Conflitti E Strategie

Conflitti E Strategie Sito di analisi geopolitica, politica ed economica.

Analisi dei capitalismi nella fase multipolare tramite le analisi del sito "Conflitti e Strategie", nato dall'esperienza filosofica ed economica di Gianfranco La Grassa.

Pisellonio d'UcrainaEsistono Paesi vivi e attivi, governati da gente seria, ed esistono Paesi decadenti, gestiti da aute...
30/08/2025

Pisellonio d'Ucraina

Esistono Paesi vivi e attivi, governati da gente seria, ed esistono Paesi decadenti, gestiti da autentiche rovine politiche. Quando Mario Draghi, da premier non eletto (si dice così, ma non è che gli eletti siano poi sempre migliori, anzi spesso si equivalgono), ci offriva l’opportunità di scegliere tra il condizionatore e la pace, ci sarebbe dovuta essere una sollevazione generale. Non dico del popolo, ma di quei settori dello Stato che avrebbero dovuto scontrarsi con gli altri gruppi dello stesso i quali avevano assecondato la sua discesa in campo, consentendo un tale scempio nazionale.
Non si può oggi presentare come una mente illuminata un individuo che, dopo aver detto simili sciocchezze e aver sostenuto che con le sanzioni la Russia sarebbe crollata, ora pure sbugiardato dagli eventi, ci impartisce la lezioncina sull’Europa che non conta nulla. Zelensky, il buffone, è lo specchio delle classi dirigenti che lo sostengono. Del resto, non potrebbe essere diversamente, a un pagliaccio che si esibisce corrisponde sempre un intero circo che lo contiene.
È chiaro che Putin (o, meglio, i russi di cui è rappresentante) non potranno mai trattare con un comico criminale da strapazzo e con i suoi agenti stranieri. A questo punto l’unica soluzione per uscire dall’impasse è la rimozione di Zelensky e l’individuazione di un altro Presidente, con cui si possa trattare facendosi qualche concessione reciproca, che non sarà mai proporzionata, così che tutti possano salvare la faccia. È la storia che lo insegna. Chi perde ed esce dalla guerra cede qualcosa e riceve in cambio la fine delle ostilità, almeno quelle più evidenti. I russi sanno che non devono umiliare i Paesi, i governi cambiano, le situazioni pure, e un domani occorrerà ristabilire rapporti meno tesi con quelli che verranno. Certo non si preoccupano di non umiliare gli attuali leader europei, che presto passeranno alla storia delle barzellette e che hanno già fatto abbastanza per squalificarsi da soli.
Non vedo altra soluzione a questa guerra. L’Ucraina, al di là di eventuali mutilazioni territoriali (che non sarebbero la fine del mondo poiché la cartina geografica europea ha da secoli confini mobili e cangianti), non può che tornare a far parte dell’orbita russa, e gli europei con i loro padroni americani dovranno farsene una ragione, come è stato per decenni in passato. Prima Zelensky e il suo entourage escono di scena e prima ci si potrà sedere a un tavolo con delle soluzioni realistiche, che in tempi di subbuglio come i nostri saranno in ogni caso temporanee. Dopodomani potranno accadere cose ancora più gravi, ma ci sarà tempo per affrontarle.
La caduta dei burattini non sarà indolore per i burattinai che finora hanno presentato Pisellonio d'Ucraina come l’eroe europeo. Ma, sparito il buffone di corte, anche i capi dell’Ue e i governi che lo hanno foraggiato saranno costretti, per dignità, a un passo indietro. Fatto fuori il pagliaccio, via anche i pagliacci e mezzo.
Questo si rende necessario anche per alzare il livello della nostra scena politica, perché se il mondo ribolle non ci si può affidare né a un tecnico dei condizionatori né ad armaioli incapaci persino di farsi i conti quando partono in guerra col c**o degli altri.

30/08/2025

Las razones de la razón, Traducción: Carlos X. Blanco 29.08.2025 G. P. Lascia un commento Gianni Petrosillo (Conflitti&Strategie) Si el logos, la Razón, realmente existiera, no tendríamos posturas tan divergentes. Pero basta con compararnos con los demás para comprender que no es así. ¿Quién...

28/08/2025

Le ragioni della Ragione

Se davvero esistesse il logos, la Ragione, non avremmo posizioni tanto differenziate. Ma basta confrontarsi con gli altri per capire che non è così. Chi ha ragione, dunque? Non certo la Ragione, che è solo un’astrazione, ma chi di volta in volta riesce a far valere la propria ragione o le proprie ragioni.
È per questo che il conflitto nella società umana è inevitabile e può assumere diverse forme, dal dialogo alla violenza, a seconda delle contingenze e delle opportunità.
Può capitare che qualcuno abbia più ragione di un altro in determinate circostanze, ma ciò non avviene mai in nome di una Ragione universale. Questa, quasi sempre, è l’inganno su cui si fondano le ragioni dei prepotenti. E i prepotenti, oggi, dopo aver accusato i loro oppositori di essere “filoputiniani” e di difendere un dittatore aggressore di popoli, dopo aver armato e mandato gli ucraini a combattere una guerra non loro come carne da macello, ora pretendono di convincerci che i crimini rapidi e sanguinosi commessi dagli israeliani non siano genocidio, perché “l’aggressore ha diritto di difendersi”.
Un capovolgimento di 180 gradi, giustificato solo dalla necessità di proteggere i propri crimini e quelli degli amici. A questi amici criminali i nostri governanti, a loro volta genocidari, forniscono persino armi, per consentire loro di commetterne altri. O mentivano prima, o mentono ora, oppure hanno mentito sempre.
Questo dimostra che la Ragione e le sue suppellettili (diritti, democrazia, libertà) non sono che corpi contundenti, con cui colpire la testa degli sventurati che non condividono le ragioni dei potenti. E ciò accade non soltanto in guerra, ma in ogni circostanza sociale. In realtà, i cosiddetti “buoni”, quelli che pretendono di avere ragioni da vendere, sono oggi i veri violenti e macellai.
I dittatori, ormai, non stanno a Mosca o a Pechino, non stanno in Venezuela o in Afghanistan. Persino i talebani appaiono migliori dei servi che ci governano, piegati ai loro padroni americani. Chiunque affermi che la Russia o la Cina siano un pericolo per le nostre democrazie mente sapendo di mentire. Lo fa solo per nascondere un pericolo ben più reale, la sudditanza e la sottomissione alla Casa Bianca.
Se un esercito straniero e i suoi servizi segreti sono liberi di muoversi sul nostro suolo, di imporci “consigli” che non possiamo rifiutare, di influenzare le nostre decisioni e persino di colpirci dall’interno, se solo lo volessero, allora è evidente che il vero rischio non viene da minacce russe o cinesi, lontane migliaia di chilometri, ma da chi staziona in casa nostra, facendosi chiamare “alleato” e comportandosi da padrone.
A questo punto dovrebbe essere chiaro chi sono (e quanto valgono) quei pupazzi politici e i sedicenti esperti che agitano spauracchi mentre umiliano il loro stesso popolo. Verrà il tempo in cui dovranno ingoiare queste ragioni amare, e allora avranno poco da pontificare. Non si dovrà avere alcuna comprensione per questi farabutti, anche se oggi si nascondono dietro titoli accademici o di Stato.
Sono loro il nostro vero nemico, e questa è l’unica ragione che considereremo, transitoriamente, non negoziabile. E chissà che fine faremo fare a tutte quelle loro campagne pubblicitarie che offrono visibilità a burattini e galline che si sentono offese per qualsiasi insulto.
Per dirla breve e brutale, come già accaduto in passato, quando la guerra busserà alle nostre porte, succederanno cose veramente brutte. Con i deficienti che oggi ci comandano, i tempi non potranno che accelerare. Le violenze e le violazioni smetteranno di essere virtuali e diventeranno reali.
Si sa, ad esempio, che uno degli strumenti della guerra sono gli stupri e le sevizie. Colpiscono sia le donne che gli uomini, perché la guerra è un affare da psicopatici. E allora, chi avrà ancora la voglia di fare un video per una battuta sessista, di lacrimare per fantomatico stupro psicologico o per una foto inopportunamente rubata? Chi andrà (e dove) a denunciare i torti subiti?
Rendiamo il giusto peso alle cose, perché sarà presto la vita a incaricarsi di farlo. Chi, prima di noi, parlò di guerra come “igiene del mondo” non era un id**ta cob lampi d'imbecillità

Questa è una storia di m***a.In questi giorni circola sui quotidiani nazionali, praticamente su tutti, visto che le reda...
23/08/2025

Questa è una storia di m***a.
In questi giorni circola sui quotidiani nazionali, praticamente su tutti, visto che le redazioni hanno gli stessi spacciatori anglosassoni di bufale, una vicenda surreale sulle feci di Putin.
La m***a, verrebbe da dire, è negli occhi di chi la guarda o nel naso di chi la sente. E su questo non ci piove: i nostri quotidiani sono ormai specialisti in materia. Non a caso pubblicano ogni giorno tonnellate di cacate, spacciandole per notizie, buone soltanto a farne carta igienica d’emergenza, perché quando manca la scorta il vecchio giornale resta sempre un’alternativa pratica.
Ma la domanda è perché l’informazione si riduce a una lurida defecatio?
Potremmo cavarcela dicendo che è un fatto biologico. Del resto, Montaigne ricordava che anche sul trono più alto del mondo si resta pur sempre seduti sul proprio c**o. Ma qui l’aforisma è preso troppo alla lettera.
Per inventarsi una notizia del genere bisogna avere la m***a nel cervello. È la vendetta dello sfintere sull’organo che si presume più nobile e che, come diceva Woody Allen, è in realtà soltanto il secondo più importante, essendo il primo molto più in basso.
E più in basso di così, davvero, non si può cadere

22/08/2025

Noi faremo come la Russia

Non c’è da sorprendersi se tutta la classe dirigente europea viva l’evoluzione degli eventi ucraini con un misto di supponenza, angoscia e disconoscimento della realtà. È inimmaginabile che la resa dell’Ucraina non si abbatta come una mannaia sull’élite europea, la quale continua a darsi un’importanza che non ha e a rinviare soltanto una dissoluzione che non può comunque invertire.
L’affermazione della Russia e dei suoi alleati in campo internazionale non rappresenta solo una debacle per chi ha sostenuto l’insostenibile, ma un mutamento di prospettiva storica che non potrà lasciare immutato il contesto politico. Sarà un vero e proprio terremoto, destinato a spazzare via le sciocchezze finora propalate per sentirsi superiori agli altri, a partire da quei fantomatici valori occidentali e dalla profusione di diritti che, nel nuovo mondo nascente, avranno lo stesso valore di un mazzo di banconote su un’isola deserta.
Per decenni si sono eretti a modello guida del pianeta, predicando bene e razzolando malissimo, nascondendosi dietro concetti-ripostiglio vuoti di verità e colmi solo di sopruso e prevaricazione. La democrazia e la libertà con cui l’Occidente si è presentato ai popoli erano soltanto specchietti per le allodole e trappole per corrompere altre culture millenarie, paritetiche sul piano etico, che avevano il solo torto di essere meno armate e meno ammantate di ipocrisia.
Inevitabilmente, se lo spazio geopolitico si riconfigura, i vecchi attori e le precedenti teorie sulla società sono destinati a sparire o a sopravvivere come meri simulacri. La vecchia Europa è ormai un’Europa vecchia e sottomessa, destinata a essere battuta dai venti e dalle burrasche di cambiamenti inarrestabili che non controlla, rimanendo aggrappata alle sue ubbie umanistiche e umanitarie, che non sono state altro che un pretesto per tenersi a galla negli ultimi decenni mentre si commettevano i peggiori delitti.
Accadrà esattamente come dopo Tangentopoli in Italia, quando un’intera classe dirigente fu spazzata via dagli eventi e non dai magistrati, che furono soltanto strumenti di decisioni già prese. Era infatti cambiato il contesto di potere che aveva reso quegli uomini adatti a quelle situazioni. Così oggi, con l’affermazione sullo scacchiere internazionale di potenze riemergenti o emergenti, le precedenti forze politiche si rivelano inadatte a operare con la consueta mentalità.
Ciò che per questi farabutti diventa intollerabile è esattamente ciò che loro stessi hanno inflitto agli altri quando, in pieno unipolarismo statunitense, permisero guerre di aggressione e capovolgimenti di regime, sotto la falsità di esportare progresso e migliori condizioni di vita economica e sociale. Oggi non hanno più scampo e non possono nemmeno rifugiarsi sotto l’ala protettrice dell’aquila statunitense, che sta gestendo il proprio declino a spese della sua galassia di comprimari, non avendo più la possibilità di dettare legge a chi si è autonomizzato, come la Russia e altri, pur facendolo anche a caro prezzo.
Insieme ai poteri politici declineranno quelli di supporto culturale e propagandistico, che per anni hanno diffuso le menzogne dei loro padroni a ogni livello. Ormai sono tutti morti che camminano, ed è meglio che a seppellirli sia una nuova coscienza collettiva autoctona, capace di risollevarsi dalle macerie che hanno lasciato. In caso contrario, ci aspetteranno tempi ancora più tragici di quelli che già si profilano.
Di fronte a questi zombie che appestano l’aria, coloro che vengono definiti aggressori o dittatori sono, in realtà, la nuova linfa vitale del processo storico, che giocherà ancora molte astuzie per voltare definitivamente una pagina epocale. E, con altri presupposti, riecheggia un vecchio slogan del secolo scorso: noi faremo (dovremo fare) come la Russia.

Come l’Unione Europea abbia potuto considerare questo individuo il baluardo della democrazia continentale resterà forse ...
19/08/2025

Come l’Unione Europea abbia potuto considerare questo individuo il baluardo della democrazia continentale resterà forse un arcano per i decenni a ve**re. Eppure, se si guarda al mondo con gli occhi di una decadenza irrefrenabile, di cui non si ha neppure consapevolezza e che viene addirittura scambiata per un radioso futuro, allora tutto diventa possibile e finisce per avverarsi. I leader europei, attraverso questo guitto che accoglievano calorosamente nelle occasioni ufficiali delle loro cancellerie, hanno stretto in un abbraccio mortale la loro stessa decadenza. Un’immagine potente, come un dipinto di Jacques-Louis David capovolto.

Quando anche i fatti servono a mentireI fatti quasi non hanno importanza di fronte alla tetragonia di convinzioni che te...
17/08/2025

Quando anche i fatti servono a mentire

I fatti quasi non hanno importanza di fronte alla tetragonia di convinzioni che tendono a contraddirli nonostante non possano essere i primi ad adeguarsi alle seconde. Quando uno cita fatti incontrovertibili a sostegno delle sue tesi, generalmente sono le sue tesi gli unici fatti che ha in mente. Un po’ per autoinganno ideologico ma molto di più per convenienza politica i fatti vengono sbugiardati dai propri desiderata e poco importa dell’impossibilità della questione a chi ha fondato le sue fortune o le sue teoresi consolatorie su cose inesistenti o irrimediabilmente contraddette dalla vita. Ovviamente non ci sarà mai concordanza sull’interpretazione degli eventi né passati, né presenti, e tanto meno futuri. Ma se si può concedere alla buona gente che nulla ci guadagna dai suoi sbagli e abbagli la buona fede, quest’ultima non può essere concessa a chi ha gli strumenti per sapere e per sapere quanto la gravità dei propri errori comprometta il destino di chi amministra. Sia chiaro, anche chi guida può autoingannarsi inconsapevolmente, ma allora merita a maggior ragione di essere cacciato a calci nel sedere dal posto che occupa, perché i suoi inganni compromettono i Paesi. In verità è molto più certo che chi comanda cerchi di mascherare i propri errori per non perdere la posizione e non si vergogni per questo di andare anche contro l’evidenza. Riporto interamente un lungo brano del filosofo Rensi che di questa condizione dà una descrizione inequivocabile, alla quale noi abbiamo aggiunto il ragionamento sulla convenienza o malafede che pure tanto peso ha sulla faccenda:

“Partendo dai fatti presenti, allacciandosi ad essi, ciascuno costruisce in previsione un andamento avve**re della storia del mondo. Uno vedrà con tutta certezza in questo avve**re il trionfo del comunismo; un altro la conquista del predominio da parte della razza gialla; un terzo l’egemonia dell’Italia, e via così. Non essendo ancora presenti i fatti, di queste costruzioni dell’avve**re, vedute ciascuna con piena certezza, come una cosa già presente, c’è piena libertà. Quindi esse sono diversissime. Poi i fatti accadono. Ma ciascuno era certo della sua preventiva costruzione, del modo com’egli vedeva svolgersi la storia del mondo, della via per cui questa già oramai sicuramente s’incamminava. E tale certezza, tale sicura visuale del cammino della storia, tale colorito dato al corso delle cose umane, non viene ormai più meno. Resta saldo di fronte ai fatti già accaduti, nella coscienza di colui che con calda adesione, con la stessa fede con cui si crede negli eventi di vita futura da una religione annunciati, l’aveva impresso su quel corso futuro. Quindi ciascuno inserisce i fatti accaduti in quella che era la sua preventiva visuale del corso avve**re del mondo, in quel mondo ch’egli aveva preventivamente costruito, in quell’aspetto e in quella direzione che egli vedeva sicuramente il mondo dover prendere e che quindi non può a meno d’aver preso; e scorge ed interpreta i fatti (o meglio, per la sua coscienza, li crea come tali) secondo le linee della sua sicura previsione circa la meta verso cui il mondo stava per incamminarsi e certamente si incamminava. Perciò anche il mondo della storia presente sorge diverso agli occhi dell’uno e dell’altro, perché vi si è proiettata questa diversità di previsione, perché questa, diversa com’era, lo ha, per l’uno o per l’altro, colorito del tutto diversamente e vi ha immesso un significato del tutto differente.
Per il patriota, che credeva fermamente nella vittoria del suo paese, anche la disfatta ha in sé qualche germe di superiorità, qualche logico elemento di grandezza, qualche seme di vittoria, qualche aspetto di vittoria. Per colui che fu preventivamente «disfattista» anche la vittoria è una disfatta, è un risultato artificiale ed effimero, ha in sé gli elementi di qualche prossimo crollo. L’Ebreo, che vedeva la storia del mondo dall’angolo visuale della certezza di appartenere a un popolo cui Dio assicura la vittoria sui suoi nemici, pur dopo che Gerusalemme e il Tempio furono rasi al suolo e la sua nazione subì una delle più complete rovine e dispersioni che si ricordino, continuò ad esser certo che, anche così, in qualche altra forma e per qualche altra via, la storia del mondo è e sarà quella che egli sicuramente vedeva dover essere, la sanzione data alla vittoria e alla supremazia d’Israele; «quand les événements de la terre semblent contrarier d’une façon irrémédiable ces brillantes utopies, Israël a des volte-face sans pareilles», ecc. (Renan, Nouvelles études d’Histoire religieuse, p. 503 [«quando gli avvenimenti terreni sembrano contraddire in modo irrimediabile queste brillanti utopie, Israele ha dei voltafaccia senza pari»]).
E in una medesima soluzione politica nella quale, prima che si realizzasse, quando solo si proiettava nell’avve**re, nell’atto in cui semplicemente si indovinava che il presente stava avviandovisi, gli uni scorgevano uno sfacelo sociale, giuridico ed etico, gli altri un grande elevamento della vita pubblica, in quella medesima soluzione, cioè nei medesimi fatti, gli uni e gli altri continuano, anche dopo che la soluzione non è più ancora non configurata perché nel futuro, ma diventata fatti presenti, esistenti, realizzati, tangibili, a vedere come prima una cosa opposta”.

Così abbiamo qui un esempio pratico di questi nostri tristi tempi. I nostri politici, tutti indistintamente, hanno fallito nel loro tentativo di isolare la Russia e farle perdere la guerra. Non solo la Russia ha vinto la guerra, ma sta umiliando le loro posizioni che non vengono nemmeno prese in considerazione, tanto che questi meriterebbero tutti insieme di andare a dirigere il traffico anziché condurre ancora l’Italia allo sfascio. Cosa fanno ora costoro? Cercano di coprire la loro sconfitta rilanciando disperatamente i propri insuccessi come se nulla fosse mai accaduto. E tra questi ce ne sono di ancora più impuniti che hanno pure l’ardire di affermare che avevano previsto tutto e fatto bene il loro dovere, laddove la realtà non li ha solo sbugiardati ma anche derisi. Tra questi, più di tutti, si stanno distinguendo quelli che governano attualmente. A dire il vero anche quelli che non governano fanno schifo lo stesso. Contro ogni lucidità e veridicità ora affermano: "avete visto, abbiamo costretto Putin a più miti consigli, Putin è in difficoltà e siamo stati noi a batterlo. Anzi, Putin dovrà accettare le condizioni proposte da noi che ora vengono fatte propria da Trump". Addirittura? "Tale soluzione serve a salvare la faccia a Putin che altrimenti l’avrebbe persa più di quanto non sia già accaduto". Addirittura? Verrebbe da chiedersi, ma ci fanno ci sono? Sì, addirittura. Ma come siamo messi in questo Paese? E loro continuano: "Putin è un perdente, l'abbiamo sconfitto e abbiamo cambiato l’Italia". Avete ragione Napoleoni, ora però tornate nelle vostre camere.

13/08/2025

Franza o Spagna, basta che si magna.

Noi italiani siamo sempre stati pronti a salire sul carro dei vincitori, dimenticando torti e ragioni per un piatto di lenticchie o di pasta in tavola. Ma non dobbiamo essere ingiusti con noi stessi, così fanno tutti i popoli, perché, come disse un antico filosofo, sono “femmine e volubili”.

Da sempre, nella storia, i popoli sconfitti, dopo aver odiato a morte i nemici, al vincitore hanno steso il tappeto rosso e si sono piegati pur di mantenere la testa sul collo e la pancia piena. Questo è avvenuto in tutte le epoche storiche e continuerà ad avve**re a ogni latitudine.
I luoghi comuni sugli italiani sono veri, ma non equamente distribuiti tra tutti i popoli che per mascheramento dei difetti ci superano di molte spanne. Domani qualche altro verrà a scavalcarci negli onori e nei disonori, esattamente come accadde ai tedeschi, che prima di noi erano considerati i più indolenti d’Europa, finché non si sono accreditati come simbolo di efficienza, anche contro l'evidenza.
Sono tanti gli episodi in cui noi italici ancora non italiani ci siamo macchiati di voltagabbanesimo, perché questa è la natura degli uomini che si trasmette ai popoli. Qualcuno diceva che gli italiani, presi da soli, valevano più di tutte le altre genti prese assieme, ma che gli italiani assieme valevano meno di un solo francese o di un tedesco.
Pensiamo a cosa fosse l’Italia dei Comuni, sempre come scriveva Prezzolini "in guerra, in tumulti, in zuffe infinite, divise, oppresse, battute, corse, predate, rubate, assalite. Le città eran divise in sètte, in fazioni, in famiglie, in parti. Or gridavano Marco, or Antonio, ora Orsini, ora Colonna, ora Chiesa, ora San Marco, ora Panciatichi ed ora Cancellieri, ora P***e e ora Frate. E quelli che avevano gridato Antonio erano pronti a gridare Marco, e mentre gridavano Marco stavano già pensando come gridare Antonio. Gli umori ogni tanto ribollivano, e se il coperchio del governo non era tenuto da una mano salda, presto traboccavano. La gente desiderosa di cose nuove abbondava. Si chiamava all’arme, si scendeva in piazza, dove si decidevano le sorti della politica". E pensare che all'epoca il nostro popolo era più vivo di oggi benché più famigliare alla morte violenta.

Si pensi anche a quanto bisogno di forza e d’ordine ci fosse per uscire dalla propria subordinazione:

"I primi principii questi Stati li debbono sempre a un uomo: un eroe. Nascono sempre con la violenza. L’eroe non biascica paternostri e non fa l’asceta. È un violento. Può essere un sant’uomo: ma è sempre armato di bastone o di spada. Tal bastone e tale spada serve a buoni fini. Guai se gli uomini non provassero il gusto del bastone e non temessero il filo della spada!
Gli uomini sono una razzaccia. Sono bestiaccie cupide, libidinose, avare, senza fede, senza gratitudine, egoiste, o peggio ancora, come accade nella maggior parte dei casi, sono esseri senza forza di spirito, incapaci di seguire il bene o il male, incerti e pronti a cedere al più forte, senza sentimento di responsabilità, vittime del primo partito che capita.
Questa materia ha bisogno d’una forma, che la fonda insieme e la costringa ad essere meno bestiale e meno incerta. L’opera d’alta cucina che consiste nel fondere insieme gli uomini, è la politica. Il cuoco è sempre un capo: che adopri il bastone o l’inganno, che si vanti ispirato da Dio o sia sospetto d’avere a che fare col Diavolo, è sempre l’uno che mette in riga e dà valore agli zeri. Quella razzaccia degli uomini non ha che due vie dinanzi a sé: o la bestialità dispersa, partitante, girovaga o l’umanità dello Stato. Le leggi rendono migliori gli uomini per forza; li costringono ad osservare la parola data e i matrimoni contratti; li portano al sacrificio per la comunità; l’innalzano e li spiritualizzano.
Capaci di capire e di volere ciò son pochi. Pochi coloro che vogliono 'il bene comune' ossia il bene della Patria: quei pochi se vogliono davvero raggiungere il bene dei più, debbono seguire alcune norme.
Queste norme sono uguali in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Gli uomini essendo la stessa razzaccia dappertutto, le ricette per fonderli insieme non sono molte e sempre le stesse a l’incirca. Dai Greci e dai Romani ai dì nostri son variati i capi, ma non le regole; e le antiche repubbliche come le moderne monarchie, l’antiche monarchie come l’odierne repubbliche han tutte operato ad un modo. Se il santo vuol riuscire, deve adoprare le stesse arti del brigante. Machiavelli guarda gli Stati come furono e come sono; nella loro realtà; senza illusioni; quietamente e freddamente. Gli par tempo perso stare a discutere qual sia il miglior reggimento. Per secoli s’è discusso se monarchia sia meglio di repubblica, se il Papa sia sopra o sotto l’Imperatore. Machiavelli col suo risolino rovescia i secoli e scopre nuovi mondi. Egli inventa il telescopio politico prima che Galileo inventi il cannocchiale celeste; e porta arditamente il suo sguardo lucido in mezzo alle costellazioni degli Stati trovano le leggi del loro moto, del loro formarsi, del loro spegnersi".

Probabilmente, come affermava Brecht è sventurata la terra che ha bisogno di eroi ma ugualmente disgraziata è quella in cui di eroi non se ne trovano nemmeno con il lanternino. Siamo circondati da infingardi che simulano coraggio e secernono scemenza.
Pertanto, non possono che farci sorridere quelli che affermano, per propaganda o per non fare br**ta figura, che ad esempio gli ucraini non sopporteranno più i russi. Accadrà l’esatto contrario quando i buffoni di Kiev saranno costretti a riparare in Europa, dopo che i russi li avranno cacciati, e si riprenderanno anche il popolo ucraino, cancellando in poco tempo l’odio che fin qui è stato fomentato. E sembra che il momento si stia avvicinando con grande sconcerto dei depensanti europeisti che hanno dato armi ad un attore comico passato a ruoli drammatici e grotteschi.
Non mi credete? Pensate di nuovo a noi italiani, abituati sotto il fascismo a disprezzare la perfida Albione e i nemici americani, che hanno raso al suolo le nostre città, distrutto famiglie e accatastato cadaveri. Dopo la sconfitta del regime, da fascisti siamo diventati tutti antifascisti anglicizzati, facendoci deridere da Churchill. Accadrà pure agli ucraini, che presto ribalteranno i loro gusti, adorando chi li avrà “liberati” dai nazisti filo-europeisti e kantiani.

11/08/2025

Nessuna guerra merita una giustificazione morale o legale. Lo affermava Carl Schmitt, e ne aveva ben donde. La retorica della guerra del bene contro il male o, capovolgendo il punto di vista, del male contro il bene, è un’assurdità inaccettabile, o peggio una falsità, che la nostra civiltà decadente continua a perseguire senza alcuno spirito critico.
Non è giustificabile una guerra per esportare la democrazia o per limitare le dittature, nemmeno una per motivi umanitari, un nemico dell'umanità potrebbe prove**re solo da un altro pianeta(l'umanità non ha a che fare con la politica, "Nessuna guerra è quella che si combatte in nome dell'umanità. L'umanità non è un con concetto politico e non le corrisponde l'unità politica né lo status politico”), perché nessuno può ergersi a giudice dei destini di un altro popolo. L’unica guerra che possa avere un senso è quella esistenziale, come quella che oggi i russi ritengono di combattere contro la NATO.

Schmitt scriveva:

«Non esiste alcuno scopo razionale, alcuna norma legittima, alcun programma ideale, alcuna legittimità o legalità che possa giustificare che gli uomini si uccidano tra loro per questo. Se una simile distruzione fisica della vita umana non avviene per l’affermazione esistenziale della propria forma di esistenza di fronte a una negazione esistenziale simile, allora non si può semplicemente giustificare. Nemmeno con norme etiche e giuridiche si può giustificare la guerra. Se esistono veri nemici, nel senso esistenziale, come si vuole dire qui, allora ha senso — ma solo senso politico —, se necessario, difendersi fisicamente e lottare con loro. Ciò non è legittimazione o giustificazione, bensì ha un senso puramente esistenziale».

Per lo stesso motivo, Israele ha torto, sta distruggendo la Palestina, negando l’esistenzialità del popolo palestinese e utilizzando come pretesto, cosa ancora più grave e ipocrita, l’argomento secondo cui sarebbero i palestinesi a non voler accettare il diritto di Israele ad esistere. Ma questo non è un fatto concreto, bensì un pronunciamento isolato di qualche esaltato, privo della forza necessaria per renderlo reale.
Oggi l’Occidente nega la politica e, per questo, merita di essere sconfitto. Ma anche questo resta un auspicio, un desiderio che non sposta in alcun modo l’accadere effettivo degli eventi, i quali restano indifferenti ai nostri gusti e alle nostre speranze che devono essere corroborate da mezzi politici contestuali agli avvenimenti.

09/08/2025

¿Ha fracasado Putin? ¿A qué viene entonces esta pomposa conferencia de reconstrucción? La primer ministro italiano declaró que el plan de Putin para Ucrania había fracasado. Anunció entonces que la autodenominada

07/08/2025

Riconoscere la Storia

Sono molte le situazioni divenute ormai ataviche, che si sono trasformate in veri e propri luoghi comuni, intorno alla questione israelo-palestinese. Giornalisti e intellettuali di servizio ripetono ossessivamente la falsa narrazione secondo cui i palestinesi dovrebbero riconoscere il diritto all’esistenza dello Stato di Israele. Ma Israele, con le sue bombe atomiche illegali e il supporto bellico occidentale, esiste da tempo, ciò che non esiste è lo Stato palestinese. Semmai, dovrebbe essere Israele a riconoscere il diritto all’esistenza della Palestina, non il contrario.
Un’altra menzogna ripetuta all’infinito è quella dei “due popoli, due Stati”. Anche questa è diventata una formula propagandistica. Dovremmo piuttosto parlare della necessità di uno Stato per il popolo palestinese, poiché quello israeliano esiste eccome, mentre quello palestinese rimane un’entità fittizia, riconosciuta solo sulla carta da qualche figura caricaturale della diplomazia internazionale.
Perché possa esistere, lo Stato palestinese deve avere confini certi e la capacità di difendersi, una difesa che, se il popolo palestinese non è in grado di esercitare autonomamente, deve essere garantita da Paesi terzi. Israele, infatti, può contare su tale supporto che perpetua una superiorità militare indiscussa.
Ci sono poi molte altre questioni irrisolte, come le guerre sproporzionate condotte da Israele, che hanno causato la morte di migliaia e migliaia di palestinesi. Invocare il “diritto di Israele a difendersi” dovrebbe far arrossire di vergogna. Dopo l’attacco del 7 ottobre, un’azione terroristica che ha causato la morte di oltre mille persone, la risposta israeliana ha provocato 60.000 morti. Ma quell’attacco è il frutto di decenni di soprusi, rappresaglie, violenze e reazioni asimmetriche. Mettere tutto sullo stesso piano significa garantire impunità e perpetuare l’ingiustizia. Per quanto odioso, un attentato terroristico non ha mai prodotto il livello di morte e distruzione di una guerra vera e propria.
Un popolo che non dispone della forza militare per combattere frontalmente, risponde con la guerriglia o con il terrorismo. E va ricordato che tale stigmatizzazione, quella di usare terrorismo, viene sempre da chi detiene il monopolio della forza. Il governo fascista, ad esempio, definiva terroristi i partigiani, perché dal suo punto di vista violavano la legalità e tecnicamente aveva ragione. Ma anche oggi, le guerre condotte da Israele, compresa l’ultima, non mirano solo a colpire i gruppi armati, ma a affamare, distruggere, annientare l’intera popolazione palestinese. In quelle guerre si ripetono molti “7 ottobre”, e l’opera di terrore israeliana non è iniziata certo oggi.
È dunque tempo di smetterla con l’equidistanza ipocrita tra due realtà che resteranno sempre strutturalmente sbilanciate. Chi fa iniziare la storia da un punto "comodo" lo fa per legittimare il suo parziale punto di vista. Lo abbiamo visto anche con la guerra in Ucraina, dove si è cancellato il conflitto del 2014 tra forze golpiste e popolazioni russofone, per attribuire alla Russia il ruolo esclusivo di aggressore in quella successiva.
Non abbiamo la soluzione al conflitto israelo-palestinese, che è solo una parte di un problema più ampio e stratificato che coinvolge il mondo arabo e le sue relazioni con la Palestina. Ma è certo che, quando in quell’area, ancora sotto predominio statunitense, entreranno nuove superpotenze in grado di riequilibrare interessi e contrappesi all’egemonia USA, molte certezze verranno rimesse in discussione.
La nascita dello Stato di Israele e la sua permanenza, segnata da tratti criminali, sono il frutto di una precedente fase storica, dominata prima dagli inglesi e poi dagli americani. La sua sopravvivenza dipenderà dai futuri assetti geopolitici, che potrebbero mutare radicalmente. A quel punto, non sarà più questione di chiedere ai palestinesi di riconoscere Israele, sarà piuttosto Israele a rischiare di diventare irriconoscibile persino agli occhi dei suoi attuali protettori.

Indirizzo

Rome

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Conflitti E Strategie pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta L'azienda

Invia un messaggio a Conflitti E Strategie:

Condividi