09/12/2025
A Parma è accaduto qualcosa di importante. Una sentenza del Tribunale del Lavoro ha riconosciuto violenze e molestie sessuali su due giovani attrici-allieve agite da un noto regista e, fatto decisivo, ha stabilito anche la responsabilità della Fondazione Teatro Due di Parma, perché sapeva e non ha impedito la violenza. È un significativo precedente storico, politico e giuridico. Per la prima volta una sentenza civile del lavoro riconosce con chiarezza l’abuso di potere, le azioni manipolative e la violenza psicologica usate per soggiogare sessualmente e psicologicamente giovani donne nel contesto formativo e professionale.
Alla Casa delle Donne di Parma oltre 200 persone hanno partecipato a un incontro pubblico convocato proprio per discutere insieme di questa sentenza e rilanciare l’impegno contro la violenza. C’erano Amleta e Differenza Donna, che hanno sostenuto le attrici. Le parole d’ordine del confronto sono state nette: questa sentenza demolisce lo stereotipo della donna che “se l’è cercata” e richiama un dovere di vigilanza attiva delle istituzioni. Dopo il nessuna istituzione può più fingere di non sapere.
Queste pratiche di umiliazione e prevaricazione maschile sono state troppo a lungo normalizzate proprio nei luoghi in cui cultura, talento e creatività dovrebbero essere le uniche protagoniste. La libertà e la dignità delle donne non possono essere il prezzo d’ingresso in nessuna professione. E quando un luogo di lavoro sa e tace, diventa parte di quel sistema di potere che pratica l’abuso.
Questa sentenza, invece, sposta il fuoco nel punto giusto: non esiste solo l’autore della violenza, esiste anche la responsabilità di chi tollera, normalizza, minimizza, o sceglie di girarsi dall’altra parte. È una chiamata collettiva alla responsabilità istituzionale e organizzativa.
Ma la sentenza ci dice anche altro. Per esempio quanto sarebbe importante approvare il ddl sulle molestie sessuali nei rapporti di studio e di lavoro, per colmare un gap normativo e spingere, anche sul piano culturale, il cambiamento necessario perché la “vergogna cambi lato”. Anche in Italia. Anche nello spettacolo. Ovunque, per tutte.