27/09/2025
Orientalisti italiani, viaggiatori e ritrattisti di un Medio Oriente dimenticato
Il fascino per le vedute ed i costumi del mondo arabo si è sviluppato in Europa a seguito dell’estendersi del colonialismo in Africa Settentrionale e in Medio Oriente, sulla scia dell’approccio a suo modo romantico di intellettuali quali Arthur Rimbaud. Nella seconda metà dell’Ottocento si consolidò l’interesse per la cultura araba, già risvegliato dalla spedizione di Napoleone in Egitto del 1798 durante la quale Champollion riportò alla luce la Stele di Rosetta, scoperta che permise la decifrazione dei geroglifici.
Questo diede un impulso importante per un’intera stagione artistica dell’Ottocento francese, con Ingres e Delacroix quali capofila, che esplorarono in pittura quel mondo così lontano.
L’eco delle loro gesta pittoriche, in quella metà di XIX secolo giunse anche in un’Italia non ancora unita, ma artisticamente vivace, dove la Macchia e il Naturalismo stavano sostituendo l’ormai vetusta corrente accademica dello storicismo. Nacque così la corrente dell’Orientalismo italiano, che ebbe in Alberto Pasini (1826-1889) e Fausto Zonaro (1854-1929) i suoi più autorevoli e talentuosi esponenti.
Attraverso le loro tele e quelle di Induno, Morelli, Mariani, Fabbi, Cecconi, rivive quell’universo colorato fatto di bazar e caffè, con le loro f***e multicolori di donne velate e uomini in turbante. Luoghi che testimoniano la laboriosità di un popolo, che faceva del commercio non un semplice mezzo di sussistenza, ma anche un’occasione di conoscenza dell’altro, di confronto e discussione, che nasceva davanti all’inevitabile contrattazione accompagnata dal tè e dal narghilè. Un commercio che aveva un ritmo più lento, meditativo, filosofico, al passo, quasi, con i ritmi del sole e della luna. E ancora, la sensualità delle odalische, e il misticismo dei luoghi biblici