03/11/2025
La Messa delle Note Stonate
Era una domenica di luce chiara, e l’aria sapeva di pane e di campane. Albertino si era svegliato presto, con quel desiderio gentile che prende il cuore quando si sente che qualcosa di bello può accadere. Si vestì con la sua camicina bianca e i pantaloni blu, mise in tasca un piccolo libro di preghiere e partì verso la chiesa di Roncole Verdi, dove quel giorno Beatrice, la sua amica dai capelli biondi come spighe d’estate, avrebbe diretto il coro per la prima volta.
Il parroco, Don Meloni, era un uomo di animo buono e di orecchio sordo. Tutti lo sapevano, ma lui non se ne curava troppo: «L’importante è lodare il Signore con gioia, non con precisione», diceva ridendo, mentre il vento del Po gli scompigliava i capelli bianchi.
Quando Albertino entrò in chiesa, il profumo dell’incenso lo accolse come un abbraccio antico. Le vetrate colorate riflettevano sul pavimento figure di angeli e fiori, e la luce sembrava suonare con loro. Ma bastarono pochi minuti perché quella magia si incrinasse.
Dal coro arrivavano note che correvano e inciampavano, voci che s’inseguivano come bambini capricciosi nel cortile. Chi cantava troppo presto, chi troppo tardi, chi troppo forte. Il risultato era una confusione di suoni che faceva sorridere i fedeli più indulgenti e tapparsi le orecchie ai più sensibili. Don Meloni, ignaro di tutto, sorrideva beato. Per lui era un concerto celestiale.
Albertino, invece, si rattristò. Guardava Beatrice che si agitava come una piccola danzatrice, muovendo le mani e i capelli dorati, ma senza riuscire a domare quel mare stonato. Alla fine della messa, quando il silenzio tornò tra le colonne, Beatrice lo raggiunse con gli occhi pieni di speranza.
— Allora, Albertino, ti è piaciuto? — chiese.
Albertino la guardò. Era in chiesa, e non poteva mentire. Il suo cuore gli suggeriva dolcezza, ma anche verità.
— Sai, Beatrice… — cominciò piano — non basta essere raccomandati o avere belle mani che si muovono leggere. In musica, come nella vita, serve umiltà. Noi siamo piccoli davanti a tanta grandezza. Guarda queste colonne, questi archi: nessuno di loro voleva primeggiare, ma insieme reggono il cielo. Se una pietra fosse messa male, tutto crollerebbe.
Beatrice abbassò gli occhi. Una lacrima, piccola come una perla, le scivolò sulla guancia.
— E allora cosa devo fare per riuscire? — sussurrò.
Albertino sorrise, come fa il vento quando sfiora i fiori del prato.
— Devi aprire il cuore, Beatrice. Non dirigere la musica per te, ma per chi l’ascolta. Non per farti vedere, ma per far sentire il mondo più bello. Quando canterai per il creatore della musica stessa, allora anche il silenzio diventerà armonia.
Beatrice annuì. Le campane suonarono l’Ave Maria. E in quel suono finalmente puro, Albertino capì che forse, quel giorno, una piccola nota giusta era nata nel cuore di Beatrice. 🌾🎶
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