03/08/2025
Alla povera mia fragilità di Marina Cvetaeva ̀
Alla povera mia fragilità
tu guardi senza dire una parola.
Tu sei di marmo, ma io canto,
tu – statua, ma io – volo.
So bene che una dolce primavera
agli occhi dell’Eterno – è un niente.
Ma sono un uc***lo, non te la prendere
se è leggera la legge che mi governa.
In un mondo di presunte certezze e di ostentate perfezioni, la poetessa russa, ci mostra con disinvoltura tutte le sue imperfezioni e incertezze. Già perché la vita è un susseguirsi di avvenimenti che non possiamo pensare di controllare. Le illusioni che ci piombano addosso, vanno vissute, come esperienze che ci forgiano e ci spingono a vivere ancora più intensamente la nostra esistenza, con la sua complessità ma anche con la linfa vitale che sgorga da ciò che viviamo emotivamente.
Marina Ivanovna Cvetaeva, Mosca, 8 ottobre 1892 – Elabuga, 31 agosto 1941) è stata una poetessa e scrittrice russa. Nata a Mosca, figlia di Ivan Vladimirovič Cvetaev, professore di Belle Arti all'Università di Mosca, e Marija Aleksandrovna Mejn, eccellente pianista che fu tra le migliori allieve di Nikolaj Rubinštejn. Marina Cvetaeva scrisse le prime composizioni all'età di 6 anni esprimendosi, oltre che in russo, anche in francese e tedesco. Diventò una delle voci più originali della poesia russa del XX secolo e l'esponente di maggior spicco del locale movimento simbolista. Il suo lavoro non fu ben visto dal regime staliniano, anche per via di opere scritte negli anni venti che glorificavano la lotta anticomunista dell'armata bianca. Seguendo gli orientamenti della comunità russa emigrata, si trasferì a Parigi nel novembre 1925. Tornò a Mosca insieme al figlio Georgij, detto Mur, nel 1939, con la speranza di ricongiungersi al marito, di cui si erano p***e le tracce e che in realtà non era fuggito in Spagna, ma era stato arrestato e fucilato e la figlia Ariadna Ėfron, tornata a Mosca nel 1937 subito mandata in un campo di lavoro. In uno stato di estrema povertà e di isolamento dalla comunità letteraria, il 31 agosto 1941 s'impiccò nell'ingresso dell'isba che aveva affittato da due pensionati nel villaggio di Elabuga, sulle rive del fiume K**a. La riabilitazione della sua opera letteraria e la pubblicazione di molte sue opere avvennero solo a partire dagli anni sessanta, vent'anni dopo la sua morte. Leggere le sue poesie significa emozionarsi ad ogni verso: provare per credere! Foto:Web