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Sant’Antimo, degrado e rifiuti a Via Crucis 108: la protesta dell’architetto Perfetto“Qui la raccolta avviene ogni dieci...
28/07/2025

Sant’Antimo, degrado e rifiuti a Via Crucis 108: la protesta dell’architetto Perfetto
“Qui la raccolta avviene ogni dieci giorni con mezzi meccanici. È una discarica a cielo aperto. E le istituzioni tacciono”

Sant’Antimo – Una denuncia dura, circostanziata, firmata dall’architetto Pio Nicola Perfetto, scuote l’opinione pubblica locale e porta alla luce una situazione di grave incuria e degrado ambientale in Via Crucis 108. Le parole usate non lasciano spazio a fraintendimenti: «Questa amministrazione comunale ha deciso che in questo punto i rifiuti vanno tenuti a terra per diversi giorni, per poi rimuoverli con attrezzi meccanici, tipo bobcat, a distanza di circa una settimana. Nel caso documentato in foto – precisa l’architetto – siamo oltre i dieci giorni dall’ultima scellerata raccolta».
Via Crucis 108, secondo la testimonianza, sarebbe divenuta un vero e proprio sversatoio dell’intero isolato, mentre le strade adiacenti risulterebbero perfettamente pulite. Il motivo? «Gli altri isolati sono puliti come se lì la gente i rifiuti li mangiasse. Qui, invece, tutto finisce a terra. E più la monnezza cresce, più attira rifiuti da ogni parte del paese. È la teoria del vetro rotto applicata all’immondizia: dove regna il degrado, cresce altro degrado».
Il riferimento dell’architetto è chiaro: la Teoria delle finestre rotte (broken windows theory), secondo cui il disordine visibile e l’incuria generano automaticamente altre forme di inciviltà e criminalità. In questo caso, la spazzatura non raccolta spinge altri cittadini, anche provenienti da fuori zona, a scaricare i propri rifiuti sul mucchio, alimentando un circolo vizioso di sporcizia e abbandono.
Ma l’appello dell’architetto va oltre la semplice denuncia ambientale: è una chiamata diretta alla responsabilità delle istituzioni locali. «Ci si chiede cosa impone, al comando di polizia locale, il T.U.L.P.S. in tema di enti locali – scrive Perfetto – e se non sia il caso di informare gli organi superiori per la salvaguardia della salute degli abitanti e della pubblica e privata incolumità».
Un’accusa che chiama in causa direttamente l’amministrazione comunale e la polizia municipale, che – secondo la denuncia – sarebbero colpevoli almeno di inerzia, se non di una vera e propria politica di abbandono del territorio.
Intanto, i cittadini si chiedono fino a quando dovranno convivere con i cumuli di rifiuti a pochi metri dalle abitazioni. E se davvero occorrerà l’intervento delle autorità sanitarie o prefettizie per ripristinare ciò che dovrebbe essere garantito quotidianamente: l’igiene urbana e il decoro pubblico.

Frattaminore assediata dai ladri: razzie a ogni ora del giorno, cittadini esasperatiAppartamenti, box e negozi nel mirin...
28/07/2025

Frattaminore assediata dai ladri: razzie a ogni ora del giorno, cittadini esasperati
Appartamenti, box e negozi nel mirino. Le forze dell’ordine brancolano nel buio. A chi rivolgersi?

Frattaminore – Una banda di ladri sta seminando il panico tra i cittadini, agendo indisturbata a qualsiasi ora del giorno. I colpi si susseguono senza sosta: appartamenti svaligiati, box scassinati, attività commerciali prese di mira con una spregiudicatezza che lascia attoniti. L’ultimo episodio è avvenuto appena ieri, quando un bar-caffetteria è stato ripulito e distrutto.
Il clima che si respira in paese è teso. La gente è esasperata e ha la netta percezione di essere abbandonata a sé stessa. C’è chi, dopo aver subito più furti, si è rivolto a ditte private per installare impianti di videosorveglianza, grate di sicurezza, allarmi collegati a centrali private. Un clima da far west urbano, dove il cittadino si sente costretto a difendersi da solo.
Le forze dell’ordine, da parte loro, sembrano impotenti. Nonostante le denunce e le segnalazioni, nessuno degli autori dei furti è stato individuato né colto in flagrante. Nessun arresto, nessun volto, nessuna pista concreta. «È possibile – si chiedono i cittadini – che in un paese di appena 16.000 abitanti non si riesca a risalire agli autori di questi raid? Possibile che agiscano sempre indisturbati, senza mai lasciare tracce utili alle indagini?»
Il silenzio delle istituzioni locali fa il resto. Nessuna comunicazione ufficiale, nessuna convocazione di tavoli sulla sicurezza, nessuna rassicurazione concreta. Eppure, la situazione sta rapidamente degenerando. L’insicurezza ha varcato le soglie delle case, modificando abitudini e stile di vita: serrande abbassate prima del tramonto, cittadini che evitano di uscire la sera, gruppi WhatsApp che segnalano auto sospette e movimenti insoliti.
Nel frattempo, si moltiplicano gli appelli sui social e le lettere aperte rivolte a prefettura, questura e amministrazione comunale. Ma la domanda, drammatica e urgente, resta sospesa: a chi rivolgersi, se lo Stato non c’è?
Serve una risposta forte, immediata, concreta. Non bastano le rassicurazioni formali: servono uomini, mezzi, indagini serrate e un presidio costante del territorio. Perché la sicurezza, prima ancora di essere un diritto, è il fondamento minimo di ogni convivenza civile. E a Frattaminore, oggi, questo fondamento sembra vacillare pericolosamente

Aversa, le campane suoneranno per Gaza: il vescovo Spinillo invita alla preghiera e alla solidarietàUn gesto corale per ...
27/07/2025

Aversa, le campane suoneranno per Gaza: il vescovo Spinillo invita alla preghiera e alla solidarietà
Un gesto corale per le vittime delle guerre nel mondo: tutte le chiese della Diocesi unite in una simbolica veglia di pace

Aversa, 27 luglio 2025 – Un invito semplice, ma carico di significato, è giunto nelle scorse ore dal Vescovo di Aversa, Mons. Angelo Spinillo. In un messaggio diffuso a tutta la Diocesi, il presule ha proposto un gesto forte e simbolico per manifestare la vicinanza spirituale e umana alle popolazioni colpite dalla guerra, in particolare a Gaza, teatro di un conflitto che continua a mietere vittime innocenti.
«Buona domenica a tutti. Grazie per aver lanciato a tutta la Diocesi la proposta di far sentire la voce della nostra preghiera e della nostra solidarietà per i fratelli di Gaza e del mondo schiacciati da guerre che si combattono in maniera sempre disumana», si legge nel messaggio del Vescovo. Una presa di posizione chiara, che invita le comunità parrocchiali non solo alla riflessione, ma anche a un segno pubblico e condiviso: alle ore 22.00 di domenica 27 luglio, tutte le campane della Diocesi suoneranno a distesa, come richiamo alla pace e alla fratellanza.
Il Vescovo ha spiegato che questa iniziativa, che «vuole simbolicamente unire le comunità e suscitare una più efficace attenzione alla sofferenza di tanta umanità», ha già trovato concretezza in scelte significative. Tra queste, l'annullamento del tradizionale spettacolo pirotecnico previsto per la vigilia della Solennità dell’Assunzione al Santuario “Mia Madonna mia salvezza”, concordato con i confratelli del luogo. Una decisione in linea con il clima di raccoglimento e rispetto per le tragedie che colpiscono tante popolazioni.
Il messaggio invita inoltre i parroci a sensibilizzare i fedeli durante le messe domenicali, spiegando il significato dell’iniziativa e preparando spiritualmente le comunità all’appuntamento serale.
In un tempo in cui il rumore delle armi sembra sovrastare ogni voce, il suono delle campane vuole farsi eco di una speranza diversa: quella che nasce dalla solidarietà, dalla preghiera e dall’impegno per la pace. Con questo gesto corale, la Chiesa di Aversa intende dare voce a chi non ha voce, e luce a chi è avvolto dall’oscurità della guerra.

Allarme Zanzara del Nilo: scaffali svuotati, prezzi alle stelle e cittadini in allerta.È corsa contro il tempo – e contr...
24/07/2025

Allarme Zanzara del Nilo: scaffali svuotati, prezzi alle stelle e cittadini in allerta.

È corsa contro il tempo – e contro le zanzare – in molte regioni italiane, dove l’allarme per la diffusione del virus della West Nile, trasmesso dalla cosiddetta zanzara del Nilo, ha scatenato il panico tra i cittadini. Con l’aumento dei casi registrati e le allerte delle autorità sanitarie, nelle ultime settimane si sta assistendo a una vera e propria razzia nei negozi: repellenti spray, zampironi, fornelletti elettrici, lampade antizanzare e zanzariere stanno letteralmente sparendo dagli scaffali.
Supermercati, farmacie e ferramenta si trovano a fronteggiare una domanda fuori scala. «Abbiamo finito tutto: spray, piastrine, spirali. Qualsiasi cosa tenga lontane le zanzare è introvabile», racconta un farmacista di Napoli. «Anche i fornitori ci dicono che non riescono più a soddisfare gli ordini». E mentre i cittadini fanno la fila per procurarsi anche il più semplice zampirone, i prezzi salgono.
Un flacone di repellente che fino a poche settimane fa costava 5 euro oggi può arrivare a 9 o 10 euro. Le spirali antizanzare si vendono anche al doppio del prezzo abituale, e in molti casi sono acquistabili solo online a cifre spropositate. Una dinamica che ricorda, per certi versi, quanto accaduto con le mascherine all’inizio della pandemia da Covid-19.
Il virus West Nile, trasmesso all’uomo dalla puntura di zanzare infette, può avere conseguenze anche gravi, soprattutto in soggetti fragili o immunodepressi. Non è però una novità in Italia, dove da anni vengono segnalati casi isolati. Tuttavia, quest’estate il numero di contagi è in aumento, anche in aree precedentemente considerate "non a rischio". La paura ha preso il sopravvento sulla razionalità, e molti si sono lanciati in acquisti compulsivi, facendo incetta di prodotti antizanzare come fossero generi di prima necessità.
A contribuire al caos è l’aumento inspiegabile (o forse troppo spiegabile) dei prezzi. Se da un lato c’è la legge della domanda e dell’offerta, dall’altro si sospettano speculazioni di mercato. Infatti, gran parte dei prodotti rincarati erano già presenti nei magazzini prima dell’emergenza estiva. «Sono materiali già a terra, stoccati da mesi. Non c’è alcuna giustificazione logistica per aumenti così repentini», denuncia un'associazione di consumatori. «Il rischio è che la paura si trasformi in profitto per pochi e in disagio per molti».
Mentre le autorità invitano alla calma e promuovono misure di prevenzione ambientale – come la rimozione dell’acqua stagnante o l’uso di zanzariere – il panico collettivo continua a diffondersi, alimentato anche da social e gruppi WhatsApp che amplificano notizie non sempre attendibili. E così, l’effetto domino è servito: si corre ad accaparrarsi tutto, senza valutare alternative o priorità.
L’estate 2025 verrà ricordata non solo per le alte temperature, ma anche per l’assalto ai repellenti e per un nuovo, inquietante esempio di crisi da approvvigionamento. Il tutto alimentato da un mix di paura, scarsa informazione, speculazioni e mancanza di strategie coordinate. Nel frattempo, la zanzara del Nilo continua a ronzare indisturbata, mentre i cittadini restano vittime – oltre che delle punture – anche di un sistema che, ancora una volta, sembra impreparato a gestire l’emergenza con equilibrio.

🔴 Allerta febbre del Nilo Occidentale. Otto casi in poche ore confermati a Orta di Atella, Sant'Antimo e Baia Domizia, m...
23/07/2025

🔴 Allerta febbre del Nilo Occidentale. Otto casi in poche ore confermati a Orta di Atella, Sant'Antimo e Baia Domizia, ma niente panico.

In provincia di Caserta, precisamente nei comuni di Orta di Atella e Baia Domizia, sono stati confermati otto casi di virus West Nile (Febbre del Nilo), tutti trasmessi tramite zanzare infette. Un caso anche a Sant'Antimo, colpito dal virus un uomo di 76 anni, ricoverato in neurologia ad Aversa.
Due dei pazienti risultano, invece, ricoverati: uno presso l’ospedale locale Sant’Anna e San Sebastiano e un altro trasferito al centro specializzato Cotugno di Napoli, dove si trova in prognosi riservata. Altri ad Aversa ed al Cotugno. Anche Un cittadino di Sant' Antonio è stato contagiato. Un terzo contagiato è già stato dimesso.
Le autorità sanitarie e il Comune di Orta di Atella hanno subito attivato un piano straordinario di disinfestazione con trattamenti larvicidi e adulticidi nelle serate del 23 e 24 luglio, a partire dalle ore 22:00, in collaborazione tra ASL di Caserta e il Consorzio CRID. Si invitano i cittadini a limitare l’esposizione all’aperto durante le operazioni.
🦟 Il virus è trasmesso esclusivamente dalle zanzare, in particolare quelle attive al tramonto e durante la notte, come il genere Culex.
Nella stragrande maggioranza dei casi (circa l’80 %) l’infezione è asintomatica; solo circa lo 0,6 % può sviluppare forme neuro-invasiva, con sintomi quali meningite o encefalite. I soggetti più a rischio sono anziani o immunodepressi.
✅ Misure di prevenzione efficaci
Il Comune e l’ASL indicano precauzioni concrete per ridurre il rischio di punture:
Applicare repellenti cutanei, specialmente al tramonto e la sera
Indossare abiti chiari e coprenti, con maniche lunghe e pantaloni
Installare zanzariere su porte e finestre
Eliminare ogni ristagno d’acqua: sottovasi, secchi, grondaie, piscine non utilizzate, ciotole per animali
Limitare l’esposizione all’aperto durante le operazioni di disinfestazione del 23–24 luglio
Prestare particolare attenzione a anziani e soggetti fragili
Non esiste vaccino per l’uomo, ma la prevenzione domestica e comunitaria sono fondamentali.
ℹ️ Sintomi e consultazioni mediche
In caso di sintomi sospetti — febbre alta, mal di testa, dolori muscolari, nausea, vomito, eventuali sfoghi cutanei o linfonodi ingrossati — è necessario contattare il proprio medico di famiglia o il pronto soccorso. In situazioni più gravi può essere richiesto il ricovero.
🌿 La campagna di disinfestazione straordinaria è parte di una strategia che include trappole per insetti, monitoraggio epidemiologico e sensibilizzazione della popolazione. Il modello di prevenzione combina la sorveglianza su insetti vettori e uccelli con interventi ambientali mirati.
Le condizioni climatiche caldo-umide e l’aumento delle precipitazioni creano ambienti ideali per la proliferazione delle zanzare, contribuendo alla diffusione del virus.
labtv.net
📌 In sintesi, cosa fare subito:
Applicare repellenti per limitare le punture nelle ore di maggiore attività
Eliminare ristagni d’acqua Ridurre la riproduzione delle zanzare
Usare zanzariere e indossare abiti coprenti Barriere fisiche efficaci
Collaborare con disinfestazioni Favorire l’efficacia degli interventi
Segnalare uccelli morti o sintomi sospetti Alimentare la sorveglianza pubblica.
La situazione è sotto controllo grazie a una risposta coordinata tra ASL, Comune e cittadini. L’invito è alla collaborazione: con poche attenzioni semplici, è possibile contenere la diffusione del virus e proteggere le fasce più vulnerabili della popolazione.

19/07/2025

In diretta da Dimaro , Luigi Giordano , direttore di .it per le NEWS sul Napoli .

Frattamaggiore, Del Prete verso il ritiro delle dimissioni: il sindaco resterà fino al 2026Frattamaggiore – A distanza d...
17/07/2025

Frattamaggiore, Del Prete verso il ritiro delle dimissioni: il sindaco resterà fino al 2026

Frattamaggiore – A distanza di due settimane dalla clamorosa decisione di rassegnare le dimissioni da sindaco, Marco Antonio Del Prete si prepara a restare alla guida della città. Le dimissioni, protocollate il 30 giugno 2025, avevano suscitato numerose ipotesi, tra cui quella di una possibile candidatura dello stesso Del Prete al Consiglio regionale della Campania. Ma ora, da ambienti vicini all’amministrazione, filtrano conferme sempre più solide: il primo cittadino è intenzionato a ritirare le dimissioni nei prossimi giorni e a completare il suo mandato fino alla scadenza naturale del 2026.
La scelta, inizialmente dettata dalla volontà di riflettere su un eventuale salto nella politica regionale, sembra essere stata riconsiderata alla luce di diversi fattori: la tenuta della coalizione di maggioranza, la complessità delle sfide amministrative ancora aperte e l’attesa dei cittadini.
La fase di stallo politico vissuta dal Comune negli ultimi giorni ha evidenziato quanto l’assenza di una guida chiara rischi di compromettere il lavoro amministrativo già avviato. In quest’ottica, la decisione di Del Prete – che sarà ufficializzata, con ogni probabilità, entro il termine ultimo del 20 luglio – rappresenta una svolta che punta a restituire piena operatività alla macchina comunale.
Del Prete, sindaco in carica dal 2015 e rieletto nel 2021 con largo consenso, sembra dunque orientato a chiudere il cerchio del suo secondo mandato, rinviando eventuali ambizioni regionali a dopo la naturale conclusione della sua esperienza.
Sul piano politico, la sua permanenza rappresenterebbe anche un segnale di compattezza da parte della maggioranza civica e progressista che lo sostiene, e che negli ultimi giorni ha lavorato sottotraccia per convincerlo a riconsiderare la propria posizione. Non sono mancate, in queste settimane, critiche all’indirizzo di chi, in Consiglio comunale, ha preferito disertare le sedute piuttosto che affrontare apertamente il confronto sulla crisi istituzionale in atto.
Ora, salvo colpi di scena, Frattamaggiore si avvia verso una ritrovata stabilità politica, guidata dallo stesso sindaco che l’ha amministrata negli ultimi dieci anni. Il ritiro delle dimissioni non solo eviterà il commissariamento, ma rilancerà – almeno nelle intenzioni – l’ultimo tratto di legislatura con una rinnovata determinazione.
La città, dunque, non cambia guida. E Del Prete resta al timone.

ACI, poltrona di famiglia: Geronimo La Russa, figlio del presidente del Senato, eletto al vertice dell'Automobile Club d...
10/07/2025

ACI, poltrona di famiglia: Geronimo La Russa, figlio del presidente del Senato, eletto al vertice dell'Automobile Club d’Italia.

Geronimo La Russa, figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa, è il nuovo presidente dell’ACI nazionale. Un incarico prestigioso che porta con sé uno stipendio da 230mila euro annui e una pioggia di polemiche, sollevate tanto dai partiti di opposizione quanto dall’opinione pubblica, che denuncia una deriva nepotistica nella gestione della cosa pubblica.
La sua elezione è avvenuta con il 78% dei consensi tra 2.112 aventi diritto al voto. Una maggioranza schiacciante, sì, ma già pesantemente condizionata da un cambiamento legislativo ad hoc. Un recente emendamento governativo ha infatti modificato lo status giuridico dell’ACI – trasformandolo da ente privato a ente pubblico non economico – introducendo il limite dei tre mandati consecutivi e costringendo così l’uscente Angelo Sticchi Damiani a lasciare la poltrona. Il risultato? La strada spianata per La Russa Jr.
Non è mancata la reazione furibonda del Movimento 5 Stelle. Il capogruppo Riccardo Ricciardi ha parlato senza mezzi termini: “Avete creato un posto per il figlio del Presidente del Senato. Siete la peggiore delle caste”.
Anche Alleanza Verdi e Sinistra ha presentato un’interrogazione parlamentare, chiedendo chiarimenti al Governo e definendo questa nomina “l’ennesimo caso di familismo all’italiana”.
“Così si uccide la meritocrazia”, è il commento più frequente sui social, dove la vicenda è già diventata virale.
Dal canto suo, Geronimo La Russa può vantare un curriculum di tutto rispetto: avvocato, presidente dell’ACI Milano dal 2018, vicepresidente nazionale, membro del Consiglio di Presidenza del Coni, impegnato in attività culturali e motoristiche. È stato anche insignito del titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana. Ma per molti osservatori il tema non è quello del merito, quanto l’opportunità: è accettabile che un ente strategico per la mobilità e la sicurezza stradale venga affidato al figlio di una delle massime cariche dello Stato?
L’ACI (Automobile Club d’Italia) è un ente pubblico con un budget che supera i 400 milioni di euro annui e conta circa 2.400 dipendenti. Le sue competenze spaziano dalla gestione del PRA (Pubblico Registro Automobilistico) alla promozione del motorsport, fino alle politiche per la sicurezza stradale. Un gigante silenzioso della burocrazia italiana, ora al centro dell’attenzione.
Il rischio, secondo molti, è che la vicenda rappresenti un precedente pericoloso. Una sorta di "manuale Cencelli 2.0", dove gli incarichi di vertice vengono distribuiti per appartenenza familiare più che per competenza effettiva.
In un’Italia che proclama da anni la necessità di rilanciare la meritocrazia, la nomina di Geronimo La Russa all’ACI rischia di diventare il simbolo di un sistema opaco, autoreferenziale, incapace di rinnovarsi. E mentre il Governo tace, l’indignazione m***a. Perché non basta essere capaci: in democrazia bisogna anche apparire imparziali. E qui, per molti, l’apparenza ha già condannato il merito.

La vergogna del ritorno dei vitalizi: la “casta” vuole indietro i suoi privilegi.Il Collegio d’Appello della Camera sarà...
10/07/2025

La vergogna del ritorno dei vitalizi: la “casta” vuole indietro i suoi privilegi.

Il Collegio d’Appello della Camera sarà chiamato a pronunciarsi su un ricorso che rischia di riaprire una delle pagine più odiose della storia repubblicana: il ritorno dei vitalizi parlamentari. Una richiesta avanzata da circa 900 ex parlamentari, intenzionati a riavere gli assegni secondo il sistema pre-2018, quello che garantiva pensioni faraoniche anche dopo pochi mesi di mandato.
Se il ricorso dovesse essere accolto, il costo per le casse pubbliche potrebbe arrivare fino a 4 miliardi di euro, con l’aggravante di assegni retroattivi che potrebbero essere ricalcolati dagli anni in cui vennero tagliati. Un colpo di mano in piena regola, che rischia di far pagare a tutti gli italiani le briciole d’oro di chi, la politica, l’ha usata per arricchirsi.
Tra i firmatari del ricorso spiccano nomi noti della politica italiana. Alcuni evocano nostalgie della Prima Repubblica, altri hanno attraversato più stagioni partitiche, tutti accomunati dallo stesso obiettivo: riprendersi il vitalizio. Tra questi:
Claudio Scajola, ex ministro dell’Interno e attuale sindaco di Imperia, Mario Landolfi, ex ministro delle Comunicazioni, Ilona Staller, nota come Cicciolina, parlamentare radicale negli anni ’80, Mario Capanna, leader del '68 e storico esponente della sinistra extraparlamentare, Fabrizio Cicchitto, ex PSI, poi Forza Italia, Margherita Boniver, ex ministro e parlamentare storica del centrodestra, Claudio Martelli, ex guardasigilli socialista, Antonio Bassolino, ex sindaco di Napoli e presidente della Campania., Rosa Russo Iervolino, ex ministra e prima donna sindaco di Napoli.
Una lista che sembra un viaggio nel tempo, ma che racconta invece un presente fatto di privilegi che non vogliono morire.
Paradossalmente, fino agli anni ’60 i parlamentari italiani non avevano diritto nemmeno al rimborso del viaggio per Roma. Le spese per il treno, la sistemazione, il vitto erano considerate parte della “dignità del servizio pubblico”. Solo una diaria forfettaria (oggi intorno ai 3.500 euro mensili) e un rimborso chilometrico erano previsti.
Nel tempo, quella che era una funzione civica è diventata un mestiere ben retribuito. Poi, una vera e propria élite di privilegiati.
A dimostrazione dell’assurdo, il caso di Luca Boneschi, ex deputato radicale: solo 24 giorni in Parlamento, ma sufficienti per maturare un assegno vitalizio da oltre 3.000 euro al mese. Uno tra i tanti casi che fecero esplodere l’indignazione pubblica.
Uno schiaffo a chi stringe la cinghia: l’Italia è un Paese in cui milioni di persone vivono con pensioni da 600 euro al mese, dove il sistema sanitario arranca, la scuola è sottofinanziata e il lavoro è precario. In questo contesto, la richiesta di ripristino dei vitalizi rappresenta una colossale provocazione.
Non è solo una questione economica: è un oltraggio morale. È il ritorno della “casta”, di quella politica chiusa su se stessa che continua a premiare i propri membri, anche a distanza di decenni.
Il 10 luglio la Camera sarà di fronte a un bivio: cedere alla pressione di chi rivendica diritti che oggi appaiono indecenti, o difendere una scelta di sobrietà fatta nel 2018 con la riforma voluta da Roberto Fico.
Quel taglio fu uno dei pochi segnali concreti di ritorno alla giustizia sociale, di riduzione delle distanze tra rappresentanti e rappresentati. Annullarlo oggi equivarrebbe a un tradimento.
Il ritorno dei vitalizi non è una semplice partita contabile. È una questione di dignità della politica. Ristabilire quei privilegi significa dire agli italiani che esistono ancora due Paesi: quello che paga, e quello che incassa. Quello che lotta per vivere, e quello che non rinuncia mai a nulla.
Se la politica vuole recuperare un briciolo di credibilità, il ricorso dei 900 deve essere respinto. Non per spirito punitivo, ma per rispetto della giustizia. Perché chi ha davvero servito il Paese non chiede ricompense, le lascia agli opportunisti.

9 Luglio 2006 - 9 Luglio 2025: 19 anni fa l’Italia sul tetto del mondo. Ma oggi, dov’è finito il nostro calcio?Era il 9 ...
09/07/2025

9 Luglio 2006 - 9 Luglio 2025: 19 anni fa l’Italia sul tetto del mondo. Ma oggi, dov’è finito il nostro calcio?

Era il 9 luglio del 2006. Una notte di gloria, di emozioni indelebili, di lacrime e abbracci. L’Italia di Marcello Lippi conquistava il suo quarto titolo mondiale allo stadio Olimpico di Berlino, battendo la Francia ai calci di rigore. L’urlo di Fabio Grosso, l’eleganza di Andrea Pirlo, la tenacia di Gattuso, la leadership di Cannavaro, la freddezza di Buffon: una squadra compatta, esperta, affamata di vittoria. Una generazione di calciatori forgiata nel campionato più bello del mondo, cresciuta con l’orgoglio di indossare l’azzurro, cresciuta soprattutto in Italia.
Oggi, a diciannove anni di distanza da quella magica notte, la domanda che ci poniamo è inevitabile: dov’è finito quel calcio?
La Nazionale italiana vive una fase di profonda crisi, confermata da risultati altalenanti, qualificazioni sofferte, e prestazioni che faticano a restituire identità e orgoglio. Il problema non è solo tecnico, né solamente legato ai cicli naturali di una squadra. Il vero dramma del calcio italiano è strutturale, culturale e politico.
La crisi del nostro calcio ha un nome e un volto ben precisi: l’abbandono del vivaio italiano. Mentre le principali nazionali europee — dalla Francia all’Inghilterra, dalla Spagna alla Germania — investono in settori giovanili strutturati, accolgono talenti fin dalla più tenera età e costruiscono percorsi di formazione tecnica e mentale, l’Italia continua a vivere di rendita, affidandosi a vecchi nomi o a stranieri comprati e rivenduti come merce da mercato.
La Serie A, un tempo fucina di talenti, oggi è diventata un palcoscenico dove il giovane italiano trova raramente spazio. I numeri parlano chiaro: solo una percentuale minima di under 23 italiani gioca titolare con continuità. Troppi club preferiscono investire su giovani stranieri “pronti all’uso”, perdendo così la possibilità di crescere internamente la futura spina dorsale della Nazionale.
A questa crisi del settore giovanile si aggiunge una classe dirigente che non ha il coraggio né la competenza per guardare al futuro. I vertici del calcio italiano — dalla FIGC alle leghe — sembrano più preoccupati di gestire emergenze e interessi immediati, che di progettare un rilancio vero del sistema.
Dove sono i grandi investimenti nelle scuole calcio, nelle infrastrutture, nella formazione degli allenatori giovanili? Dove sono i progetti per riportare il calcio nelle periferie, nei piccoli comuni, nelle scuole? Tutto tace. E intanto, l’azzurro sbiadisce.
Ma sarebbe ipocrita fermarsi alla sola federazione. Anche la politica ha gravi responsabilità. Un sistema educativo che taglia lo sport, che non promuove la cultura del sacrificio e della meritocrazia, che non tutela i talenti dei giovani, non può che produrre mediocrità. Il calcio è lo specchio di un Paese che spesso dimentica i suoi figli migliori, preferendo scorciatoie e facili consensi a progetti lungimiranti.
Lo sport, e il calcio in particolare, può essere uno straordinario strumento educativo, di inclusione, di crescita personale e collettiva. Ma finché sarà lasciato alla deriva, in mano a logiche puramente economiche e a gestioni miopi, continuerà a produrre sconfitte, dentro e fuori dal campo.
Eppure, qualcosa resiste. Nelle scuole calcio di provincia, nei piccoli club di Serie C e D, tra gli allenatori appassionati e i genitori che ogni giorno portano i figli al campo, c’è ancora una scintilla di speranza. Ma quella scintilla va alimentata. Con investimenti seri, con una riforma profonda, con una narrazione che torni a mettere al centro il ragazzo, il talento, la passione.
Il ricordo del 9 luglio 2006 ci emoziona ancora. Ma la nostalgia non basta. L’Italia del calcio ha bisogno di un nuovo inizio, fondato non sulla memoria, ma sulla visione. Un progetto che guardi al 2030, non solo al prossimo Europeo o Mondiale. Un calcio che torni a essere italiano, prima che vincente.
Perché vincere è bello. Ma educare, crescere, seminare è molto di più.
E solo chi semina oggi, potrà raccogliere domani.

«La solitudine del cuore»: il dramma di don Matteo Balzano, giovane prete morto suicida a Cannobio Un’ombra profonda si ...
09/07/2025

«La solitudine del cuore»: il dramma di don Matteo Balzano, giovane prete morto suicida a Cannobio

Un’ombra profonda si è posata sulla comunità di Cannobio, affacciata sul Lago Maggiore, dove sabato 5 luglio è stato ritrovato senza vita don Matteo Balzano, giovane vice-parroco di 35 anni. Il suo corpo giaceva nella canonica. Le autorità e la diocesi hanno confermato il suicidio. La notizia ha scosso non solo i fedeli del luogo, ma l’intera Chiesa piemontese e italiana.
Don Matteo era considerato da tutti un prete “vicino”, sorridente, presente. Nato a Borgomanero nel 1990, originario di Grignasco, si era formato in seminario a Novara dopo un diploma come perito aeronautico. Ordinato nel 2017, aveva svolto il suo primo ministero a Castelletto sopra Ticino, poi nel Santuario di Re, e infine a Cannobio, dove si occupava dei giovani, dell’oratorio, delle associazioni. Nessun segnale premonitore, nessuna parola lasciata. Il vuoto lasciato è immenso.
Lunedì sera la veglia. Martedì i funerali. Chiesa gremita, comunità spezzata. Tanti giovani, tanti sguardi smarriti. «Don Matteo era un arcobaleno dopo la pioggia», ha detto una ragazza al microfono, tra le lacrime. Il vescovo Franco Giulio Brambilla, celebrando le esequie, ha invocato silenzio, rispetto e misericordia: «Solo Dio conosce il mistero delle lacrime che non si vedono. Solo Lui conosce il dolore che si nasconde dietro un sorriso».
La morte di don Matteo non è un caso isolato. Negli ultimi anni, sono aumentati gli episodi di disagio psicologico tra i sacerdoti. La loro solitudine è spesso invisibile, perché mascherata da ruoli pubblici, attese spirituali, responsabilità continue. A differenza di altri mestieri, il prete “non stacca mai”. È pastore, consigliere, insegnante, mediatore. È l’uomo a cui tutti si rivolgono, ma che spesso non ha nessuno a cui rivolgersi davvero.
Nel libro dell’Esodo, Mosè, travolto dal peso del popolo, grida a Dio: “Non ce la faccio da solo!” (Es 18,17-18). Anche Gesù, nel Getsemani, prova l’abbandono: “La mia anima è triste fino alla morte” (Mt 26,38). Il sacerdote, configurato a Cristo, porta una croce che non è sempre visibile. È chiamato ad annunciare la Parola, amministrare i sacramenti, guidare comunità spesso frammentate, e al contempo affrontare la propria fragilità.
La solitudine del prete non è solo fisica, ma spirituale. È la solitudine del cuore che ama, ma non sempre è amato. Che consola, ma non sempre trova conforto. Che ascolta tutti, ma spesso tace il proprio dolore. In un’epoca di individualismo, di sfiducia verso le istituzioni e di crescente secolarizzazione, il prete è talvolta percepito come un “residuo”, un anacronismo. Eppure è, ancora, un uomo tra gli uomini. E come tutti, può cadere. Può stancarsi. Può sentirsi solo.
La morte di don Matteo non deve restare un fatto di cronaca nera. Deve diventare occasione di esame di coscienza per tutta la Chiesa: le comunità sostengono davvero i loro sacerdoti? I vescovi conoscono la solitudine dei loro presbiteri? I seminaristi vengono formati anche umanamente, psicologicamente, affettivamente?
Il celibato, dono prezioso, va accompagnato da relazioni significative, da fraternità reale, da momenti di ascolto reciproco. Altrimenti può diventare aridità. Papa Francesco ha più volte esortato i sacerdoti a “non essere funzionari del sacro”, ma uomini veri, con il coraggio di farsi aiutare. Ma anche i laici devono imparare a guardare i loro pastori con occhi nuovi: non come superuomini, ma come fratelli.
Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, ha scritto sui social: “Mi inchino al tuo mistero, don Matteo. La tua fragilità ci ricorda che la santità non è perfezione, ma affidamento. Che la fede non è fuga dal dolore, ma lotta dentro il buio”.
Forse è proprio da questo buio che dobbiamo ripartire. Per essere, davvero, Chiesa madre, e non solo Chiesa esigente. Per accogliere, non solo giudicare. Per abbracciare anche chi, come don Matteo, ha amato fino alla fine, anche senza riuscire a dirlo.

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