Maestra Antonella

Maestra Antonella Il mio motto è mostrare gioia nel fare il proprio lavoro per ottenere studenti motivati ​​

La verità è che i genitori del terzo millennio sono dei pappamolla.Questi figli li trattiamo con i guanti e abbiamo mill...
17/11/2025

La verità è che i genitori del terzo millennio sono dei pappamolla.
Questi figli li trattiamo con i guanti e abbiamo mille accorgimenti, neanche fossero statuette dei Thun.
E siamo troppo informati.
Se nostro figlio si sveglia con le pustoline di sudamina, andiamo su Google e cerchiamo "Puntini rossi sul corpo".
178 malattie trovate, di cui 12 sindromi rare.
Tolto morbillo, rosolia e varicella che son vaccinati, sulle altre non resta altro che fare la conta.
"Ronaldo vieni qua, solleva la maglia che devo controllare se il tuo esantema corrisponde a quello di questa foto. CHe se è uguale dobbiamo correre dal dottor House"

Quando eravamo bambini noi e ci veniva un eritema, la soluzione era il sapone SOLE. Il pannetto da 300 grammi, quello giallo.
"Lavati con quello, che ti passa"
"Mamma ho un certo prurito intimo"
"Sapone Sole"
Herpes? Sapone Sole.
Dermatite? Sapone Sole.
Acne? Sapone Sole.
Oggi se i bambini cadono e si provocano un'abrasione, c'è il disinfettante che non brucia.
Quando ero bambina io, c'era l'acqua ossigenata che reagiva con il sangue, faceva una schiuma a forma di fungo di Hiroshima e bruciava, oh se bruciava! Ma non dovevi piangere, perchè era stata colpa tua e se piangevi, le prendevi.
Se ti spaccavi il labbro c'era lo zucchero e per le ecchimosi il b***o. Se ti spaccavi il labbro, ti graffiavi lo zigomo e contemporaneamente ti usciva il bernoccolo, diventavi in pratica, una crostata umana. Alla marmellata di fragola.

Da bambini noi potevamo sporcarci, stavamo in strada tutto il giorno e ci lavavamo prima di andare a letto. Nella vasca da bagno restava la figura come la sindone.
Oggi i bambini non possono sporcarsi, devono stare attenti ai germi ma soprattutto alla maglietta di marca. Lavano le mani talmente tante volte che si stanno rimpicciolendo. Nel 2100 per evoluzione, avranno i polsi che terminano a pallina, come Doraemon.
I bambini oggi non si sporcano e non possono toccare nulla che non sia disinfettato. Noi mangiavamo l'acetosella pisciata dai gatti.
Se ci cadeva il pane in terra, la mamma lo buttava? No lo soffiava. Il famoso soffio ammazzabatteri. "Mangia, sono anticorpi".
Oggi se cade il pane ad un bambino, parte l'urlo della foresta "NOOOOooooOOOOooooOOOOO!" Che al bambino si ferma il cuore e la crescita per 10 secondi.
"No Ronaldo, ora lo buttiamo perchè questo è c***a"
A occhio e croce mamma, è c***a pure quella che mi son fatto addosso quando hai urlato.

Oggi i bambini stanno tutti a dieta, dallo svezzamento alla patente. Quando eravamo bambini la mamma ci faceva l'uovo sbattuto con lo zucchero e lo spalmava sulla fetta di pane.
I bambini oggi hanno l'iguana come animale domestico, io avevo la gallina. Si chiamava Claus e faceva un uovo al giorno. Le davo da mangiare granturco e crusca. Mi piaceva così tanto darle da mangiare che era diventata un tacchino.
Oggi i bambini vanno sulla bici, sullo skateboard o sul monopattino con tutte le protezioni. Noi andavamo in giro sulla bici d'estate a petto n**o, maschi e femmine e frenavamo con le infradito di gomma.
Al mare ho messo il pezzo di sopra del costume a 13 anni per la prima volta.
"Mamma ma mi vergogno"
"Ma se non hai niente, vai che almeno ti abbronzi meglio".
Oggi ci son bambine di 5 anni che non escono di casa se non son vestite come dicono loro.
Ogni tanto pure mia mamma mi vestiva bene. Era quando uscivamo dal paese, cioè per i matrimoni. Ai matrimoni mi annoiavo quanto ai funerali. Oggi fanno il menù bambino, l'animazione. Quando andavo ai matrimoni da bambina, non mangiavo nulla e stavo seduta al tavolo ore e ore senza fare nulla, con lo sguardo da malata. Oggi se vedi un bambino con quello sguardo gli chiedi subito se sta male, a cosa sta pensando, come mai è triste e gli prenoti la visita dal neuropsichiatra. All'epoca se stavi immobile a fissare il vuoto con uno sguardo da psicotico, eri bravo. Non ti chiedevano nulla ma per tutti eri proprio bravo.

Oggi se la maestra mette un 7 al bambino i genitori vanno subito a lamentarsi con lei che non ha messo un 10.
"Non capisco perchè Ronaldo ha preso 7!"
"E' la maglia"
"Come?"
"No niente, signora, cerchi di capirmi è anche uno stimolo per il bambino a fare di più ed è ingiusto nei confronti di altri bambini che il 10 lo meritano davvero"
"Lei non capisce niente! Mio figlio è da 10 proprio come Francescototti Puddu! E io mi rivolgerò al ministero della pubblica istruzione, se ne pentirà"
Quando andavo a scuola io, la maestra era autorizzata non solo a mettere i voti che riteneva più opportuni, ma anche ad alzare la voce e rimproverarti se non ti comportavi bene.
Oggi i bambini si traumatizzano facilmente e nessuno dice loro che non hanno ragione, che le ansie non devono esistere. Anche io da bambina avevo ansie e paure, ma son sparite perchè nessuno dava loro da mangiare.

Perchè alla fine, non è che questi bambini devono sapere proprio tutto tutto. C'è tempo per le tragedie, la guerra, la morte, perchè è vero che capiscono, ma non metabolizzano e si lasciano sopraffare.
Io a mia mamma chiesi
"Mamma come sono nata?"
"Le due cellule si sono unite e hanno formato te"
"E dove erano le cellule?"
"Una mia e una di tuo padre"
"E dove si sono unite?"
"Nella mia pancia"
"E come c'è entrata quella di papà nella tua pancia?"
"Chiedilo a lui visto che era sua"..
"Papà come ha fatto la tua cellula..."
"Andiamo a fare l'altalena nel cortile, non volevi l'altalena?"
"Sìììììììì altalenaaaaaaaa"
Fine. Risolto.
Papà aveva la 126 rossa. Poi ha preso la Seat Fura (che era una 127 ma sp****la) sempre rossa. In casa nostra aleggiava lo spirito di Berlinguer. La 126 aveva gli interni in plastica radioattiva e d'estate dovevano intervenire i vigili del fuoco per scollarti da lì. Le macchine con gli interni in pelle erano in origine con gli interni in plastica, poi la pelle ce la lasciavi tu.
Al mare si andava con il tavolino pieghevole, quello con le seggioline dentro, la pasta al sugo, le fettine impanate e l'anguria. Le seggioline erano capottabili, se non le piantavi bene nella sabbia ti ribaltavi all'indietro e con te volavano gnocchetti al sugo e fratello seduto di fianco, perchè ti ci aggrappavi e lo tiravi con te all'inferno.
Dopo il pranzo erano tassative le tre ore. Oggi è stata smentita questa leggenda della digestione, ma se c'era una certezza per mia mamma, non era stessa spiaggia stesso mare, non era la canzone dei Righeira al Festivalbar, erano le 3 ore prima del bagno.
"Mamma mi annoio, cosa faccio per tre ore?"
"Fai un buco"
"Mamma in tre ore di buco trovo le tombe etrusche"
"Se non la smetti lo fai tra 4 ore"
Allora andavo a camminare sulle rocce, con i sandaletti di plastica e la sera quando li toglievo potevo fare il sudoku sui piedi. Piedi a scacchi.
Oggi i bambini al mare son super accessoriati. Ne ho visto uno con la maglietta in tessuto tecnico, le scarpette da scoglio, la maschera da snorkeling, il coppo... mi son girata e ho detto a mio marito "Ma dove sta andando quello?"
E lui "Guarda che è tuo figlio"
"Ah".

- Ilaria Corona

Il 22 giugno 2022, durante il Campionato Mondiale di Nuoto a Budapest, qualcosa di invisibile stava accadendo sotto gli ...
17/11/2025

Il 22 giugno 2022, durante il Campionato Mondiale di Nuoto a Budapest, qualcosa di invisibile stava accadendo sotto gli occhi di migliaia di persone.
La nuotatrice statunitense Anita Álvarez stava terminando la sua coreografia nella finale del solo libero di nuoto artistico quando, all’improvviso, p***e i sensi.

Il pubblico applaudiva, gli sguardi erano tutti puntati sullo spettacolo.
Ma nessuno si accorse di lei. Nessuno notò il suo corpo immobile che lentamente iniziava a sprofondare sul fondo della piscina.

Nessuno… tranne una persona.

Andrea Fuentes, la sua allenatrice.
In mezzo al rumore, alle ovazioni e alla confusione, lei sentì qualcosa. Un sesto senso, un’intuizione istintiva e potentissima. Guardò in acqua e capì: Anita stava affondando.

Senza aspettare soccorritori, senza pensare alle regole, senza esitare, Andrea si tuffò vestita, nuotò verso il fondo, la raggiunse e la riportò in superficie.

Anita fu subito assistita e trasportata in barella. Era viva.
Quando le chiesero perché si fosse buttata, Andrea rispose semplicemente:
«Mi sono lanciata perché nessuno si muoveva. Avevo paura, perché non respirava. Ma ora sta bene.»

Questa non è solo la storia di un salvataggio sportivo.
È la storia di cosa significa vedere davvero.
Di accorgersi quando qualcuno si sta spegnendo dietro un sorriso.
Di non aspettare che “qualcuno faccia qualcosa”.

Andrea non seguì un protocollo. Seguì il cuore, l’istinto, la connessione profonda con la sua atleta. Agì.
Perché, a volte, salvare una vita è solo questo: sentire che qualcosa non va e non girarsi dall’altra parte.

E da allora, una domanda non smette di tornare:
Chi ti vede quando inizi ad affondare nel silenzio?
Chi si tufferà per te, senza esitare?
E tu… sapresti accorgerti di chi sta scomparendo a due passi da te?

Non sempre il vero eroismo è plateale.
A volte è fatto di occhi attenti, di empatia viva, di un tuffo che nasce dall’amore.

Non lasciare che le persone affondino nel silenzio.
Sii tra quelli che vedono. Che sentono. Che si buttano.

17/11/2025

Innova Manualidades

“È successa la stessa cosa a mia figlia.Non è stato un episodio, ma un lento sgretolarsi. Tutto è cominciato in quarta e...
17/11/2025

“È successa la stessa cosa a mia figlia.
Non è stato un episodio, ma un lento sgretolarsi. Tutto è cominciato in quarta elementare, quando una compagna — una sola, ma abbastanza abile da manovrare il silenzio degli altri — ha iniziato a costruire un muro intorno a lei. All’inizio sembrava un gioco, poi quel muro è diventato alto, invalicabile. Da una parte c’era mia figlia, dall’altra il resto del mondo.

Alle medie non era nella stessa classe, ma nella stessa scuola sì. E il filo invisibile dell’esclusione continuava a tirarla giù. Le prendevano in giro, con battutine leggere solo per chi le fa, ma pesantissime per chi le riceve. Le ragazze che la deridevano erano le stesse amiche di quella compagna di un tempo, come se l’etichetta che le avevano messo addosso fosse incisa a fuoco e bastasse nominarla per far scattare il disprezzo. Nella sua classe, invece, era come se non esistesse: invisibile, trasparente.

Le ho detto tante volte: “Prova tu, fai il primo passo, parla, sorridi, insisti.”
Lei ci ha provato, eccome. Ma ogni volta che tendeva una mano, gli altri si dileguavano, come se bastasse il suo nome per contagiare. La vedevo tornare a casa con gli occhi rossi, il sorriso finto per non far male anche a me. Ma la notte la sentivo piangere piano, come fanno i ragazzi che non vogliono pesare sul dolore dei genitori.

Dicono che “è la vita”, che “deve imparare ad affrontarla”.
Lo dicono quelli che non hanno mai visto il proprio figlio implorare di non andare a scuola, quelli che non hanno mai raccolto lacrime nascoste sotto un cuscino, quelli che confondono la forza con la solitudine.

Io so che non tutti i bambini nascono cattivi.
Ma so anche che la cattiveria si apprende — si osserva, si assorbe — e se un figlio è privo di empatia è perché un genitore non gliel’ha mai mostrata. Perché a casa ha respirato indifferenza, derisione, superficialità.
E se a te, genitore, va bene così, ricordalo: tuo figlio crescerà credendo che ferire non sia poi così grave.

Anch’io ho sbagliato, lo so. L’ho educata a un mondo che non esiste più: quello dove l’amicizia era sincera, dove l’essere gentili non era un difetto, dove un sorriso non si pagava con il silenzio degli altri.
Ho aperto la mia casa, il mio cuore. Ho accolto compagni e compagne per lavori di gruppo, per feste, per cercare un ponte. E li ho visti, con i miei occhi, sorridere sotto il mio tetto e poi voltarsi via appena scesi per strada, come se mia figlia fosse diventata di nuovo invisibile.

È lì che ho capito quanto sia crudele la leggerezza dei bambini che non imparano mai l’empatia, e quanto sia grave la leggerezza dei genitori che non insegnano ad averla.
Se potessi tornare indietro, la cambierei di scuola, sì. Non per arrendermi, ma per salvarle il respiro.
Perché certe ferite non guariscono con il tempo: ci cresci dentro.

E diventano parte di te.”
da "Bullismo contro"

Gara di NOMI STRANIERI particolariVince chi trova un nome internazionale dal suono più esotico.Esempio: “Xanthe” (greco)...
17/11/2025

Gara di NOMI STRANIERI particolari

Vince chi trova un nome internazionale dal suono più esotico.
Esempio: “Xanthe” (greco), “Tajiri” (swahili), “Björn” (nordico).

Sempre più spesso mi capita di leggere adulti che si bloccano davanti a un termine inglese.L’altro giorno un insegnante ...
17/11/2025

Sempre più spesso mi capita di leggere adulti che si bloccano davanti a un termine inglese.
L’altro giorno un insegnante ha scritto: “Che schifo questi termini inglesi… che schifo sto tinkering!”.

Inutile spiegargli che tinkering nasce dai fisici, significa “mettere insieme le cose, manipolare, fare esperienze per capire le proprietà degli oggetti”, ed è un approccio profondamente scientifico.
Non è moda. Non è inglesismo gratuito. È un termine tecnico che descrive in modo preciso un modo di fare scienza con le mani.

E magari lo stesso signore, andando all’estero, ordinerà una pizza e qualcuno potrebbe dirgli:
“Che schifo! Pizza è un termine italiano!”
Assurdo, vero? Eppure è la stessa logica.

Le lingue cambiano, si contaminano, crescono.
E nella scienza esistono parole che non hanno una traduzione italiana altrettanto esatta.
Usarle non è snobismo: è precisione.

E con questo… buon transistor a tutti/e! 🔧✨
di Alfonso D'Ambrosio

Succede davvero. Una ragazza, oggi laureanda, un tempo era una studentessa di liceo come tante: timida, insicura, sempre...
17/11/2025

Succede davvero. Una ragazza, oggi laureanda, un tempo era una studentessa di liceo come tante: timida, insicura, sempre con la sensazione di non essere abbastanza.

Durante una lezione di matematica, un giorno, la sua prof la guarda e le dice una frase che nessun insegnante dovrebbe pronunciare: “Ah, ma allora lo sai usare il cervello.” Una battuta? Forse. Finché non colpisce la sensibilità di qualcuno che avrebbe bisogno di essere incoraggiato, non ferito.

Quelle parole, dette davanti a un’intera classe, hanno aperto una ferita in “Sara” (nome immaginario): una di quelle che non sanguinano, ma che continuano a bruciare negli anni. La cicatrice resta e ti ricorda esattamente dove tutto è iniziato.

Sara non ha dimenticato. Non per vendetta, né per rancore: certe frasi ti restano addosso come etichette non richieste. Così cresce, studia, resiste… finché capisce che la sua rivincita non è urlare più forte, ma arrivare proprio dove le avevano fatto credere di non poter arrivare.

Quando finalmente si laurea, compie il gesto più potente di tutti: dedica la tesi proprio a lei, alla prof che non aveva creduto in lei. Nella pagina delle dediche scrive: “Ai mai visti, ai derisi, agli esclusi: io vi vedo.” Parole che toccano chiunque abbia avuto un educatore che invece di costruire… ha demolito.

Nella descrizione del video TikTok — diventato virale e riportato da Tecnica della Scuola — aggiunge: “Gente così sa fare tutto, tranne che insegnare.”

Questa storia non è solo una rivincita personale: è una denuncia silenziosa. Un promemoria necessario che le parole hanno un peso, non si cancellano e possono fare molto più male di un brutto voto. Ma è anche un atto di forza: Sara non si è lasciata definire da quella battuta. L’ha trasformata in carburante, in motivazione, in riscatto. E oggi è laureata. E sì: Sara brilla. ✨🫶🏻

Fonte: Tecnica della Scuola

17/11/2025

Un bambino risponde «grazie» perché ha sentito che è il tuo modo di replicare a una gentilezza, non perché gli insegni a dirlo.

Un bambino si muove sicuro nello spazio quando è consapevole che tu non lo trattieni, ma che sei lì nel caso lui abbia bisogno di te.

Un bambino quando si fa male piange molto di più se percepisce la tua paura.

Un bambino è un essere pensante, pieno di dignità, di orgoglio, di desiderio di autonomia, non sostituirti a lui, ricorda che la sua implicita richiesta è «aiutami a fare da solo».

Quando un bambino cade correndo e tu gli avevi appena detto di muoversi piano su quel terreno scivoloso, ha comunque bisogno di essere abbracciato e rassicurato; punirlo è un gesto crudele, purtroppo sono molte le madri che infieriscono in quei momenti. Avrai modo più tardi di spiegargli l’importanza del darti ascolto, soprattutto in situazioni che possono diventare pericolose. Lui capirà.

Un bambino non apre un libro perché riceve un’imposizione (quello è il modo più efficace per fargli detestare la letteratura), ma perché è spinto dalla curiosità di capire cosa ci sia di tanto meraviglioso nell’oggetto che voi tenete sempre in mano con quell’aria soddisfatta.

Un bambino crede nelle fate se ci credi anche tu.

Un bambino ha fiducia nell’amore quando cresce in un esempio di amore, anche se la coppia con cui vive non è quella dei suoi genitori. L’ipocrisia dello stare insieme per i figli alleva esseri umani terrorizzati dai sentimenti.

«Non sono nervosa, sei tu che mi rendi così» è una frase da non dire mai.

Un bambino sempre attivo è nella maggior parte dei casi un bambino pieno di energia che deve trovare uno sfogo, non è un paziente da curare con dei farmaci; provate a portarlo il più possibile nella natura.

Un bambino troppo pulito non è un bambino felice. La terra, il fango, la sabbia, le pozzanghere, gli animali, la neve, sono tutti elementi con cui lui vuole e deve entrare in contatto.

Un bambino che si veste da solo abbinando il rosso, l’azzurro e il giallo, non è malvestito ma è un bambino che sceglie secondo i propri gusti.

Un bambino pone sempre tante domande, ricorda che le tue parole sono importanti; meglio un «questo non lo so» se davvero non sai rispondere; quando ti arrampichi sugli specchi lui lo capisce e ti trova anche un po’ ridicola.

Inutile indossare un sorriso sul volto per celare la malinconia, il bambino percepisce il dolore, lo legge, attraverso la sua lente sensibile, nella luce velata dei tuoi occhi. Quando gli arrivano segnali contrastanti, resta confuso, spaventato, spiegagli perché sei triste, lui è dalla tua parte.

Un bambino merita sempre la verità, anche quando è difficile, vale la pena trovare il modo giusto per raccontare con delicatezza quello che accade utilizzando un linguaggio che lui possa comprendere.

Quando la vita è complicata, il bambino lo percepisce, e ha un gran bisogno di sentirsi dire che non è colpa sua.

Il bambino adora la confidenza, ma vuole una madre non un’amica.

Un bambino è il più potente miracolo che possiamo ricevere in dono, onoriamolo con cura.

(Giorgio Gaber “Non insegnate ai bambini”)

17/11/2025

Indirizzo

San Ferdinando Di
76017

Sito Web

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Maestra Antonella pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta L'azienda

Invia un messaggio a Maestra Antonella:

Condividi