26/10/2025
PIAZZA PULITA: IL CONFRONTO TRA CARLO CALENDA E JEFFREY SACHS E LA MISERIA DEL DIBATTITO POLITICO ITALIANO
di Massimiliano Di Fede
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Nella puntata del 23 Ottobre di Piazza Pulita su LA7, Corrado Formigli ha invitato Carlo Calenda, senatore e fondatore di Azione, e il prof. Jeffrey Sachs, noto economista statunitense di fama mondiale. Argomento della serata: la guerra russo-ucraina.
Adesso, l’argomento, per chi ha voglia di capirlo davvero , è complesso e andrebbe studiato con un approccio storico-geopolitico, partendo almeno dalla disgregazione dell’Unione Sovietica dopo la caduta del muro di Berlino. Certo, si potrebbe risalire ancora più indietro, ai tempi di Stalin, fino all’avvento del nazismo, periodo in cui gli ucraini ebbero un ruolo fondamentale nel sostenere le truppe di Hi**er durante la campagna di Russia.
Oppure, si può affrontare l’argomento alla maniera di Carlo Calenda, secondo la formula riduttiva e moralistica del “c’è un aggredito e c’è un aggressore”, utilizzata come mantra ogni volta che si parla di Ucraina nei talk show italiani.
Ma il confronto che ne è scaturito è stato tra i più impietosi: Calenda, nei panni del bullo del quartiere Parioli, ha approfittato delle difficoltà di Sachs nel seguire la traduzione simultanea per interromperlo di continuo, arrivando persino a dargli del bugiardo e del “putiniano”, senza fornire una sola argomentazione di merito. Sachs, visibilmente sorpreso, è rimasto basito davanti a un comportamento più degno di una rissa da bar che di un confronto televisivo su temi internazionali. Il momento più surreale è stato quando Calenda ha tirato in ballo, del tutto fuori contesto, perfino la questione dei vaccini.
Per comprendere la sproporzione del confronto, basta ricordare brevemente il curriculum di Jeffrey Sachs: dopo il dottorato, ha insegnato per oltre vent’anni ad Harvard, diventando uno dei più giovani professori di ruolo nella storia dell’università; è stato Direttore dell’Earth Institute dal 2002 al 2016 e attualmente è Professore e Direttore del Centro per lo Sviluppo Sostenibile alla Columbia University; è membro dell’Accademia Pontificia delle Scienze Sociali in Vaticano e di numerose altre istituzioni accademiche.
Se non bastasse, ha ricoperto il ruolo di Consigliere speciale di tre Segretari generali dell’ONU (Kofi Annan, Ban Ki-moon e António Guterres) e ha fornito consulenze economiche a numerosi governi, compreso quello ucraino nel 2014, occupandosi di transizioni economiche e lotta all’iperinflazione.
Autore di libri tradotti in tutto il mondo, tra cui "La fine della povertà", "Common Wealth" e "Il prezzo della civiltà", è stato nominato due volte tra le 100 persone più influenti al mondo dal Time e indicato dall’Economist come uno dei tre economisti viventi più influenti dell’ultimo decennio.
Il curriculum di Carlo Calenda, invece, è ben noto. Un percorso liceale un po’ travagliato, una laurea in giurisprudenza alla Sapienza, un’infanzia agiata tra i salotti dei Parioli, un debutto televisivo da bambino nello sceneggiato Cuore, diretto dal nonno Luigi Comencini. Grazie ai contatti familiari, approda prima in Ferrari e poi in Confindustria, fino alla carriera politica: viceministro, poi ministro nel governo Renzi. Di lui, a Taranto, si ricordano ancora le scelte discutibili nella gestione della crisi ILVA, a discapito della salute dei cittadini e dell’ambiente.
Non stupisce quindi che il Foglio di Claudio Cerasa (testata che ha percepito oltre 66 milioni di euro di contributi pubblici dal 1997 a oggi) abbia titolato entusiasta: “Come si affronta un propagandista. Principi saldi e parole di verità: Calenda mette in riga il putiniano Sachs.”
Ecco dunque la fotografia del nostro dibattito pubblico: un politico paracadutato dai privilegi familiari che accusa un accademico di fama mondiale di essere “putiniano” solo perché non si allinea alla narrativa dominante.
Si può essere in disaccordo con le tesi di Jeffrey Sachs, fondate comunque su documenti ufficiali e dati verificabili, ma ridurre tutto a un insulto è la dimostrazione della decadenza del confronto politico e mediatico in Italia. In fondo, non è la prima volta che nel nostro Paese chi porta complessità viene zittito da chi preferisce lo slogan. Ma la differenza, come ha dimostrato quella puntata di Piazza Pulita, è la stessa che passa tra chi costruisce ponti e chi, non sapendo come attraversarli, li brucia per farsi un po’ di luce.