Termini TV

Termini TV Dal 2014 a Termini per raccontare il mondo. Domenica 19.30 cena gratuita in piazza con Mama Termini. Raccontiamo e viviamo le stazioni, a partire da Termini.

Nel 2025 esce il nostro primo lungometraggio, che parte da Termini per raccontare una nuova Italia. How many times do you see somebody and wonder what story they have? We go up to them and ask. We interview people who live, work, transit by the main train station of Rome, one of the most crowded in Europe. Their stories help us reproduce the fabric of reality, made of memories, life episodes linked especially to traveling, migration and intimate experiences.

Le stazioni di ieri non sono Valle Giulia, perché non c’erano solo i figli educati della borghesia a protestare contro i...
23/09/2025

Le stazioni di ieri non sono Valle Giulia, perché non c’erano solo i figli educati della borghesia a protestare contro i figli degli operai, come nella fin troppo manipolata frase di Pasolini.
Una prova di questo sono gli automobilisti che si sono uniti alla manifestazione anche se bloccati nel traffico - e come sappiamo, di solito le reazioni sono diverse da parte degli automobilisti quando una manifestazione crea ingorghi.
Ora a protestare ci sono anche i figli dei proletari nuovi, quelli che dispregiativamente chiamate maranza e che le stazioni italiane trattano da nemici pubblici numeri uno.
Eppure, sentiamo nei media i politici stracciarsi le vesti, condannando la violenza, come se non fosse violenza quella con cui ogni giorno vengono trattate centinaia di persone in base al racial profiling.
I proletari oggi non sognano la democrazia, ma la giustizia. E quando c’è l’occasione per andare oltre, ci si tuffano, anche se questo significa cassonetti all’aria e scontri con la polizia.
C’è chi va apposta per quello alle manifestazioni, non è un mistero, la violenza di massa è un gran carnevale, una ricarica adrenalinica per la rabbia covata a lavoro, in strada, a scuola.
Aldilà delle proteste di Milano e Roma, vediamo oltre, Brescia, ad esempio, una delle città con la più lunga storia di migrazione in Italia.
Se volete criminalizzare antifa e pro pal, sarebbe forse ora di aggiornare gli stereotipi. Gli studenti di ora non sono quelli del ‘68. Ora nessuno si sognerebbe di gridare “immaginazione al potere”, e le università sono diventate marginali nella creazione di antagonismo. Perché siamo un paese troppo vecchio.
Vediamo i no tav, che da decenni coinvolgono attivamente le comunità locali, e molti sono anziani. Oggi la vera distinzione è tra status quo e impoverimento. I poliziotti che nel ‘68 al massimo si potevano permettere una 500 oggi fanno leasing per un’audi. Gli studenti rincorrono i loro crediti mentre pagano affitti di stanze per prezzi con cui 50 anni fa affittavi interi appartamenti.
Siamo divisi tra chi può consumare e chi per farlo si ritrova nel lavoro nero, senza tutele, o a rischiare la galera per una canna. Consumatori e consumati.

Mai vista piazza dei 500 con così tanta bella gioventù. “Questo è il nuovo Vietnam”, mi diceva un signore marocchino ier...
22/09/2025

Mai vista piazza dei 500 con così tanta bella gioventù. “Questo è il nuovo Vietnam”, mi diceva un signore marocchino ieri dopo la cena di Mama Termini che ogni domenica serviamo proprio in questa piazza.
Come in Vietnam, la resistenza locale mette a dura prova un esercito ricco e tecnologico. E soprattutto, come allora si creò una massa critica, così oggi si chiede a chi è parte dell’ingranaggio del sistema, di rifiutarsi di collaborare nella distruzione del popolo palestinese.
Ce lo dimostrano i portuali, e persino quei - pochi, ma significativi - soldati israeliani e americani che stanno denunciando l’assoluta disumanità di quello che stanno facendo Israele e i suoi complici.
Dire no a Israele vuol dire difendere la nostra fragile democrazia di fronte agli abusi di Trump che indeboliscono l’Europa. Alzare la voce davanti agli autoritarismi invece di genuflettersi come fanno i nostri governanti significa denunciare il neo colonialismo israeliano e la connivenza del sistema economico che sta mostrando al mondo il peggiore dei double standard: un paese in cui vige un sempre più evidente apartheid.
Non siamo tutti d’accordo in questa piazza, su Israele, ma su una cosa c’è assoluta convergenza: è inaccettabile restare in silenzio mentre un intero popolo viene decimato in una logica vendicativa, cinica e crudele che non possiamo tollerare.

Mi vergogno di un mondo governato da bulli che pensano solo al proprio interesse. Mi vergogno perché chi li vota pensa s...
16/09/2025

Mi vergogno di un mondo governato da bulli che pensano solo al proprio interesse. Mi vergogno perché chi li vota pensa solo al proprio interesse. Mi vergogno per chi si volta dall’altra parte e fa finta di non vedere.
Mi vergogno di un paese che fa festa nazionale in nome di un santo che invitava a cena i lebbrosi, e faceva della povertà il suo voto, mentre voi godete per i video di gente che fa soldi mostrando “il degrado”.
Mi vergogno di chi all’indomani della guerra in Ucraina si è emozionato, ma poi si è stufato e ha cambiato idea solo perché si è annoiato.
Mi vergogno di chi giustifica i massacri dell’Idf - e ho già interrotto varie conoscenze per questo - e di chi non dice niente per non urtare nessuno. Business as usual.
Mi vergogno di chi fa finta di fare del bene ma in verità si approfitta delle cause altrui per sembrare un po’ più attivista, che fa cool.
In questi giorni in cui mio figlio inizia una nuova avventura scolastica e vorrei solo postare la sua foto sorridente, mi perdo a guardare la mediocrità che mi circonda, che governa le relazioni umane, questo do ut des che da sempre costruisce città, e carriere.
Non mi vergogno di non essere nessuno, di non avere i like come gli influenzer che spiegano le cose ai loro follower. Non ho niente da spiegare a nessuno, né a chi mi snobba, né a chi mi apprezza. La professionalità è ormai il secondo nome della mediocrità, per questo mi vergogno anche di chi si identifica col proprio lavoro, quando dietro di esso ci sono editori ambigui e operazioni commerciali mascherate da iniziative culturali.
Spero e lavoro per degli obiettivi, scrivo e produco perché mi va di farlo, anche se non ci fosse nessuno a sentire. Sono un fiume che scorre, senza preoccuparsi dov’è il mare. In mare tutte le acque si mescolano, e pure il liquame può sembrare acqua cristallina.
La verità è che il grande depuratore è in funzione, da una parte chi mente, dall’altra chi si lamenta, senza fare niente. Così diversi, eppure parte dello stesso disperante ronzio social. Contenuti che non servono che a monetizzare, ospiti esperti col microfono in mano sempre pronti a ripetere la stessa cosa a un milione di persone diverse. Solo confirmation bias.

Il 14 settembre del 1901 veniva assassinato il presidente USA William McKinley da Leon Czolgosz. Pochi mesi prima, in It...
13/09/2025

Il 14 settembre del 1901 veniva assassinato il presidente USA William McKinley da Leon Czolgosz. Pochi mesi prima, in Italia, veniva trovato morto in prigione Gaetano Bresci, che l’anno prima aveva ucciso Umberto I, come vendetta per la strage di Milano del 1898. Sul suo suicidio in carcere come sappiamo ci sono più che dubbi, certezze.
In quel 1901, immaginiamoci l’ottimismo dei giornali di allora per celebrare il nuovo secolo, si formavano nuovi paesi e si sfaldavano i vecchi.
Crescevano nuove forze, il socialismo in primis, che su questi eventi iniziarono a dividersi. È giusto agire con violenza, uccidere qualcuno per le proprie idee politiche?
Credo che il problema sia però mal posto, perché spesso non vengono uccise persone per le proprie idee, ma, politicamente, per disarticolare le strutture di cui fanno parte.
D’altro canto non vedo perché dovremmo accettare come ineluttabili i colpi dei cecchini israeliani su bambini palestinesi, e deprecabile l’assassinio politico di un uomo.
Io non premerei mai un gr*****to, perché non ho sogni di gloria, in un mondo che celebra morti e assassinii, in un’eterna soap opera che va sotto al nome di Storia.
Come nel 1901 i figli del positivismo vennero delusi nel constatare che il progresso materiale non significava la pace tra i popoli, così nel dopo pandemia di questi anni, il facile ottimismo dell’andrà tutto bene si scontra con la realtà.
Cambiano i nomi, ma non il modo di narrare i fatti, piegati sull’emotività aumentata dall’uso dei social media.
La morte filmata ci sciocca, e sciocca la persona che crede finisca tutto in quel video. Frammenti di immagini che cristallizzano un gesto, che diviene storia. Da una parte, il potente di turno che viene ucciso, e dall’altra l’uomo qualunque che si firma col sangue.
Uccidere non fa bene alle idee, perché le idee non conoscono eccezioni, si basano su principi che come tali non possono essere compromessi, come il valore della vita.
Eppure, la storia si fa anche e soprattutto col sangue, ed è ipocrita criticare un omicidio eccellente quando non si condannano gli omicidi di massa sotto i nostri hashtag ogni giorno.
Ogni morte “eccellente” deforma la storia, ne fa emergere increspature in un’onda che prende forma, ma è solo schiuma su un mare di sangue.

24 anni fa sulle torri gemelle potevo esserci io. Ci ero salito pochi giorni prima, dopo un’estate passata in una New Yo...
11/09/2025

24 anni fa sulle torri gemelle potevo esserci io. Ci ero salito pochi giorni prima, dopo un’estate passata in una New York che non esiste più. Il mio volo era il 12 settembre e mia madre mi convinse ad anticiparlo per iscrivermi all’università. Detto questo, non possiamo celebrare le vittime di quell’attacco senza considerare le centinaia di migliaia di morti causate dalla vendetta degli USA in Iraq e in Afghanistan.
L’11 settembre diede la scusa per fare dei musulmani il nemico numero 1, nonostante la presenza di molti musulmani anche tra le vittime negli USA.
Poi ci furono gli attentati a Londra e Madrid, la ricerca di Bin Laden, la caduta di Ghaddafi, la politica ambigua dei paesi del golfo, grandi alleati degli USA eppure confusi dalla gente del caffè sport con “i paesi arabi”.
Le guerre ingiuste di allora hanno contribuito a creare quelle migrazioni di massa di cui oggi chi ha voluto quelle guerre si lamenta.
Chi compie oggi 24 anni ha sentito sempre le stesse parole: scontro di civilizzazione, guerre preventive, terrorismo islamico. Sono ormai dei mantra, ripetuti senza considerare che nelle nostre città ci sono già migliaia di persone musulmane e non per questo la nostra libertà è stata messa a repentaglio da “loro”.
Chi la mette a repentaglio è chi sputa odio, e così facendo mette a rischio pure la sua di esistenza, come abbiamo visto ieri in Utah.
La vendetta si compie solo quando a pagare è chi la compie, direbbe il Conte di Montecristo, che per avere giustizia ha dovuto compiere una vendetta, consapevole di questo.
La libertà è anche responsabilità. E se dell’11 settembre non sapremo mai le origini certe, di sicuro dal 12 in poi sappiamo che abbiamo incendiato il bosco per poi lamentarci che i lupi scappavano in città.
Non paghi, abbiamo sparato nel mucchio, invaso paesi, per poi abbandonarli in fretta e furia. Ma se dopo la guerra del Vietnam si è fatta in parte autocritica, da parte di Hollywood, su Iraq e Afghanistan si è invece deciso di perseguire Assange, uno dei pochi che ha fatto qualcosa per la giustizia.
La vendetta non è per me, non ho lo stomaco per un piatto così freddo, ma la giustizia non viene gratis, questo è sicuro.

Come il colera è arrivato dall’India come conseguenza della colonizzazione inglese, così è arrivato il covid dalla globa...
10/09/2025

Come il colera è arrivato dall’India come conseguenza della colonizzazione inglese, così è arrivato il covid dalla globalizzazione degli interessi commerciali. Due secoli fa, dopo l’arrivo del colera, la livella portò i maranzini francesi sopra le barricate, da una parte il sogno della repubblica, e dall’altro lo status quo.
Un secolo fa, dopo l’epidemia sp****la, fu il caso della marcia su Roma, non più una massa di giovanissimi francesi che sognavano la repubblica, bensì aspiranti burocrati già quasi quarantenni e scafati.
Oggi, dopo il covid, e altre guerre ma neanche troppo diverse da allora, si infiammano altre città, da una parte chi vede nel consumo l’unica tangibilità della propria esistenza, e dall’altra chi vorrebbe mettere a noleggio pure l’aria, per poter fare profitto di qualsiasi cosa.
Non è questione di partito politico, basti vedere il Nepal, bensì di predicare il bene pubblico e curare solo quello privato. Forse per questo la pagliacciata su Roma ha avuto successo più di rivoluzioni ben più sensate.
L’unica cosa che tutela la democrazia è la proprietà privata, specialmente di chi detiene una qualche forma di potere. Lo dimostrano le proteste in sud est asiatico in questi giorni, in cui il primo obiettivo è stato il Parlamento.
Qual è l’alternativa? Il benessere economico in cambio della democrazia occidentale, questa è la promessa delle autocrazie. D’altronde, che la democrazia stia passando un brutto quarto d’ora è sotto gli occhi di tutti. Trump che demolisce i paletti democratici senza colpo ferire, l’UE impantanata, Modi e Putin mano nella mano, Xi che sorride aspettando il ca****re del nemico passare sul fiume.
Democracy is not sexy anymore, questa è la verità. Laddove si lottava per una repubblica egualitaria, oggi si lotta contro la delusione per un sistema di redistribuzione che non funziona.
Il passaggio tra barricata e marcia su Roma può sembrare sottile, ma non lo è. I primi sognavano in grande, talmenge in grande che alcuni si son addormentati, i secondi invece si sono presentati come la sveglia dopo un incubo che essi stesso hanno creato.
Le idee sono epidemie, si propagano rapidamente e assumono forme diverse a seconda di chi contagiano. Il discrimine è nel volere giustizia o vendetta..

Meme che avvelenano pozzi. “Mi piace l’odore del na**lm al mattino. Una volta abbiamo bombardato una collina per 12 ore ...
09/09/2025

Meme che avvelenano pozzi. “Mi piace l’odore del na**lm al mattino. Una volta abbiamo bombardato una collina per 12 ore e finita l’azione siamo andati a vedere. Non c’era più neanche l’ombra di quegli sporchi bastardi. Ma quell’odore...sai, quell’odore di benzina. Tutto intorno profumava come...Come di vittoria”.
Avevamo le barricate repubblicane a Parigi e ora aspettiamo Lecornu premier.
Avevamo preso 4 goal da Spagna e Brasile, ora li prendiamo pure da Israele.
Il presidente tunisino prof Saied Elparaqul dice che non è un drone quello, è colpa di Greta mentre affumicava il tofu.
Il tenente colonnello Kilgore era un personaggio di finzione, ma la realtà che viviamo è piena di sedicenti Kurtz, tempi in cui i vari Putin e Trump si sentono semi dei, e vengono adorati spesso dalle stesse vittime.
E così, di autogol in autogol, continuiamo a credere sempre più a Joker che al privilegiato Batman. Peccato che, spoiler, anche Joker è un personaggio di finzione. Una finzione creata ad hoc per solleticare il nostro appetito per il disastro umano - ma solo da vedere sullo schermo.
Ci nutriamo di na**lm, anche nella nostra quotidianità, basti pensare come è presentata la stazione Termini. Poi ci sono geni che si fanno notare, tipo Mancuso sul Foglio che parla di ciocche di capelli negate, o Polidoro, una giornalista che vanta esperienze internazionali e che ora può annoverare anche una figura di m***a planetaria.
Double standards sono un requisito fondamentale per un soldato, lui è buono, l’altro è cattivo. Siamo stati irregimentati in orde digitali, influencer, intelligenze artificiali e umane al servizio della produzione di nuovo na**lm da usare per distruggere la casa del vicino, e farci un agility park per cani.
Sogni piccoli per squadre piccole, e grandi film che diventano piccoli nella testa dell’utente medio dei social. Poi sarebbe da parlare di Conrad e del suo romanzo, di cosa era la testa degli uomini dell’impero britannico, ma quella è un’altra storia.. una storia che però continua oggi. Siamo “nipoti dei fiori” e continuiamo a mettere fiori nei cannoni, che pure persistiamo nel produrre, perché you know, Made in Italy.. Se Trump fa ministero della guerra, perché l’Italia non può fare il ministero del servilismo?

I social media in Italia ormai sono tutto un necrologio, persone potenti e famose che muoiono ultra novantenni e la loro...
04/09/2025

I social media in Italia ormai sono tutto un necrologio, persone potenti e famose che muoiono ultra novantenni e la loro celebrazione occupa tutto un giornale. D’altronde i “coccodrilli”, in gergo i pezzi già preparati per vip anziani, si fanno apposta, per non perdere un secondo di tempo nella corsa al clic.
Poi ci sta chi immancabilmente posta la foto di se stesso con il vip di turno, e un aneddoto che mostra quanta dimestichezza abbia con il mondo dei famosi.
D’altronde, è un mondo che scompare, rispetto a quando si era famosi nella televisione a canale unico del primo dopoguerra. almeno non era un qualche intrattenitore televisivo, ma qualcuno che ha fatto qualcosa oltre che parlare con un microfono in mano.
Se ne vanno i vecchi, e i giornali ci riempiono di interviste, retroscena e archivi. Intanto muoiono giovani senza nome, in Palestina come nel Mar Mediterraneo, in Afghanistan come in Indonesia e niente, proprio non ce la facciamo a empatizzare con qualcuno che non conta niente.
Per ca**tà, è da sempre che i ricchi e potenti lo sono anche nella morte, perché ci sono eredità, storie che hanno a che fare con chi rimane.
Così chi ha avuto un paio di mutande di Armani potrà sentirsi chiamato in causa, potrà commentare ripetendo quello che legge sui giornali. Che è stata una persona riservata, che ha fatto conoscere l’Italia nel mondo ecc.
Nel 2016 aveva portato dipendenti dalla Svizzera all’Italia, l’anno dopo aveva licenziato 2/3 della forza lavoro. Ma continuiamo pure a dire che esiste ancora il made in Italy, anche se le sue industrie ora sono in Cina, in Vietnam, Bangladesh..
Perché i capitali che viaggiano non ci indignano quanto dei ragazzi su un gommone. Io mi chiedo, fuor di retorica e di moralismo spero, come si faccia a diventare vecchi milionari senza cercare di redistribuire a chi ha reso profittevoli queste aziende. Il punto è che i fondatori non contano più niente, e tutto è gestito da manager, consulenti, agenzie e fondi che vedono solo ed esclusivamente profitto, e mai un contesto sociale dietro il lavoro.
Noi celebriamo il funerale dei grandi nomi, ma dovremmo cercare anche di vedere come i grandi marchi lasciano solo marchette.

A morte é a curva da estrada, scriveva Fernando Pessoa, e aggiungeva, la morte è non essere visto. Al massimo contato, s...
03/09/2025

A morte é a curva da estrada, scriveva Fernando Pessoa, e aggiungeva, la morte è non essere visto. Al massimo contato, siamo abituati in questi tempi.
Lisbona non finisce mai nelle notizie, quindi appena l’ho vista in homepage mi si è stretto il cuore. Ormai 20 anni fa querida è diventata la prima grande città che ho amato.
Erano tempi in cui ancora non c’era turismo di massa, e quella piccola carrozza era forse l’unico mezzo turistico a parte un po’ il mitico tram che va a Graça.
Una città piccola, dove mangiavi con 10 euro e se non avevano voglia di cucinare ti attaccavi. Alfama nella festa di San Antonio con le vecchie e il pescado alla griglia.
Martim Moniz, che ora è centro turistico, era pericolosa all’epoca, l’unica cosa rimasta è la ginginha. Il barrio alto ancora non aveva i buttafuori per badare ai turisti ubriachi.
Che città Lisboa in quegli anni, o Sevilla, o Napoli.. tutte città che hanno in comune una marea inarrestabile di gente tutto l’anno. Nel caso del Portogallo, tanti pensionati stranieri pure, al sud, e gli expat in città.
Ovviamente l’incidente di oggi può essere solo una casualità, ma ovvio fa riflettere quanta pressione c’è sulle città turistiche e quanto poco tempo per la manutenzione.
Diamo tutto per scontato, ma il destino di queste città ci ricorda che basta poco a diventare un parco giochi per influenzer nei cui video tutto deve sembrare perfetto.
Purtroppo anche solo pochi metri di troppo possono essere fatali, e una vacanza può trasformarsi in tragedia. Condoglianze a chi li conosceva.
Ogni incidente rompe una linea retta, in cui sembra tutto perfetto, in cui una funicolare è una cosa semplice, soprattutto così breve, anche se assai ripida.
Ci sono passato avanti centinaia di volte, e per i pochi residenti del centro rimasti sarà una ferita irrimaginabile, che porterà inevitabilmente un po’ di empatia verso gli individui singoli che compongono questa marea chiamata turismo di massa.
In attesa che vengano chiarite le cause dell’incidente, cerchiamo di cogliere un richiamo alla responsabilità, al non dare per scontato che tutto funzionerà come sempre, perché non c’è linea retta che non possa interrompersi d’un tratto.

Sic transit gloria mundi, diceva il suo padrone Silvio Berlusconi. E da padrone l’ha trattato, con quella lealtà del mez...
02/09/2025

Sic transit gloria mundi, diceva il suo padrone Silvio Berlusconi. E da padrone l’ha trattato, con quella lealtà del mezzadro più realista del re.
Se ne va un uomo che ha contribuito, con la sua innegabile dimestichezza televisiva, a rendere rete4 apertamente schierata politicamente.
Dopo Fede, rete4 è diventato un modello, tanto che parecchi video in voga su internet starebbero bene su questo canale.
Emilio Fede era un cortigiano, ma non uno dei tanti, anzi. Un mancato Mazzarino, uno che avrebbe potuto fare ancora di più, non fosse stato che per qualche meteorina di troppo.
Quando si dice che le femministe esagerano, rivedetevi la tv di quegli anni, dalle veline a colpo grosso.
Anche i vip muoiono soli e abbandonati, da tempo immemore. Se ne va un Mangiafuoco che ha tramutato in asini tanti lucignoli, un professionista dell’intrattenimento che nel circo televisivo ha trovato la sua gloria, e fuori di esso la sua miseria.
Se ne va una generazione che ha fatto della donna oggetto un elemento decorativo fondamentale della tv. Un vetrinista, che apparecchia le notizie, scegliendo accuratamente un tono sarcastico qualora si parlasse di opposizione. Un maggiordomo che ti faceva sentire ad Arcore, in tempi in cui Vianello invitava a votare Berlusconi, e lo stesso faceva Iva Zanicchi - che infatti è stata eletta.
Fede era Fininvest, Mediaset, un uomo d’azienda, un Filini che ce l’ha fatta. Ma noi restiamo sempre Fantozzi, piuttosto che andare su rete 4, facciamo 4 like 😛💀 se ne va un venduto, e con lui la nostra memoria di quanto squallida è stata la tv di questi decenni. Anche senza Emilio Fede, questo te lo dobbiamo, eri un ufficio stampa travestito da tv, il gioiello comunicativo di Berlusconi. Però ne andavi fiero, e almeno su questo eri trasparente, meglio uno st***zo sincero che un amico falso.
Se ne vanno pezzi di tv e di memoria, almeno per capire come siamo arrivati qui. Anni in cui si rincoglionivano gli anziani tele dipendenti a comprare letti, padelle, viaggi da padre Pio. Tutto un enorme bus per vecchi in gita ed Emilio Fede era la guida, il capo villaggio di una grande estate chiamata Silvio.
È finita l’estate, e le meteorine di Fede sono la sua unica legacy.

I tassisti sono da sempre un buon esempio di cosa sia la classe media, e le proteste che stanno divampando in Indonesia ...
01/09/2025

I tassisti sono da sempre un buon esempio di cosa sia la classe media, e le proteste che stanno divampando in Indonesia lo dimostrano. Dai tempi delle carrozze, chi trasporta gli altri ha a che fare con tanta gente diversa, e si fa un’idea del mondo senza neanche dover viaggiare.
Ci sono paesi in cui essere tassista vuol dire sacrificare la propria schiena per l’educazione dei propri figli, come nel cd occidente. Poi ci sono quelli che investono su questo lavoro la liquidazione, come spesso in Italia.
In gran parte del mondo però con la classe media condividono solo lo spazio: sono urbanizzati. Vivono in enormi città e dipendono dai loro mezzi - moto o bici - per sopravvivere. Così viveva Affan Kurniawan, un giovane indonesiano ucciso dalla polizia durante le proteste indignate di fronte all’aumento dei rimborsi parlamentari nel paese.
Dopo la morte di Afran, il presidente indonesiano Prabowo Subianto ha cercato di metterci una pezza offrendo una nuova casa e aiuto economico alla sua famiglia. Prabowo, ex militare colpevole di numerosi delitti, e ovviamente con training negli USA, è l’erede politico dell’unico presidente indonesiano che ha avuto una qualche rilevanza per il pubblico occidentale - a causa della sua somiglianza con Obama. Siamo a questo punto di ignoranza.
Eppure è pieno di expat a Bali, e l’Indonesia è tutt’altro che un paese marginale. Ma tant’è, l’Europa è lontana e non è più un esempio per le lotte sociali - e non solo per quelle.
Le proteste indonesiane sono simili alla rivolta che ha portato al rovesciamento del regime in Bangladesh, una nuova generazione di proletari urbanizzati che non ne può più di una democrazia basata sull’arricchimento dei rappresentanti e l’impoverimento dei rappresentati. Incendiare il palazzo del Parlamento è un segnale della cagionevole salute di una democrazia senza più ideali. D’altronde, se Trump fa saltare il sistema in USA, figuriamoci cosa può fare un militare in una democrazia giovane come quella indonesiana.
La difesa d’ufficio della democrazia occidentale, lo vediamo con Israele, è sempre meno convincente, e l’unico orizzonte che si apre è un incendio oltre il tappeto rosso dei nostri miopi privilegi.

C’era una volta l’Italia in bianco e nero, un paese giovane in cui non si arrivava a 60 anni. 30 milioni di emigrati in ...
28/08/2025

C’era una volta l’Italia in bianco e nero, un paese giovane in cui non si arrivava a 60 anni. 30 milioni di emigrati in pochi decenni, una dittatura che avrebbe fatto scuola per gli autocrati di tutto il mondo.
È facile essere nazionalisti quando il tuo viaggio si chiama migrazione, e il tuo nome fa storcere il naso ai datori di lavoro nei paesi dove emigri.
Poi l’Italia è diventata ricca, con il sacrificio di intere generazioni, e al razzismo contro i “terroni” si è sostituita una pseudo ideologia basata sullo scontro di civiltà.
Quale civiltà? Quella cristiana, nata da un uomo medio orientale che ritraiamo biondo con gli occhi azzurri? O forse quella occidentale, di cui ci siam fatti portatori pur essendo molto più a oriente di Senegal o Marocco?
Ci diranno che sono i valori della democrazia, quelli per cui ogni persona ha gli stessi diritti e doveri. Appunto, ogni persona. Eh, ma gli immigrati delinquono.
Allora giù con le statistiche, che ognuno manipolerà come preferisce, per dimostrare una tesi preconfezionata, secondo cui gli immigrati sono buoni o cattivi. Economia, natalità, criminalità, ogni categoria è buona per metterci dentro persone in carne e ossa, piegandole a teorie.
Da una parte il buon selvaggio, e dall’altra “l’uomo nero”, quando invece la realtà di oggi dimostra chiaramente che le società multietniche sono ormai normalità.
Ho viaggiato molto in questi mesi, e in ogni città, dalla mia piccola Ancona alla Calabria, da Napoli a Milano, ho visto una nuova generazione di italian di origini diverse, poliglotta e affamata di essere riconosciuta come parte integrante di questo paese.
“Tu da che parte sei, Israele o Palestina?” mi ha chiesto una piccola baby gang a Firenze, in una notte in cui cercavo di sminare questo terrore per i maranza.
La nuova Italia è più povera, più precaria, vittima di una globalizzazione che ha contribuito a creare. Nelle sue piazze, il sacrificio di una generazione di cd migranti prende la forma di una bella gioventù arrabbiata che è il futuro di questo paese, maranza inclusi.
Ci sarà sempre chi ruba o violenta, e ministri che commentano sempre e solo le violenze degli stranieri, ma ci sarà, e c’è, anche tanto altro.

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La stazione Termini è il centro di Roma, l’unico luogo dove poter incontrare persone di tutti i tipi e le provenienze: dai pendolari ai migranti, da chi ha bisogno di aiuto, a chi va lì per offrirlo. A Termini è nata TerminiTV, ma da lì è partita per ogni luogo di passaggio o di transito dove.. sia reperibile il mondo, e noi con esso. I punti di transito sono i luoghi dove praticare la democrazia, non dove distruggerla, come tante istanze securitarie tendono a prescrivere.

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