
20/09/2025
𝗚𝗮𝘇𝗮: 𝗱𝗮 “𝗚𝗲𝘁 ’𝗘𝗺 𝗢𝘂𝘁 𝗯𝘆 𝗙𝗿𝗶𝗱𝗮𝘆” 𝗮 “𝗪𝗶𝗽𝗲 ’𝗘𝗺 𝗢𝘂𝘁 𝗼𝗻 𝗠𝗼𝗻𝗱𝗮𝘆”
𝗥𝗼𝗰𝗸 𝗣𝗿𝗼𝗴, 𝗶𝗽𝗼𝗰𝗿𝗶𝘀𝗶𝗲 𝗲 𝗹𝗮 𝗚𝗮𝘇𝗮 𝗥𝗶𝘃𝗶𝗲𝗿𝗮 𝗱𝗲𝗶 𝗽𝗼𝘁𝗲𝗻𝘁𝗶
✍️ Articolo di Alberto Marolda
⏳ Tempo di lettura: 6 minuti (7 se ti perdi tra Gaza, Kyiv e Foxtrot)
👉𝗦𝗼𝘀𝘁𝗶𝗲𝗻𝗶 𝗹𝗮 𝗣𝗮𝗴𝗶𝗻𝗮, 𝗺𝗲𝘁𝘁𝗶 𝗶𝗹 𝘁𝘂𝗼 𝗙𝗼𝗹𝗹𝗼𝘄, 𝗚𝗿𝗮𝘇𝗶𝗲!
𝗚𝗮𝘇𝗮 𝗲 𝗞𝗶𝗲𝘃 𝗺𝘂𝗼𝗶𝗼𝗻𝗼, 𝗶𝗹 𝗠𝗼𝗻𝗱𝗼 𝘃𝗮 𝗮𝘃𝗮𝗻𝘁𝗶, 𝗲𝗱 𝗶𝗻 𝗴𝗲𝗻𝗲𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗳𝗮 𝗳𝗶𝗻𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝗻𝘂𝗹𝗹𝗮: 𝗳𝗮𝘁𝗲𝘃𝗶 𝗹'𝘂𝗹𝘁𝗶𝗺𝗼 𝗳𝗶𝗻𝗲 𝘀𝗲𝘁𝘁𝗶𝗺𝗮𝗻𝗮 𝗱𝗶 𝗘𝘀𝘁𝗮𝘁𝗲, 𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗼𝗶 𝘃𝗶𝗲𝗻𝗲 𝗳𝗿𝗲𝗱𝗱𝗼 𝗲 𝘀𝗶 𝘃𝗮 𝗮 𝘀𝗰𝗶𝗮𝗿𝗲.
Un esempio? Su Facebook, i 𝗚𝗲𝗻𝗲𝘀𝗶𝘀 una storica band Rock, promuovono i loro vecchi dischi rimasterizzati e patinati come nulla fosse, una dichiarazione, un impegno, una donazione dei profitti? 𝗡𝗶𝗲𝗻𝘁𝗲, 𝗲𝗽𝗽𝘂𝗿𝗲...
Nel 1972 i Genesis cantavano 𝗚𝗲𝘁 ’𝗘𝗺 𝗢𝘂𝘁 𝗯𝘆 𝗙𝗿𝗶𝗱𝗮𝘆: sgomberi territoriali travestiti da “interesse umanitario”, promesse di un posto “migliore”, affitti che aumentano, una dirigenza che gioca a dadi con la vita degli inquilini. 𝗦𝗮𝘁𝗶𝗿𝗮 𝗳𝗲𝗿𝗼𝗰𝗲, 𝗱𝗶𝘀𝘁𝗼𝗽𝗶𝗮 𝗹𝘂𝗰𝗶𝗱𝗮: 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 𝗰𝗮𝗰𝗰𝗶𝗮𝗿𝗹𝗶 𝗳𝘂𝗼𝗿𝗶, 𝗽𝗼𝗶 𝗿𝗶𝗱𝗶𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗮 𝗺𝗶𝘀𝘂𝗿𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗳𝗶𝘁𝘁𝗼—fino all’idea grottesca di “accorciare” gli umani per stiparne di più nelle case.
Oggi, a Gaza, il copione che molti vedono è ancora più spietato: prima l’ordine di andarsene, poi le bombe.
𝗡𝗼𝗻 𝗲̀ 𝗽𝗶𝘂̀ 𝘀𝗼𝗹𝗼 𝗲𝘃𝗶𝗰𝘁𝗶𝗼𝗻—𝗲̀ 𝗰𝗮𝗻𝗰𝗲𝗹𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗲.
E su questo sfondo, c’è chi sogna la Gaza Riviera (𝗧𝗿𝘂𝗺𝗽, 𝗡𝗲𝘁𝗮𝗻𝘆𝗮𝗵𝘂, 𝗞𝗮𝘁𝘇, 𝗚𝗮𝗹𝗹𝗮𝗻𝘁, 𝗦𝗺𝗼𝘁𝗿𝗶𝗰𝗵, 𝗕𝗹𝗮𝗶𝗿): ricostruzione scintillante, brochure patinate, “nuovi inizi” dopo che hai svuotato tutto. Prima togli le persone, poi metti i progetti. È la più vecchia favola tossica del potere: l’umanità come costola del business.
𝗟𝗮 𝗱𝗶𝘀𝘁𝗼𝗽𝗶𝗮 𝗲𝗿𝗮 𝘂𝗻 𝗮𝘃𝘃𝗲𝗿𝘁𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼, 𝗻𝗼𝗻 𝘂𝗻 𝘁𝘂𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮𝗹.
I Genesis di Foxtrot usavano la distopia per smascherare i poteri. Oggi quelle parole suonano come istruzioni d’uso del mondo reale:
“In the interest of humanity, we’ve found a better place for you…” (𝗻𝗲𝗹𝗹’𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗲𝘀𝘀𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝘂𝗺𝗮𝗻𝗶𝘁𝗮̀, 𝗮𝗯𝗯𝗶𝗮𝗺𝗼 𝘁𝗿𝗼𝘃𝗮𝘁𝗼 𝘂𝗻 𝗽𝗼𝘀𝘁𝗼 𝗺𝗶𝗴𝗹𝗶𝗼𝗿𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝘃𝗼𝗶 ).
“𝗚𝗲𝘁 ’𝗲𝗺 𝗼𝘂𝘁 𝗯𝘆 𝗙𝗿𝗶𝗱𝗮𝘆!” (𝗳𝘂𝗼𝗿𝗶 𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼 𝘃𝗲𝗻𝗲𝗿𝗱𝗶̀... 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝘂𝗻𝗲𝗱𝗶̀ 𝘀𝗶 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗮).
Quanta retorica contemporanea abbiamo sentito con lo stesso ritmo? “Per la vostra sicurezza spostatevi”, “Evacuate ora, domani sarà peggio, domani vi ammazziamo”, “Zona sicura più a sud”. E poi? Macerie. Acqua che non c’è. Mappe di evacuazione come giochi da tavolo in cui i tasselli sono persone.
𝗗𝗮𝗹𝗹𝗮 “𝗰𝗮𝗰𝗰𝗶𝗮𝘁𝗮” 𝗮𝗹𝗹’“𝗮𝗻𝗻𝗶𝗲𝗻𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼”
Il brano dei 𝗚𝗲𝗻𝗲𝘀𝗶𝘀 riduceva l’umanità a parametro contabile (“stare più stretti per rendere di più”): una caricatura, sì, ma rivelatrice. Oggi, molti vedono un passo ulteriore: non solo spostare i corpi, ma spezzare comunità, memorie, tracce. Distruggere le strade è distruggere i ritorni. È l’urbanistica dell’assenza: se non puoi abitarla, la città non esiste più. E se non esiste più, si può ridisegnare—e vendere—in nome della pace, dello sviluppo, della “riviera”.
𝗟𝗮 “𝗚𝗮𝘇𝗮 𝗥𝗶𝘃𝗶𝗲𝗿𝗮” 𝗲 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗿𝗰𝗵𝗶𝘁𝗲𝘁𝘁𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝗱𝗼𝗽𝗼𝗴𝘂𝗲𝗿𝗿𝗮 𝗱𝗮 𝘀𝗮𝗹𝗼𝘁𝘁𝗼
La cartolina torna ciclicamente: Trump e la retorica America First, Blair e le consulenze che profumano di governance, Katz e Netanyahu con il decisionismo duro.
Tavoli, roadshow, rendering: la Riviera come dispositivo narrativo—prima sgomberi, poi rilanci.
Domanda semplice: ricostruire cosa e per chi? Se svuoti il presente, chi abiterà quel futuro?
È “sviluppo” o esproprio narrativo?
𝗘 𝘃𝗼𝗶, 𝗰𝗮𝗿𝗶 𝗚𝗲𝗻𝗲𝘀𝗶𝘀—𝗱𝗮 𝗿𝗶𝗯𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗮 𝗿𝗮𝗴𝗶𝗼𝗻𝗶𝗲𝗿𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝗰𝗮𝘁𝗮𝗹𝗼𝗴𝗼?
Qui arriva la ferita che brucia. Dalla vostra ricca e agiata vecchiaia, che fate?
Riedizioni, cofanetti, remaster, evergreen—ottimo per la cassa, sterile per la storia. Non vi si chiede l’impossibile, ma coerenza. Il prog nacque per sporcare le mani nella realtà, per parlare, denunciare, non per lucidare vetrine.
Basta melodie mielose e appiccicose di amori perduti, alla Phil Collins. Servono suoni pesanti, completi, necessari. Servono Sinfonie grevi.
𝗩𝗼𝗹𝗲𝘁𝗲 𝘂𝗻’𝗶𝗱𝗲𝗮? 𝗖𝗼𝗻𝗰𝗲𝗿𝘁𝗼 𝗴𝗿𝗮𝘁𝘂𝗶𝘁𝗼 𝗮𝗹 𝘃𝗮𝗹𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗶 𝗥𝗮𝗳𝗮𝗵, 𝗶𝗻 𝗘𝗴𝗶𝘁𝘁𝗼.
Non per glamour, ma per testimonianza. Portate gli strumenti dove serve suonare, non dove conviene vendere.
“𝗖𝗮𝗻 𝘆𝗼𝘂 𝘁𝗲𝗹𝗹 𝗺𝗲 𝘄𝗵𝗲𝗿𝗲 𝗺𝘆 𝗰𝗼𝘂𝗻𝘁𝗿𝘆 𝗹𝗶𝗲𝘀?”—cantavate in Selling England by the Pound.
Oggi, a Kyiv, la domanda brucia uguale davanti alle Terre Rare di Trump. A Gaza, poi, la risposta è feroce: “All’asta. All’ingrosso.”
Portate Rael a Gaza e poi a Kyiv. Fatelo chiedere a lui, con la vostra lingua: dov’è la mia patria, se l’avete messa in vendita?
“𝗡𝗼𝘁 𝗺𝗼𝗿𝗲 𝘀𝗶𝗹𝗲𝗻𝗰𝗲 𝗼𝗿 𝗼𝗹𝗱 𝘀𝘁𝗶𝗰𝗸𝘆 𝗺𝗲𝗹𝗼𝗱𝗶𝗲𝘀”
Non c’è bisogno di nostalgia. C’è bisogno di coraggio. Un suono sfrontato, defiant, capace di rompere il protocollo, di stare tra le tende, i valichi, i check-point. Se il Rock Prog è vivo, lo si vede sul fronte del reale.
Se siete stati ex-ribelli, ora non siate pensionati muti. Il mondo non ha bisogno di altri cofanetti: ha bisogno della vostra voce.
𝗟’𝗶𝗽𝗼𝗰𝗿𝗶𝘀𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗽𝗶𝗮𝘁𝘁𝗮𝗳𝗼𝗿𝗺𝗲: 𝗰𝘂𝗹𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 “𝘀𝗲-𝗻𝗼𝗻-𝘃𝗲𝗱𝗼-𝗻𝗼𝗻 𝗰'𝗲̀”
E intanto, nella cornice digitale che narcotizza il Popolo, Facebook, Instagram, i Social tutti, ed i Media di Informazione, giocano a fare le "guardie moraliste". Soft P**n a fiumi per raccogliere engagement e sviare l'attenzione, mentre invece colpiscono i professionisti: censura, shadow ban, richieste di “correzioni” ridicole (persino bikini incollati male come cerotti su ferite), foto, informazioni, satira e commenti, cancellati, o canzoni spezzate nei punti giusti, prima del pezzo "pericoloso". Il problema non è la foto “spinta”, l'informazione "libera" o la canzone "politica", no. Il problema è l’ipocrisia: tutto per la metrica, niente per il senso. 𝗟𝗮 𝗳𝗼𝘁𝗼𝗴𝗿𝗮𝗳𝗶𝗮 𝗲 𝗹'𝗜𝗻𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘃𝗲𝗿𝗮—𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗿𝗮𝗰𝗰𝗼𝗻𝘁𝗮, 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗰𝗮𝘃𝗮, 𝗰𝗵𝗲 𝗿𝗶𝘀𝗰𝗵𝗶𝗮—𝘃𝗶𝗲𝗻𝗲 𝘀𝗽𝗶𝗻𝘁𝗮 𝗮𝗶 𝗺𝗮𝗿𝗴𝗶𝗻𝗶, 𝗹𝗶𝗰𝗲𝗻𝘇𝗶𝗮𝘁𝗮, 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗿𝗲𝘁𝘁𝗮 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗳𝗮𝗿𝘀𝗮 𝗼 𝘁𝗿𝘂𝗰𝗶𝗱𝗮𝘁𝗮, 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗹𝗲 𝗰𝗲𝗻𝘁𝗶𝗻𝗮𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗮𝗹𝗶𝘀𝘁𝗶 𝗲 𝗳𝗼𝘁𝗼𝗴𝗿𝗮𝗳𝗶 𝗮 𝗚𝗮𝘇𝗮. E la musica ribelle? Solo una vecchia canzone di Finardi magari, e comunque spezzettata al punto giusto.
Dovremmo protestare tutti: queste piattaforme che distraggono il Popolo e servono il Potere, esistono grazie alle nostre immagini, ai nostri media, alle nostre informazioni che regaliamo.
𝗖𝗵𝗶𝘂𝘀𝘂𝗿𝗮 (𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗰𝗮𝗿𝗲𝘇𝘇𝗲)
I 𝗚𝗲𝗻𝗲𝘀𝗶𝘀, e tutta la grande arte, ci hanno insegnato le mappe dell’immaginazione, della Libertà.
Bene, ora servono mappe del 𝗰𝗼𝗿𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼.
𝗚𝗲𝘁 ’𝗘𝗺 𝗢𝘂𝘁 𝗯𝘆 𝗙𝗿𝗶𝗱𝗮𝘆 𝗼𝗴𝗴𝗶 𝘀𝘂𝗼𝗻𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝘃𝗲𝗿𝗯𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗶 𝘀𝗴𝗼𝗺𝗯𝗲𝗿𝗼 𝗽𝗹𝗮𝗻𝗲𝘁𝗮𝗿𝗶𝗼.
Il minimo sindacale, per chi ha cambiato la musica, è ritrovare la voce: Rafah, Kyiv, ovunque la realtà chieda suono e non silenzio.
𝗪𝗮𝗸𝗲 𝘂𝗽, 𝗚𝗨𝗬𝗦!!!
Non vi chiediamo il passato. Vi chiediamo presenza, da soli non ci riusciamo, è evidente.
Non vi chiediamo l’ennesimo remaster. Vi chiediamo rumore giusto, qui e ora.
✍️ Articolo di Alberto Marolda
👉𝗦𝗼𝘀𝘁𝗶𝗲𝗻𝗶 𝗹𝗮 𝗣𝗮𝗴𝗶𝗻𝗮, 𝗺𝗲𝘁𝘁𝗶 𝗶𝗹 𝘁𝘂𝗼 𝗙𝗼𝗹𝗹𝗼𝘄, 𝗚𝗿𝗮𝘇𝗶𝗲!
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