Le Bellezze e i Misteri di Napoli e della Campania

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San Martino underground il tour tra i tesori ritrovatiDopo 10 anni sotterranei riaperti ai visitatori ancora per due gio...
20/06/2025

San Martino underground il tour tra i tesori ritrovati

Dopo 10 anni sotterranei riaperti ai visitatori ancora per due giovedì: si entra dalla scaletta di Cosimo Fanzago.

Tra le opere in esposizione un san Francesco dello scultore del «Cristo velato».

In allestimento le sale dell'800

Dopo dieci anni dall'ultima apertura, sono in programma per i prossimi due giovedì dalle cinque del pomeriggio alle nove di sera

(prenotazione obbligatoria con una mail ad [email protected])

le visite guidate ai settecento metri di sotterranei della certosa di san Martino, costruiti a partire dal 1325 per volere di Carlo, duca di Calabria, figlio del sovrano Roberto d'Angiò, e costellati da 150 pezzi in marmo, statue, sarcofagi, epigrafi, portali, una raccolta che si è formata tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento grazie ad acquisti, lasciti, donazioni, cessioni e depositi.

Le opere sono distribuite in vari ambienti secondo un ordine cronologico che parte dal Medioevo e arriva fino al XVIII secolo.

« È un'occasione per restituire dopo molti anni alla comunità un tesoro che, nel tempo, vorremmo rendere sempre visitabile e di nuovo laboratorio di studio.

Di molte statue presenti nei sotterranei non si conosce l'esatta provenienza e i dettagli di chi o cosa rappresentano.

Si sa che provengono da edifici privati e chiese demolite in diversi periodi storici, in particolare durante il risanamento» dice il direttore dei musei del Vomero Luigi Gallo, che accompagnerà come guida d'eccezione i visitatori e che annuncia per i primi di dicembre l'allestimento di una serie di sale, al secondo piano del museo di san Martino, dedicate all'Ottocento napoletano, con esposizione di decine di opere firmate da grandi nomi come Vincenzo Gemito e Giacinto Gigante.

Da poco nominato alla guida dei musei vomeresi, Gallo ha un'idea molto chiara del suo mandato, in attesa del concorso per la direzione.

Nuova illuminazione, mostre condivise, biglietto unico per le tre strutture, San Martino, villa Floridiana e Castel Sant'Elmo, dove a breve sarà inaugurato il museo dell'arte recuperata.

« I sotterranei hanno un fascino particolare, storico, architettonico, artistico, riaprirli è quasi un esperimento per noi, visto che sono molti anni che non si aprivano.

Dalle prenotazioni, direi che siamo sulla strada giusta. Dovremo provvedere poi a una migliore accessibilità e la messa a norma a livello impiantistico».

Per scendere nei sotterranei si passa attraverso la suggestiva scala di accesso al giardino pensile del padre priore, la cosiddetta scaletta a calicò costruita da Cosimo Fanzago, formata da una doppia rampa che si ricongiunge e si separa nuovamente creando un gioco di spirali che si rincorrono.

Tra le sculture in marmo di epoca trecentesca, ci sono il sarcofago di Beatrice del Balzo, ricavato dal reimpiego di una vasca romana del II-III secolo d.C., il frammento di una figura femminile giacente, forse Maria di Valois, della bottega dello scultore e architetto senese Tino di Camaino, la cosiddetta Madre di Corradino, forse Maria di Borgogna, moglie di Carlo I d'Angiò o più probabilmente una santa Caterina d'Alessandria, e una lastra a rilievo raffigurante la morte e Franceschino da Brignale (1361), singolare ex-voto allegorico costruito sul contrasto tra il senso dell'attaccamento alla vita e l'ineluttabilità della morte.

Tra le opere del Quattrocento, la doppia lastra tombale che raffigura padre e figlia, della famiglia de Miro (1413), di fattura e di disegno ancora trecenteschi e, per la prima metà del Cinquecento, la Madonna col Bambino di cultura raffaellesca.

A metà del percorso si nota un antico torrione, costruito prima ancora della certosa, un'imponente opera di ingegneria che dimostra la particolare attenzione che da prima ancora del Trecento hanno avuto i vari sovrani per questa zona.

La visita ai sotterranei si conclude con la scultura di san Francesco d'Assisi (1785) di Giuseppe Sanmartino, a cui si deve il «Cristo velato», e con un'Allegoria velata, forse rappresenta la modestia, scolpita probabilmente dal suo allievo Angelo Viva che evoca le sculture della ca****la Sansevero.

Dopo i sotterranei sarà possibile salire al piano superiore per vedere la famosa «tavola Strozzi» prima veduta di Napoli realizzata nella seconda metà del Quattrocento, «finalmente restituita alla luce» sottolinea Gallo, «con un importante intervento di relamping».

di Ugo Cundari

Pompei, le rose di Ercole nel giardino ritrovatoFiori e piante antichi piantati intorno alla «casa del profumiere» per r...
12/06/2025

Pompei, le rose di Ercole nel giardino ritrovato

Fiori e piante antichi piantati intorno alla «casa del profumiere» per ridare vita a essenze e atmosfere di duemila anni fa Sotto la pergola, i romani mangiavano, accoglievano gli ospiti e pregavano: in un larario all'aperto, davanti alla statua dell'eroe

Eccolo, il verde pompeiano.

Con sfumature di rosa e viola, oltre al colore di ciliegi, viti e meli cotogni: i fiori e gli alberi appena piantati nel giardino di Ercole, che si sviluppa intorno alla domus chiamata anche la «casa del profumiere», per la probabile produzione e commercializzazione di fragranze che qui avveniva duemila anni fa.

Diverse ampolle e bottigliette di vetro sono state infatti ritrovate durante gli scavi eseguiti in più fasi, tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta; mentre gli interventi di restyling all'aperto, questa la novità, sono stati presentati ieri.

LA DOMUS

La casa è tra quelle «a schiera», già celebre per l'ironica iscrizione «cras credo» (letteralmente, domani si fa credito) sistemata all'ingresso, non distante da piazza Anfiteatro.

Dove le prime indagini risalgono al 1953-54, quelle nel giardino agli anni Settanta e ulteriori approfondimenti sono indicati tra il 1985 e il 1988.

E, dai risultati, si capisce che l'intero quartiere, costruito nel III secolo d.C., venne riorganizzato notevolmente, in particolare dopo il terremoto del 62, quando il proprietario acquistò e demolì le abitazioni vicine e pericolanti, avviando la coltivazione dei fiori: un'attività portata avanti fino al giorno dell'eruzione, nel 79 d.C., e riproposta nuovamente oggi, grazie a uno sponsor, l'associazione Rosantiqua impegnata a ridare vita alle essenze antiche, con un progetto anche di ricerca, cominciato con lo studio delle specie botaniche per arrivare a riproporre la varietà di specie tipiche dell'età imperiale.

LE PIANTE

«Le indicazioni per la selezione si basano sugli studi della botanica Wilhelmina F. Jashemski, che negli anni Cinquanta, durante i primi scavi, individuò pollini, spore, macroresti vegetali e riconobbe nel giardino una funzione produttiva», dice Michele Borgongino all'inaugurazione, spiegando che è stato anche ripristinato il sistema di irrigazione antico, «unico nel suo genere a Pompei, che prevedeva l'utilizzo di cisterne e una piccola breccia nel muro per far scorrere l'acqua nei campi».

Chiaramente, non tutti i boccioli, per quanto possibile, sono gli stessi che adornavano il triclinio, d'estate abitato romani che, adagiati su cuscini, mangiavano e accoglievano gli ospiti.

Ma, sotto la pergola, tra i rametti d'uva legati ai pali con le semplici (ed efficaci) tecniche dell'epoca, si può immaginare la piacevole atmosfera, oltre a tentare di ripararsi dal caldo (ieri, 30 gradi).

Di fronte, si distinguono i resti di un altare, parte del sacello dedicato al culto di Ercole: una statua dell'eroe, che ha poi dato il nome al giardino, è stata infatti trovata nel larario (oggi, al posto dell'originale in marmo, c'è una riproduzione in terracotta).

« A Pompei il paesaggio naturale e archeologico tornano a essere un tutt'uno», sottolinea soddisfatto il direttore Gabriel Zuchtriegel, che spiega il cambiamento innanzitutto culturale: «Il verde, che un tempo era percepito come un problema di gestione e manutenzione, un elemento quasi separato dalle strutture architettoniche, oggi è riconosciuto come componente essenziale», e rientra in un più ampio progetto che punta a mettere a reddito l'azienda agricola del parco, con un proprio marchio.

Con l'olio evo Igp Campania.

Con il vino, attraverso la collaborazione con i Feudi e il gruppo Capaldo.

Con il vivaio rigenerato nella casa di Pansa.

Co l'orto botanico di via dell'Abbondanza.

E, intanto, procede la riqualificazione del percorso fuori le mura, dell'Anello verde che, entro l'autunno, dovrebbe consentire di aumentare il numero di visitatori ammessi al giorno (al momento, ventimila) nella cittadella archeologica.

La «casa del profumiere» con il giardino di Eercole è aperta alle visite tutti i martedì come «domus del giorno».

di Maria Pirro

11/06/2025
11/06/2025
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09/06/2025

Il dispositivo creato al liceo aiuta gli anziani in difficoltà

Parla 20 lingue e comprende il dialetto «La tecnologia diventa inclusione sociale»

Il progetto ET del Majorana ha vinto la Rome Cup: «Rivoluziona l'assistenza»

L'INNOVAZIONE

Scuola e innovazione al servizio delle fasce deboli.

Dalle aule del laboratorio di informatica del liceo Scientifico "Ettore Majorana" di Pozzuoli è nato ET (Easy Talk Machine): funge da traduttore per gli anziani assistiti da operatori socio sanitari e badanti stranieri.

Il dispositivo, grazie all'intelligenza artificiale, riesce a filtrare anche piccoli errori di pronuncia (come ripetizioni di sillabe) e a comprendere il dialetto, per trasformarlo poi nella lingua indicata.

Un progetto rivoluzionario che ha vinto il primo premio della diciottesima edizione della "Rome Cup 2025" - sezione Nonnibot - riservata a progetti con finalità sociali.

Gli alunni che hanno lavorato alla realizzazione di ET sono iscritti al terzo, quarto e quinto anno dell'indirizzo "Scienze applicate".

Nello specifico ET funziona attraverso un programma che viene attivato direttamente dall'utente chiamato a indicare due lingue, la fonte da cui partire per la traduzione nella seconda lingua (per esempio in ucraino e viceversa).

Attraverso un microfono, la voce viene acquisita da un sistema audio che a sua volta la trascrive e la "pulisce" mediante l'intelligenza artificiale.

VOCE E TESTO

Il terzo step è rappresentato dalla voce diventata file di testo che torna all'AI che lo traduce nella lingua selezionata trasformandola in un file audio.

In totale sono venti le lingue programmate per il funzionamento di ET.

« Adesso stiamo facendo un esperimento con il georgiano, abbiamo accettato questa sfida in quanto si tratta di una lingua molto difficile» spiega Paolo Borrelli, insegnante di informatica del liceo "Majorana" che ha sede nel quartiere di Monterusciello, dove da anni crescono e si formano nuovi esperti di informatica».

«A Roma - dice Borrelli - abbiamo ricevuto i complimenti da parte di molti docenti universitari per il progetto e per il linguaggio utilizzato dai nostri studenti.

Vincere è bello, ma a noi ciò che interessa è il percorso, vedere come i ragazzi imparino a raggiungere gli obiettivi attraverso il sacrificio.

Quando ET ha parlato, dopo mesi di lavoro, è scoppiato un applauso di felicità».

Il Majorana, rappresentato dalla dirigente Elena Manto, alla Rome Cup 2025 ha portato altri due progetti innovativi. Il primo è "Prisma", che ha dato vita al robot Pepper, un umanoide evoluto alto circa un metro e dotato di braccia, gambe e testa che si muove e parla autonomamente attraverso un sensore senza che vi sia una programmazione a monte da parte dell'uomo.

In questo caso il robot non viene programmato, ma quello che dice è frutto dell'intelligenza artificiale che controlla contenuti e linguaggio.

Il secondo riguarda invece la Cyber security, attraverso un'attività di hackeraggio "buono" che ha consentito agli studenti del liceo puteolano di catturare una serie di informazioni nascoste all'interno di alcuni siti Internet.

Il progetto ha conquistato il terzo posto.

La dirigente del liceo, Elena Manto, racconta la sua visione: «Credo nei benefici della tecnologia come strumento di crescita dei nostri studenti.

Negli ultimi anni, abbiamo investito risorse importanti nei laboratori all'avanguardia: ambienti stimolanti, attrezzati con tecnologie digitali, robotiche e strumenti di prototipazione rapida, che consentono di sperimentare, creare e imparare anche al di fuori dei percorsi tradizionali - spiega la dirigente - Il mio obiettivo, fin dal mio insediamento come dirigente, è stato quello di aprire la scuola al territorio, offrendo ai giovani di Pozzuoli - spesso alle prese con contesti non semplici - l'opportunità di confrontarsi con esperienze didattiche innovative, in grado di motivarli e valorizzarli.

Credo in una scuola viva, dinamica, capace di integrare studio e sperimentazione, teoria e pratica, attraverso attività che promuovano il lavoro di squadra, la creatività e il problem solving.

La partecipazione - e la vittoria - alla Rome Cup 2025 non è stata un caso».

di Gennaro Del Giudice

09/06/2025

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