici […]

28/03/2025

I saggi del I fascicolo 2025

STEFANO SANTORO, La presenza culturale italiana in Ungheria dall’Asse all’orbita sovietica

Fra gli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, la presenza italiana in Ungheria dovette confrontarsi con eventi particolarmente difficili e complessi: la fine del regime fascista e l’armistizio in Italia, l’occupazione tedesca dell’Ungheria, la liberazione ad opera dell’Armata Rossa e infine la progressiva inclusione del paese nell’orbita sovietica. Concentrandosi sulla dimensione delle relazioni culturali, il saggio ripercorre l’evoluzione degli interessi italiani in Ungheria, attraverso l’analisi delle istituzioni educative e culturali, che continuarono a rivestire, anche in quegli anni, un ruolo centrale nella strategia italiana verso l’Europa centro-orientale.

Nuova Rivista Storica (NRS), ha compiuto, con l’uscita del fascicolo del gennaio-marzo 2017, cento anni. È con Archivio ...
26/03/2025

Nuova Rivista Storica (NRS), ha compiuto, con l’uscita del fascicolo del gennaio-marzo 2017, cento anni. È con Archivio Storico Italiano (1842) e Rivista Storica Italiana (1884), il più antico periodico d’impianto storico generalista di respiro compiutamente nazionale e internazionale presente nello scenario culturale del nostro Paese. NRS è una rivista che ha prodotto storia, accompagnato gli Italiani nella loro storia e che è stata oggetto di storia come testimonia la ricca produzione saggistica elencata nella Nota bibliografica alla fine di queste pagine. La sua nascita segnò una svolta fondamentale per gli studi storici italiani. Una svolta che prese forma nel primo decennio del Novecento, ma alla quale lo scoppio della Grande Guerra impresse una forte accelerazione, contribuendone a meglio precisare obiettivi e strategia.

1. Nuova Rivista Storica (NRS), ha compiuto, con l’uscita del fascicolo del gennaio-marzo 2017, cento anni. È con Archivio Storico Italiano (1842) e Rivista Storica Italiana […]

24/03/2025

I saggi del I fascicolo 2025

EUGENIO DI RIENZO, Franco, Hi**er, Churchill e l’alleanza che non si fece. L’Estado Espanol durante il Secondo conflitto mondiale nei documenti dei National Archives di Londra

Questo saggio ha lo scopo di analizzare, utilizzando la documentazione degli Archivi Nazionali di Londra, il fallito progetto di alleanza tra il regime di Franco e la Germania nazista, le divisioni interne nella dittatura falangista e nella società sp****la durante la seconda guerra mondiale, la politica inglese nel Mediterraneo e la competizione strategica tra Regno Unito e Stati Uniti per ottenere il predominio sull’Europa sud-occidentale alla fine del conflitto.

21/03/2025

I saggi del I fascicolo 2025

EMRE ÖKTEM, Il trattato di Küçük Kaynarca. Miti e (talvolta mitopoietiche) demistificazioni

Scritto in occasione del 250° anniversario del famoso Trattato di Küçük Kaynarca del 1774, questo articolo analizza le origini e lo sfruttamento di due miti concomitanti basati su questo trattato, così come la loro demistificazione: il riconoscimento della Russia come protettrice dei sudditi ortodossi dell’Impero Ottomano e il riconoscimento, o addirittura la creazione ex nihilo, di un Califfato ottomano universale ed extraterritoriale. Lo studio della successione dei testi e degli eventi che hanno contribuito alla creazione di questi miti rivela la manipolazione permanente di questo trattato, che peraltro non cesserà con il processo di demistificazione. Gli attori della partita attorno al Trattato di Küçük Kaynarca, che merita il suo posto tra i trattati «leggendari» della storia diplomatica, sembrano condividere un punto comune, ovvero quello di non aver consultato il testo del trattato.

Indirizzo

Viale Somalia, 5
Rome
00199

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La rivista e la sua storia

La «Nuova Rivista Storica» fu fondata nel 1917 da Corrado Barbagallo: era in corso la prima guerra mondiale ed è probabile che quanto avveniva nel nostro paese e in tutta l’Europa sia stato determinante nel condizionarne il programma che fu pensato «un po’ diverso da quello comune alle altre riviste storiche» (Il nostro programma, firmato La Redazione, fasc.1, a. 1 gennaio-marzo 1917). In esso si auspicava infatti di poter «esercitare una speciale azione nell’ambito della nostra cultura storiografica: quella che nel pensiero dei suoi ideatori è parsa la più conforme ai bisogni dell’ora che volge». In altre parole, dare maggiore spazio alla vita e alla politica da cui, nei tempi passati la storiografia «attingeva il suo più vital nutrimento» (Barbagallo stesso stava passando da interessi per la storia antica alla storia contemporanea) nei confronti di quel metodo critico-storico ereditato dalla storiografia tedesca che, pur essendo stato utile per la metodologia delle fonti, stava trasformando la storia in filologia, paleografia, diplomatica, archeologia, perdendo di vista l’interesse e il panorama generali. Un rischio, se ci si pensa con attenzione, che colpisce la storiografia con corsi e ricorsi ciclici. Nel primo fascicolo dell’anno II (1918), ancora La Redazione (certamente Corrado Barbagallo, Guido Porzio, Ettore Rota), dava conto del successo ottenuto dalla Rivista malgrado le circostanze sfavorevoli in cui era nata, ribadendo il concetto informativo di base, ossia «fare in modo… che lo scrivere di storia torni ad essere in Italia, non già tediosa esercitazione critica su questioni minute e disorganiche, non già illustrazione spicciola di testi e di documenti, ma, essenzialmente, interpretazione e intelligenza dei fatti sociali, specie di quelli politici, nel senso più ampio e comprensivo della parola» (p. 3). E così fu. Se si pensa a quale fosse la storiografia ufficiale in quegli anni, ci si rende conto dello sforzo coraggioso e intelligente compiuto da quel gruppo di studiosi, alcuni giovani, altri meno, per muovere le acque dell’accademismo e del filologismo che impregnavano la cultura storica italiana. «La storiografia – lo rilevava Giuseppe Martini nelle pagine di Cinquant’anni con le quali nel 1967 celebrava il cinquantesimo anniversario della Rivista (fascicolo gennaio-aprile, pp. 1 ss.) – doveva essere scienza, non semplice descrizione dei fatti». Non mancava, in quel periodo, né in Barbagallo, né negli altri redattori, l’attenzione per i problemi del materialismo storico sebbene filtrato dall’originale interpretazione di Arturo Labriola, e quindi inteso piuttosto come ispirazione, suggerimento, verifica che come dottrina rigidamente definita e applicata. Barbagallo stesso aveva pubblicato nel 1899 uno scritto «Pel materialismo storico», poi ampliato nel saggio del 1916 «Il materialismo storico», ed appare chiaro come a lui e ai suoi collaboratori le pagine di Gaetano Salvemini e la sua azione politica e sociale risultassero quasi paradigmatiche. Tuttavia, nel programma della «Nuova Rivista Storica» il materialismo storico non è nominato ed è chiaro pertanto che il periodico non intendeva nascere sotto questa insegna, fosse questa un’opportunità imposta dallo stato di guerra in atto o dalla tendenza eclettica di Barbagallo che lo portava ad una grande elasticità interpretativa. Trascorsero anni buoni e anni difficili: nel 1930 la redazione era composta da Barbagallo, da Gino Luzzatto che gli subentrava nei compiti di coordinamento generale fino ad allora da lui tenuti, Piero Pieri, Porzio e Rota, in un regime che non vedeva di buon occhio l’impostazione della Rivista. Nel 1932, infatti, si ebbe una campagna di stampa ostile; nel 1939, scoppiò la seconda guerra mondiale, alla quale il periodico fece fronte con riduzione nel numero dei fascicoli e nelle pagine, ma sopravvisse ad entrambe.

Nel 1942, mentre continuavano nel loro impegno Barbagallo, Rota e Porzio, scomparve dalla Redazione il nome di Luzzatto colpito dalle leggi razziali; vi ritornerà a guerra finita. Su La «Nuova Rivista Storica» e la storiografia del ‘900 (1917-1945) si veda l’articolo di Manuela Doglio sul fascicolo III-IV 1980, a. LXIV. Nel 1952, si spense a Torino Corrado Barbagallo: nella Rivista rimasero Gino Luzzatto, Piero Pieri, Guido Porzio, Ettore Rota, Segretario di redazione Angelo Tursi, che fu poi per molti anni nume tutelare del periodico. Nel 1958 morì anche Guido Porzio e, a fianco di Gino Luzzatto, rimasero Domenico Demarco, Piero Pieri e Nino Valeri. Nel 1963, Luzzatto, ormai malato e stanco, tramite Bruno Caizzi, chiese a Martini di assumere la direzione della «Nuova Rivista Storica», rimanendo però nel Comitato di direzione fino alla sua morte, l’anno seguente. Assumere la direzione del periodico fu per Martini un momento di grande gioia, del quale siamo stati partecipi: aveva colto subito l’importanza dell’occasione che gli si offriva e che gli avrebbe permesso di essere di aiuto soprattutto ai giovani i quali avrebbero potuto rivolgersi a lui per pubblicare le proprie ricerche, se meritevoli, senza troppo pregare. La rivista era uno strumento prezioso, ricco di una tradizione culturale di quasi mezzo secolo e sostenuto da una Casa Editrice intelligente, una rivista da sempre palestra aperta a tutti gli storici, senza divisioni ideologiche o di corrente. E tale è rimasta. Nell’assumerne la direzione, Martini, scriveva in alcune pagine il suo programma nel quale si richiamava all’impostazione data al periodico da Barbagallo, nella strenua lotta contro il filologismo e il negativo positivismo negli studi storici, richiamando quale movente e stimolo agli studi stessi l’interesse e la passione per i fatti della vita vissuta senza i quali «non sorgono idee stimolanti, né in storiografia, né in alcun altro campo; la cultura intristisce, e diventa pretesto di erudite ma squallide esercitazioni» (fascicolo gennaio – aprile 1964, p. 5). Martini rilevava che oggi (1964) «non si richiede più allo storico la totale insensibilità ai problemi vivi del proprio tempo», tuttavia si domandava se avremmo potuto essere ben sicuri «che ogni pericolo sia superato e che certi atteggiamenti mentali… non si ripropongano sotto forme attenuate o clandestine», come, ad esempio, l’insofferenza per ogni discussione metodologica o di ricerca di storia della storiografia insieme alla diffidenza con la quale veniva accolto l’insegnamento della storia contemporanea nelle Università, per la cui collocazione si cominciava allora a battersi nella neonata «Società degli Storici Italiani» (sulla quale si veda in questa Rivista, a firma di chi scrive: Per il ricupero della memoria: i primi dieci anni di vita della «Società degli Storici Italiani»: 1964-1974, fascicolo II, 2000, pp. 337-364). Martini ribadiva che la «storia deve intendersi in senso ‘globale’, cioè come l’insieme delle manifestazioni politiche, culturali, religiose, giuridiche, economiche di una certa società, la quale ne costituisce sempre il fondamento unitario», il che non disconosceva peraltro la necessità di approfondimento specializzato ma senza perdere di vista la sintesi generale. Come già Barbagallo, Martini ricordava un altro difetto della nostra storiografia, ossia il suo «estremo provincialismo» e auspicava la presenza degli storici stranieri nelle ricerche e nelle pagine della Rivista. In quel primo fascicolo con cui si apriva la direzione di Martini, la redazione comprendeva chi scrive, poi divenuta ordinario di Storia Medioevale nell’Università degli Studi di Milano, Giorgio Chittolini che ora ricopre la medesima cattedra e Enrico Decleva che oggi ne è il Magnifico Rettore: sono esempi interessanti, ma molti degli storici che oggi sono noti e vanno per la maggiore, hanno cominciato la loro carriera sulle pagine della «Nuova Rivista Storica».

Martini diresse la Rivista fino al 1979, anno della sua scomparsa, e in quei quindici anni non si allontanò dalle linee programmatiche che aveva tracciato all’inizio del suo lavoro. A qualcuno forse l’indirizzo del periodico parve un po’ sfumato, ma esso era del tutto in sintonia con il concetto che egli aveva della ricerca storica, con la sua grande cultura, la sua profonda umanità, la sua apertura mentale e il suo mai sopito amore per la libertà dello spirito e dell’individuo. Fin dai primi tempi, furono piuttosto numerosi i riferimenti alla storiografia extraitaliana; fu altrettanto attento a mettere in rilievo e ad ampliare la visione metodologica, qualunque fosse il settore o l’epoca della ricerca; frequenti le ricerche sulla storia delle strutture economiche, sociali, politiche, culturali delle terre padane, ma la visione si allargava anche a comprendere l’Oriente greco e bizantino, il mondo islamico e quello iraniano. Dal 1971 aveva dato vita ad una rubrica di «Storia, psicologia e scienze sociali”, allora emergenti nella ricerca. Quasi nello stesso periodo cominciava il lavoro per gli «Indici generali del cinquantennio». 1917-1966.