Arte Sonora

Arte Sonora Distributore Mondiale: www.danmarkmedia.com

Arte Sonora è un etichetta discografica di proprietà del musicista Claudio Ferrarini, che ha un unico obiettivo: promuovere la musica di qualità non tenendo conto di alcun confine di genere. Claudio Ferrarini porta la sua esperienza di oltre 250 cd di musica classica nell’ambito contemporaneo mantenendo una sola parola: eccellenza. Eccellenza in ogni parte del prodotto finale dalle composizioni s

celte alla qualità dei musicisti e delle loro esecuzioni, dalla registrazione al mixaggio al mastering. Il produttore Giovanni Amighetti di Arvmusic si unisce ad Artesonora in questa nuova ed entusiasmante avventura portando la sua esperienza nel saper registrare qualsiasi tipo di sonorità e musica in ogni situazione e regione del mondo. Arte Sonora is a recording label owned by master musician Claudio Ferrarini that has one main goal:
promote quality music over any defined boundary. Claudio Ferrarini brings his experience of over 250 classical music vinyl and cds to every genre and non-genre of nowadays contemporary world music, mantaining just one word: Excellence. Excellence on every part of the final product from compositions to musicians’ ex*****on, from recording to mixing and mastering. Arvmusic producer Giovanni Amighetti joins Artesonora in this new and exciting adventure bringing his experience in recording any kind of music in any region of our world.

Un essere umano è parte di quel tutto che chiamiamo «universo», una parte limitata nel tempo e nello spazio. Percepisce ...
14/11/2025

Un essere umano è parte di quel tutto che chiamiamo «universo», una parte limitata nel tempo e nello spazio. Percepisce sé stesso, i propri pensieri e sentimenti come qualcosa di separato dal resto, in una specie di illusione ottica della coscienza. La lotta per liberarsi da tale illusione è il solo scopo di una vita piena. «l’io personale è uguale all’onnipresente, onnicomprensivo sé eterno» e noi tutti abbiamo bisogno di questo «sentimento cosmico religioso».

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Albertino e i carri armati del PoIl sole di luglio batteva forte sull’argine maestro del Po, dove l’aria sembrava tremar...
07/11/2025

Albertino e i carri armati del Po

Il sole di luglio batteva forte sull’argine maestro del Po, dove l’aria sembrava tremare come acqua calda. Albertino camminava piano, con i piedi nudi che sentivano il fresco dell’erba ancora umida di rugiada. Gli piaceva quel momento della giornata in cui il mondo taceva e solo il fiume parlava, raccontando le sue storie d’acqua e di cielo.

Era un bambino della pianura, e della pianura aveva imparato la calma, la pazienza e l’arte di ascoltare. Salutava gli aironi, le rane e perfino le nuvole che passavano lente sopra i campi di granturco.

Quel giorno, però, qualcosa turbava la quiete del mondo. Sull’argine, tra polvere e sudore, comparve Corsetto. Era un bambino grande e grosso, con le mani sempre chiuse a pugno e il cuore pieno di tempeste. Gli altri lo temevano, perché bastava uno sguardo per farlo arrabbiare.

— Ehi, Albertino! — gridò fiero, trascinando dietro di sé un esercito di latta e legno. — Guarda cosa ho conquistato! Venti carri armati, rubati ai ragazzi dell’altra sponda! Ora sono io il re della pianura!

Albertino lo osservò in silenzio. Sotto il sole, i piccoli carri armati brillavano come miraggi, ma dentro di lui sentì una tristezza dolce, come quella che si prova vedendo un fiore calpestato.

— E cosa ne farai, Corsetto? — chiese con voce calma.

— Farò la guerra! — urlò l’altro, gonfiando il petto. — Così tutti capiranno chi comanda!

Albertino abbassò lo sguardo verso il Po, che scorreva lento e maestoso. Poi sorrise.
— La guerra non comanda nulla, Crosetto. Fa solo silenzio intorno a chi resta solo.

Crosetto rise, con un suono sgraziato. — E tu cosa ne sai, piccolo santo della pianura?

Albertino non rispose. Si tolse dalla spalla il suo flauto di legno, levigato dal tempo e dal vento, e cominciò a suonare. Era una melodia indiana, dolce e misteriosa, che sembrava nascere dall’acqua stessa del fiume.

Le note si alzarono leggere nell’aria e si dispersero tra i campi. Dalle cascine vicine uscirono uomini e donne, bambini e animali. Tutti si fermarono ad ascoltare. Anche il vento si zittì, per non disturbare quella musica che sembrava abbracciare il mondo.

I carri armati, dimenticati sull’erba, non avevano più importanza. Corsetto restò immobile, guardando quella folla che si stringeva intorno ad Albertino come a una luce viva.

Quando la melodia finì, il Po tornò a mormorare, e l’aria si riempì di pace. Albertino si avvicinò a Corsetto e, con un sorriso gentile, disse:
— Vedi, Corsetto, la musica unisce tutto, mentre la guerra divide. Non servono carri armati per vincere: basta un piccolo flauto per far tornare gli uomini fratelli.

Corsetto abbassò lo sguardo. I suoi pugni si aprirono lentamente, lasciando cadere un pezzetto di legno.
— Forse hai ragione — sussurrò piano. — Ma insegnami a suonare, allora.

Albertino rise.
— Il primo passo è ascoltare, amico mio. E tu, oggi, hai già cominciato.

E mentre il sole calava dietro i pioppi, il fiume cantava con loro, portando via nel suo respiro i carri armati e lasciando solo il suono puro di due cuori che avevano imparato a capirsi.

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La Messa delle Note StonateEra una domenica di luce chiara, e l’aria sapeva di pane e di campane. Albertino si era svegl...
03/11/2025

La Messa delle Note Stonate

Era una domenica di luce chiara, e l’aria sapeva di pane e di campane. Albertino si era svegliato presto, con quel desiderio gentile che prende il cuore quando si sente che qualcosa di bello può accadere. Si vestì con la sua camicina bianca e i pantaloni blu, mise in tasca un piccolo libro di preghiere e partì verso la chiesa di Roncole Verdi, dove quel giorno Beatrice, la sua amica dai capelli biondi come spighe d’estate, avrebbe diretto il coro per la prima volta.

Il parroco, Don Meloni, era un uomo di animo buono e di orecchio sordo. Tutti lo sapevano, ma lui non se ne curava troppo: «L’importante è lodare il Signore con gioia, non con precisione», diceva ridendo, mentre il vento del Po gli scompigliava i capelli bianchi.

Quando Albertino entrò in chiesa, il profumo dell’incenso lo accolse come un abbraccio antico. Le vetrate colorate riflettevano sul pavimento figure di angeli e fiori, e la luce sembrava suonare con loro. Ma bastarono pochi minuti perché quella magia si incrinasse.

Dal coro arrivavano note che correvano e inciampavano, voci che s’inseguivano come bambini capricciosi nel cortile. Chi cantava troppo presto, chi troppo tardi, chi troppo forte. Il risultato era una confusione di suoni che faceva sorridere i fedeli più indulgenti e tapparsi le orecchie ai più sensibili. Don Meloni, ignaro di tutto, sorrideva beato. Per lui era un concerto celestiale.

Albertino, invece, si rattristò. Guardava Beatrice che si agitava come una piccola danzatrice, muovendo le mani e i capelli dorati, ma senza riuscire a domare quel mare stonato. Alla fine della messa, quando il silenzio tornò tra le colonne, Beatrice lo raggiunse con gli occhi pieni di speranza.

— Allora, Albertino, ti è piaciuto? — chiese.

Albertino la guardò. Era in chiesa, e non poteva mentire. Il suo cuore gli suggeriva dolcezza, ma anche verità.

— Sai, Beatrice… — cominciò piano — non basta essere raccomandati o avere belle mani che si muovono leggere. In musica, come nella vita, serve umiltà. Noi siamo piccoli davanti a tanta grandezza. Guarda queste colonne, questi archi: nessuno di loro voleva primeggiare, ma insieme reggono il cielo. Se una pietra fosse messa male, tutto crollerebbe.

Beatrice abbassò gli occhi. Una lacrima, piccola come una perla, le scivolò sulla guancia.

— E allora cosa devo fare per riuscire? — sussurrò.

Albertino sorrise, come fa il vento quando sfiora i fiori del prato.

— Devi aprire il cuore, Beatrice. Non dirigere la musica per te, ma per chi l’ascolta. Non per farti vedere, ma per far sentire il mondo più bello. Quando canterai per il creatore della musica stessa, allora anche il silenzio diventerà armonia.

Beatrice annuì. Le campane suonarono l’Ave Maria. E in quel suono finalmente puro, Albertino capì che forse, quel giorno, una piccola nota giusta era nata nel cuore di Beatrice. 🌾🎶

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L’Organo della Tempesta e dei Fulmini ⛈️Quel giorno il cielo sopra la pianura di Busseto non era sereno come al solito. ...
30/10/2025

L’Organo della Tempesta e dei Fulmini ⛈️

Quel giorno il cielo sopra la pianura di Busseto non era sereno come al solito. Nuvole scure correvano veloci, spinte da un vento inquieto che faceva tremare le foglie e piegare i fili d’erba. Albertino e Beatrice camminavano lungo l’argine del grande fiume, osservando il cielo gonfiarsi come un grande mantello di piombo.

— Senti come brontola il cielo… — disse Beatrice con un misto di paura e meraviglia.
— È la voce della tempesta — rispose Albertino. — Ma non è arrabbiata, sta solo provando la sua musica.

In lontananza, un fulmine squarciò il buio come una penna di luce che scriveva parole di fuoco. Subito dopo arrivò il tuono, profondo e potente, come un rullo d’organo. Beatrice si coprì le orecchie.
— Fa paura…
Albertino sorrise: — Solo perché non lo conosci ancora. La tempesta è come un grande musicista del cielo: suona con i fulmini e canta con il vento.

Poco dopo, un bagliore più vicino fece vibrare l’aria. La pioggia cominciò a cadere in gocce larghe e profumate di terra. Albertino prese la mano di Beatrice e la condusse sotto un grande pioppo.
— Ascolta — le disse. — Ogni fulmine è una nota, ogni tuono un rintocco che scende dal cielo. In questo momento la natura sta suonando il suo organo più grande.

Beatrice guardava il cielo e cominciò a sentire quella sinfonia con il cuore. Il vento fischiava tra le fronde come un flauto selvatico, il tuono ruggiva come un contrabbasso, e la pioggia cadeva a ritmo, come dita leggere sui tasti di un pianoforte.

— Ma chi la dirige questa musica? — domandò.
— Nessuno — rispose Albertino. — È la vita stessa. Quando il cielo si riempie di troppo silenzio, la tempesta lo rompe per ricordarci che anche il rumore è una forma di armonia.

Beatrice chiuse gli occhi e alzò il viso verso la pioggia. Sentì le gocce scendere come carezze, e un brivido dolce attraversarle il corpo. Poi rise, con quella risata limpida che nemmeno il tuono poteva coprire.
— Hai ragione, Albertino. Non fa più paura… sembra musica vera!

Il cielo, come per risponderle, mandò un ultimo lampo luminoso che si spense dolcemente tra le nuvole. Poi il temporale si quietò, lasciando dietro di sé un profumo di terra bagnata e di pace.

Albertino guardò Beatrice: i suoi capelli biondi, inzuppati di pioggia, brillavano come fili d’oro.
— Vedi — disse piano — anche i fulmini servono a far risplendere meglio la luce.

E mentre un arcobaleno nasceva sopra la pianura, i due bambini capirono che la musica più bella del mondo non ha strumenti, né spartiti o direttori in cerca di podi da dirigere ma nasce solo quando l’anima riesce a suonare insieme al cielo di tutti noi. 🌈✨

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I capelli biondi di Beatrice ✨Era una di quelle mattine limpide in cui il mondo sembra appena nato. L’aria profumava di ...
27/10/2025

I capelli biondi di Beatrice ✨

Era una di quelle mattine limpide in cui il mondo sembra appena nato. L’aria profumava di fieno fresco, e il sole si rifletteva nei ruscelli come in uno specchio liquido. Albertino camminava a piedi nudi tra i prati della bassa di Busseto, dove le margherite si inchinavano al vento e le farfalle danzavano sopra i trifogli come pensieri leggeri.

All’improvviso, udì un cinguettio vivace prove**re da un filare di vite. Si avvicinò piano, e lì vide una bambina con lunghi capelli biondi che il sole faceva splendere come oro fuso. Aveva un ramoscello in mano e lo muoveva con grande fervore davanti a un gruppo di passerotti che saltellavano tra le foglie.

— Cosa fai? — chiese Albertino, con la curiosità limpida di chi non teme di stupirsi.

— Dirigo la mia orchestra! — rispose la bambina con un sorriso pieno di orgoglio. — Questi sono i miei musicisti. Guarda come cantano!

Albertino osservò: Beatrice agitava il ramoscello in ogni direzione, si muoveva tutta, e i suoi capelli biondi parevano fili di luce che disegnavano il vento. Ma i passerotti, nonostante la sua energia, continuavano a cinguettare ciascuno a modo suo, senza seguire né tempo né ritmo.

Albertino rise dolcemente.
— Sai, Beatrice, il movimento non deve comandare la musica… deve nascere da essa.

La bambina lo guardò un po’ stupita, stringendo il suo ramoscello come una bacchetta magica.
— Cosa vuoi dire?

— Che la musica non si guida con le braccia, ma con l’anima. È lei che ti suggerisce il gesto giusto. Quando il tuo cuore la ascolta davvero, le mani si muovono da sole, e tutto ciò che fai diventa un disegno nell’aria. Come un mimo, che riesce a mostrare una cosa invisibile perché la sente dentro di sé.

Beatrice abbassò il ramo. Gli uccellini si fermarono, come in attesa di capire se la piccola direttrice avesse qualcosa di nuovo da dire. Allora chiuse gli occhi. Il vento le sfiorò le guance, e sentì il battito leggero del suo cuore unirsi al respiro del mondo.

Piano, mosse le braccia non più per farsi vedere, ma per ascoltare. Il suo gesto diventò lento, pieno di grazia, come un saluto al cielo. E i passerotti, come se avessero compreso quella nuova dolcezza, iniziarono a cinguettare tutti insieme, creando una melodia che profumava di mattina e di luce.

Albertino sorrise.
— Ecco, ora sì che dirigi la tua orchestra.

Beatrice aprì gli occhi e lo guardò con stupore e gioia. I suoi capelli biondi danzavano appena, mossi da una brezza leggera, come fili d’erba baciati dal sole.

— Allora la musica viene da dentro? — domandò.

— Sì — rispose Albertino. — E quando la lasci uscire, il mondo la riconosce e canta con te.

Il canto dei passerotti si fuse con il fruscio delle foglie, e per un istante, tutta la valle di Busseto sembrò trasformarsi in un’unica, meravigliosa sinfonia.

E i capelli biondi di Beatrice brillarono come una partitura d’oro scritta dal vento. 🌿✨

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La Sinfonia delle Stelle ✨Albertino era seduto alla finestra della sua cameretta, immersa tra i prati verdi che profumav...
23/10/2025

La Sinfonia delle Stelle ✨

Albertino era seduto alla finestra della sua cameretta, immersa tra i prati verdi che profumavano di sera. Il cielo sopra di lui era una grande partitura blu, dove le stelle sembravano note sparse da una mano gentile. La luna, tonda e chiara, faceva l’occhiolino come un’amica che non dorme mai.

Albertino guardava in silenzio, con gli occhi pieni di domande. Si domandava quante note ci fossero in una sinfonia, quanti strumenti potessero suonare insieme nel mondo intero. Pensava ai violini che piangono, ai flauti che sorridono, ai tamburi che raccontano storie antiche. Ma poi capì che nessuna orchestra, per quanto grande, avrebbe mai potuto contenere tutte le stelle dell’universo.

“Allora,” pensò, “forse il cielo è la più grande sinfonia che esista.”
E in quell’istante sentì dentro di sé una musica sottile, come se le stelle stesse gli parlassero con la voce del vento.

Albertino ricordò le sinfonie di Beethoven, le 9 che facevano vibrare il mondo, e quelle di Mozart, 41 danze di luce e grazia. Ma un pensiero gli sfiorò il cuore come una piuma: “Il Grande Artista che ha composto questo cielo… lui ha scritto un numero infinito di note. E ciascuna è una stella.”

Restò a lungo a guardare, e gli parve che le stelle si muovessero piano, come un’orchestra silenziosa che prova la sua parte. Ogni battito del suo cuore era un timpano, ogni respiro un flauto. Si sentiva piccolo, ma non solo: faceva parte della musica.

Prima di addormentarsi, Albertino sorrise. Pensò che se tutti sapessero di essere una stella luminosa, nessuno vorrebbe guerre o carestie. Ci sarebbero solo suoni e amore, perché la luce non divide, ma unisce.

E mentre chiudeva gli occhi, una stella più brillante delle altre sembrò chinarsi su di lui, come per dirgli:
“Ricorda, piccolo musicista del cielo: le cose più belle si suonano insieme.” ✨

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La Danza della Caverna e i Tamburi di PietraAlbertino quella mattina camminava piano, col passo leggero di chi sa che la...
20/10/2025

La Danza della Caverna e i Tamburi di Pietra

Albertino quella mattina camminava piano, col passo leggero di chi sa che la pianura è viva e ascolta. Il grande fiume Po scorreva tranquillo come un vecchio contadino che non ha più fretta di arrivare. L’aria odorava di terra bagnata e di erba nuova, e da lontano, molto lontano, arrivava un suono profondo, ritmato, che pareva ve**re dal cuore stesso della pianura.

Albertino si fermò, tese l’orecchio, e sorrise: erano tamburi. O almeno così gli sembrava.
Tamburi di pietra, tamburi che battevano antichi ritmi d’America, dove gli indiani danzavano in cerchio sotto il sole rosso del tramonto, con mille piume colorate e visi dipinti di luce. Gli pareva di vederli, laggiù, che ballavano attorno al fuoco, mentre la terra stessa respirava sotto i loro piedi.

Allora Albertino si mise a correre nei prati lunghi, con il vento che gli scompigliava i capelli. Mise una mano sulla bocca e ululò come un piccolo indiano del Po. Ululò al ritmo dei tamburi, e per un momento gli sembrò che anche gli alberi, le nuvole e i grilli rispondessero al suo canto.

Poi si fermò, con il fiato corto e il cuore pieno di pensieri.
“Ma perché,” si chiese, “gli uomini hanno bisogno di conquistare terre che non sono loro? Perché devono far sparire chi ci viveva prima, solo per costruire cose che distruggono la terra stessa?”

Si sedette sull’erba e guardò lontano, verso i campi che luccicavano sotto il sole. E allora capì.
I tamburi che sentiva non erano tamburi di guerra né di festa, ma i trattori che aravano la valle, scavando solchi dritti come righe di un quaderno. Era la musica del lavoro, la danza della terra che si prepara a rinascere.

Albertino sorrise.
“La musica è bella solo quando c’è armonia,” disse piano. “Le note non conquistano: si incontrano. Come la terra, che accoglie tutti, ma chiede rispetto e amore.”

E così rimase lì, ad ascoltare i tamburi di pietra che suonavano la loro danza lenta e antica, mentre il Po, il grande vecchio, continuava a raccontare al cielo la sua eterna storia d’acqua e di pace.

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Il Concerto del Fiume ViolinoAlbertino camminava lungo il grande fiume Po, che nella sua fantasia non era un semplice co...
16/10/2025

Il Concerto del Fiume Violino

Albertino camminava lungo il grande fiume Po, che nella sua fantasia non era un semplice corso d’acqua, ma una lunga corda di violino stesa tra le montagne e il mare. Lì, tra i riflessi del sole e il canto delle canne, sentiva la musica del mondo.

«Questo fiume è un violino gigante» pensò, chinandosi a guardare la corrente. «Ogni onda è una nota, ogni risacca un respiro.»

Nel regno del Po vivevano creature misteriose: coccodrilli che sorridevano come vecchi direttori d’orchestra e pesci siluro che sembravano contrabbassi addormentati. A nord del fiume abitavano i maestri del tempo e del silenzio, uomini che con la bacchetta facevano nascere i suoni. A sud, invece, fiorivano i violini, le viole e i flauti, che parlavano la lingua del vento e delle stelle.

Albertino sapeva che quel fiume era anche una linea sulla carta geografica, una riga che divideva in due l’Italia, come una ferita dolce. Ma nel suo cuore non c’erano confini: la musica, pensava, non conosce steccati né barriere. «Tutti possono suonare insieme» mormorò, «basta avere una partitura grande, che contenga i sogni di tutti.»

Seduto sulla riva, prese un piccolo ramoscello e cominciò a dirigere l’acqua come un direttore d’orchestra. Il vento divenne un flauto, gli uccelli archi leggeri, e persino i coccodrilli si misero a ba***re le code come timpani sorridenti.

«Nella musica non ci sono rotonde» disse Albertino con voce seria. «Chi arriva prima deve comunque ascoltare gli altri. Il direttore fa scattare i semafori solo quando serve, al verde dell’armonia.»

Allora il fiume si illuminò come un pentagramma di luce, e i pesci siluro scivolarono tra le note profonde del contrabbasso, mentre i violini del sud rispondevano con melodie d’amore e felicità.

Albertino chiuse gli occhi e capì che il segreto del mondo è lo stesso della musica: non conta chi suona più forte, ma chi ascolta con più cuore.

Quando il sole tramontò, il Po tacque un istante, poi riprese a cantare piano.
E Albertino, con un sorriso, sussurrò:
«Il concerto è appena cominciato.» 🎻🌊

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La Toccata delle Montagne e il c***o degli echiQuel mattino il piccolo Albertino si svegliò in una valle avvolta da nuvo...
13/10/2025

La Toccata delle Montagne e il c***o degli echi

Quel mattino il piccolo Albertino si svegliò in una valle avvolta da nuvole leggere come veli di sogno. L’aria profumava di neve lontana e di pini, e sopra le montagne, il sole sembrava un musicista che accordava il cielo. Aveva con sé un piccolo c***o di rame, dono di un pastore che gli aveva detto:
— Soffialo solo quando ti sentirai perduto, e gli echi ti risponderanno con la strada del cuore.

Albertino iniziò a salire il sentiero, e ogni passo era una nota di quella misteriosa toccata delle montagne, una melodia fatta di vento e respiro, di silenzio e stupore. Le nuvole si muovevano come greggi bianche, e il mondo sembrava sussurrare che anche i cammini più ripidi conducono in alto solo se non si ha fretta.

Ma presto la nebbia calò, f***a come un pensiero triste. Il piccolo non vedeva più il sentiero, e il cuore gli tremava come una foglia d’autunno. Si ricordò del c***o. Soffiò piano, e l’eco si sparse tra le rocce.
— Dove devo andare? — chiese.
E da lontano, l’eco rispose:
— Dove c’è luce… anche se non la vedi.

Albertino sorrise. Continuò a camminare, fidandosi non più degli occhi ma del suono. Ogni volta che si fermava, il c***o rispondeva con un’eco diversa: talvolta dolce come una carezza, talvolta forte come un richiamo d’amore. Le montagne parevano vive, e ogni roccia aveva una voce.

Dopo molte ore, il cielo si aprì. Le nuvole si diradarono come tende d’argento, e davanti a lui apparve una vetta luminosa. Da lassù il mondo sembrava un immenso respiro di pace. Albertino si sedette, guardò il suo piccolo c***o e capì che non era l’oggetto ad averlo guidato, ma il coraggio di ascoltare.

Un’aquila gli passò accanto, e il vento portò l’ultimo eco:
— Le salite difficili non puniscono, insegnano a volare.

Albertino chiuse gli occhi, e il cuore gli suonò dentro la più bella delle melodie:
la toccata delle montagne, quella che solo chi ha amato il cammino può davvero udire. 🌤️

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Il Corale del Deserto e l’Arpa del Vento 🌬️Il sole scendeva come un frutto d’arancio sul deserto dorato, e Albertino, co...
10/10/2025

Il Corale del Deserto e l’Arpa del Vento 🌬️
Il sole scendeva come un frutto d’arancio sul deserto dorato, e Albertino, con il suo piccolo mantello di sabbia e sogni, camminava leggero tra le dune. Non c’era nessuno intorno, solo il respiro del vento che pareva cantare. Ogni granello di sabbia era una nota, ogni eco un mistero.
D’un tratto, da lontano, udì un suono che non apparteneva alla terra: un canto profondo, dolce e maestoso, come mille voci che s’intrecciavano in un unico respiro. Era il Corale del Deserto, la musica che, secondo le leggende, il vento suonava per gli spiriti della sabbia al calar del sole.
Albertino si fermò, chiuse gli occhi, e sentì che quell’armonia parlava direttamente al suo cuore. Seguì le note, camminando verso una duna più alta. Lì, sulla cima, trovò qualcosa di straordinario: un’arpa gigantesca costruita con rami d’acacia e corde di luce, tesa tra due rocce antiche. Soffiando tra le sue corde, il vento creava melodie che sembravano contenere il segreto del mondo.
«Chi suona questa musica?» chiese Albertino, rivolto all’orizzonte.

Una voce rispose, lieve come una piuma:
«Io sono l’Arpa del Vento, e canto ciò che il deserto ricorda. Ogni volta che un viandante ascolta il mio suono con il cuore puro, gli rivelo un frammento d’eternità.»
Albertino si inginocchiò accanto all’arpa e cominciò a cantare anche lui, con la sua voce limpida e sottile. Le corde vibrare risposero, intrecciando il suo canto al soffio del vento. E allora accadde un miracolo: dalle dune cominciarono a sollevarsi spirali di sabbia che divennero figure luminose — antichi viandanti, animali scomparsi, sogni dimenticati. Tutti danzavano al ritmo del corale, come un’unica grande anima del deserto.

Quando il canto finì, il vento tacque. L’arpa brillò per un istante, poi scomparve, lasciando solo un piccolo frammento di corda dorata tra le mani di Albertino.
«Ricorda, piccolo cantore,» sussurrò il vento, «il mondo è pieno di arpe invisibili. Basta ascoltare con il cuore, e ogni silenzio diventa musica.»
Albertino sorrise, guardando il cielo che ora ardeva di stelle. Poi riprese il cammino, con la corda d’oro al collo e il deserto che mormorava, come un grande coro senza fine.

E il vento, felice, suonò ancora per lui. 🌟

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- La Sonata della Foresta dagli Strumenti NascostiSi narra che in un tempo non lontano, ma celato agli occhi dei superbi...
25/09/2025

- La Sonata della Foresta dagli Strumenti Nascosti

Si narra che in un tempo non lontano, ma celato agli occhi dei superbi, un fanciullo di nome Albertino andasse per i boschi insieme ai suoi compagni. Essi correvano tra i tronchi come cerbiatti lieti, e ridevano a ogni passo, ma il cuore d’Albertino era preso da una dolce cura: egli voleva rallegrare i suoi amici con segni di bellezza.

Allora prese l’argilla che la terra offriva, umida e tenera, e con mani pure ne plasmò figure d’uccellini. Li fece con tale arte che parevano vivi, poiché gli occhi brillavano, le ali erano disposte al moto, e il becco sembrava pronto al canto. Gli amici guardavano e ridevano, dicendo: “Albertino, i tuoi uccelli non voleranno mai, perché fatti sono di fango e polvere”. E il riso di scherno punse il cuore innocente del fanciullo.

Ma Albertino, che non conosceva orgoglio bensì speranza, trasse dal suo grembo un flauto rosso, che teneva caro come dono del cielo. E cominciò a soffiare in esso una melodia che non veniva da lui soltanto, ma dalle fronde stesse della foresta. Gli alberi ondeggiavano, le foglie frusciavano come corde di cetra, e il vento portava la musica oltre i sentieri.

Ed ecco che avvenne cosa mirabile: gli uccellini di argilla cominciarono a tremare, a muovere le ali, e dal loro becco uscì un cinguettio soave. Con un balzo si sollevarono in aria e presero a volare tra i rami, cantando e girando lietamente come vere creature.

I fanciulli, vedendo il prodigio, si spaventarono e si nascosero dietro i tronchi, temendo fosse incanto o sogno. Ma Albertino restava sereno, perché aveva compreso che la musica non è cosa vana: essa è spirito che anima ciò che è inerte, soffio invisibile che accende l’anima e la colora.

E come dice il sapiente, “La musica è simile al vento: non la vedi, non la tocchi, e nondimeno ti scuote e ti innalza”. Così Albertino conobbe che il canto, quando è puro, viene dall’alto e all’alto riconduce.

Perciò da quel giorno i suoi amici non lo derisero più, ma custodirono la memoria del miracolo. E ancora oggi, chi entra nel bosco e vi tende l’orecchio, può udire la sonata degli strumenti nascosti, ove le foglie, gli uccelli e il flauto invisibile del cielo compongono un unico canto, che non si perde mai.

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