
24/07/2025
Non mi sfiora nemmeno. E sai perché?
Perché conosco la differenza tra critica e livore.
Perché ho studiato abbastanza da sapere riconoscere un disagio psicologico molto grave travestito da opinione (sgangherata e sgrammaticata)…
Perché so leggere il rancore mascherato da “libertà di parola” per ciò che è davvero: frustrazione, invidia, machismo malcelato e mediocrità urlata per paura di restare invisibili.
Leggo certi commenti sotto un video e mi domando: davvero è tutto qui?
Davvero basta una donna competente, centrata, che non fa inchini e non si scusa per sapere — per farvi esplodere così tanto da tirar fuori fango, insulti, paragoni surreali con soggetti a cui non affiderei nemmeno il compito di portare fuori casa la spazzatura e teorie degne di una sagra del risentimento?
Ma andiamo per ordine.
A molti non piace la complessità. Fa paura.
Meglio le formule pronte, le frasi fatte, i sorrisetti da talk show.
Meglio i personaggi accomodanti, gli esperti improvvisati, quelli che stanno simpatici a tutti perché non dicono niente di davvero significativo con le solite 4 idee in croce e molto confuse.
Io, invece, non sono qui per piacere.
E non ho bisogno che mi venga riconosciuto nulla da chi usa i social come una latrina emotiva. Il tanfo della mediocrità si sente da lontano.
Ma è anche vero che non si può pretendere profondità da chi galleggia a malapena sotto il livello dell’invidia.
E poi c’è un altro punto: il livore delle donne.
Quello sì che fa riflettere.
Quelle che hanno interiorizzato così tanto la vergogna di affermarsi, da odiare chi invece lo fa senza chiedere scusa.
Perché se sei donna, devi essere umile. Modesta. Mansueta.
Guai a dire che sei preparata. Che hai studiato. Che non ti vendi per un like.
Guai a essere “centrata” in un mondo che si regge sul disequilibrio (di chiara matrice psichiatrica).
Mi accusano di cambiare idea.
Come se aggiornare un’opinione alla luce di nuovi elementi fosse un crimine.
Ma sapete, il pensiero rigido, l’incapacità di accogliere informazioni nuove, ha un nome preciso in psicologia: distorsione cognitiva.
La stessa che ti fa restare incollato a convinzioni sbagliate solo per non dover ammettere che potresti aver detto una sciocchezza.
Meglio negare. O peggio: insultare.
Infine, una chicca: “I soldi che si fa…”
Ah, ecco. È sempre lì che volete arrivare.
Perché chi ha successo, secondo voi, lo ha vendendo qualcosa.
La competenza? Non esiste.
La fatica? Mai sentita.
Il merito? Una favola per adulti.
Il problema, in fondo, è sempre lo stesso.
Non sono io a disturbare.
È quello che rappresento.
Una donna che si è guadagnata tutto con il merito, che dice quello che pensa, che non si inginocchia né si scusa per avere una voce chiara.
Una donna che non è qui per compiacervi.
Che se la interrompi, ti interrompe.
Che non ha paura di sembrare “antipatica” perché ha deciso di essere autorevole, non accomodante.
Ecco, tutto questo — che dovrebbe essere normale — diventa per qualcuno un affronto.
Ma vi svelo un segreto:
l’odio online dice molto di più su chi lo sbrodola che su chi lo riceve.
Io non rispondo con la rabbia.
Rispondo con i fatti.
Con la mia carriera, con la mia preparazione, con la mia coerenza.
Con la mia voce che — mi dispiace per voi — continuerà a farsi sentire.
E per essere chiari fino in fondo:
io ho ben altro da fare.
Altri traguardi da raggiungere, altri progetti da costruire, altre battaglie importanti da combattere.
Il vostro odio non mi rallenta e non mi interessa.
Anzi, mi ricorda ogni volta perché vale la pena essere esattamente ciò che sono.
E poi diciamolo chiaramente:
non piacere a certi soggetti è, per me, una rassicurazione sulla mia piena salute mentale.
Se certi ambienti, certi individui, certi “commentatori seriali” mi apprezzassero, comincerei seriamente a farmi delle domande su di me.
Fortunatamente non succede. E va benissimo così.
Chi ha problemi irrisolti, continui pure a riversarli in rete e ad annegare in un’esistenza senza speranza ne’ salvezza.
Io ho ben altro da fare.