31/10/2025
Tutto Totò, principe di Napoli
«Ogni volta che devo parlare di questa meravigliosa città divento napolantico. Vuol dire che mi immalinconisco, divento sentimentale».
Oppure: «Il povero Dante aveva bisogno di scegliere un dialetto per farlo diventare lingua (italiana), e non potendo scegliere il napoletano che era già lingua, si arrangiò con il fiorentino».
Totò dixit.
A conferma di un amore reciproco: del Principe verso la città e viceversa.
A questo indissolubile sentimento è dedicata la mostra «Totò e la sua Napoli», da cui sono tratte le citazioni riportate sopra, aperta al pubblico da oggi al 25 gennaio nella sala Belvedere del palazzo reale.
Ed è davvero un bel vedere: grazie alla chiarezza del percorso espositivo; agli inediti e alle rarità in evidenza; ai video, ospitati in due salottini nerofumo; e al dettaglio delle targhe esplicative, in italiano e in inglese.
L'esposizione fa parte delle celebrazioni promosse dal Comitato nazionale istituito per festeggiare i 2500 anni di Partenope.
A organizzarla è stato Alessandro Nicosia, con 40 anni di esperienza nel settore.
Al suo fianco, Marino Niola: l'illustre antropologo ha messo la propria sapienza al servizio di un uomo-artista-maschera che «appartiene al mondo.
Al pari di Chaplin, è universale.
Questa grandezza gli ha permesso di oltrepassare gli angusti confini del caratterista. Tra l'altro, Totò incarnò lo spirito degli italiani nel dopoguerra, figlio di una città che per prima si liberò dai nazisti.
La risposta data all'ufficiale tedesco nel film "I due colonnelli" ne è esempio iconico: "Si ricordi che io ho carta bianca"... "E si pulisca il culo!"».
Origini, teatro, donne, ossessione per le radici aristocratiche, canzoni, cinema, poesie, «Un maestro insostituibile» (sui legami con amici e colleghi conterranei), «Il saluto della sua Napoli» (sui tre funerali con cui il mondo dello spettacolo e la terra madre gli resero omaggio): lungo queste sezioni si dipana l'itinerario nella galassia Totò, tra manoscritti e dattiloscritti, giornali illustrati, immagini, locandine, spartiti, abiti di scena (innanzitutto l'identitario tight con bombetta annessa, in una umbratile bacheca).
«Ovviamente», precisa Nicosia, «abbiamo scelto soltanto il materiale che esalta la relazione tra lui e la città.
Per esempio, in una sala campeggia il video, tratto da "Tutto Totò", registrato dalla Rai, in cui il principe si improvvisa guida ed esemplare cicerone, accompagnando i turisti in giro tra le bellezze natie, su un bus scoperto».
Le origini significano il rione Sanità: ed ecco il video di Totò pazzariello in «L'oro di Napoli»; la casa in cui nacque, le foto d'epoca del quartiere; il suo ritorno per partecipare alla Festa del Monacone, organizzata dall'amico Gino Campolongo, lo stesso che gli dedicò il terzo commiato, in occasione del trigesimo; ma ci sono anche le donne amate, a cominciare da Liliana Castagnola, il cui suicidio indelebilmente lo segnò; e un delizioso ritratto da giovanissimo in divisa militare, in groppa a un cavalluccio di legno; sul registro di leva, il suo nome materno, Antonio Clemente, nella preistoria del futuro de Curtis.
Poi, il teatro e gli spettacoli napoletani: con la spalla Eduardo Passarelli; con Guglielmo Inglese nell'avanspettacolo; al fianco di Michele Galdieri, autore di riviste anni 40; e lo spartito del «Vicolo», che Totò ascoltò da Nino Taranto al teatro Orfeo.
A fine serata gli chiese di poterla cantare. Con lui la canzone divenne «Vipera», pietra miliare della loro profonda amicizia.
Ed eccole, le canzoni: spartiti e testi originali: «Margellina blu» (sì, con la «a»), «'E rampicante», «Piccerella, picceré'», «Scettico napulitano», da spulciare cullati, in sottofondo, dalla «Malafemmena» di Roberto Murolo.
Quindi, il cinema, con documenti dei 16 lungometraggi ambientati a Napoli, un appunto manoscritto di Cesare Zavattini su «San Giovanni decollato»; la sceneggiatura inedita di «Totò Pellegrino» (1950), mai girato; un disegno di scena di «Totò a colori», il suo piano di lavorazione e il costume originale di Pinocchio, in buona compagnia assieme agli abiti di «Miseria e nobiltà» e di «Un turco napoletano».
Le sue poesie: anche qui documenti originali e un inedito, altro carnale atto d'amore: «Quanno me trovo all'estero,/ e chesto spisso capita,/ parlanno m'addimannano/ se je songhe italiano./ "No, no - risponghe subito -/ Je songhe nato a Napule.../ Je so' napulitano!"/ Allora e cose cagneno,/ e femmene sorridono/ m'acchiappano, m'afferrano/ pe' me senti' e parlà'».
Non manca un focus sull'araldica, passione nutrita dalla brama di riscatto e legittimazione: i fascicoli che attestano la rigorosa ricerca delle origini e il titolo; attestazioni dell'Archivio storico; bozzetti dello stemma gentilizio e pensare che lo stesso principe, sdoppiatosi nel proprio alter-ego - Totò - riuscì a disprezzare il blasone, sommergendolo con i versi di «'A livella».
di Luciano Giannini