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18/10/2025

Stamattina salgo sull’ennesimo treno, trovo un posto libero e mi siedo.
Poco dopo arriva il controllore per vedere i biglietti. Il ragazzo, sui sedili alla mia sinistra, non ce l’ha. Dice di esser salito all’ultimo, sta andando a lavorare, non è riuscito a farlo. Non ha contanti ma solo un bancomat. Prova a pagare con quello ma non funziona. Il controllore è comprensivo ma deve fargli la multa. 50 euro, che il ragazzo può pagare entro una settimana. È affranto ma non ha alternative e mentre il controllore inizia a stilare la multa penso che l’importo corrisponde ad almeno un giorno di lavoro del ragazzo (bene che vada).
Chiedo: “Scusi, quanto costa il biglietto”. 15 euro. Andata e ritorno. “Ok lo pago io”.
Il ragazzo mi guarda e dice “Grazie”. Rispondo “Prego”.
“Praticate gentilezza a casaccio” diceva qualcuno.
Non me ne frega un caxxo di venirvi a raccontare del mio gesto. Il punto è un altro: a me 15 euro non cambiano la vita, non cambiano niente. E non perché 15 euro per me siano pochi, hanno un valore che conosco bene e che per me non cambierà mai. In questo momento però servono molto di più a quel ragazzo che a me. E non mi interessa che lavoro fa, la sua vita, la sua storia. Non devo per forza conoscerlo per aiutarlo. Ho sentito che era giusto e così ho fatto.
Magari allo stesso modo lui domani aiuterà uno sconosciuto e uno sconosciuto domani spero aiuterà me se ne avrò bisogno. Perché alla fine, la vita è po’ come un viaggio in treno. Andata e ritorno.

Matteo Gracis

17/10/2025
17/10/2025

Il 7 ottobre 1943, tra le recinzioni elettriche, il fumo acre e le urla taciute di Auschwitz, accadde qualcosa che ancora oggi sembra impossibile da raccontare senza tremare. In un luogo pensato per spegnere ogni barlume di dignità, Ottla Kafka — sorella minore del celebre Franz Kafka — compì un gesto che ruppe, per un attimo, il silenzio disumano della paura con un eco di coraggio e amore.

Ottla non era destinata a morire quel giorno. Dal campo di Terezín era stata selezionata per un altro trasferimento, forse un altro campo, forse un lavoro forzato. Ma mentre camminava lungo il perimetro, vide qualcosa che fermò il tempo: un gruppo di bambini, terrorizzati, veniva preparato per la deportazione. Bambini piccoli, alcuni scalzi, altri abbracciati l’un l’altro, lo sguardo smarrito, le mani che cercavano qualcuno da stringere.

Ottla non esitò. Si avvicinò e chiese, con la forza silenziosa che solo l’amore conosce, di essere aggiunta a quel trasporto. Non era obbligata. Nessuno la costringeva. Ma lei scelse. Scelse di accompagnarli, sapendo benissimo cosa significava quel viaggio. Lo sapevano tutti. Auschwitz non lasciava dubbi: chi saliva su quei carri non tornava indietro.

Forse pensava di poterli rassicurare. Forse voleva che, almeno per un attimo, quei bambini non si sentissero soli, non sentissero solo paura. Forse voleva trasformare l’orrore in un abbraccio, anche solo per un momento. E così salì con loro. Camminò con loro. Fino alla fine.

Quando il vagone si fermò, non ci furono parole. Solo ordini secchi. Solo il freddo metallo della morte. Ottla e i bambini furono mandati subito alle camere a gas. Nessun processo. Nessuna spiegazione. Solo una porta che si chiudeva. Per sempre.

Ma ciò che commuove, ciò che resta, è quella scelta. In mezzo a un meccanismo progettato per cancellare l’anima, Ottla osò essere umana. Scelse l’amore nel cuore dell’odio. E lo fece non con grandi discorsi, ma con un passo semplice, silenzioso, assoluto. Un passo verso i più indifesi. Un passo verso il dolore altrui.

La sua presenza, in quel vagone, non cambiò il destino di quei bambini. Ma cambiò il significato di quel momento. Lo riempì di un’ultima luce. Di un’ultima carezza. Di una presenza vera.

Ottla Kafka non fu una martire celebrata né un’eroina dei libri di storia. Ma con quel gesto divenne un faro sommerso. Un sussurro potente. Una testimonianza che anche nella più totale oscurità, un solo gesto di umanità può brillare come mille soli.

In un mondo che aveva dimenticato cosa fosse la pietà, lei la incarnò fino alla fine.

17/10/2025
17/10/2025
16/10/2025
16/10/2025
16/10/2025

Quel giorno poteva salvarsi.
Aveva amici, protezioni, perfino un lasciapassare.
Ma quando vide i suoi bambini in fila, con le mani strette e gli occhi spaventati, capì che non sarebbe mai salito su un treno diverso dal loro.

Si chiamava Janusz Korczak, ed era medico, scrittore, pedagogo.
Aveva dedicato la vita ai bambini orfani di Varsavia, costruendo per loro una casa dove non esistevano punizioni, ma rispetto e ascolto.
Li educava alla libertà, alla gentilezza, al coraggio di pensare.
Diceva:

“Non ci sono bambini cattivi. Ci sono solo bambini tristi.”

Quando scoppiò la guerra, il suo orfanotrofio fu rinchiuso dentro il ghetto di Varsavia.
La fame, le malattie e la paura divoravano tutto, ma Korczak continuava a insegnare come se fuori non ci fosse l’inferno.
Inventava giochi, raccontava fiabe, scriveva un giornale con loro.
Ogni sera li metteva a letto e li copriva uno per uno, sussurrando:

“Siete il bene che il mondo ha dimenticato.”

Il 5 agosto 1942 arrivarono i soldati tedeschi.
Avevano ordini di deportare tutti i bambini all’Umschlagplatz, punto di raccolta verso i campi di sterminio.
Korczak fu invitato più volte a restare, a salvarsi.
Rifiutò sempre.
Indossò il suo cappotto migliore, prese per mano i più piccoli e li guidò in silenzio attraverso le strade del ghetto.
Camminava a testa alta, come un maestro che accompagna i suoi alunni in gita.
Ma quella gita finiva nei vagoni piombati diretti a Treblinka.

Nessuno tornò.

Dopo la guerra, alcuni testimoni dissero che fino all’ultimo Korczak cercò di calmare i bambini, raccontando una storia.
Una storia dove non c’erano soldati né fucili, ma solo un lungo viaggio verso un posto pieno di luce.

Janusz Korczak morì con loro, per scelta.
E quella scelta — silenziosa, immensa, senza eroismi — resta una delle più grandi lezioni di umanità mai scritte.

Perché un vero maestro non abbandona mai i suoi alunni.
Nemmeno quando la campanella suona per l’ultima volta.

Piccole Storie

-𝑅𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜 𝑖𝑠𝑝𝑖𝑟𝑎𝑡𝑜 𝑎 𝑒𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑠𝑡𝑜𝑟𝑖𝑐𝑖 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑎𝑐𝑐𝑎𝑑𝑢𝑡𝑖, 𝑐𝑜𝑛 𝑎𝑙𝑐𝑢𝑛𝑖 𝑒𝑙𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑛𝑎𝑟𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑑𝑎 𝑓𝑜𝑛𝑡𝑖 𝑏𝑖𝑜𝑔𝑟𝑎𝑓𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑒 𝑡𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑎𝑛𝑧𝑒 𝑜𝑟𝑎𝑙𝑖.

16/10/2025

𝗚𝗟𝗜 𝗔𝗟𝗕𝗘𝗥𝗜 𝗗𝗘𝗟 𝗟𝗜𝗧𝗢𝗥𝗔𝗟𝗘 𝗥𝗢𝗠𝗔𝗡𝗢 𝗙𝗜𝗡𝗔𝗡𝗭𝗜𝗔𝗧𝗜 𝗗𝗔𝗟 𝗣𝗡𝗥𝗥 𝗦𝗢𝗡𝗢 𝗦𝗘𝗖𝗖𝗛𝗜. 𝗜 𝗙𝗔𝗟𝗟𝗜𝗠𝗘𝗡𝗧𝗜 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗥𝗜𝗙𝗢𝗥𝗘𝗦𝗧𝗔𝗭𝗜𝗢𝗡𝗘 𝗨𝗥𝗕𝗔𝗡𝗔 𝗜𝗡 𝗜𝗧𝗔𝗟𝗜𝗔

𝗦𝘂𝗹 𝗹𝗶𝘁𝗼𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗿𝗼𝗺𝗮𝗻𝗼 𝗱𝗼𝘃𝗲𝘃𝗮 𝗻𝗮𝘀𝗰𝗲𝗿𝗲 𝘂𝗻 #𝗯𝗼𝘀𝗰𝗼 . Al suo posto, c’è il 𝗰𝗶𝗺𝗶𝘁𝗲𝗿𝗼 che si vede in foto. Gli , piccolissimi, sono 𝘀𝘁𝗲𝗰𝗰𝗵𝗶𝘁𝗶. Quelle che dovevano essere le loro reti di protezione cilindriche somigliano ora a lapidi.

Questo e vari altri episodi difficilmente contestabili accaduti in altre città, come gli alberi messi a dimora abbattendo boschi, indicano il 𝘀𝗼𝘀𝘁𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗳𝗮𝗹𝗹𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 #𝗿𝗶𝗳𝗼𝗿𝗲𝘀𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘂𝗿𝗯𝗮𝗻𝗮 𝗶𝗻𝘀𝗲𝗿𝗶𝘁𝗮 𝗻𝗲𝗹 𝗣𝗡𝗥𝗥 per la quale l’ ha ricevuto dall’UE centinaia di milioni e conta di riceverne ancora.

Con un’ #𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗿𝗼𝗴𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 abbiamo sottoposto i fatti alla Commissione europea. Quest’ultima ha certificato la buona riuscita in Italia della riforestazione urbana legata al PNRR fino al dicembre 2024. L’ho invitata a controllare e a 𝗰𝗵𝗶𝗲𝗱𝗲𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘀𝗶𝘁𝘂𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲, per il passato e per il futuro.

L’interrogazione, già inviata al protocollo, sarà pubblicata sul sito del Parlamento europeo presumibilmente nel giro di un paio di settimane.

Nella versione 2021, la riforestazione urbana del PNRR (target -20) prevedeva la messa a dimora di 𝟲,𝟲 𝗺𝗶𝗹𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗮𝗹𝗯𝗲𝗿𝗶 in varie aree metropolitane entro il 2024, per un valore di 𝟯𝟯𝟬 𝗺𝗶𝗹𝗶𝗼𝗻𝗶 di euro.

Nei vivai non c’erano alberi a sufficienza. Si è rimediato 𝗿𝗶𝗱𝘂𝗰𝗲𝗻𝗱𝗼 a 4,5 i milioni di alberi da piantare entro il 2024; 𝗲𝗾𝘂𝗶𝗽𝗮𝗿𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗹𝗮 𝘀𝗲𝗺𝗶𝗻𝗮 𝗱𝗶 𝗮𝗹𝗯𝗲𝗿𝗶 𝗻𝗲𝗶 𝘃𝗶𝘃𝗮𝗶 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗼𝗿𝗼 𝗺𝗲𝘀𝘀𝗮 𝗮 𝗱𝗶𝗺𝗼𝗿𝗮; introducendo il target -20bis, che prevede il 𝘁𝗿𝗮𝗽𝗶𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝟯,𝟱 𝗺𝗶𝗹𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗮𝗹𝗯𝗲𝗿𝗶 𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼 𝗶𝗹 𝗴𝗶𝘂𝗴𝗻𝗼 𝟮𝟬𝟮𝟲. E nel frattempo…

Nel frattempo, prima che il Governo abolisse il cosiddetto controllo concomitante della Corte dei conti sul PNRR, la stessa ha tracciato ha tracciato 𝘂𝗻 𝗾𝘂𝗮𝗱𝗿𝗼 𝗳𝗼𝘀𝗰𝗼 𝗱𝗲𝗴𝗹𝗶 𝗲𝘀𝗶𝘁𝗶 della riforestazione urbana.

“Solo alcune Città metropolitane sono andate oltre la fase di progettazione”, ha messo per iscritto la Corte. Ma è ancora il meno.

A #𝗚𝗲𝗻𝗼𝘃𝗮, “Le aree che da progetto dovrebbero essere oggetto di riforestazione 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗽𝗿𝗲𝘃𝗮𝗹𝗲𝗻𝘁𝗲𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗴𝗶𝗮̀ 𝗯𝗼𝘀𝗰𝗮𝘁𝗲 o si stanno evolvendo naturalmente verso il bosco”; inoltre è previsto l’utilizzo “di due specie arboree con areale fitoclimatico non compatibile”. Praticamente, due specie inadatte al clima locale. A #𝗥𝗲𝗴𝗴𝗶𝗼 #𝗖𝗮𝗹𝗮𝗯𝗿𝗶𝗮, “L’area versa in stato di 𝗮𝗯𝗯𝗮𝗻𝗱𝗼𝗻𝗼 con 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝗯𝗲𝗿𝗶 𝘀𝗼𝗳𝗳𝗼𝗰𝗮𝘁𝗶 𝗱𝗮 𝗽𝗶𝗮𝗻𝘁𝗲 𝗶𝗻𝗳𝗲𝘀𝘁𝗮𝗻𝘁𝗶”.

Inoltre, la trasmissione TV d’inchiesta ha documentato che 𝗮 #𝗠𝗲𝘀𝘀𝗶𝗻𝗮, 𝗽𝗲𝗿 𝗳𝗮𝗿 𝗽𝗼𝘀𝘁𝗼 𝗮𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝗯𝗲𝗿𝗶 𝗣𝗡𝗥𝗥, 𝗲̀ 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗮 𝗮𝗯𝗯𝗮𝘁𝘁𝘂𝘁𝗮 𝗹𝗮 𝗺𝗮𝗰𝗰𝗵𝗶𝗮 𝗺𝗲𝗱𝗶𝘁𝗲𝗿𝗿𝗮𝗻𝗲𝗮. Distrutto con soldi pubblici un bosco naturale e maturo; spesi altri soldi pubblici per piantare alberelli che, nella migliore delle ipotesi, impiegheranno molti decenni per crescere e svolgere analoghi servizi ecosistemici.

Pochi giorni fa è arrivata la notizia che 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘀𝗲𝗰𝗰𝗮𝘁𝗶 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝗯𝗲𝗿𝗶 𝗣𝗡𝗥𝗥 𝗺𝗲𝘀𝘀𝗶 𝗮 𝗱𝗶𝗺𝗼𝗿𝗮 𝗶𝗻 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮𝘃𝗲𝗿𝗮 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗶𝗻𝗲𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗔𝗰𝗾𝘂𝗲 𝗥𝗼𝘀𝘀𝗲 𝗱𝗶 #𝗢𝘀𝘁𝗶𝗮, sul litorale romano. Erano oltre 56 mila, contando anche gli arbusti. Un intervento da 𝟮,𝟯 𝗺𝗶𝗹𝗶𝗼𝗻𝗶 di euro.

In base ad una verifica condotta su un campione di mille esemplari, solo il 20% è ancora vivo. Le altre piante? “Secche, ingiallite e abbandonate”. Sono morte.

Secondo segnalazioni dei cittadini, il terreno nel quale dovrebbero affondare le radici è letteralmente farcito di .

Le immagini lasciano intuire che gli alberi messi a dimora e poi seccati erano veramente filiformi. Quando hanno queste dimensioni, 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗮𝗻𝗼 𝗽𝗼𝗰𝗵𝗶𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼. In Italia, e a Roma in particolare, 𝗮𝘁𝘁𝗲𝗰𝗰𝗵𝗶𝘀𝗰𝗼𝗻𝗼 𝘀𝗼𝗹𝗼 𝘀𝗲 𝗿𝗲𝗴𝗼𝗹𝗮𝗿𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗶𝗻𝗻𝗮𝗳𝗳𝗶𝗮𝘁𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗼 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼.

Se anche l’appalto prevede la sostituzione degli alberi seccati, ripiantarli fino all’esaurimento di questo obbligo può costare meno che innaffiarli.

Qualcuno è andato a vedere 𝗰𝗵𝗲 𝗳𝗶𝗻𝗲 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶 𝗮𝗹𝗯𝗲𝗿𝗶 𝗣𝗡𝗥𝗥 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗶𝗳𝗼𝗿𝗲𝘀𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘂𝗿𝗯𝗮𝗻𝗮? Non risulta. Se non si effettuano le verifiche, una Commissione europea che dice “Tutto va bene”, e che consegna all’Italia i fondi , agisce in spregio alla e ai cittadini.

Fonti
Il bosco PNRR seccato del litorale romano https://www.iltempo.it/roma-capitale/2025/09/21/news/pineta-acque-rosse-alberi-caldo-piantati-gia-secchi-strage-wwf-44195779/
Il documento con il quale la Commissione europea ha certificato il buon esito del PNRR italiano fino al 31 dicembre 2024 (gli alberi sono alle pagg. 144 e seguenti)https://commission.europa.eu/document/download/fa5262e2-06ba-4b24-b024-072ad032dffd_en?filename=C_2025_4506_1_EN_annexe_acte_autonome_nlw_part1_v3.pdf
Riforestazione urbana e alberi PNRR fino all’estate 2023 https://www.georgofili.info/contenuti/semi-vs-alberi-una-querelle-dai-contorni-nebulosi/28451
Riprogrammazione degli interventi PNRR, alberi compresi (aggiornato all’aprile 2024) https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/DFP28Rb.pdf?_1713274711296
Abolizione del controllo concomitante della Corte dei conti sul PNRR https://pagellapolitica.it/articoli/fitto-controllo-corte-conti-pnrr
Il quadro delle riforestazioni urbane tracciato dalla Corte dei conti prima dell’abolizione del controllo concomitante https://www.corteconti.it/Download?id=063b635c-4f44-4715-b94f-96947b0a8397
L’inchiesta Report con gli alberi PNRR di Messina https://www.rai.it/programmi/report/inchieste/Il-seme-della-discordia-d6202b6f-f0ef-472f-a047-68d383b4ddcb.html
I rifiuti sotto gli alberi già secchi piantati sul litorale romano https://www.facebook.com/watch/?v=1293941365706341
Foto Marco Doria su Facebook https://www.facebook.com/photo/?fbid=10229155688505763&set=pb.1501401112.-2207520000 (particolare ingrandito)

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