
06/07/2025
L’Isola delle Correnti
L'Ultima terra di
Una meravigliosa leggenda d'amore sicula.
Questa non credo la conosciate!!!😊
C’è un punto, in fondo alla Sicilia, dove la terra smette di raccontare e lascia spazio al mare.
Un luogo dove finiscono le strade e cominciano i misteri.
È terra del Sud, questo è certo. Ma talmente Sud che sta sotto Tunisi e Algeri. Non è più Italia, e nemmeno Europa: è una soglia, uno spiffero tra i continenti.
Là, tra lo Jonio e il Mediterraneo, si trova l’Isola delle Correnti.
Un pezzettino di mondo che il mare si contende ogni giorno. A volte isola, a volte pen*sola, a seconda dell’umore delle onde.
La collega alla Sicilia un braccio di pietra che le mareggiate si divertono a sfasciare ogni inverno.
E quando la marea si ritira, la terra si allunga come una lingua e si riattacca alla costa, giusto per un po’, come un bambino che si stacca e poi torna dalla madre.
L’isola è brulla, selvatica, punteggiata di capperi e fichi d’India, porri selvatici e arbusti induriti dal vento.
Questo è anche il punto terminale del "Sentiero Italia" , 7.960 chilometri di cammino articolato da Trieste a qui.
Nel 2017, Lorenzo Franco Santin lo percorse tutto a piedi. Dopo, dicono, camminava diversamente più leggero.
In primavera, arrivano le tartarughe caretta caretta a depositare le uova. E gli uccelli migratori, che da Sud arrivano fin qua a rifarsi il nido.
C’è chi fa surf, chi va in apnea a cercare un relitto tra l’isola e Carratois. Ma chi cerca bene, trova storie.
Ci sono poche costruzioni: un faro automatico alimentato dal sole, e un’ex postazione militare ridotta a rifugio di vandali e amanti, pieni di scritte e ricordi che puzzano di birra e disperazione.
Un tempo, però, c’era un farista in carne e ossa. E lì comincia il cuntu....
A Castrogiovanni, nei primi del Novecento, c’era un giovane di buona famiglia ma non certamente nobile. Suonava il pianoforte come se fosse l’unica lingua che conoscesse.
Amava una contessina, e lei, pare, lo amasse a sua volta.
Un giorno, decise di chiedere la sua mano. Ma il padre di lei, rigido come un bastone, lo cacciò a calci:
“Nun ti fari cchiù viriri, pezzu di fangu! Un borghese ca voli maritari na contessa chi s'ha vidiri !”
I due innamorati organizzarono la fuitina. Ma al momento dell’appuntamento, lei non si presentò. Dalla finestra, gli disse:
“Ci pensai, non posso. Non so se ti amo. La famiglia... capisci?”
Il ragazzo rimase lì. E qualcuno, giura, sentì il suo cuore fare un rumore mai sentito: crac, comu na tazza ca si spacca.
Così disperato solo come può essere chi viene tradito dal suo amore, caricò il pianoforte su un carretto, prese un mulo, e si mise in cammino verso la fine della terra.
Quando arrivò all’Isola delle Correnti, vide che era nuda e perfetta, come un segreto rivelato.
Ottenne il posto di guardiano del faro – un lavoro che nessuno voleva – e si ritirò in quel lembo dimenticato.
Ogni sera suonava, al tramonto, come se il suono potesse rattoppare la sua anima.
Una sera, vide tra i flutti una figura che annaspava. Corse, si tuffò. Ma niente. Sparita.
Il giorno dopo, la stessa scena. E poi ancora.
Alla fine, esasperato, urlò al cielo e a se stesso:
“Finiscila! Sugnu pazzu? Sugnu sulu?”
E la voce rispose:
“Ma picchi ci l’hai cu mia? Iu stavu annatannu, sentii u to pianoforti e mi piaciu. Nenti ti fici.”
Era una sirena.
O qualcosa di molto simile.
Forse metà donna, metà pesce. Forse metà mito, metà illusione.
E successe quello che spesso succede quando due solitudini si incontrano: si fecero compagnia.
Comu fu e comu non fu, si ficinu i ficu.
Ora, sia chiaro: nessuno sa davvero come funziona l’amplesso tra un uomo e una sirena.
C’è chi dice che basti guardarsi negli occhi in acqua calda.
C’è chi giura che il corpo della sirena muti di notte, e c’è chi preferisce non sapere.
Nessun naturalista ha saputo spiegare come, ma ebbero due figli: un maschio e una femmina, belli comu u suli e ovviamente a proprio agio sia sulla sabbia che tra le onde.
Quando il mare era grosso, loro uscivano sul piazzale davanti al faro.
Lui suonava. Lei cantava.
E il mare – giuro – si faceva calmo, comu un picciriddu cu la bua ca s’addurmisce cu na carezza.
Perfino durante la guerra, quando gli americani volevano bombardare il faro, i loro aerei venivano respinti da un vento assurdo.
Pareva che l’isola non si facesse colpire manco per sbaglio.
Poi, un giorno, sparirono. Tutti e quattro.
Qualcuno dice che tornarono al mare, per sempre.
Ma ancora oggi, al tramonto, si sente un pianoforte e una voce che canta, ora dallo Jonio, ora dal Mediterraneo.
Adesso che conoscete la storia, andateci, all’Isola delle Correnti.
Andateci piano.
Meglio a piedi che a nuoto. Non si chiama Isola delle Correnti pi sbagghiu...