13/02/2025
𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄
✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊
🎥𝑇𝐻𝐸 𝐵𝑅𝑈𝑇𝐴𝐿𝐼𝑆𝑇 𝑑𝑖 𝐵𝑟𝑎𝑑𝑦 𝐶𝑜𝑟𝑏𝑒𝑡
𝐓𝐇𝐄 𝐁𝐑𝐔𝐓𝐀𝐋𝐈𝐒𝐓 (𝟐𝟎𝟐𝟒). 𝐆𝐫𝐚𝐧𝐝𝐞 𝐟𝐢𝐥𝐦 𝐝𝐞𝐥 𝐭𝐚𝐥𝐞𝐧𝐭𝐮𝐨𝐬𝐨 𝐭𝐫𝐞𝐧𝐭𝐚𝐬𝐞𝐢𝐞𝐧𝐧𝐞 𝐁𝐫𝐚𝐝𝐲 𝐂𝐨𝐫𝐛𝐞𝐭, “𝐢𝐧 𝐦𝐞𝐦𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐒𝐜𝐨𝐭𝐭 𝐖𝐚𝐥𝐤𝐞𝐫”: 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐩𝐫𝐢𝐯𝐚𝐭𝐚, 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐠𝐫𝐚𝐧𝐝𝐞 𝐒𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐀𝐫𝐭𝐞, 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐚𝐫𝐜𝐡𝐢𝐭𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐞𝐛𝐫𝐞𝐨 𝐮𝐧𝐠𝐡𝐞𝐫𝐞𝐬𝐞 (𝐮𝐧 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐨𝐭𝐭𝐢𝐦𝐨 𝐀𝐝𝐫𝐢𝐞𝐧 𝐁𝐫𝐨𝐝𝐲) 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐜𝐮𝐨𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐁𝐚𝐮𝐡𝐚𝐮𝐬, 𝐬𝐜𝐚𝐦𝐩𝐚𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥’𝐎𝐥𝐨𝐜𝐚𝐮𝐬𝐭𝐨, 𝐜𝐡𝐞 𝐚 𝐠𝐮𝐞𝐫𝐫𝐚 𝐟𝐢𝐧𝐢𝐭𝐚 𝐞𝐬𝐩𝐚𝐭𝐫𝐢𝐚 𝐢𝐧 𝐀𝐦𝐞𝐫𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐨𝐯𝐞 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐁𝐫𝐮𝐭𝐚𝐥𝐢𝐬𝐦𝐨, 𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐫𝐫𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐞𝐥𝐢𝐦𝐢𝐧𝐚 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐀𝐫𝐜𝐡𝐢𝐭𝐞𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐞 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐈𝐧𝐭𝐞𝐫𝐢𝐨𝐫 𝐃𝐞𝐬𝐢𝐠𝐧 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐬𝐨𝐯𝐫𝐚𝐬𝐭𝐫𝐮𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚, 𝐬𝐢𝐦𝐛𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐞𝐦𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐬𝐮𝐨𝐢 𝐥𝐚𝐠𝐞𝐫 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐧𝐞𝐜𝐞𝐬𝐬𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐚𝐫𝐫𝐢𝐯𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐟𝐨𝐧𝐝𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐧𝐚𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐚.
Un architetto immaginario a simbolo di tanti e di tante cose: il dolore, le umiliazioni nella seconda guerra mondiale, l’arrivo in America respingente emarginante e poi osannante, accogliente e corrotta, la corrispondenza con la moglie devota, giornalista di Affari Esteri, che si ammalerà di osteoporosi ma in verità “per la tua assenza” prima di ricongiungersi in America per le leggi benigne di Truman, la miseria, la vergogna, il senso dell’esilio e la nostalgia, l’alleanza con gli altri ultimi, gli oppiacei lenitivi di una sofferenza implacabile del corpo e dell’anima, mentre le Nazioni Unite firmano la Risoluzione per il riconoscimento dello Stato d’Israele.
All’arrivo la Statua della Libertà è inquadrata alla rovescia. Anche i titoli di coda appaiono in obliquo: la libertà è ambigua, la vita è ambigua, l’arte è ambigua per definizione ricordava anche Goethe. Queste sospensioni, sorprese belle e brutte scorrono in un film che (avvertimento!) dura 3 ore e 35 minuti. Ne avrei visti tranquillamente anche 4 e 20’ come “C’era una volta in America” tanto è avvincente la trama esplicita e tutto il non detto, un monumento del Cinema, come quello che l’architetto costruisce a Filadelfia, un immenso Centro di aggregazione polivalente su commissione di un miliardario spregiudicato (bravissimo Guy Pearce) che si ricorda del racconto di “una biblioteca infinita” ed è in memoria di sua madre. È il primum movens per l’architetto, che lo porterà alla gloria ma anche a nuove delusioni sulla natura umana.
Il film è suddiviso in tre tempi: L’enigma dell’arrivo, Il nocciolo duro della bellezza, Epilogo.
Alcune inquadrature splendono come quadri, per esempio come la “colazione sull’erba”. Splendono anche le cave di Carrara in immagini dalla grandiosità emozionante perché in marmo, materiale pregiato, sarà solo quell’altare dove la luce dal lucernario formerà una croce a simbolo universale, tra i labirinti in cemento armato, pareti, pilastri, gettate e acciaio, tutto a vista, tutti i materiali portanti delle costruzioni, senza orpelli, senza decorazioni, senza retorica, senza Tempo, senza niente. “Non indicano nulla. Semplicemente sono”. Questa è l’estetica del Brutalismo.
Ma la Carrara del “sacro” sarà anche incubo e rivelazione. Splende l’Italia anche con Venezia dove nel 1980 le sue opere di fama ormai internazionale sono esposte quando è vecchio e paralitico, e quando i sopravvissuti possono raccontare di lui, far conoscere al mondo, tutto lo strazio e la resistenza e le giuste affermazioni di una lunga vita tormentata dai fatti, dalla passione, dal genio.
Sceneggiatura asciutta, stratificata, penetrante, lentezze epiche e tensione unanime fino alla fine. Lingue originali inglese, ungherese, yiddish, italiano, con alcuni sottotitoli.
Accolto con ovazione di 12’ a Venezia dove ha vinto il Leone d’Argento per la regia, THE BRUTALIST ha fatto incetta di Premi, tra i quali i tre più importanti Golden Globe (film, regia, miglior attore protagonista). Candidato a 10 Oscar, gliene auguriamo: 10.