Roberta Bruzzone Psicologa e Criminologa

Roberta Bruzzone Psicologa e Criminologa Criminologa Investigativa, Psicologa Forense, Esperta di Analisi della Scena del Crimine
(5277)

La violenza non ha genere. Punto.In tanti mi hanno segnalato l’intervista rilasciata da Belén Rodríguez a Belve chiedend...
31/10/2025

La violenza non ha genere. Punto.

In tanti mi hanno segnalato l’intervista rilasciata da Belén Rodríguez a Belve chiedendo un mio parere…
E devo dire che alcuni passaggi risultano davvero sconcertanti.
Non tanto per l’effetto mediatico, ma per il messaggio che rischiano di veicolare:
che, in certe circostanze, la violenza possa essere “comprensibile” o “giustificata”.

No.
Non lo è mai.

La violenza resta violenza, a prescindere da chi la agisce.

L’umiliazione, l’aggressione fisica o psicologica, il controllo, la sopraffazione… non cambiano natura solo perché a esercitarli è una donna.

È ora di dirlo chiaramente:
anche la violenza al femminile è intollerabile.
E merita la stessa ferma condanna.
Sminuirla o normalizzarla significa fare un danno enorme non solo agli uomini che la subiscono, ma anche alle donne che da anni combattono per essere riconosciute come persone, non come vittime o carnefici “per natura”.

La violenza non ha genere.
Ha sempre una sola radice ossia il bisogno patologico di dominare.

La violenza non ha sesso.
Ha solo un volto: quello del potere malato.
E va riconosciuta. Sempre. Ovunque. Da chiunque.

Comunicato stampa - caso Paganelli Gli Avvocati Riario Fabbri e Andrea Guidi , difensori di Louis Dassilva, hanno da poc...
31/10/2025

Comunicato stampa - caso Paganelli

Gli Avvocati Riario Fabbri e Andrea Guidi , difensori di Louis Dassilva, hanno da poco verificato che la Cassazione ha accolto il ricorso presentato ed ha rinviato avanti al Riesame di Bologna la vicenda per ulteriore analisi sulla richiesta di scarcerazione presentata. La difesa accoglie con soddisfazione la decisione, ha sempre fermamente creduto sia nella innocenza di Dassilva sia sulla fondatezza delle argomentazioni difensive. Deve oltremodo rilevare la difesa che in prossimità dell'inizio del processo abbiamo assistito a diverse "esternazioni" finalizzate a dare una rappresentazione fuorviante della vicenda. Il processo che è appena iniziato permetterà di fare chiarezza sulle tante inesattezze dette, sia dal punto di vista giuridico che dal punto di vista logico, da vari personaggi che si permettono di sostituirsi ai Giudici. Non intendiamo rispondere alle plurime provocazioni ed accuse di questi giorni se non con fatti concreti. Attendiamo di conoscere le motivazioni dell'annullamento per poi argomentare, in modo compiuto, sui motivi dell'annullamento e su quanto emerso in relazione al dichiarato di Manuela Bianchi. Di sicuro interesse sarà anche la perizia fonica in corso, la difesa confida in maniera importante su questa prova scientifica in itinere.

Risultato straordinario 🥂🥂🥂🥂 Grazie a tutti!!!
31/10/2025

Risultato straordinario 🥂🥂🥂🥂 Grazie a tutti!!!

30/10/2025

Come funzionano le dinamiche del controllo in una relazione con un manipolatore affettivo?
L’ho spiegato a Ore 14, parlando del caso di Jessica.

Poi aggiornamenti sul caso di Pierina Paganelli, su cui torneremo anche stasera a Ore 14 Sera.

SMASCHERATELI. SUBITO.Non sono “sfoghi”. Non sono “battute”.Sono minacce. Sono istigazioni alla violenza. Sono la manife...
30/10/2025

SMASCHERATELI. SUBITO.

Non sono “sfoghi”. Non sono “battute”.
Sono minacce. Sono istigazioni alla violenza. Sono la manifestazione plastica di un’aggressività malata che pretende di farsi norma.

E chi le diffonde va smascherato, prima ancora che denunciato.
Perché la società ha il diritto di sapere con chi ha a che fare.

Queste non sono opinioni, sono armi verbali.
Chi augura mutilazioni o morte non è un “provocatore”: è un soggetto pericoloso, che sfrutta l’anonimato e il branco digitale per sentirsi impunito.

Ma la verità è chiara: dietro queste derive ci sono le solite campagne d’odio organizzate dai soliti noti, sempre gli stessi, che da tempo hanno un unico obiettivo — aizzare soggetti squilibrati e potenzialmente pericolosi contro di me, alimentando un clima di violenza e diffamazione sistematica con la speranza che qualcuno di questi reietti arrivi a farmi del male davvero…

Questo screenshot è solo un esempio dei moltissimi che sto raccogliendo e che produrrò nelle sedi competenti, in sede civile e penale.
Il messaggio è limpido: questa gente non solo va denunciata, ma va smascherata.

Pubblicamente. Così che tutti vedano qual è l’effetto concreto di certe campagne d’odio, orchestrate da soggetti con gravissime problematiche personali, che utilizzano i social come armi di distruzione reputazionale perché non tollerano il successo altrui e non riescono a rassegnarsi alla mediocrità che li caratterizza profondamente.

Chi scrive “bisogna metterle un palo in bocca e farglielo arrivare fino alla gola” sta minacciando in maniera gravissima.
E chi condivide, tace o minimizza, diventa complice di quella violenza.

Per questo la mia risposta sarà sempre la stessa:
• smascherare pubblicamente i contenuti e i loro autori, mostrando con precisione e trasparenza la realtà di ciò che scrivono;
• denunciare formalmente ogni singolo episodio, allegando prove, screenshot e riferimenti diretti;
• pretendere l’intervento immediato delle piattaforme e delle autorità competenti.

Perché chi incita all’odio non merita visibilità né impunità.
Merita di essere esposto alla luce dei fatti, davanti all’opinione pubblica e alla legge.

Basta con la retorica del “politicamente corretto” o della “satira”.
Qui si tratta di violenza vera, preordinata, codarda e seriale.
E finché continueranno a credermi un bersaglio, mi troveranno sempre di fronte, pronta a smascherarli uno per uno.

NON È AMORE. È DIPENDENZA NEUROBIOLOGICA.Negli ultimi giorni altre giovani donne sono state uccise barbaramente dai loro...
30/10/2025

NON È AMORE. È DIPENDENZA NEUROBIOLOGICA.

Negli ultimi giorni altre giovani donne sono state uccise barbaramente dai loro compagni.
E ancora una volta sentiamo dire: “Perché non se ne vanno?”

La risposta è dentro il cervello. Non nel cuore.

Quando una donna entra in una relazione tossica, soprattutto con un manipolatore o un soggetto narcisista patologico, il suo sistema nervoso viene progressivamente condizionato.
Il ciclo “idealizzazione – svalutazione – riaggancio” attiva le stesse aree cerebrali coinvolte nella dipendenza da sostanze, in particolare nella dipendenza da eroina o cocaina.

Ecco gli ingredienti della chimica dell’inganno:

Dopamina: ogni messaggio affettuoso, ogni “ti amo” dopo giorni di gelo o umiliazioni, produce una scarica di dopamina. È il premio intermittente che rinforza la ricerca spasmodica di quell’approvazione.

Ossitocina: l’ormone del legame, che normalmente serve a costruire fiducia e intimità, viene “dirottato” e usato dal manipolatore per cementare un attaccamento disfunzionale.

Cortisolo e adrenalina: lo stress cronico tiene il corpo in costante allerta, creando una condizione di iper-vigilanza e sottomissione.

Riduzione funzioni della corteccia prefrontale: con il tempo, la capacità di analisi, di giudizio e di decisione si riduce. La donna non è più libera di scegliere: è prigioniera del proprio sistema neurobiologico, riscritto dal trauma.

Questo si chiama legame traumatico.

E finché continueremo a leggerlo come “debolezza”, “dipendenza affettiva” o “mancanza di autostima”, continueremo a perdere vite.

Perché chi è intrappolata in questa dinamica non può semplicemente “andarsene”, ha bisogno di un intervento mirato, che tenga conto dei processi neurobiologici e psicologici sottesi alla relazione violenta.

Capire questo significa costruire strumenti di prevenzione reali, efficaci, capaci di spezzare la catena della violenza prima che arrivi all’epilogo finale.

Solo così potremo davvero proteggere le donne e impedire che i loro figli imparino — e ripetano — lo stesso copione.

Il 7 novembre a Trieste per il True Crime Festival
30/10/2025

Il 7 novembre a Trieste per il True Crime Festival

30/10/2025

Nella storia di Jessica Strappazzollo, abbiamo ancora una volta un braccialetto elettronico gestito male. Ecco cosa servirebbe per monitorare realmente i soggetti pericolosi e tutelare le vittime. Ascoltate.

29/10/2025

A Ore 14 un ampio approfondimento sul caso di Jessica Strappazzollo, uccisa dal compagno.
Ho avuto l’occasione di spiegare perché Jessica, come molte donne, restava con quest’uomo nonostante le violenze subite.
Condividiamo questo video perché è facile incolpare la vittima quando non si conosce il funzionamento della manipolazione affettiva e i suoi effetti sul nostro corpo.

FACCIAMO CHIAREZZA, UNA VOLTA PER TUTTE.Mi è appena giunta notizia che un gruppo di individui avrebbe inviato segnalazio...
29/10/2025

FACCIAMO CHIAREZZA, UNA VOLTA PER TUTTE.

Mi è appena giunta notizia che un gruppo di individui avrebbe inviato segnalazioni al mio Ordine professionale sostenendo che io abbia formulato una diagnosi psichiatrica su Alberto Stasi.
Bene: non è vero.
Non l’ho mai fatto, né mai l’ho dichiarato.

Io ho espresso un’analisi comportamentale e personologica su basi documentali, giudiziarie e forensi, come è mio pieno diritto e dovere professionale quando commento un caso di pubblico dominio.
E se davvero dovesse arrivarmi un esposto, non avrò alcuna difficoltà a produrre — una per una — tutte le sentenze già passate in giudicato, che parlano da sole:
✅ le due condanne in primo e secondo grado per detenzione di materiale pedopornografico,
✅ la sentenza della Cassazione, che non nega la presenza di quel materiale, ma si limita a discutere la fruizione attiva,
✅ la consulenza informatica disposta dai periti Vitelli, che documenta in modo inequivocabile quantità e tipologia di materiale sessualmente abnorme,
✅ e infine le relazioni ufficiali dei periti del Tribunale di Sorveglianza, che descrivono chiaramente un interesse ossessivo per contenuti pornografici raccapriccianti e violenti.

Tutta documentazione pubblica, giudiziaria, agli atti.
Niente opinioni. Solo fatti.

Chi oggi cerca di screditarmi con accuse infondate e diffamatorie, dovrà presto assumersi ogni responsabilità delle proprie parole e delle proprie azioni.

La disinformazione non è libertà di parola.
È fango. E come sempre, verrà lavato via dai fatti.

Ovviamente, visto che gli esposti infondati possono essere perseguiti in sede giudiziaria, con gli autori di tali segnalazioni avremo modo di riparlarne davanti a un giudice.

Il prezzo della sottovalutazioneJessica Stapazzolo Custodio de Lima aveva 33 anni. È morta nel modo più atroce, colpita ...
29/10/2025

Il prezzo della sottovalutazione

Jessica Stapazzolo Custodio de Lima aveva 33 anni. È morta nel modo più atroce, colpita da decine di coltellate, in casa sua, da quell’uomo che aveva già mostrato chi era.

Un uomo che la legge definiva “pericoloso”.

Un uomo con un divieto di avvicinamento, con un braccialetto elettronico, con precedenti per violenze.
Eppure libero di uccidere.

Sembra impossibile, ma è successo di nuovo.
E ogni volta che accade, ci ritroviamo di fronte allo stesso copione: una donna che aveva denunciato, che aveva paura, che forse aveva provato a proteggersi, ma che non è stata protetta.
Un sistema che troppo spesso promette tutela e invece consegna la vittima al suo carnefice.
Una serie di misure che sulla carta funzionano, ma nella realtà diventano carta straccia.

Jessica aveva già segnalato la violenza, poi aveva ritirato la denuncia.
Una scelta che troppi giudicano con leggerezza, come se fosse una forma di debolezza.
In realtà, è il sintomo di una dinamica ben nota a chi lavora nel campo della violenza di genere: la spirale della paura, della colpa, della speranza malata, della dipendenza psicofisica.

Lei ci aveva creduto, forse. Che lui potesse cambiare, che bastasse un po’ di tempo, che la rabbia passasse.

Ma chi, come me, conosce il profilo psicologico di certi soggetti sa bene che la violenza non si estingue: escalation dopo escalation, cresce, si alimenta di possesso, di rancore, di ferite narcisistiche.

E alla fine esplode. Sempre.

E allora ci chiediamo: com’è possibile che un uomo già denunciato, già condannato, già controllato con un braccialetto elettronico, sia riuscito a liberarsene e ad andare a colpire la donna che avrebbe dovuto stare lontano da lui?
Dov’era il controllo? Dov’era la rete di sicurezza?

Perché, ancora una volta, è la vittima a pagare per le inefficienze del sistema?

Il braccialetto elettronico non è un talismano.
È un segnale, un allarme. Ma se nessuno lo ascolta, se nessuno interviene quando viene manomesso o disattivato, non serve a nulla.

Così come non serve a nulla una misura cautelare senza monitoraggio reale, senza personale preparato, senza risposte tempestive.
Jessica non aveva bisogno di un foglio firmato, aveva bisogno di essere davvero protetta.

Questo femminicidio è l’ennesima dimostrazione che le falle del contrasto alla violenza di genere sono profonde, sistemiche, strutturali.

Non si tratta solo di un errore.
È un fallimento collettivo di chi non ha vigilato, di chi ha sottovalutato, di chi continua a credere che basti una denuncia o un braccialetto per fermare la furia di un uomo incapace di accettare la fine di un legame perché lo trasforma in una umiliazione da lavare via con il sangue.

Chi conosce la mente dei maltrattanti lo sa che questi uomini non sopportano il rifiuto, non tollerano l’autonomia della donna.

Vivono la separazione come un affronto, un’umiliazione da lavare con la violenza.
E quando iniziano a perdere il controllo, quando la donna cerca di liberarsi, allora scatta la fase più pericolosa.
È in quel momento che bisognerebbe intervenire con forza, con presenza, con strumenti reali.
Non dopo. Mai dopo.

Invece Jessica, come troppe altre prima di lei, è rimasta sola dentro quella spirale di violenza.
Sola con le sue paure, con la sua speranza, con un sistema che l’ha lasciata scoperta.
E oggi la sua storia diventa un monito amaro, un grido che dovrebbe scuotere le coscienze.
Perché la verità è questa: la violenza di genere non è un’emergenza passeggera, è una pandemia culturale e istituzionale.
E finché continueremo a trattarla come un problema “privato”, continueremo a contare le vittime. Una dopo l’altra.

Jessica non è un nome tra gli altri. È l’ennesimo volto cancellato da una sottovalutazione che grida vendetta.
E chi oggi ha il coraggio di guardare davvero questa storia negli occhi, non può più parlare di “tragica fatalità”.
Non è fatalità.
È prevedibilità ignorata.
È incapacità di leggere i segnali.
È l’ennesima conferma che la pericolosità di certi profili non può essere gestita con superficialità o burocrazia.

Serve un cambio di paradigma. Subito.
Perché ogni volta che il sistema fallisce, una donna muore due volte: la prima quando perde la fiducia, la seconda quando perde la vita.

Indirizzo

Rome

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Roberta Bruzzone Psicologa e Criminologa pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta L'azienda

Invia un messaggio a Roberta Bruzzone Psicologa e Criminologa:

Condividi