26/04/2025
𝗟𝗮 𝗣𝗮𝘀𝗾𝘂𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗗𝗼𝗺𝗲𝗻𝗶𝗰𝗮
𝘓𝘢 𝘴𝘦𝘳𝘢 𝘥𝘪 𝘲𝘶𝘦𝘭 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘰, 𝘪𝘭 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘴𝘦𝘵𝘵𝘪𝘮𝘢𝘯𝘢, 𝘮𝘦𝘯𝘵𝘳𝘦 𝘦𝘳𝘢𝘯𝘰 𝘤𝘩𝘪𝘶𝘴𝘦 𝘭𝘦 𝘱𝘰𝘳𝘵𝘦 𝘥𝘦𝘭 𝘭𝘶𝘰𝘨𝘰 𝘥𝘰𝘷𝘦 𝘴𝘪 𝘵𝘳𝘰𝘷𝘢𝘷𝘢𝘯𝘰 𝘪 𝘥𝘪𝘴𝘤𝘦𝘱𝘰𝘭𝘪 𝘱𝘦𝘳 𝘵𝘪𝘮𝘰𝘳𝘦 𝘥𝘦𝘪 𝘎𝘪𝘶𝘥𝘦𝘪, 𝘷𝘦𝘯𝘯𝘦 𝘎𝘦𝘴𝘶̀, 𝘴𝘵𝘦𝘵𝘵𝘦 𝘪𝘯 𝘮𝘦𝘻𝘻𝘰 𝘦 𝘥𝘪𝘴𝘴𝘦 𝘭𝘰𝘳𝘰: «𝘗𝘢𝘤𝘦 𝘢 𝘷𝘰𝘪!». 𝘋𝘦𝘵𝘵𝘰 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰, 𝘮𝘰𝘴𝘵𝘳𝘰̀ 𝘭𝘰𝘳𝘰 𝘭𝘦 𝘮𝘢𝘯𝘪 𝘦 𝘪𝘭 𝘧𝘪𝘢𝘯𝘤𝘰. 𝘌 𝘪 𝘥𝘪𝘴𝘤𝘦𝘱𝘰𝘭𝘪 𝘨𝘪𝘰𝘪𝘳𝘰𝘯𝘰 𝘢𝘭 𝘷𝘦𝘥𝘦𝘳𝘦 𝘪𝘭 𝘚𝘪𝘨𝘯𝘰𝘳𝘦. 𝘎𝘦𝘴𝘶̀ 𝘥𝘪𝘴𝘴𝘦 𝘭𝘰𝘳𝘰 𝘥𝘪 𝘯𝘶𝘰𝘷𝘰: «𝘗𝘢𝘤𝘦 𝘢 𝘷𝘰𝘪! 𝘊𝘰𝘮𝘦 𝘪𝘭 𝘗𝘢𝘥𝘳𝘦 𝘩𝘢 𝘮𝘢𝘯𝘥𝘢𝘵𝘰 𝘮𝘦, 𝘢𝘯𝘤𝘩’𝘪𝘰 𝘮𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘷𝘰𝘪». 𝘋𝘦𝘵𝘵𝘰 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰, 𝘴𝘰𝘧𝘧𝘪𝘰̀ 𝘦 𝘥𝘪𝘴𝘴𝘦 𝘭𝘰𝘳𝘰: «𝘙𝘪𝘤𝘦𝘷𝘦𝘵𝘦 𝘭𝘰 𝘚𝘱𝘪𝘳𝘪𝘵𝘰 𝘚𝘢𝘯𝘵𝘰. 𝘈 𝘤𝘰𝘭𝘰𝘳𝘰 𝘢 𝘤𝘶𝘪 𝘱𝘦𝘳𝘥𝘰𝘯𝘦𝘳𝘦𝘵𝘦 𝘪 𝘱𝘦𝘤𝘤𝘢𝘵𝘪, 𝘴𝘢𝘳𝘢𝘯𝘯𝘰 𝘱𝘦𝘳𝘥𝘰𝘯𝘢𝘵𝘪; 𝘢 𝘤𝘰𝘭𝘰𝘳𝘰 𝘢 𝘤𝘶𝘪 𝘯𝘰𝘯 𝘱𝘦𝘳𝘥𝘰𝘯𝘦𝘳𝘦𝘵𝘦, 𝘯𝘰𝘯 𝘴𝘢𝘳𝘢𝘯𝘯𝘰 𝘱𝘦𝘳𝘥𝘰𝘯𝘢𝘵𝘪». 𝘛𝘰𝘮𝘮𝘢𝘴𝘰, 𝘶𝘯𝘰 𝘥𝘦𝘪 𝘋𝘰𝘥𝘪𝘤𝘪, 𝘤𝘩𝘪𝘢𝘮𝘢𝘵𝘰 𝘋𝘪̀𝘥𝘪𝘮𝘰, 𝘯𝘰𝘯 𝘦𝘳𝘢 𝘤𝘰𝘯 𝘭𝘰𝘳𝘰 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘷𝘦𝘯𝘯𝘦 𝘎𝘦𝘴𝘶̀. 𝘎𝘭𝘪 𝘥𝘪𝘤𝘦𝘷𝘢𝘯𝘰 𝘨𝘭𝘪 𝘢𝘭𝘵𝘳𝘪 𝘥𝘪𝘴𝘤𝘦𝘱𝘰𝘭𝘪: «𝘈𝘣𝘣𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘷𝘪𝘴𝘵𝘰 𝘪𝘭 𝘚𝘪𝘨𝘯𝘰𝘳𝘦!». 𝘔𝘢 𝘦𝘨𝘭𝘪 𝘥𝘪𝘴𝘴𝘦 𝘭𝘰𝘳𝘰: «𝘚𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘷𝘦𝘥𝘰 𝘯𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘴𝘶𝘦 𝘮𝘢𝘯𝘪 𝘪𝘭 𝘴𝘦𝘨𝘯𝘰 𝘥𝘦𝘪 𝘤𝘩𝘪𝘰𝘥𝘪 𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘮𝘦𝘵𝘵𝘰 𝘪𝘭 𝘮𝘪𝘰 𝘥𝘪𝘵𝘰 𝘯𝘦𝘭 𝘴𝘦𝘨𝘯𝘰 𝘥𝘦𝘪 𝘤𝘩𝘪𝘰𝘥𝘪 𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘮𝘦𝘵𝘵𝘰 𝘭𝘢 𝘮𝘪𝘢 𝘮𝘢𝘯𝘰 𝘯𝘦𝘭 𝘴𝘶𝘰 𝘧𝘪𝘢𝘯𝘤𝘰, 𝘪𝘰 𝘯𝘰𝘯 𝘤𝘳𝘦𝘥𝘰». 𝘖𝘵𝘵𝘰 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘪 𝘥𝘰𝘱𝘰 𝘪 𝘥𝘪𝘴𝘤𝘦𝘱𝘰𝘭𝘪 𝘦𝘳𝘢𝘯𝘰 𝘥𝘪 𝘯𝘶𝘰𝘷𝘰 𝘪𝘯 𝘤𝘢𝘴𝘢 𝘦 𝘤’𝘦𝘳𝘢 𝘤𝘰𝘯 𝘭𝘰𝘳𝘰 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘛𝘰𝘮𝘮𝘢𝘴𝘰. 𝘝𝘦𝘯𝘯𝘦 𝘎𝘦𝘴𝘶̀, 𝘢 𝘱𝘰𝘳𝘵𝘦 𝘤𝘩𝘪𝘶𝘴𝘦, 𝘴𝘵𝘦𝘵𝘵𝘦 𝘪𝘯 𝘮𝘦𝘻𝘻𝘰 𝘦 𝘥𝘪𝘴𝘴𝘦: «𝘗𝘢𝘤𝘦 𝘢 𝘷𝘰𝘪!». 𝘗𝘰𝘪 𝘥𝘪𝘴𝘴𝘦 𝘢 𝘛𝘰𝘮𝘮𝘢𝘴𝘰: «𝘔𝘦𝘵𝘵𝘪 𝘲𝘶𝘪 𝘪𝘭 𝘵𝘶𝘰 𝘥𝘪𝘵𝘰 𝘦 𝘨𝘶𝘢𝘳𝘥𝘢 𝘭𝘦 𝘮𝘪𝘦 𝘮𝘢𝘯𝘪; 𝘵𝘦𝘯𝘥𝘪 𝘭𝘢 𝘵𝘶𝘢 𝘮𝘢𝘯𝘰 𝘦 𝘮𝘦𝘵𝘵𝘪𝘭𝘢 𝘯𝘦𝘭 𝘮𝘪𝘰 𝘧𝘪𝘢𝘯𝘤𝘰; 𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘦𝘴𝘴𝘦𝘳𝘦 𝘪𝘯𝘤𝘳𝘦𝘥𝘶𝘭𝘰, 𝘮𝘢 𝘤𝘳𝘦𝘥𝘦𝘯𝘵𝘦!». 𝘎𝘭𝘪 𝘳𝘪𝘴𝘱𝘰𝘴𝘦 𝘛𝘰𝘮𝘮𝘢𝘴𝘰: «𝘔𝘪𝘰 𝘚𝘪𝘨𝘯𝘰𝘳𝘦 𝘦 𝘮𝘪𝘰 𝘋𝘪𝘰!». 𝘎𝘦𝘴𝘶̀ 𝘨𝘭𝘪 𝘥𝘪𝘴𝘴𝘦: «𝘗𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦́ 𝘮𝘪 𝘩𝘢𝘪 𝘷𝘦𝘥𝘶𝘵𝘰, 𝘵𝘶 𝘩𝘢𝘪 𝘤𝘳𝘦𝘥𝘶𝘵𝘰; 𝘣𝘦𝘢𝘵𝘪 𝘲𝘶𝘦𝘭𝘭𝘪 𝘤𝘩𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘩𝘢𝘯𝘯𝘰 𝘷𝘪𝘴𝘵𝘰 𝘦 𝘩𝘢𝘯𝘯𝘰 𝘤𝘳𝘦𝘥𝘶𝘵𝘰!» (𝘎𝘷 20,19-31).
Il Vangelo ci riporta al giorno di Pasqua, richiamando la nostra attenzione alla prima «domenica» della storia: un giorno così importante da essere celebrato per un’intera settimana. Si tratta della fondazione della Chiesa, alla quale noi tutti partecipiamo.
Una domenica che abbiamo celebrato insieme a papa Francesco, e che è stata la sua ultima in mezzo a noi. Non aveva voce, ma ci ha voluto ugualmente augurare la Buona Pasqua e ci ha dato la sua ultima benedizione. Ricorderemo sempre questa Pasqua di Francesco, di colui che si è donato tutto fino all’estremo, non risparmiandosi nulla per noi. Ci ha insegnato a vivere il Vangelo, coi fatti e non con le parole, a rispettare la coscienza propria e degli altri («Chi sono io per giudicare?»), ad avere a cuore la storia, la storia di tutti, senza dimenticare nessuno, e ad essere particolarmente vicino a chi soffre, a chi è povero, emarginato, forestiero, affamato, solo. Per noi Francesco è stato il Vangelo vivo.
La liturgia della Messa di oggi vuole presentarci non solo la prima domenica della storia, ma lo stesso significato della «domenica»: è il giorno del Signore, 𝘥𝘪𝘦𝘴 𝘋𝘰𝘮𝘪𝘯𝘪, la Pasqua di risurrezione. A volte si dice che questo giorno sia la commemorazione dell’evento pasquale: non è sbagliato, ma propriamente non è una memoria, quanto piuttosto il rendere vivo un fatto che è avvenuto 2000 anni fa e che è presente nella liturgia della Messa. Nella celebrazione domenicale la comunità cristiana rivive la Pasqua del Signore, il suo fondamento, senza il quale essa stessa non esisterebbe. Di qui l’importanza di questa celebrazione: glorifichiamo il Vivente, il Risorto in mezzo a noi.
Come nel Cenacolo, nella prima domenica della storia, Gesù nel rito si rende presente a noi nonostante le nostre chiusure, i nostri blocchi, le nostre resistenze. È lui che prende l’iniziativa e ci dona la pace: «Pace a voi!». Lo 𝘴𝘩𝘢𝘭𝘰𝘮 del Signore non è solo un augurio di assenza di conflitti, ma benedizione, salvezza, giustizia, riconciliazione, perdono, gioia. Con la pace, Gesù mostra le mani e il costato, perché il Risorto è il crocifisso e si fa riconoscere dai suoi doni: la sua passione e morte sono il segno di quanto si è donato e ci ha amato.
Quell’amore è la missione dei discepoli: Gesù dà loro lo Spirito e il potere di perdonare i peccati. Con una novità: la missione a cui sono chiamati è il prolungamento di quella del Padre e dell’annuncio evangelico di Gesù. Non si tratta quindi solo del sacramento della penitenza ma della presenza del Padre che dà forza ai discepoli e ne fa testimoni della verità e del suo amore. In tal modo conferma il giudizio sul peccato del mondo e la vittoria del bene, ultima parola della storia.
L’episodio finale di Tommaso accade otto giorni dopo, ancora di domenica. Non riguarda solo lui, ma tutti noi, poiché si conclude con la nostra beatitudine: «Beati quelli che non hanno visto, ma hanno creduto». Noi non abbiamo veduto, ma ci è data la fede nella risurrezione.
Va detto tuttavia che Tommaso non è un incredulo, quanto piuttosto la figura dell’uomo moderno: non si accontenta di quanto gli viene detto, o delle soluzioni di seconda mano, ma vuole vedere, capire, toccare, sperimentare… rappresenta l’uomo della scienza. Ma quando Gesù gli si rivela, la sua fede è grande: è l’unico degli apostoli che lo riconosce «Mio Signore e mio Dio».
𝙋𝙖𝙥𝙖 𝙁𝙧𝙖𝙣𝙘𝙚𝙨𝙘𝙤: «…𝙀, 𝙥𝙚𝙧 𝙛𝙖𝙫𝙤𝙧𝙚, 𝙣𝙤𝙣 𝙙𝙞𝙢𝙚𝙣𝙩𝙞𝙘𝙖𝙩𝙚 𝙙𝙞 𝙥𝙧𝙚𝙜𝙖𝙧𝙚 𝙥𝙚𝙧 𝙢𝙚!»
(Giancarlo Pani S.I. scrittore emerito della Civiltà Cattolica)
𝘕𝘦𝘭𝘭'𝘪𝘮𝘮𝘢𝘨𝘪𝘯𝘦: 𝘓'𝘐𝘯𝘤𝘳𝘦𝘥𝘶𝘭𝘪𝘵𝘢̀ 𝘥𝘪 𝘴𝘢𝘯 𝘛𝘰𝘮𝘮𝘢𝘴𝘰, 𝘊𝘢𝘳𝘢𝘷𝘢𝘨𝘨𝘪𝘰.