Termini TV

Termini TV Dal 2014 a Termini per raccontare il mondo. Domenica 19.30 cena gratuita in piazza con Mama Termini. Raccontiamo e viviamo le stazioni, a partire da Termini.

Nel 2025 esce il nostro primo lungometraggio, che parte da Termini per raccontare una nuova Italia. How many times do you see somebody and wonder what story they have? We go up to them and ask. We interview people who live, work, transit by the main train station of Rome, one of the most crowded in Europe. Their stories help us reproduce the fabric of reality, made of memories, life episodes linked especially to traveling, migration and intimate experiences.

Sono venuto la prima volta a Manila 16 anni fa, il che significa che ho visto una città che molti adolescenti qui non ha...
14/08/2025

Sono venuto la prima volta a Manila 16 anni fa, il che significa che ho visto una città che molti adolescenti qui non hanno visto. Ormai viaggio per capire come cambiano i posti, come il viaggio dell’anno scorso negli USA dopo ben 22 anni.
Non ho buone notizie però, tutte le metropoli in cui ho vissuto in passato - come anche Rio de Janeiro - si sono gentrificate e polarizzate ulteriormente.
Cresce la ricchezza ma non diminuisce la povertà. L’unica cosa che diminuisce è l’età media di chi ci abita, perché ormai le megalopoli sono solo per giovanissimi che si fanno 𝐢𝐥 mazzo per cercare di crescere economicamente.
Culturalmente però non cambia granché, tutto è in mano a delle élite che, comprensibilmente, si rifugiano nelle parti pulite, sui grattacieli, nei compound privati, nei coffee shop e ristoranti che costano 10 volte tanto quanto cosa il cibo di strada.
Diciamo che almeno non c’è la moda dello Street food come in Italia, ma proprio la necessità. Per dirla con Hugo, di cui sto finendo I miserabili in questi giorni, è questione di produzione e distribuzione, se c’è la produzione (in questo caso quasi esclusivamente da speculazione immobiliare) e non c’è l’altra, non c’è vero progresso.
Le megalopoli sono un esempio lampante di tutto quello che non va nel nostro sistema economico e sociale, in cui la cultura e l’arte sono solo un divertissement per privilegiati.
“Are you a blogger?” mi chiedono dei ragazzini vedendomi in giro a guardare. “No, i posti che amo li tengo segreti”, perché non voglio contribuire all’inflazione imperante del viaggio come collezione di bandierine e bella mostra di sé. A parte Termini ovviamente 😜
Ho viaggiato in silenzio in questo mese, leggendo e scrivendo, guardando e sudando. Domenica grande festa a Termini e tante storie da raccontare 🐒

E per dei bambini ho amato tutto un popolo, parafrasando il poeta compaesano Scataglini. È da una vita che sento parlare...
09/08/2025

E per dei bambini ho amato tutto un popolo, parafrasando il poeta compaesano Scataglini. È da una vita che sento parlare di Batangas, di cui ovviamente avevo sottovalutato la dimensione, perché i nomi di città in Filippine sono intere aree che si estendono per chilometri. Batangas è il posto da cui viene la maggioranza dei filippini in Italia.
In particolare avevo sentito parlare di Mabini, dove, dopo un giorno segnato dal fastidio di essere trattato come un turista da resort, ho finalmente preso l’unica strada che porta alla magia dell’ospitalità, la strada verso il monte.
Appena ho detto Pulang Lupa, tutti mi guardavano strano, perché non c’è niente lì, per i turisti. Per me però c’era tutto, l’autenticità di un luogo non brutalizzato dal turismo coi suoi resort a bordo mare.
Quello che un giorno da turista mi ha rubato - incluso i furbi che cercano di fregarti - un’esplorazione mi ha dato con gli interessi. E quanto sono belle le persone oneste, come il ragazzo che mi ha visto al buio a camminare e mi ha dato spontaneamente un passaggio in moto, senza parlare, senza chiedere nulla. Queste sono le Filippine che amo, non quelle dei resort.
“Ti accompagniamo fino alla strada principale di sotto, perché di notte c’è un mostro lungo la strada”, mi dicono due ragazzini dell’età di mio figlio. Indico una strada nel bosco e dico “abita lì il mostro?” “No, lì abitano i poveri, ma hanno comunque una bella casa, fatta tutta di legno”.
Mio padre mi ha insegnato che quando paghi meno, quando contratti, sei più rispettato. Chi paga tanto sostanzialmente è un co****ne, uno che si mette in mostra.
Preferisco di gran lunga i mostri del monte. “Oltre qui non si può andare, c’è il monte”, hanno detto all’unisono i ragazzini che mi hanno accompagnato per tutto il villaggio, che conoscevo perché avevo letto un articolo che diceva che tanti filippini, dopo una vita italiana, si sono stabiliti qui, costruendo le case più belle.
Alla fine incontro una ragazza di Modena e sua madre. Missione compiuta, posso dire di essere stato a Mabini perché ho amato. “You’re just here exploring?” ha chiesto il ragazzo più grande. Quello che mi ha accompagnato fino alla strada e che ha rifiutato che gli comprassi qualcosa. Questo è viaggiare, non turismo.
Perché quando compri consumi, quando ami crei.

Nell’ultima grande colonia americana non c’è più posto per l’Europa. E’ vero che da decenni le Filippine orbitano attorn...
07/08/2025

Nell’ultima grande colonia americana non c’è più posto per l’Europa. E’ vero che da decenni le Filippine orbitano attorno alla cultura americana e sguazzano bellamente in tutti i valori dell’Occidente: il sogno della casa col giardino, il pick up e il fast food. Però qualcosa è cambiato negli ultimi anni, con la crescita esponenziale dell’influenza culturale coreana ed economica cinese.
Il doppio standard sulla questione Ucraina e Palestina ha dato il colpo di grazia a qualsiasi forma di riconoscibilità dell’Europa come modello da seguire. Una sorta di ombra degli Stati Uniti, da cui è indistinguibile se non per il lusso e alcuni prodotti particolari, tipo il cioccolato belga.
Vaglielo a spiegare che l’Italia del caffè non coltiva caffè - e le Filippine si’ - e il cioccolato non cresce ne’ in Belgio ne’ in Svizzera.
La nostra supposta superiorità si è trascinata a lungo, grazie alla varietà e storia dell’Europa certo, ma anche grazie ai buoni uffici del marketing occidentale (leggasi americano) che vedeva nell’Europa sua nonna. È così di riflesso anche i paesi più lontani dell’Europa vedevano in questa
la madre dei diritti, dei principi, dove puoi protestare pacificamente (si vedano le manifestazioni pro Palestina in Germania ad esempio), dove hai diritto a un buon salario (si vedano il lavoro nero o precario in Italia), dove non hai fenomeni naturali estremi (ops, non più). Ma se non puoi più contare su tutto questo, l’unica cosa che rappresenta l’Europa qui sono i vecchi pensionati che godono pensioni che le nuove generazioni possono solo sognare. È appunto il sogno di fare il turista in Europa, questo si’ un vero sogno americano: vedere 7 città in 7 giorni, abbuffarsi di spaghetti e farsi i selfie davanti alla torre di Pisa, di eiffel e al ponte di rialto, riprodotto in piccolo anche a Manila.
Siamo diventati un sogno cheap, una matrigna invece di una nonna, da salutare e ammirare come siamo riusciti a fare soldi senza fare niente per decenni.A parte comprare risorse in giro a basso costo, sfruttate manodopera a basso costo, e poi rivendere tutto con il marchio Made in EU.
Venuto meno il “primato morale” segue il resto. Il modello Europa vive ormai solo di rendita.
Domani si va a Batangas, paese da cui viene la maggioranza di filippini in Italia. Sarà la mia prima volta lì, vediamo che dicono loro..

Manila da sola ha un quarto degli abitanti dell’intera Italia, che ironicamente ha esattamente la stessa dimensione dell...
01/08/2025

Manila da sola ha un quarto degli abitanti dell’intera Italia, che ironicamente ha esattamente la stessa dimensione delle Filippine.
Ho passato 10 giorni qui, esplorandola in lungo e in largo, usando tutti i mezzi di trasporto, nonostante il tifone, il caos, e file praticamente ovunque. Ormai città come queste sono solo per giovanissimi o per ricchi in vacanza.
Il centro di Manila è diventato una specie di versione cheap dì New York, coffee shop a ogni angolo, expats con i propri barboncini, e la sera rimaniamo in pochi in strada. Chi può permetterselo, si affolla nei locali sempre più alla moda. Non c’è bisogno farne delle foto, perché non si capirebbe dove siamo. Lo stile è sempre quello: il negozio Apple, minimalismo e luci bianche, soffitti alti e prezzi pure. Tutto status symbol.
Alcune cose sono migliorate sensibilmente, grazie alla tecnologia, altre, a causa della pandemia, sono peggiorate.
Vari posti che conoscevo sono irriconoscibili, ma almeno i nomi dei quartieri sono gli stessi.
Makati ad esempio, che significa bassa marea, è il nome della parte più centrale della città, e viene da un misunderstanding, quando appena sbarcato il conquistatore spagnolo di turno chiese il nome del posto - in spagnolo - a dei locali, e questi gli risposero indicando l’acqua che recedeva.
La storia poi è nota, il dominio dei gesuiti, che a un certo punto uccisero perfino il governatore spagnolo, che cercava di imporre il governo della corona sp****la su quello che i gesuiti reputavano cosa loro.
E dopo secoli, il cristianesimo ha ancora saldamente il controllo del paese, dove non esistono divorzio o ab**to (pensateci bene la prossima volta che tifate per un Papa filippino).
E’ cambiato anche essere “bianchi” qui, dopo decenni di pedofili e l’ascesa culturale della Corea, nuovo standard di bellezza per i giovani filippini. E non solo. Ma di questo parlerò meglio nel mio libro 😜 una satira sulla bianchezza che non potevo che scrivere qui, nella terra del Santo Nino, il bambino nero venerato qui come icona sacra.
Per ora ciao ciao Manila, sei cambiata tanto da quando ci siamo amati, ti amo ancora, ma da amico 🙃 si va verso un po’ di natura ora, in quella che qui si chiama solo “province”.

È la prima domenica che passo così lontano dalla cena di stasera a Termini, ed è evidente che qualcosa è cambiato in me,...
27/07/2025

È la prima domenica che passo così lontano dalla cena di stasera a Termini, ed è evidente che qualcosa è cambiato in me, perché non riesco più a guardare con relativo distacco le enormi disparità che ci offrono le città di oggi.
La mia prima volta a Manila è stata nel 2009, e ogni volta che torno ci sono nuovi grattacieli, più turisti, più expats, più prostituzione, più povertà e più ricchi. In sostanza, la classe media nelle megalopoli non ha più spazio.
Dopo pochi giorni a Manila, complice anche il tifone e la pioggia non stop, ho trovato ispirazione solo in posti iper locali e alternativi, in cui non ero semplicemente l’ennesimo bianco da spellare.
Gli stranieri portano soldi, e il turismo gratta via l’anima delle città. Lo sappiamo bene a Roma, e qui ancora non se ne rendono conto perché c’è troppo da grattare.
E così oggi ho preso delle metro a caso (2 micro linee per 20 milioni di persone) ho attraversato il quartiere spagnolo e chinatown, ho camminato chilometri pensando al mio libro, guardando i grattacieli spuntare come funghi, sorridendo alle giovani coppiette innamorate, e con un peso addosso per la quantità infinita di gente che dorme per strada.
Domani ci sarà il discorso annuale del presidente Marcos, un nome che dimostra come questo paese, come praticamente qualsiasi paese tropicale, è in mano a un’élite di latifondisti e la politica è al guinzaglio del denaro.
Una volta si diceva che vedi New York e capisci dove stiamo andando, secondo me puoi vedere anche Manila e sarà molto chiaro. Non è una bella prospettiva, ma la tropicalizzazione del clima è anche quella della società, sempre più divisa tra ricchi e poveri, e la democrazia solo un orpello in mano a una classe media sempre più irrilevante.
E per questo la risposta, le risposte, non possono tanto ve**re dalle grandi città, ostaggio di inflazione devastante e caro affitti, ma dai centri più piccoli, peraltro in genere più conservatori. Solo la provincia può riuscire a tenere in sella una classe media che deve diventare più consapevole che il consumo.. consuma.
Vabbè tutto questo per dire che ormai viaggiare per me significa solo guardarmi dentro, che ogni città è sempre più uguale alle altre.
Grazie a chi sarà con Mama Termini stasera ❤️

Sono arrivato in Filippine col tifone che ha fatto le headline oggi per la curiosità della coppia che si sposa con l’acq...
24/07/2025

Sono arrivato in Filippine col tifone che ha fatto le headline oggi per la curiosità della coppia che si sposa con l’acqua che allaga la chiesa. D’altronde non è il primo tifone che mi faccio qui, e se gli dei vorranno, non sarà l’ultimo.
7000+ isole non sono abbastanza per essere percepite come un’identità quantomeno problematica, agli occhi di chi non sa manco dove siano, le Filippine. Tantomeno Felipe II di Spagna, che mandava qui i nobili più ambiziosi nella sua corte, per assicurarsi che non tornassero troppo presto.
Oggi ho iniziato a scrivere il libro che accompagnerà il documentario e sarà una guida facile per i razzisti e i suprematisti.
Una buona notizia, sarà divertente da leggere, o almeno lo è da scrivere, approfittando dei millemila casi di sottostima degli altri, denigrazione che si crede ironia, e in generale un senso di entitlement che accompagna i movimenti dei viaggiatori dal passaporto granata UE.
Ma torniamo alle Filippine, quanto è cambiata Manila in questi anni, la prima volta che sono venuto qui, nel 2009, mi sentivo speciale, YouTube era ancora bambino e gli influencer erano la’ da ve**re.
Anche quella volta finii in un tifone, facendo conoscenza con questi magnifici terribili esseri chiamati cockroaches, che ora, grazie alla tropicalizzazione del clima, abbiamo anche in Italia. Come presto avremo la dengue, che pure ho nel mio curriculum vitae.
In Filippine capita spesso di sentire giovani donne dire “mio marito è morto”, o bambine affermare, con un certo distacco, “mio fratello è morto, aveva 16 anni”. Caduto da un’impalcatura, sparato dalla polizia, in ogni caso scomparso senza alcun caso nei media. Si è abituati alla morte, senza tabù, e anzi il giorno dei morti è una vera festa. Come il Messico, di cui le Filippine erano una provincia - lo so non ha senso, ma chiedete a Filippo II.
In Filippine c’è una giornalista in prigione da 5 anni senza nessuna imputazione, e a parte qualche indignazione da parte di associazioni di giornalisti, non si è mai parlato di questo in Italia.
In Italia filippino significa domestico, e incredibilmente nessun filippino ci ha ancora preso a ramazzate per questo. Let’s call it resilience.
Il viaggio continua, l’ennesimo in questo paese così negletto eppure un case study di colonialismo culturale e una delle linee del colore che divide bianco e nero, latifondista e mezzadro.

Parliamo di Sinner, e di tutto quello che chiunque dice: è veramente un bravo ragazzo, fa strano vedere un italiano chia...
14/07/2025

Parliamo di Sinner, e di tutto quello che chiunque dice: è veramente un bravo ragazzo, fa strano vedere un italiano chiamato Yannik Sinner, coi capelli rossi, a rappresentare l’Italia nel mondo.
Forse, va detto, non fa così strano a Londra, a Miami e nei circuiti del mondo che conta. Chi va ai match di tennis è cittadino del mondo, e cosi lo è anche Sinner, non per niente è residente a Montecarlo.
Sinner tenace, umile, concentrato, un atleta straordinario come ce ne sono pochi. Come i Ronaldo e Michael Jordan, lo sport è tutta la loro vita, e anche un’azienda da gestire. Essere atleti oggi è anche questo.
L’hanno fatto bene anche altri in passato, rompendo anche loro lo stereotipo, tipo Alberto Tomba, uno dei pochi con tratti marcatamente mediterranei a trionfare tra i biondi nordici.
Poi ci sono altri grandi atleti italiani di origine straniera, troppi per elencarli, ma chiaramente una cosa appare evidente subito: il trattamento per gli atleti neri italiani è un po’ diverso. C’è chi ce l’ha fatta a far dimenticare il colore della pelle, tipo Carlton Myers, cresciuto in un’Emilia Romagna e in un’Italia diversa da oggi. Ma soprattutto, la pallacanestro è cosa da blacks, quindi non puoi essere amante del basket e razzista. Se lo sei, datti al golf.
Tiger Woods è un ottimo esempio. Pensate l’ansia di dover rappresentare tutti i neri, perché ogni errore che farai sarai “il tipico nero”. E’ successo con Balotelli, succede con Egonu, siamo subito pronti a storcere il naso. O con Jacobs. Se avesse lui fatto spiare Tortu, i media ne avrebbero parlato molto di più.
Jannik sta al sicuro, perché non c’è nessuno stereotipo negativo sugli alto atesini, anzi gli Italiani hanno pure un po’ il complesso di quei paesi così ricchi e civilizzati.
La pressione su di lui è solo la sua stessa, come ogni grande atleta. L’unica missione è superarsi sempre, allo specchio, mentre tutti ti guardano.
Non è responsabilità di uno sportivo, o di chiunque, rappresentare una supposta etnia o un colore della pelle. Ognuno rappresenta se stesso e ovviamente siamo tutti più contenti se vince un vicino di casa (..). Dobbiamo tenere a questo vicinato, perché si può essere italiani in vari modi.

Back to the future, mai fu titolo più azzeccato. Per decenni Trump è stato simbolo di parvenu, il riccone senza gusto ch...
09/07/2025

Back to the future, mai fu titolo più azzeccato. Per decenni Trump è stato simbolo di parvenu, il riccone senza gusto che non avrei mai potuto comandare oltre i grattacieli e i casinò. A forza di prenderlo per il c**o, l’establishment della gente perbene l’ha messo sul palco, e alla fine il pubblico si divertiva più con lui e l’ha scelto come pilota di questo aereo algoritmico in cui siamo imprigionati.
Invece che parlare della destinazione del viaggio, i piloti di oggi, leggasi i leader, fanno annunci a pagamento, e chi si azzarda ad alzare la voce viene messo al suo posto da energici steward in divisa militare.
Ovunque nel mondo è così, a partire da dove nasce il valore, ovvero lo sfruttamento. E così il cocco dell’Occidente Kagame in Rwanda - al governo da 25 anni - fa guerra al Congo, di cui nessun media si interessa perché.. ci sono poche immagini, e soprattutto molti interessi economici.
D’altronde per noi l’Africa è dall’altra parte del mondo, nonostante le poche decine di chilometri che ci dividono dagli eredi dei cartaginesi. In Tunisia, il docile vecchietto Saiedfa fa arrestare migranti e chi li difende. L’opposizione è in diaspora, o in galera.
Intanto l’Italia conta come il due di bastoni quando comanda denari, con Piantedosi cui viene negato l’ingresso dal Haftar, pupazzo di Putin che dorme direttamente in alta uniforme militare.
I leader di oggi sono vecchi, incattiviti, senza le buone maniere democratiche. I popoli invece sono divisi, tra chi è contento di potersi fare giustizia da solo, perché la giustizia non funziona, e chi vede nell’autoritarismo strisciante l’anticamera della dittatura.
Back ci siamo di sicuro, sull’orlo di guerre volute e finanziate dai nostri governi, per quanto riguarda the future, speriamo bene, ma lo vedremo nel prossimo episodio: si ambienta nel far east.

Non si sa se davvero fu Nerone a dare fuoco a Roma. Eppure la vulgata vuole questo. Anche perché senza dubbio Lucio aka ...
07/07/2025

Non si sa se davvero fu Nerone a dare fuoco a Roma. Eppure la vulgata vuole questo. Anche perché senza dubbio Lucio aka Nerone è diventato un despota paranoico, finendo per far uccidere sua madre Agrippina, fautrice del suo potere.
Nerone morì suicida a 30 anni, dopo essere salito al trono appena 16enne. Sfido io a non essere megalomane, diventando imperatore adolescente. Eppure ormai la storiografia prende con le pinze la possibilità - data per certa da molti storici antichi - che fosse stato lui stesso a ordinare l’incendio di Roma.
Gli storici dell’epoca infatti erano suoi nemici, la classe senatoriale esautorata dal dittatore populista di turno, che preferiva imbastire grandi feste e l’adorazione della massa piuttosto che i fragili equilibri della politica. Fatto sta che l’unica costante in questi secoli è la storica insalubrità del potere, un vampiro che risucchia qualunque personalità. Il potere genere mostri.
Ogni volta che Roma brucia, c’è la responsabilità di qualcuno, perlopiù mai appurata. Errori umani, mancanza di controlli, situazioni climatiche estreme, dolo per i motivi più vari.
L’incendio di Nerone fu attribuito ai cristiani - uno dei motivi per cui Nerone è così odiato, l’uccisione random di cristiani all’indomani del rogo. I capri espiatori mettono la parola fine, e strappano le pagine dopo.
Intanto di bocca in bocca si descriveva l’immagine di Nerone che cantava la distruzione di T***a, guardando le fiamme lambire la sua villa all’Esquilino.
Molti storici scrissero che lui volesse creare una nuova città col suo nome, e quindi bruciò quella vecchia. Che l’incendio fu voluto per speculazione edilizia. Forse non lo sapremo mai, ma quello che sappiamo è che qualsiasi grande evento storico viene banalizzato, appiattito, ripetuto ogni volta con iperboli maggiori, dato in pasto alla voglia di commentare senza sapere.
Siamo tutti ciechi testimoni oculari, convinti di ciò che sappiamo. Specialmente oggi, con i social, in cui con un frammento di video crediamo di poter giudicare tutto un contesto. Nelle nostre bolle social adipose traboccano immagini tutte uguali, commenti sarcastici, odio gratuito. Millenni passano, e siamo ancora polli.

Da quando c’è Trump al governo degli USA, ogni giorno è una nuova puntata del reality show in cui siamo un po’ tutti Tru...
02/07/2025

Da quando c’è Trump al governo degli USA, ogni giorno è una nuova puntata del reality show in cui siamo un po’ tutti Truman.. non il presidente della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, quella la lasciamo saldamente nelle mani di Donald e Bibi.
Annunciata una tregua - e rilanciata dai media senza nessun dettaglio. Così, tra una supercazzola e l’altra, assistiamo inermi a un proliferare di nuovi e vecchi personaggi. Gli ayatollah, e il loro regime che la settimana scorsa volevamo buttare giù, ma abbiamo cambiato idea. E intanto dall’Iran sono stati deportati in pochi giorni centinaia di migliaia di afghani. Anche lì, l’Afghanistan ci è interessato poco tempo.
Del clima si parla sempre al tg, poi ci sono i forum mondiali, gli scienziati, l’attivismo. Ne parlano addirittura le multinazionali che proprio per questo fanno il packaging green, nel senso proprio di verde.
È talmente spossato questo pianeta che ho addirittura iniziato a empatizzare con i calciatori milionari, buttati sul campo ogni giorno a ogni ora, come fossero gladiatori da spolpare per il ludibrio generale.
E il godimento è l’unica cosa che ci rimane - i ristoranti sono pieni, ci ricordava Berluskifo - e nelle immagini che guardiamo solletichiamo la nostra voglia di emozionarci a ogni costo, ma max per due ore.
Viviamo come un videogame pieno di opzioni, nemici, cataclismi incombenti, una specie di Gotham city in cui Batman ormai non rappresenta più il buono.
C’è solo un grande desiderio di azione, la frenesia di viaggiare, sperimentare gli estremi, il tutto comodamente in piedi sulla metro per tornare a casa.
Viviamo tempi in cui il rischio autoritario si fa sempre più marcato, negli USA e altrove. In cui non basta più fare un dottorato e incontrarsi in caffè e conferenze. Bisogna sporcarsi le mani, scavare trincee nelle città - e non solo. Trincee di umanità, in cui si è dalla stessa parte, si ripudia la logica del riarmo, ma non si vuole capitolare.
Le divisioni nelle opposizioni d’altronde sono marcate. Ipocriti e codardi affollano i negozi di giacche e cravatte. Si passa di festival in festival, su tappeti rossi intonsi da macchie di terra. Forse dovremmo camminare di più, fuori dalla bolla.

Ho iniziato questo account quando Adamo era piccolo, oggi compie 14 anni. È lo stesso tempo che ci separa dalla cosiddet...
01/07/2025

Ho iniziato questo account quando Adamo era piccolo, oggi compie 14 anni. È lo stesso tempo che ci separa dalla cosiddetta primavera araba. Nevicava a marzo, nel 2012, nel maceratese, Adamo aveva già un bel capoccione. Era solo l’inizio di un lungo viaggio, che dura tutt’ora.
In un mondo dove minori vengono deportati e separati dai genitori, massacrati dai droni, presi a mazzate, già avere un inizio di adolescenza sano è un risultato. Poco cellulare, se non per cercare informazioni ed ispirazioni. Zero social, se non per imparare.
vuole fare il fumettista, ha già le idee molto chiare, e il talento non gli manca. E a lui come a ogni scarafone, auguro ogni bene. Di non guardare dall’alto in basso, nonostante la statura. Di migliorare sempre, apprendendo da chiunque e in qualunque occasione.
Quest’estate poi tornerà in Filippine per la prima volta dopo 7 anni. Un viaggio di iniziazione prima della scuola superiore. I sogni che prendono forma come nuvole in un cielo pieno di vento.
Ci sarà il tempo degli errori, delle cazzate, inizia l’età in cui le regole hanno senso solo quando le ritrovi a terra, spezzate. Ricostruire, dare sostanza a ciò che si vuole, prescindere dalle proiezioni degli altri. Questo è quanto auguro a lui, e a chi deve affrontare sfide più gravi, ma che continua a essere solo un giovane in cerca d’autore.
Scrivere il proprio libro, illustrare ogni angolo libero e poi trovare piacere nel lasciare qualche pagina bianca, perché c’è sempre qualcosa da aggiungere, per sé e per altre persone.
Essere capace di lasciar andare, perché possono rubare le poesie, ma non ruberanno la voglia di far rimare parole. Di sentire il suono che fa uno strumento musicale dopo anni che studi. L’espressione di sé come unica base per la libertà personale. Chi riesce a parlare ha meno motivo di litigare. Ha, banalmente, più cose da dire. E capisce che bisogna soprattutto saper ascoltare.
Ci saranno le lotte, sfide ed esami, la competizione, l’amore. Auguri Babu ❤️ buon vento!

Il nome Iran viene da “ariani”. Teniamo conto di questo, quando vediamo la disparità della trattazione mediatica - e soc...
24/06/2025

Il nome Iran viene da “ariani”. Teniamo conto di questo, quando vediamo la disparità della trattazione mediatica - e social - delle bombe in Iran rispetto a quelle a Gaza.
Ovviamente c’è il grande fantasma di Hamas, che viene percepito come permeante di tutta la striscia di Gaza. Come fosse un culto, una tribù.
L’Iran invece è un paese gigante, uno storico nemico dell’Occidente, l’antica Persia cui si opposero i 300 di Sparta. Il sentiero di questa narrazione è già tracciato, il rispetto per il nemico viene sempre e solo dal conoscerlo.
Dei palestinesi invece sappiamo poco, come delle responsabilità delle Crociate in quei territori. E Gesù è una figura ahinoi divisiva. La Bibbia è forse il libro più manipolato di tutti. Il fatto che quelle terre siano al centro di dispute religiose non ci ha permesso di liberarci di questa reciproca paura - le incursione arabe e turche, il colonialismo europeo, l’Olocausto e la nascita di Israele sono troppa roba da poter conoscere per bene e valutare di conseguenza l’attualità.
Un fatto rimane, Trump ha sempre leccato il c**o a certi iraniani, e vorrebbe dei suoi fantocci a gestire il paese. Ma miga per niente.. basti pensare alle sue due parole preferite: terre rare. Gas, petrolio.. le orecchie di Trump sono bilance del monte dei pegni.
Usurai al governo, mattanze sponsorizzate dalla democratica UE, double standard di un popolo che si crede eletto rispetto alla civilizzazione: gli europei.
Tra eletti ci si intende.. a discapito di chi invece fa presente che non ci ha eletti mai nessuno a paladini della giustizia planetaria, se non Hollywood.
Personalmente, non faccio differenze tra vittime, e non riesco ad accettare la vendetta come azione politica. Questa è la mia razza. Non quegli islamofobi schiavi del loro sentirsi padroni.
Ma sarebbe anche poco credibile avere la posizione degli schiavi de facto. Per noi è facile non accettare la vendetta - fortunatamente.

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La stazione Termini è il centro di Roma, l’unico luogo dove poter incontrare persone di tutti i tipi e le provenienze: dai pendolari ai migranti, da chi ha bisogno di aiuto, a chi va lì per offrirlo. A Termini è nata TerminiTV, ma da lì è partita per ogni luogo di passaggio o di transito dove.. sia reperibile il mondo, e noi con esso. I punti di transito sono i luoghi dove praticare la democrazia, non dove distruggerla, come tante istanze securitarie tendono a prescrivere.

How many times do you see somebody and wonder what story they have? We go up to them and ask. We interview people who live, work, transit by the main train station of Rome, one of the most crowded in Europe. Their stories help us reproduce the fabric of reality, made of memories, life episodes linked especially to traveling, migration and intimate experiences.