16/08/2022
Alla fine della prima giornata di Serie A, possiamo dire che le partite sono state emozionanti e che ci hanno già dato alcuni indizi su cosa ci potremmo aspettare da questa stagione. La Juventus, prima della gioia e della festa finale, l’avvio della gara con il Sassuolo era stato a dir poco complicato, che è riuscita a cambiare passo subito dopo il black out del primo tempo. Allegri, durante la pausa, ha rimesso "a posto" le proprie pedine nelle loro posizioni in campo, perché erano troppo lontani, e così nel secondo tempo hanno avuto la possibilità di uscire dalla pressione dei loro avversari, arrivando e davanti con i propri giocatori di qualità. Invece, Spalletti ha già messo le basi per far innamorare la gente di questo Napoli. Non ci sarà sempre un Verona così indifeso, il calcio d’agosto può illudere, la strada è lunga, ma l’impressione regalata da questo 5-2 al pronti-via è un avviso al campionato: il Napoli c’è, equilibrato, compatto, scaltro, potente, con fasce d’attacco che sanno essere devastanti, Osimhen che può soltanto crescere e Lobotka sempre più padrone del gioco.
Lozano e il nuovo Kvaratskhelia sono stati la chiave per scardinare un Verona chiuso dietro, incapace di impostare dal basso, costretto a lancioni lunghi e poco sicuro dietro, eppure in partita fino al 2-2 di inizio secondo tempo. Il Napoli aveva sbagliato troppo sottoporta e gli automatismi in difesa non erano stati perfetti, malgrado il bel debutto di Kim. Poi, però, s’è scatenata la tempesta, tre gol, uno annullato, altri sfiorati, mentre i cambi finivano con indebolire il Verona. Se il Napoli qui non s’è accorto che Koulibaly, Mertens e Insigne non ci sono più, Cioffi deve fare i conti con le assenze terribili di Simeone, Caprari, Casale e con Barak a mezzo servizio.
Gotti ha perso Maggiore che vestirà la maglia della Salernitana, Bourabia, dopo una stagione da spettatore forzato, è il perno centrale del trio di centrocampo, con ai lati Agudelo e Bastoni, sulle fasce i due pendolini Gyasi, nuovo straordinario capitano, ammonito dopo appena quattro minuti, che sopperisce bene alle assenze di Amian e Ferrer, e il polacco Reca, imprendibile sulla corsia mancina. In porta c'è subito l'ex Dragowski, protetto da Caldara, i due unici nuovi subito in campo, Kiwior, in campo malgrado il pressing del West Ham, e Nikolaou, un pacchetto difensivo che assicura prestanza e senso della posizione. Il binomio offensivo è ormai classico, Verde e Nzola, insostituibile riferimento offensivo. Si cerca di non lasciare spazi e sfruttare le corsie esterne. Tutti gli uomini, tranne il jolly Gyasi, operano nelle loro posizioni migliori. Sembra scontato, ma non è la regola. Si respira subito l'importanza della gara. Lo Spezia cerca l'avvio sprint, ma non punge, i tentativi di Reca (2') ed Agudelo (21') sono scentrati, Nzola (11') viene fermato in offside. I toscani rispondono con le iniziative dell'ex genoano Destro e Bajrami. Emozioni concentrate in quattro minuti, Caldara (34') sfiora il vantaggio di testa, non fa meglio Henderson nella replica, che centra Dragowski da due passi, Nzola (36'), su assist di Bastoni, infila l'incerto Vicario di prima intenzione. Il pericoloso diagonale del solito Destro (43') chiude la prima frazione.
È arrembante l'Empoli dopo l'intervallo, i tentativi di Henderson e Lammers non fanno male, ma Gotti si preoccupa ed inserisce l'atteso Ekdal al 15', al posto dell'intermittente Verde. Lo svedese non è al meglio, trotterella, ma si mette davanti alla difesa e chiude tutti gli spazi, come al solito. L'Empoli si affloscia, Dragowski deve respingere solo il tentativo di Stojanovic (44'). Troppo poco per fare male. Lo Spezia si aggrappa a una difesa insuperabile, una bella novità.
La Roma poco meno di un anno fa il video di José Mourinho in treno con pizza e cola aveva raccolto migliaia di like. Lo Special One all’epoca era reduce dal successo per 4-0 contro la Salernitana all’Arechi. Stavolta ha fatto il Bis.
La Lazio già presenta i primi problemi in difesa: Maximiano esce e con la mano destra prende il pallone fuori dall’area. Per arbitro e soprattutto assistente numero due, Scarpa, tutto regolare, ma non è così. Un errore grave. Ghersini al VAR richiama l’arbitro all’OFR anche perché si tratta di un fallo chiaro: Arnautovic è nella «probabilità di guadagnare il controllo del pallone», oltre ad avere distanza dalla porta, direzione del gioco e posizione e numero di difendenti. In quest’ultimo caso, Patric - che è lì nei pressi - si tiene lontano dalle operazioni per agevolare l’uscita del suo portiere.
Netto il rigore assegnato al Bologna: Zaccagni non si accorge che dietro di lui sansone ha anticipato il movimento, va per colpire il pallone con il destro, finisce per assestare un calcio al ginocchio destro dell’avversario. Bel caso, come detto, accese proteste, anche sopra i limiti, da parte di Immobile, che se la cava con un rimbrotto. Anche quando va a spingere Arnautovic per l’esultanza dopo il gol.
Estremamente ingenuo Soumaoro, subito falloso (4 falli commessi in 47 minuti): già ammonito, entra con la gamba destra direttamente su Lazzari, senza possibilità di prendere il pallone.
Ok il 2-1 di Immobile: lo tiene in gioco Bonifazi sull’assist di Milinkovic Savic.
Partita ricca di emozioni nel giorno del ritorno in A della Cremonese dopo 26 anni. Sblocca il piazzato di Bonaventura, immediato il pari di Okereke con un colpo di testa. Al 34 'Jovic firma il suo primo gol con i viola, un duro fallo di Escalante costa il rosso diretto. Nonostante l'inferiorità numerica, gli ospiti arrivano al pari con Buonaiuto che beffa Gollini da corner, ma in pieno recupero Radu sbaglia una presa e si trascina il pallone in porta per il definitivo 3-2 a favore della Fiorentina
Il gol di Dumfries allo scadere di Lecce-Inter ha scatenato la gioia del popolo interista, che stava già per assaporare un amarissimo pareggio all'esordio in campionato. DAZN, in un suo speciale format, racconta così gli ultimi istanti del match: "Mancano 14 secondi alla fine di Lecce-Inter, ultimo tiro dalla bandierina. Lukaku si gira verso Dimarco, che è dalla parte opposta del campo: "Fede, vai tu a ba***re!".
E' troppo lontano e troppo tardi, mancano tempo ed energie per farsi altri 50 metri: bisogna calciare. Romelu dopo il gol corre dalla parte opposta verso il settore ospiti coi tifosi interisti: scarica tutta l'adrenalina in corpo tirando pugni per terra e poi ha pure la forza di esultare coi compagni.
Buona la prima per il Torino, che ai nastri di partenza si trova subito ad affrontare il Monza, neopromossa ma estremamente rimaneggiata da un mercato importante, e lo batte, nonostante l'ingombrante assenza di Lukic. Il 2-1 rifilato ai brianzoli è un segnale importante, che può dare le prime indicazioni sul gruppo granata. L'immagine che ne deriva è quella di un Torino con ancora delle lacune (da colmare sul mercato), ma già compatto e dedito al seguire gli insegnamenti di Ivan Juric. Ecco le tre verità che sono emerse al termine della prima di campionato.
Il Milan riparte coccolato dall’applauso avvolgente degli oltre 70 mila di San Siro e da una squadra ancora più spregiudicata di quella che a maggio aveva festeggiato il diciannovesimo scudetto. Il risultato è una vittoria netta con l’Udinese, condita da quattro reti e dagli squilli di Rebic e Diaz, che devono giocare partite di questo tipo per mettere in difficoltà Pioli e respingere la concorrenza. Il croato, con Giroud all’inizio in panchina, apre la stagione segnando una doppietta e ritrovando il sorriso a San Siro dopo 482 giorni. Lo spagnolo, invece, è sempre dentro il gioco, mette il piede in tutti i gol e a inizio ripresa firma il 3-2 che cambia la partita. Squadra vecchia, quella dell’anno scorso, ma con un talento in più nel motore, quello di De Ketelaere, che gioca solo gli ultimi 24 minuti, recupero compreso, incantando San Siro. Il belga sembra davvero un piccolo De Bruyne, corsa, colpi e visione di gioco, anche un gol annullato per fuorigioco. Servono prove più severe, ma CDK ha già capito cosa deve fare.
La caccia allo scudetto della seconda stella è cominciata, ma l’allenatore deve trovare ancora l’equilibrio di squadra. L’attacco funziona, la difesa no. Il Diavolo gioca più alto rispetto al passato, accettando anche il due contro due sulle ripartenze dell’Udinese, ma dietro balla. Il gol di Becao, tre volte a segno contro i rossoneri, arriva dopo appena novanta secondi e quello di Masina, che chiude sul 2-2 il primo tempo, è un regalo di Messias.
Il Milan è molto aggressivo. I terzini, Calabria e Theo, si alzano tantissimo e Krunic, partendo dalla linea mediana, abbandona spesso e volentieri Bennacer per allungarsi sulla trequarti accanto a Diaz. Funzionano male gli esterni, Leao e Messias, però il Diavolo ha voglia di fare e la forza di non abbattersi una volta finito sott’acqua. È anche fortunato perché la rimonta nasce da un rigore discutibile, che Marinelli fischia dopo essere stato richiamato alla Var da Mazzoleni per un contatto tra Soppy e Calabria quando il milanista aveva già perso l’occasione di segnare.
La vittoria dei rossoneri però non fa una grinza. L’Udinese nel primo tempo risponde colpo su colpo, ma si scioglie alla prima azione della ripresa quando Diaz sfrutta il pasticcio tra Perez e Masina. Sottil, al debutto in panchina, è stato un difensore e adesso proprio sulla difesa deve lavorare per evitare certe sconfitte.
Non tutte le emergenze sono eguali. Dipende dal punto di partenza. La sfida del Ferraris (0-2 il finale) lo certifica chiaramente: Gasperini torna a Bergamo con tre punti pesantissimi per l’Atalanta, perché il gol di Toloi (26’ del primo tempo, a chiusura di una combinazione Zapata-Pasalic), preceduto da un palo clamoroso di Maehle, dà il via a una partita completamente diversa, soprattutto per gli ospiti, che poi crollano definitivamente solo alla fine di un recupero infinito. Ma sul verdetto finale ha giocato un ruolo determinante il gol annullato al 15’ a Caputo, dopoché il Check Var, con il direttore di gara Dionisi richiamato al monitor da Pairetto, ha segnalato un tocco (molto dubbio, in verità) di Leris, autore dell’assist, su Maehle. Il gol prima concesso e poi tolto ai blucerchiati ha avuto un effetto disastroso sui padroni di casa, che sul piano psicologico hanno visibilmente patito la decisione. Che, al contrario, ha dato nuovo vigore all’Atalanta. E a quel punto fatalmente la maggiore qualità e organizzazione degli ospiti è riuscita ad avere il sopravvento. Perché è innegabile, lo si diceva all’inizio, che nei due cantieri di Sampdoria e Atalanta, quello di Gasperini possa meglio affrontare questa sorta di interregno che accompagnerà i due club alla fine del mercato.