
23/09/2025
Le stazioni di ieri non sono Valle Giulia, perché non c’erano solo i figli educati della borghesia a protestare contro i figli degli operai, come nella fin troppo manipolata frase di Pasolini.
Una prova di questo sono gli automobilisti che si sono uniti alla manifestazione anche se bloccati nel traffico - e come sappiamo, di solito le reazioni sono diverse da parte degli automobilisti quando una manifestazione crea ingorghi.
Ora a protestare ci sono anche i figli dei proletari nuovi, quelli che dispregiativamente chiamate maranza e che le stazioni italiane trattano da nemici pubblici numeri uno.
Eppure, sentiamo nei media i politici stracciarsi le vesti, condannando la violenza, come se non fosse violenza quella con cui ogni giorno vengono trattate centinaia di persone in base al racial profiling.
I proletari oggi non sognano la democrazia, ma la giustizia. E quando c’è l’occasione per andare oltre, ci si tuffano, anche se questo significa cassonetti all’aria e scontri con la polizia.
C’è chi va apposta per quello alle manifestazioni, non è un mistero, la violenza di massa è un gran carnevale, una ricarica adrenalinica per la rabbia covata a lavoro, in strada, a scuola.
Aldilà delle proteste di Milano e Roma, vediamo oltre, Brescia, ad esempio, una delle città con la più lunga storia di migrazione in Italia.
Se volete criminalizzare antifa e pro pal, sarebbe forse ora di aggiornare gli stereotipi. Gli studenti di ora non sono quelli del ‘68. Ora nessuno si sognerebbe di gridare “immaginazione al potere”, e le università sono diventate marginali nella creazione di antagonismo. Perché siamo un paese troppo vecchio.
Vediamo i no tav, che da decenni coinvolgono attivamente le comunità locali, e molti sono anziani. Oggi la vera distinzione è tra status quo e impoverimento. I poliziotti che nel ‘68 al massimo si potevano permettere una 500 oggi fanno leasing per un’audi. Gli studenti rincorrono i loro crediti mentre pagano affitti di stanze per prezzi con cui 50 anni fa affittavi interi appartamenti.
Siamo divisi tra chi può consumare e chi per farlo si ritrova nel lavoro nero, senza tutele, o a rischiare la galera per una canna. Consumatori e consumati.