21/05/2025
Il mio personale rapporto con l’ebraismo.
Quando avevo 17 anni, ebbi un incubo, che mi convinse di aver avuto a che fare con l’Olocausto. Non conoscevo ancora nulla all’infuori della mia piccola città che come tutte le città riesce solo a contenere se stessa e la sua storia. E nella storia di Ancona, solo un popolo non è mai riuscito a “integrarsi” - come diremmo oggi - gli ebrei. Qui, nella remota Ancona del ‘500, furono impiccati e bruciati ebrei cosiddetti “marrani”.
C’è una lapide che li ricorda, in quella che oggi è piazza Malatesta, dedicata all’anarchico Errico. Una coincidenza diciamo geografica, quella tra ebrei e anarchismo, che mi convinse a ricercare i pensatori ribelli di origine ebraica. Partendo dalla storia di questa remota città, di cui fuori dei suoi confini, si sa poco o nulla. Ebbene, nella più nota cronaca della storia di Ancona, si racconta che quando c’era una protesta, veniva segnato il numero dei cittadini che partecipavano + gli ebrei, a parte.
Mi convinsi che essere ebrei bastava da solo per poter marcare la propria differenza, e da adolescente che non si sentiva parte della città in cui stava crescendo, simpatizzare con gli ebrei - non c’erano ancora gli immigrati - divenne per me arricchire la mia identità. Io venivo da una città ebraica.
Ebreo per me significava individuo in rivolta, era Allen Gingsberg il mio mito, con la “benedizione” di Malatesta. Gli adolescenti, si sa, mistificano un po’, cercando di trovare risposte a problemi irrisolvibili. Il mio problema era la solitudine. Quando uscivo da solo, e mi vergognavo di esserlo, andavo sempre in un luogo, il campo degli ebrei, che allora era mezzo abbandonato, a ridosso del faro e di un dirupo che fu il mio sturm und drang.
Tra le lapidi di questo cimitero ho meditato di diventare ebreo, in modo da vedere riconosciuta la mia differenza. Ancona ha un’antica comunità ebraica, e infatti Ancona è anche un cognome ebraico diffuso in tutto il mondo. Se non potevo essere anconetano, visto che la mia famiglia non lo era, sarei stato in connessione con altre persone mai accettate in questa città.
Quel campo era un compito per me, e amarlo fu per me di conforto, perché quel pezzo di città era mio. Così iniziai a cercare pezzi di ebraismo per riempire i miei vuoti. Mi appassionai di Stefan Zweig, la cui madre nacque proprio ad Ancona. Cercavo segni, e li ripercorrevo a ritroso, fino ad andare alla casa, in Brasile, dove Zweig si suicido’, insieme alla moglie, per non riuscire ad accettare l’ingiustizia dell’Olocausto. Negli “Occhi dell’eterno fratello”, Zweig scriveva di un giudice, Virata.
Virata si dimostra un giudice equo e sereno, che medita a lungo tutte le decisioni, che non condanna mai nessuno a morte. Finché un giorno un terribile omicida, che tutti vorrebbero punito con la pena capitale, lo pone di fronte a una terribile verità: Virata è un giudice giusto, ma non conosce per niente le sofferenze cui condanna i colpevoli, non può comprendere la paura di essere rinchiuso per anni in un carcere, la disperazione di chi deve rinunciare alla luce del giorno. Virata, messo in crisi da questo spietato reo confesso, vuole provare cosa significhi essere privato della libertà, sopportare la punizione delle frustate, per poter in seguito giudicare con maggiore consapevolezza, e sceglie di prendere il posto del condannato in carcere. Al termine del mese passato in prigione, Virata comprende che non può più essere giudice, perché nessun uomo può giudicare un altro uomo, perché chi si arroga il diritto di punire si macchia a sua volta di una colpa.
Ebbene, 83 anni dopo il suicidio di Zweig e di sua moglie Lotte Altman, un altro sistematico massacro di massa avviene, oscurando il futuro di tutte le persone con una coscienza. Come Virata allora, oggi chi sostiene la guerra di Israele ai palestinesi non sa cosa sta facendo. Questa è l’unica spiegazione per un massacro - un genocidio - che non possiamo tollerare.
Persino io, che ho festeggiato Purim in sinagoga, amando la cultura ebraica come fosse la mia, non esito un attimo a denunciare che quello che Israele fa da decenni è apartheid, che la guerra che sta portando avanti è un nuovo Olocausto, e mi vergogno per chi mente, per chi giustifica la vendetta, per chi denigra un popolo che lotta per la propria libertà.
E questo popolo, abbandonato da leader arabi corrotti, è il popolo palestinese.
Non sono gli ebrei i nemici, ma i corrotti e gli indifferenti, di ogni origine e religione. Non sono solo i palestinesi le vittime, ma la verità e la giustizia. Con i palestinesi muore la maiuscola di Occidente, ridotto a mera comparsa di interessi economici transnazionali.
E rimane una certezza: il colore della propria religione vale come un passaporto.