21/07/2025
Dopo Margherita Hack, un altro amico ci ha lasciato: Edoardo Boncinelli.
L’incontro con questo grande scienziato, che con le sue ricerche ha contribuito al progresso della genetica in Italia e non solo, è stato per la nostra casa editrice una grande fortuna, ma soprattutto una tra le esperienze umane più intense.
Come Margherita Hack, Boncinelli ha creduto nella missione divulgativa di questi perfetti sconosciuti che avevano la pretesa di voler raccontare la scienza a chi poco ne capiva. Il suo è stato il secondo libro pubblicato nella nostra Collana I DIALOGHI, per lui invece era il primo testo divulgativo. Boncinelli ha successivamente pubblicato con editori ben più grandi, ma ci rende molto orgogliosi pensare che, in un certo senso, questa avventura della divulgazione l’abbiamo iniziata insieme.
Del suo libretto A caccia di geni, un altro «grande» che abbiamo avuto la fortuna di poter ospitare nella nostra collana, Luca Cavalli Sforza diceva: «È raro trovare tante informazioni, ed esposte con tanta chiarezza, in così poche pagine. […] L’autore ha una straordinaria capacità di concentrare, semplificare ed esporre in modo gradevole. […] Fare una bella scoperta e saperla raccontare sono due abilità distinte. È difficile che una persona le possieda entrambe, come qui».
E il motto di Boncinelli era proprio questo: «Una scoperta scientifica che non possa essere raccontata in modo comprensibile non è una scoperta scientifica». Un motto che ha onorato diventando uno dei divulgatori scientifici più brillanti dei nostri tempi, assistito com’era non solo da conoscenze profonde nel campo della genetica, della biologia molecolare e delle neuroscienze, ma anche da un’innata curiosità che lo ha spinto a perseguire interessi a volte lontani dalla sua sfera di ricerca, e da un senso dell’umorismo spontaneo e fulminante.
Di lui ricorderemo anche la grande intelligenza e umanità, che lo avevano portato a riflettere – in un libro di grande sensibilità, forse non sufficientemente apprezzato – sull’avventura di invecchiare, e sulla capacità di saper accettare ogni aspetto della vita, cogliendone sempre una nuova «lezione» da apprendere.
Cavalli Sforza, suo amico e compagno di divulgazione, lo ha definito «un uomo che sembra aver conservato malgrado il successo scientifico che qualche volta porta, come tutti i successi, a sentirsi troppo importanti, abbastanza senso dell’umorismo da non prendersi troppo sul serio, pur conservando un enorme entusiasmo per il proprio lavoro». Proprio come lo ricordiamo anche noi.
Fonte foto: Wikipedia