Stampa Romana

Stampa Romana Sindacato delle giornaliste e dei giornalisti di Roma e del Lazio. Fondato nel 1877, è la più antica organizzazione sindacale della categoria in Europa. Stop.

La nascita dell'Associazione Stampa Romana

Da quasi sette anni la città del Papa Re è capitale d’Italia. A Roma arriva gente da ogni dove, non solo per alimentare la macchina dello Stato, ma anche perché qui ormai è possibile far fortuna. Al Governo c’è Agostino De Pretis e la politica, da sempre, è una calamita che attira passioni e interessi. Ci sono pochi caffè e molte bettole per la “fojetta”

, ma nei caffè – dal “Veneziano” a “Ronzi e Singer”, dal “Greco” al “Parlamento” alla terza saletta di “Aragno” – è facile incontrare promettenti scrittori in compagnia di speculatori, artisti, truffatori, attori, ruffiani, giovani politici. I fogli stampati sono molte decine e rappresentano le tante anime presenti sulla scena politica. Dal 1870 in soli sette anni i giornali sono nati e morti con grande velocità, a ripetizione, come mai era accaduto nella Capitale. Con i piemontesi arrivano anche i “gazzettieri”, anzi arrivano prima delle truppe sabaude. I primi fra loro a scavalcare il muro, dopo aver sfondato Porta Pia, sono i cronisti a seguito delle truppe. Tra loro c’è anche Raffaele Sonzogno, milanese, discendente degli inventori della “Biblioteca universale” e dell’“Enciclopedia Popolare”, che si intrufola in città portandosi dietro una moderna tipografia portatile per stampare la sua gazzetta, la “Capitale”. E come un virus dilaga la voglia di fare il giornalista. Giornalisti. Con quei vizi e virtù che continueranno a farne mestiere “borghese”, appassionato, interessato, assai pettegolo. Comunque attivissimo. In poco tempo Roma comincia a essere diversa. Gli strilloni la colorano. Si stampa tutto quello che c’è da stampare: biglietti da visita, testi filosofici, romanzi d’amore e vite di santi. Il primo giornale, “Il Trionfo” esce a Roma all’alba del 21 settembre 1870. A ruota lo seguono in molti. E il mestiere borghese per eccellenza la coinvolge e l’appassiona. Ma anche allora per fare il giornalista ci voleva qualcuno che stampasse, vendesse e ci guadagnasse. Alcuni giornali resistono un solo numero. Nascono anche le prime edicole, il settore è in grande espansione e tiene insieme intellettuali, malandrini, scrittori, politici, poeti. C’è di tutto nelle redazioni romane. C’è soprattutto molta politica condita con una scrittura allegra, ironica. L’imparzialità non è ancora una virtù condivisa e professionale e lo scandalismo è d’obbligo. L’informazione, legandosi via via con il disincantato spirito romanesco, contribuisce a mandare in soffitta molte aristocratiche convinzioni. Era il maggio 1877, dicevamo. Il “Fanfulla” è uno dei giornali più prestigiosi della Capitale. È moderato, legato all’idea del primato della classe politica piemontese, e quella sinistra arrivata al governo un anno prima proprio non gli piace. E lo scrive. La lotta politica è dura, colma di contraddizioni. Contraddizioni e trasformismo. Il malcontento domina, ma è un sentimento che stenta a diventare “politica”. A Roma poi, tutto questo è esasperato: è capitale confusa e il vento che si respira si ritrova bene nelle pagine del “Fanfulla”. Il giornale ha un impianto moderno, con molte rubriche firmate da nomi fantasiosi, intriganti. Si occupa di tutto: di cosa accade in Parlamento, nelle aule giudiziarie, nel mondo, nei teatri. “Fanfulla” segue e scrive. E cura anche il grande processo che si celebra nel convento dei Filippini che riguarda l’omicidio di quel Sonzogno entrato in città la mattina del 20 settembre infilandosi nel “buco” di Porta Pia. A ucciderlo è Pio Frezza, un falegname incaricato da Giuseppe Luciani, che è il socio di Raffaele Sonzogno direttore della “Capitale”. Sono giornalisti noti nei “caffè” della città e frequentano tutto ciò che di losco c’è da frequentare. E arriva lo scandalo: Luciani ha portato via la moglie all’amico Sonzogno, la moglie frequentava i bordelli ed è incinta. I giornali non si risparmiano e il pettegolezzo si gonfia di giorno in giorno. Al processo vengono chiamati a deporre nomi di primo piano: da Ciro Menotti a Garibaldi, da Felice Cavallotti a Costanzo Chauvet. E’ il trionfo del gossip: per i quotidiani una manna, che fa felice editori e direttori. Anche quelli del “Fanfulla” scrivono, ma senza esagerare, per loro la politica interna è sempre il primo titolo. In Parlamento arriva la proposta di legge sugli abusi del clero, avanzata dal Guardasigilli Pasquale Stanislao Mancini. Un’idea che al “Fanfulla” proprio non piace e nel mirino del giornale ci sono soprattutto i radicali. Il genero del ministro è il deputato Augusto Pierantoni, ed è uno di questi. Bocciata la legge, il “Fanfulla, chiede le dimissioni del ministro della Giustizia. Il “resocontista” del “Fanfulla” a Montecitorio nel maggio 1877 è Fedele Albanese, nato a Galatina (Lecce). L’articolo esce la domenica del 13 maggio e Albanese scrive: “L’onorevole Pierantoni, avvocato, folleggia di settore in settore in cerca di colleghi curiosi. Ma nessuno lo interroga d’onde venga. Vi dirò io che viene dalla Puglia estrema dove ha fatto il difensore del processo Chiaratti… in questa circostanza ha fatto sapere che il Conte di Cavour lo invitava alle sue feste. Feste che però dovevano essere tutte a beneficio del Pierantoni perché il Conte di Cavour di feste per i suoi amici non ne dava mai. Con questi argomenti, invece, deve aver commosso l’animo dei magistrati”. Il sarcasmo del pezzo manda su tutte le furie l’onorevole e così inizia la controversia. Tanto che i giornali riportano, qualche giorno dopo, che: “nella seduta di lunedì l’onorevole Pierantoni si è recato nella sala annessa alla tribuna della stampa dove ha proceduto a vie di fatto contro il redattore del “Fanfulla” percuotendolo sul viso”. Aggressione dunque e offesa alla libertà di stampa. L’onorevole Pierantoni riferisce invece in una cronaca sull’accaduto, pubblicata per i suoi elettori del collegio di Santa Maria Capua Vetere dal titolo “Della stampa disonesta”, che “le affermazioni del Fanfulla sono fasulle”. Quindi, considerata la gravità dell’offesa era legittimo un duello. Lo scontro ebbe luogo la sera stessa in un posto non precisato e si concluse rapidamente: tre attacchi del deputato e il giornalista ferito all’avambraccio. Tutti a casa. Ma se l’offesa è molto probabile vi sia stata, cosa l’ha provocata? La domanda non è indifferente. Così le circostanze e il modo che precedettero questa partita d’onore, portò i direttori dei giornali di Roma a tenere una riunione congiunta. L’assemblea è talmente animata che partorisce anche delle decisioni: un documento votato all’unanimità esprime “la speranza che il signor Presidente della Camera accolga la rimostranza dei redattori dei giornali”, e anche tre risoluzioni: 1) “È istituito un giurì d’onore permanente tra i rappresentanti della stampa”; 2) “Ciascun rappresentante della stampa in Roma sarà tenuto a consultare il giurì prima di andare sul terreno per una questione di giornalismo”; 3) “Per la formazione e per il regolamento del giurì sarà tenuta fra tutti i rappresentanti della stampa una riunione la sera del 20 maggio”. Protesta dunque con tanto di assemblea plenaria e il comunicato è firmato da tutti i direttori dei quotidiani, con la solidarietà dei corrispondenti dei giornali esteri. Nel frattempo altri fatti di scontri, risse e oziosità avvengono nel palazzo del Parlamento e giornali ne scrivono, creando malumori nella politica. Così come una lettera indirizzata all’onorevole Crispi pubblicata sul “Fanfulla” che porta il direttore a chiedere: “dica il Presidente se questo brano ecceda menomamente i limiti concessi alla polemica a modo, in qualsiasi giornale. Se egli mi dirà di sì, io dovrò fin d’ora chiedere perdono all’onorevole Crispi, perché di deviamenti simili ne troverà delle colonne intere tutti i giorni! Perché capirà egli stesso che non cambieremo metodo”. Stessa musica sugli altri giornali. E non è un caso che la protesta coinvolga giornali molto diversi tra loro e assemblea dopo assemblea nel dicembre del 1877 si arriva alla nascita dell’Associazione della Stampa Periodica di Roma. Primo presidente eletto, Francesco De Santis da poco nominato Ministro della Pubblica Istruzione. Prima sede: via della Missione. E Fedele Albanese? Il cronista ha talento ed è rispettato e l’anno successivo con Luigi Cesana fonderà un nuovo giornale. E’ l’8 dicembre 1878 quando esce il primo numero de “Il Messaggero”, e Albanese è il primo direttore di questo quotidiano. Una brevissima direzione, solo tre mesi. Per lui un giornale senza un’anima politica non è un giornale. Per questo nel 1881 ne fonda un altro “Il Monitore” ma muore suicida l’11 marzo del 1882 per i debiti accumulati. Sarà però l’altro protagonista del duello, Augusto Pierantoni a dare inizio alla “professione” di giornalista. Eletto più volte onorevole e poi senatore in un enfatico discorso in Parlamento, in difesa della legittimità del duello quale sanzione, per quanto incerta, nel galateo, nel ricordare il duello con Albanese dirà che: “l’episodio deliberò di formare un sodalizio tra pubblicisti onesti e dettare il galateo di questo ufficio. Si può aver fede che l’Associazione, la quale è la maggiore forza della società moderna, ricondurrà la stampa tralignata al suo maestrato di libertà. Quanto questa promessa sarà mantenuta, voi potrete lodarvi che il vostro rappresentante abbia data l’occasione al rinnovamento di quell’ufficio che con frase vivissima è detto “il quarto potere dello Stato”.

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