Arte Sonora

Arte Sonora Distributore Mondiale: www.danmarkmedia.com

Arte Sonora è un etichetta discografica di proprietà del musicista Claudio Ferrarini, che ha un unico obiettivo: promuovere la musica di qualità non tenendo conto di alcun confine di genere. Claudio Ferrarini porta la sua esperienza di oltre 250 cd di musica classica nell’ambito contemporaneo mantenendo una sola parola: eccellenza. Eccellenza in ogni parte del prodotto finale dalle composizioni s

celte alla qualità dei musicisti e delle loro esecuzioni, dalla registrazione al mixaggio al mastering. Il produttore Giovanni Amighetti di Arvmusic si unisce ad Artesonora in questa nuova ed entusiasmante avventura portando la sua esperienza nel saper registrare qualsiasi tipo di sonorità e musica in ogni situazione e regione del mondo. Arte Sonora is a recording label owned by master musician Claudio Ferrarini that has one main goal:
promote quality music over any defined boundary. Claudio Ferrarini brings his experience of over 250 classical music vinyl and cds to every genre and non-genre of nowadays contemporary world music, mantaining just one word: Excellence. Excellence on every part of the final product from compositions to musicians’ ex*****on, from recording to mixing and mastering. Arvmusic producer Giovanni Amighetti joins Artesonora in this new and exciting adventure bringing his experience in recording any kind of music in any region of our world.

- La Sonata della Foresta dagli Strumenti NascostiSi narra che in un tempo non lontano, ma celato agli occhi dei superbi...
25/09/2025

- La Sonata della Foresta dagli Strumenti Nascosti

Si narra che in un tempo non lontano, ma celato agli occhi dei superbi, un fanciullo di nome Albertino andasse per i boschi insieme ai suoi compagni. Essi correvano tra i tronchi come cerbiatti lieti, e ridevano a ogni passo, ma il cuore d’Albertino era preso da una dolce cura: egli voleva rallegrare i suoi amici con segni di bellezza.

Allora prese l’argilla che la terra offriva, umida e tenera, e con mani pure ne plasmò figure d’uccellini. Li fece con tale arte che parevano vivi, poiché gli occhi brillavano, le ali erano disposte al moto, e il becco sembrava pronto al canto. Gli amici guardavano e ridevano, dicendo: “Albertino, i tuoi uccelli non voleranno mai, perché fatti sono di fango e polvere”. E il riso di scherno punse il cuore innocente del fanciullo.

Ma Albertino, che non conosceva orgoglio bensì speranza, trasse dal suo grembo un flauto rosso, che teneva caro come dono del cielo. E cominciò a soffiare in esso una melodia che non veniva da lui soltanto, ma dalle fronde stesse della foresta. Gli alberi ondeggiavano, le foglie frusciavano come corde di cetra, e il vento portava la musica oltre i sentieri.

Ed ecco che avvenne cosa mirabile: gli uccellini di argilla cominciarono a tremare, a muovere le ali, e dal loro becco uscì un cinguettio soave. Con un balzo si sollevarono in aria e presero a volare tra i rami, cantando e girando lietamente come vere creature.

I fanciulli, vedendo il prodigio, si spaventarono e si nascosero dietro i tronchi, temendo fosse incanto o sogno. Ma Albertino restava sereno, perché aveva compreso che la musica non è cosa vana: essa è spirito che anima ciò che è inerte, soffio invisibile che accende l’anima e la colora.

E come dice il sapiente, “La musica è simile al vento: non la vedi, non la tocchi, e nondimeno ti scuote e ti innalza”. Così Albertino conobbe che il canto, quando è puro, viene dall’alto e all’alto riconduce.

Perciò da quel giorno i suoi amici non lo derisero più, ma custodirono la memoria del miracolo. E ancora oggi, chi entra nel bosco e vi tende l’orecchio, può udire la sonata degli strumenti nascosti, ove le foglie, gli uccelli e il flauto invisibile del cielo compongono un unico canto, che non si perde mai.

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- La Fuga del Mare che canta 🌊Albertino, con i suoi riccioli dorati mossi dal vento serale, camminava scalzo sulla sabbi...
11/09/2025

- La Fuga del Mare che canta 🌊

Albertino, con i suoi riccioli dorati mossi dal vento serale, camminava scalzo sulla sabbia umida della riva. Il mare, davanti a lui, non era soltanto mare: era un’immensa tastiera di onde che, rincorrendosi, parevano suonare una fuga di Bach.
«Che meraviglia!» esclamò il fanciullo, battendo le mani. «È come se le onde si dessero il cambio, una dopo l’altra, per creare armonie sempre nuove.»
E più guardava quel movimento senza fine, più sentiva dentro il suo piccolo cuore che la musica del mondo era lì, davanti a lui, a portata d’anima.
Ad un tratto, tra un frangersi e l’altro della schiuma, ecco apparire un cavalluccio marino, lucente come un gioiello d’acqua. Albertino si chinò e lo osservò con occhi spalancati.
«Caro cavalluccio,» gli disse, «come sei fortunato tu, che abiti in un mare d’armonie di Bach! Ogni onda che ti accarezza è una nota, ogni risacca un contrappunto. Io invece vivo in un mondo che rincorre ricchezze e rumori, e non sa che il tesoro più grande è questo canto infinito.»
Il cavalluccio lo guardò serio serio, con quegli occhietti brillanti che sembravano due stelle. Poi mosse piano la coda e rispose con voce sottile ma ferma:
«Non ti crucciare, Albertino. Gli uomini dimenticano, ma tu ricorda. Verrà il giorno in cui, con il tuo flauto, suonerai onde di Bach tanto luminose che perfino le pietre si metteranno a danzare. E allora il mondo tornerà meraviglioso.»
Albertino arrossì di gioia. «Davvero credi che io possa?» domandò, tremando un poco.
«Certo,» replicò il cavalluccio, «perché chi sa ascoltare la musica del mare, sa già suonare quella del cielo.»
In quel momento, la luna piena si levò sopra l’orizzonte, rotonda e bianca come una candela accesa nell’infinito. La sua luce si rifletteva sulle onde, che diventavano d’argento e d’oro, e pareva davvero che una grande fuga stesse scorrendo, scritta con note liquide e celesti.
Albertino chiuse gli occhi, si portò le mani al petto e pensò: Se questo è il dono del mare, io voglio custodirlo per sempre dentro di me.
Quando li riaprì, il cavalluccio non c’era più, inghiottito dal suo regno d’acqua. Ma la sua voce restava nell’aria, dolce e viva come un’eco:
«Suona, Albertino, suona… e il mondo sarà nuovo.»
E il fanciullo, felice, si addormentò sulla riva, cullato da una fuga che non finiva mai.

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- La Sarabanda della Luna 🌙Era una sera chiara chiara, con il cielo lavato dal vento e tutte le stelle accese come lumin...
04/09/2025

- La Sarabanda della Luna 🌙

Era una sera chiara chiara, con il cielo lavato dal vento e tutte le stelle accese come lumini in festa. Albertino, con i suoi capelli biondi che parevano fili d’oro sciolti al respiro della notte, se ne stava seduto sull’erba fresca del prato, col mento appoggiato sulle mani e gli occhi grandi e sgranati. Guardava la Luna piena, tonda come una pagnotta appena sfornata, e ascoltava.
—Ascoltava cosa?— vi domanderete. Non già i grilli, né il canto lontano del gufo. No, Albertino ascoltava la musica misteriosa che scendeva dalla Luna stessa: una sarabanda lenta, dolce, che pareva ba***re il tempo con raggi d’argento sulle foglie degli alberi e sulle onde del ruscello.

Il piccolo cuore di Albertino prese a ba***re come un tamburello. Non era paura, e nemmeno stupore: era la certezza di qualcosa che non si vede con gli occhi ma che si sente dentro, là dove nessuno può mentire. Quella luce non era il sole, fiero e accecante; era piuttosto la dolcezza nascosta, l’interiorità segreta che vive in ogni persona buona di questa nostra povera e splendida Terra. Albertino pensò che forse la Luna, con la sua faccia bianca e tranquilla, custodisse lo scrigno delle anime gentili. Ogni volta che una persona faceva un gesto bello, la Luna lo raccoglieva come una nota musicale, e poi, nelle notti serene, li suonava tutti insieme, componendo la sua sarabanda.
Il bambino chiuse gli occhi e gli parve di udire voci lontane, come di persone che si tenevano per mano, che ridevano, che consolavano, che aiutavano. Ogni sorriso era un accordo, ogni carezza un’armonia, ogni bontà una melodia che rimbalzava dalla Terra al cielo e dal cielo tornava alla Terra, come un dono che non finisce mai.

—Oh, se gli uomini potessero udire questa musica!— sospirò Albertino. —Forse non ci sarebbero più litigi né tristezze. Tutti danzerebbero insieme alla sarabanda della Luna, e la Terra diventerebbe un grande giardino di pace.—
E con questo pensiero tenero e grande, il piccolo Albertino rimase a fissare la Luna, che pareva sorridergli complice, come una nonna che racconta la più bella delle favole. 🌙

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“Albertino è La Rocca di Ferro”Il sole si levava dietro le montagne della Vallechiara, tingendo di rosso e d’oro le cime...
01/09/2025

“Albertino è La Rocca di Ferro”

Il sole si levava dietro le montagne della Vallechiara, tingendo di rosso e d’oro le cime innevate. Albertino, che da qualche tempo aveva raccolto attorno a sé un’orchestra di contadini, pastori e artigiani, sentiva che la loro musica era destinata a spingersi oltre i confini della valle. Un nuovo ardore lo animava: portare l’armonia là dove ancora regnavano discordia e rivalità.
Una mattina, giunse in paese un viandante, il volto segnato dal vento e dagli anni. Si chiamava Ser Danubio, un antico menestrello che aveva percorso città e castelli. Sedette accanto al fuoco e narrò di terre lontane, dove i popoli si guardavano con sospetto e i sovrani parlavano di guerra. «Se là giungesse la vostra musica,» disse con voce roca, «forse i cuori troverebbero pace.»
Quelle parole caddero nell’animo di Albertino come scintille su un’erba secca. Radunò i compagni: il mugnaio col suo tamburo, la giovane pastorella col flauto, il fabbro con le campane di ferro forgiate dalle sue mani. «Amici,» esclamò, «la nostra missione non è restare chiusi qui. Partiremo! Porteremo la nostra melodia dove gli uomini hanno dimenticato l’ascolto.»
Così, con strumenti legati a bisacce e muli carichi di provviste, il piccolo drappello si mise in cammino. Attraversarono boschi scuri dove gli alberi parevano mormorare antichi segreti, valicarono torrenti impetuosi, sfidando la furia delle acque. Ogni sera, quando il pericolo era scampato, si sedevano attorno al fuoco e intonavano canti: le stelle sembravano inchinarsi, e perfino gli animali selvatici si avvicinavano, placati dalla dolcezza delle note.
Ma la vera prova li attendeva ai piedi della Rocca di Ferro, città cinta da mura possenti, dove due casati rivali erano pronti a scatenare battaglia. L’aria era greve, le torce ardevano minacciose sulle torri. Albertino, con cuore saldo, ordinò: «Suonate, fratelli, che la nostra voce sia più forte delle armi!»
Allora i tamburi rullaron come tuoni, i flauti si levarono come brezze mattutine, le corde vibrarono come il canto del mare. La musica invase la piazza, penetrò nei vicoli, scalò le mura. I guerrieri, sorpresi, rallentarono il passo; le spade rimasero sospese. Nei loro occhi balenò un lampo di ricordo: il tempo in cui anche loro erano stati bambini, e avevano udito il canto delle madri.
Così si concluse la prima impresa di Albertino oltre la valle: non con sangue, ma con armonia. E la leggenda narra che, da quel giorno, la Rocca di Ferro fu ricordata non come teatro di guerra, ma come il luogo in cui la musica disarmò gli uomini.

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Albertino, un giovane sognatore, correva lungo le rive del grande fiume Po, il sole che danzava sulle acque come una mel...
28/08/2025

Albertino, un giovane sognatore, correva lungo le rive del grande fiume Po, il sole che danzava sulle acque come una melodia antica. La vasta distesa del fiume lo affascinava, e nella sua fervida immaginazione, si trasformava nel maestoso Nilo. Si vedeva navigare tra le piramidi, viaggiando in luoghi lontani, dove la vita pulsava in un ritmo diverso. Ma, nella realtà, il Po offriva avventure ben più terrene. Tra il mormorio dell’acqua e il frusciare delle canne, Albertino scoprì un siluro che emergeva dalle profondità come una creatura mitologica. Le grandi b***e di fieno, sparse nei campi, assumevano la forma della Sfinge, e il ragazzo, con un sorriso, si arrampicava su di esse, cercando di decifrare i misteri del mondo. Ogni passo era un passo verso un mondo incantato, dove gli unici timori erano quelli di una mente troppo fervida, in un’atmosfera di dolce spensieratezza. Nella valle del Po, gli echi delle storie di G. Verdi e delle parole di G. Guareschi risuonavano. Albertino sognava di essere come loro, di lasciare un segno nel grande libro della vita. «Voglio essere musicista e scrittore», si ripeteva, mentre l'aria fresca lo circondava come un abbraccio. Sapeva bene che, dove non arrivava la musica, poteva sempre arrivare la parola scritta, capace di evocare emozioni forti e raccontare di avventure senza confini.
Con il cuore colmo di speranza, Albertino si lasciò guidare dalla sua immaginazione. Sul ciglio di quel fiume, tra le canne e le sfide quotidiane, trovò il suo palcoscenico e il suo foglio bianco. Ogni corsa, ogni risata, ogni sogno lo avvicinava a un futuro che sarebbe stato splendidamente suo.

https://open.spotify.com/track/3XJpPAqVLz8xa6tQeL2mcz?si=UuaYE5v6Tw6vxTwgwjFlvQ

https://music.apple.com/it/album/ludovico-einaudi-sarabande-arr-for-flutes-harp-and/1829305611

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Il piccolo Albertino, con gli occhi grandi come stelle, si trovava quella sera dinanzi alla luna. L’astro argenteo si le...
25/08/2025

Il piccolo Albertino, con gli occhi grandi come stelle, si trovava quella sera dinanzi alla luna. L’astro argenteo si levava immenso sull’orizzonte, e nel cuore del bambino saliva una domanda che ardeva come fiamma: “Là, dove regna il silenzio assoluto, può esistere la musica?”
Si fermò, rapito, mentre un vento leggero gli muoveva i capelli biondi. Il pensiero lo portava lontano, oltre la terra, oltre i mari che Salgari avrebbe descritto in tempeste di vele e cannonate, sino a quel regno deserto e misterioso. La luna, per Albertino, non era una distesa morta di rocce, ma un immenso teatro sospeso, dove il silenzio non era nemico, ma compagno fedele.
“Forse,” rifletté il fanciullo, “la musica trova proprio nel silenzio la sua forza. Come un guerriero ha bisogno del riposo prima della battaglia, così la melodia ha bisogno del vuoto per librarsi libera.”
Allora si immaginò che le note, prive di gravità, potessero volare leggere sulla luna, non trascinate verso il basso, ma innalzate come vele gonfie di vento. Una sarabanda, lenta e solenne, risuonava nel suo cuore. La vide fluttuare nell’aria rarefatta, come un corteo di cavalieri invisibili che danzavano senza catene.
Albertino sorrise: “La luna è una danzatrice silenziosa, e la sarabanda è il suo passo. Così anche l’uomo, ogni uomo, ha dentro di sé una sarabanda segreta. Essa lo accompagna per tutta la vita, invisibile compagna di gioie e dolori, come un’armata fedele che non abbandona mai il suo condottiero.”
E mentre la luna brillava, Albertino sentì che la sua musica non aveva bisogno di corde o di fiati. Bastava ascoltare dentro di sé, e la sarabanda eterna del cosmo lo avrebbe guidato, come una vela bianca nel mare infinito della notte.

https://open.spotify.com/track/2sOGDAPSawwUIAzaLQk2P6?si=LFvvL0fET46--cKZfoj_qA

https://music.apple.com/it/album/ludovico-einaudi-santiago-arr-for-flutes-harp-and/1829305136

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Albertino, un giovane di dieci anni, arrivò sulla spiaggetta del golfo di Cugnana con gli occhi pieni di meraviglia. La ...
21/08/2025

Albertino, un giovane di dieci anni, arrivò sulla spiaggetta del golfo di Cugnana con gli occhi pieni di meraviglia. La Sardegna, con le sue acque turchesi e il profumo di macchia mediterranea, lo abbracciò come un vecchio amico. Si sedette sulla sabbia calda, lasciando che il sole lo coccolasse, mentre il vento gli accarezzava i capelli.
Chiudeva gli occhi e accettava il concerto della natura: il fruscio delle onde che si infrangevano delicatamente sugli scogli, il canto degli uccelli che si rincorrevano nel cielo azzurro e il sussurro del vento, che pareva raccontare storie antiche. Con il cuore aperto, Albertino si sentì parte di quel mondo. "Devo ascoltare", pensò, "ascoltare con il cuore".
Ogni soffiata del vento sembrava portarlo lontano, verso luoghi incantati. Immaginava cavalli galoppanti attraverso prati fioriti, e pirati che solcavano mari sconfinati. Ma quel momento era qui, ed era dolce. Si lasciò andare, ascoltando i sussurri della natura. Un’onda ruppe con fragore e il ragazzo rise, come se la vita stessa gli stesse facendo il solletico.
"Vedi, Albertino," sembrò dire il vento, "la vita è un canto, un’armonia di suoni. Ogni onda è una nota, ogni alito di vento un verso di poesia". Comprendeva allora che non doveva solo vedere, ma sentire. Sentire la vita che scorre, le esperienze che si intrecciano come le radici degli alberi.
Mentre il sole calava all'orizzonte, tingendo il cielo di arancio e rosa, Albertino si alzò. Con il cuore colmo di gratitudine per quel piccolo angolo di paradiso, aveva imparato la lezione più bella: nella semplicità della natura, c'era una saggezza infinita da scoprire. E così, lasciò la spiaggetta, ma portò con sé il canto del vento, che lo accompagnò per sempre.

https://open.spotify.com/track/0MOmkSkvBPXbEJUJ95ZVWR?si=k09hAEGwQSudC7mE6htnEQ

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Dedicato a quei imbecilli…Nella grande sala di prova, le luci al neon tremolavano come se stessero anch’esse provando a ...
19/08/2025

Dedicato a quei imbecilli…
Nella grande sala di prova, le luci al neon tremolavano come se stessero anch’esse provando a resistere. I musicisti erano radunati, strumenti in mano, ognuno con il proprio piccolo gesto di vanità: un archetto sollevato con finta sicurezza, una smorfia studiata per sembrare concentrazione, un piegarsi teatrale del busto che voleva simulare ispirazione. Tutti, in quella penombra, si credevano solisti. Si parlavano a mezza voce, si guardavano negli specchi sporchi alle pareti, esercitavano movimenti più che note. Il suono diventava un accessorio, secondario rispetto alla maschera che indossavano. Eppure, quando l’orchestra cominciava a suonare, il loro limite appariva chiaro: smarriti, esitanti, nascosti nel rumore collettivo. Nessuno reggeva il peso della linea musicale quando la voce degli altri taceva. Essere solista, pensavano, era soltanto un fatto di apparire al centro della scena, ricevere applausi, reggere una parte più difficile delle altre. Non capivano che il vero solista non è mai al centro per se stesso, ma per ciò che porta alla luce: un universo invisibile che attraverso di lui prende forma.
Il vero solista è colui che ha scavato, centimetro per centimetro, nelle fibre del proprio strumento, che ha conosciuto il silenzio prima del suono e il peso della nota prima che venga emessa. Non basta saper ripetere frasi imparate a memoria, come un pappagallo che restituisce parole mai comprese. Non basta muoversi in modo convulso, o coprirsi il volto con un’espressione studiata per il pubblico.
Il concertista autentico non imita: egli scopre. Egli è solo davanti all’universo e, con il proprio fiato, le proprie dita, le proprie corde, rende possibile che ciò che è infinito si faccia udibile.
E mentre gli orchestrali mediocri continuavano a moltiplicarsi, gonfi di un protagonismo vuoto, l’ombra di un vero solista li osservava in silenzio. Non aveva bisogno di imporsi: il suo suono, quando finalmente nacque, disfece tutte le maschere, e il cielo intero parve chinarsi ad ascoltarlo.

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Io sono il mio cambiamento …Il principio di indeterminazione di Heisenberg, nato nel cuore della fisica quantistica, ci ...
14/08/2025

Io sono il mio cambiamento …
Il principio di indeterminazione di Heisenberg, nato nel cuore della fisica quantistica, ci insegna che l’atto stesso di osservare un fenomeno ne modifica inevitabilmente lo stato. Non esiste un’osservazione “pura” e neutra: la realtà che percepiamo è sempre intrecciata con il nostro intervento. Applicare questo concetto alla musica significa comprendere che nessuna esecuzione può essere un atto totalmente “fedele” all’originale, perché il musicista, con il proprio strumento e la propria sensibilità, diventa parte integrante dell’opera stessa. Quando prendo in mano una partitura e la affido al mio flauto, la musica inizia un nuovo viaggio. La sequenza di note, pur identica a quella scritta dal compositore, si colora di respiro, di timbro, di vibrazione personale. È un po’ come se la partitura fosse una mappa, ma il viaggio reale — con le sue luci, le sue curve, i suoi imprevisti — fosse ogni volta diverso. Anche due esecuzioni dello stesso interprete non saranno mai perfettamente identiche: il momento, l’energia, il contesto influenzano ogni soffio, ogni legatura, ogni accento. Se poi consideriamo le trasposizioni da uno strumento all’altro, il discorso diventa ancora più evidente. Portare un brano concepito, ad esempio, per clavicembalo o violino al flauto non significa solo cambiare timbro, ma anche ridisegnare gli equilibri sonori, reinterpretare la respirazione musicale, ricreare l’opera con un corpo sonoro diverso. La melodia e l’armonia possono rimanere formalmente le stesse, ma il loro volto cambia irrimediabilmente: ciò che emerge è una composizione nuova, figlia dell’originale ma autonoma.
La musica, in questo senso, è come il mare: l’acqua è sempre acqua, eppure ogni onda è diversa dall’altra, modellata dal vento e dalle correnti. O come le nuvole, che pur essendo sempre vapore acqueo, assumono forme e disegni che non si ripeteranno mai uguali. L’opera scritta è un’idea potenziale; l’esecuzione è la sua incarnazione unica e irripetibile.
Così, il principio di Heisenberg non è solo un concetto fisico, ma anche una poetica della musica: ogni interpretazione è un atto creativo che, inevitabilmente, muta e rinnova l’opera, trasformandola in qualcosa di vivo, in perenne divenire.

https://open.spotify.com/track/0eT5LTkDEFfkOQS0dTMgKo?si=8CGXtRjBQVGQF4o8iqufXg

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«Udite, udite, buona gente, e lasciate che vi narri la storia che i vecchi della valle ancora sussurrano nelle notti di ...
11/08/2025

«Udite, udite, buona gente, e lasciate che vi narri la storia che i vecchi della valle ancora sussurrano nelle notti di luna piena…
C’era un tempo in cui gli uomini, accecati dall’orgoglio, si alzavano in armi l’uno contro l’altro. Ma in una valle nascosta, cinta da colline verdi come smeraldi, viveva un giovane di nome Albertino, che portava nel cuore un segreto: sapeva che la musica poteva spegnere la fiamma della guerra.
Un giorno, stanco di udire parole aspre e passi pesanti, si recò dal Maestro Liuto, custode delle antiche melodie, e gli disse:
— Maestro, perché gli uomini scelgono lo scontro, quando potrebbero scegliere il canto?
E il vecchio, con voce profonda come un organo di cattedrale, rispose:
— Perché hanno dimenticato l’arte di suonare insieme. In musica non c’è un solo re: ogni voce, piccola o grande, è necessaria per l’armonia.
Allora Albertino, ispirato, percorse la valle di porta in porta. Invitò contadini, artigiani, bambini e anziani: “Portate uno strumento, fosse anche un cucchiaio di legno. Venite, e suoneremo come fratelli.”
La sera fissata, nel grande prato sotto il castagno millenario, si raccolse un popolo intero. C’erano tamburi, lire, flauti, corni, e persino il mugnaio con la sua ruota che batteva il tempo. Al primo accordo, un’onda invisibile si sollevò, e ogni nota si legò all’altra come fili d’oro in un arazzo celeste.
Si racconta che quella notte la guerra, cavalcando verso la valle, si fermò. Udì la melodia e, vinta dalla dolcezza, tornò indietro silenziosa.
Da allora, ovunque si suoni in vera armonia, i cuori si riconoscono come fratelli, e la pace regna.
E io vi dico, amici miei, se un giorno il mondo intero imbracciasse strumenti e non spade, la Terra intera sarebbe un unico concerto, e nessuna battaglia vi troverebbe dimora.»

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Il cielo riflesso di AlbertinoAlbertino sedeva su una panchina di legno chiaro, nel giardino umido del primo pomeriggio,...
07/08/2025

Il cielo riflesso di Albertino

Albertino sedeva su una panchina di legno chiaro, nel giardino umido del primo pomeriggio, dove l’aria sembrava sospesa tra estate e memoria. Davanti a lui, una pozzanghera – vasta come un piccolo specchio del mondo – rifletteva il cielo. Le nuvole vi danzavano lente, mutevoli, come note sparse su uno spartito invisibile.
Il giovane osservava. E pensava.
Quelle forme mobili, incostanti eppure così familiari, gli parevano suoni. Ogni mutamento era un passaggio armonico, ogni riflesso un colore d’orchestra. Si domandò se fosse la luce a dare loro voce, o se fosse il suo cuore, nel tentativo di comprenderle.
“Anche noi,” pensò Albertino, “siamo come nuvole: nasciamo, ci espandiamo, cambiamo forma e colore. E nel tempo – impercettibilmente – diveniamo altro.”
Vide allora, tra le pieghe del cielo specchiato, i volti delle persone amate, amici e sconosciuti, come fiori sbocciati lungo il cammino. E comprese che anche noi, come i fiori, emaniamo profumi invisibili, musiche interiori. E ci attraiamo, ci accompagniamo, ci fondiamo – non per cancellarci, ma per diventare altro, insieme.
Non era più il tempo del conflitto, della divisione, delle parole taglienti. Era giunta l’ora del sentimento profondo, della fusione dei cuori. Perché solo unendosi si poteva davvero mutare in qualcosa di nuovo – come le nuvole che si rincorrono nel cielo per poi dissolversi in una pioggia che nutre la terra.
Albertino socchiuse gli occhi. Le nuvole, riflesse e vere, continuavano il loro lento mutamento, come un’orchestra celeste che suonava per chi sapesse ascoltare.
E lui ascoltava.
Capiva, allora, che la vita non è altro che una lunga melodia di metamorfosi, in cui ogni incontro è un accordo, ogni abbraccio un’armonia.
E che solo amando, comprendendo, fondendosi — si può diventare la vera musica del mondo.

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La nebbia e AlbertinoAlbertino si alzò presto, quando il cielo era ancora un pensiero tra il buio e la luce. Prese il su...
05/08/2025

La nebbia e Albertino

Albertino si alzò presto, quando il cielo era ancora un pensiero tra il buio e la luce. Prese il suo cappello di lana, un bastone sottile e scese lungo il sentiero verso il fiume. Il mondo era coperto da una nebbia spessa, come panna che dormiva sopra ogni cosa. I rami, le case, perfino il campanile parevano fantasmi immobili nel latte del mattino.
Albertino camminava piano. Non aveva paura. Amava la nebbia.
Diceva che era come un canto, una musica che non si sente ma si sente. La nebbia non toglie, pensava, ma restituisce. Nasconde il mondo solo per renderlo più bello quando lo lascia riapparire. Come una carezza lenta.
Sul molo, sedette a gambe incrociate. Non si vedeva l’acqua, ma lui sapeva che c’era. Lo sentiva nel silenzio, nel respiro umido che gli si posava sulla pelle. Ogni tanto una sagoma compariva, un albero, una barca legata, e poi svaniva di nuovo, come se la nebbia giocasse con lui a nascondino.
“È così che dev’essere l’armonia,” disse a bassa voce, come se parlasse alla nebbia stessa. “Ti avvolge e ti cambia senza che tu lo sappia. E quando te ne accorgi, sei già dentro il sogno.”
Alzò gli occhi. Da dietro la cortina lattiginosa, il sole cominciava a filtrare. Lì dove prima non c’era nulla, ora appariva una barca rossa, e poi una fila di alberi, e poi la casa del vecchio pescatore con il tetto storto.
Albertino sorrise. Non era un sorriso allegro, ma di quelli pieni di sapere, come fanno i vecchi quando il mondo si comporta esattamente come avevano previsto.
Si alzò e tornò indietro. Lasciò il fiume, la nebbia, e tutto quello che vi era nascosto. Ma dentro di lui rimaneva quella luce lattiginosa, quel sogno. Perché lo aveva capito: la bellezza non sta nel vedere tutto, ma nel lasciarsi abbracciare da ciò che non si può vedere del tutto.
E la nebbia, da quel giorno, fu la sua melodia segreta.

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