L'Audace

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𝟮𝟬𝗘𝗡𝗡𝗘 𝗔𝗚𝗚𝗥𝗘𝗗𝗜𝗧𝗔 𝗗𝗔𝗟𝗟'𝗨𝗢𝗠𝗢 𝗖𝗢𝗡𝗢𝗦𝗖𝗜𝗨𝗧𝗢 𝗢𝗡𝗟𝗜𝗡𝗘. 𝗔𝗡𝗖𝗛𝗘 𝗟'𝗜𝗡𝗖𝗢𝗡𝗧𝗥𝗢 𝗧𝗥𝗔 𝗟𝗔 𝗚𝗘𝗡𝗧𝗘 𝗡𝗢𝗡 𝗣𝗥𝗢𝗧𝗘𝗚𝗚𝗘 𝗣𝗜𝗨': "𝗟𝗔 𝗭𝗢𝗡𝗔 𝗡𝗘𝗨𝗧𝗥𝗔" 𝗢𝗥𝗠𝗔𝗜 𝗘'...
18/09/2025

𝟮𝟬𝗘𝗡𝗡𝗘 𝗔𝗚𝗚𝗥𝗘𝗗𝗜𝗧𝗔 𝗗𝗔𝗟𝗟'𝗨𝗢𝗠𝗢 𝗖𝗢𝗡𝗢𝗦𝗖𝗜𝗨𝗧𝗢 𝗢𝗡𝗟𝗜𝗡𝗘.
𝗔𝗡𝗖𝗛𝗘 𝗟'𝗜𝗡𝗖𝗢𝗡𝗧𝗥𝗢 𝗧𝗥𝗔 𝗟𝗔 𝗚𝗘𝗡𝗧𝗘 𝗡𝗢𝗡 𝗣𝗥𝗢𝗧𝗘𝗚𝗚𝗘 𝗣𝗜𝗨':
"𝗟𝗔 𝗭𝗢𝗡𝗔 𝗡𝗘𝗨𝗧𝗥𝗔" 𝗢𝗥𝗠𝗔𝗜 𝗘' 𝗦𝗢𝗟𝗧𝗔𝗡𝗧𝗢 𝗨𝗡’𝗜𝗟𝗟𝗨𝗦𝗜𝗢𝗡𝗘.

di Giulia Mainardi

Nel pomeriggio del 15 settembre 2025 i Carabinieri della Stazione di San Donato Milanese hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Milano nei confronti di un 36enne italiano, già noto alle forze dell’ordine, accusato di violenza sessuale, tentata rapina aggravata e porto di armi od oggetti atti ad offendere.

Il provvedimento nasce da un grave episodio avvenuto nei giorni precedenti nell’area del capolinea della metropolitana di San Donato. Qui una ragazza italiana di 20 anni, al primo appuntamento con l’uomo conosciuto sui social, si è presentata convinta che l’incontro in un luogo pubblico le avrebbe garantito una sicurezza. L’aggressore però, dopo averla avvicinata e dopo qualche scambio di convenevoli, l’ha minacciata con un coltello e, approfittando dello sgomento della ragazza, l'avrebbe di forza portata in un luogo appartato e l’avrebbe costretta a subire violenza sessuale, tentando poi di derubarla.

Le indagini sono scattate immediatamente. I militari, grazie alla testimonianza della vittima, ai riconoscimenti fotografici, all’analisi dei filmati delle telecamere di videosorveglianza e al riscontro di fonti testimoniali, sono riusciti in breve tempo a identificare l’uomo, collegarlo alla sua autovettura e a stringere il cerchio. Il 36enne è stato infine arrestato e tradotto presso la Casa Circondariale di San Vittore.

Il caso di San Donato conferma un errore che troppe ragazze, e anche donne più che mature, continuano a commettere negli incontri che avvengono con persone conosciute sui Social: credere che vedersi “fuori”, in un bar per un caffè o per un aperitivo, in una piazza o in una stazione, in mezzo alla gente insomma, e in quella zona definita: "neutra", equivalga a sicurezza certa. Non è affatto così: anzi, spesso è addirittura il contrario. Perchè sono proprio i malintenzionati quelli che propongono la cosiddetta "zona neutra", per tranquillizzare le loro vittime e perché lì non lasciano tracce di sé, non mostrano dove abitano, e non offrono alcun riferimento utile che possa ricondurre alla loro identità in caso di denuncia.

Possono fornire false identità, presentarsi con un profilo costruito ad arte, e far credere di essere chi non sono. Non bisogna basarsi mai solo sull’estetica o pensare: “vedo come va, e poi decido, e se non mi sento a mio agio me ne vado”: spesso a quel punto è già troppo tardi, e non si può più tornare indietro. L’incontro in mezzo alla gente, invece di proteggere, spesso è un’illusione di sicurezza che favorisce invece chi vuole nascondersi; e aumenta il rischio, perché non c’è nulla di concreto a cui aggrapparsi, nessun riferimento certo. In uno spazio pubblico, anche affollato, la persona malintenzionata può agire, scomparire tra la folla o modificare il proprio comportamento senza conseguenze immediate.

Al contrario, chi propone un incontro a casa propria, che può all'inizio sembrare un azzardo o addirittura qualcosa di equivoco, in realtà fa esattamente il contrario: si espone completamente, non lascia ombre, fornisce un indirizzo preciso e mette in gioco la propria identità vera e reale, quindi, di fatto, la propria integrità. Aprire le porte di casa significa mostrarsi per quello che si è, offrire elementi verificabili e rendersi immediatamente rintracciabili. Il paradosso è che accettare un invito a casa fa correre meno rischi rispetto a chi sceglie invece un luogo "neutro" e pubblico, perchè consente un intervento immediato se qualcosa dovesse andare storto. È un segnale di coerenza e affidabilità, che spesso fa proprio la differenza tra sicurezza e pericolo.

Questo non significa dover abbassare mai la guardia, per nessun motivo e in nessun caso: prudenza e buon senso restano indispensabili. Bisogna sempre avvisare un’amica o un familiare, condividere orario e indirizzo dell’incontro, non presentarsi mai senza aver prima raccolto informazioni reali sulla persona. Ma il punto fondamentale è chiaro: la sicurezza non nasce dall’affidarsi alla folla o al rumore di un locale affollato. La sicurezza si trova nella trasparenza e nell’affidabilità della persona che si ha davanti.

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𝗜𝗟 𝗚𝗢𝗩𝗘𝗥𝗡𝗢 𝗜𝗡𝗦𝗢𝗥𝗚𝗘, 𝗠𝗔 𝗜 𝗣𝗘𝗡𝗔𝗟𝗜𝗦𝗧𝗜 𝗢𝗚𝗚𝗜 𝗗𝗜𝗙𝗘𝗡𝗗𝗢𝗡𝗢𝗜𝗟 𝗚𝗜𝗨𝗗𝗜𝗖𝗘 𝗖𝗛𝗘 𝗛𝗔 "𝗖𝗢𝗠𝗣𝗥𝗘𝗦𝗢" 𝗜𝗟 𝗠𝗔𝗥𝗜𝗧𝗢 𝗗𝗜  𝗟𝗨𝗖𝗜𝗔 𝗥𝗘𝗚𝗡𝗔, 𝗠𝗔𝗦𝗦𝗔𝗖𝗥𝗔𝗧𝗔 𝗗𝗜 𝗕...
12/09/2025

𝗜𝗟 𝗚𝗢𝗩𝗘𝗥𝗡𝗢 𝗜𝗡𝗦𝗢𝗥𝗚𝗘, 𝗠𝗔 𝗜 𝗣𝗘𝗡𝗔𝗟𝗜𝗦𝗧𝗜 𝗢𝗚𝗚𝗜 𝗗𝗜𝗙𝗘𝗡𝗗𝗢𝗡𝗢
𝗜𝗟 𝗚𝗜𝗨𝗗𝗜𝗖𝗘 𝗖𝗛𝗘 𝗛𝗔 "𝗖𝗢𝗠𝗣𝗥𝗘𝗦𝗢" 𝗜𝗟 𝗠𝗔𝗥𝗜𝗧𝗢 𝗗𝗜 𝗟𝗨𝗖𝗜𝗔 𝗥𝗘𝗚𝗡𝗔,
𝗠𝗔𝗦𝗦𝗔𝗖𝗥𝗔𝗧𝗔 𝗗𝗜 𝗕𝗢𝗧𝗧𝗘 𝗦𝗢𝗟𝗢 𝗣𝗘𝗥𝗖𝗛𝗘' 𝗟𝗢 𝗔𝗩𝗘𝗩𝗔 𝗧𝗥𝗔𝗗𝗜𝗧𝗢.

l'editoriale di Mirco Maggi

C’è un imbarazzo profondo, quasi insopportabile, nel leggere questa sentenza. Non solo perché tradisce Lucia Regna, ma perché tradisce lo Stato e il senso stesso di giustizia. Di fronte a un volto massacrato e a una vita distrutta, un tribunale ha trovato parole di comprensione non per la vittima, ma per chi l’ha ridotta così. È questo il vero orrore: un Paese che si scopre incapace di proteggere chi denuncia, e che rischia di tornare indietro di decenni e decenni. Non è solo il fallimento di un giudizio: è una macchia sulla coscienza civile di tutti noi.

Le reazioni di oggi hanno acceso ancora di più lo sdegno. La senatrice Cinzia Pellegrino, responsabile nazionale del Dipartimento Tutela vittime di Fratelli d’Italia, ha espresso «sdegno e profonda preoccupazione per le motivazioni della sentenza», assicurando che il Governo Meloni continuerà a battersi perché «nessuna donna debba più sentirsi lasciata sola davanti a chi le fa del male». Di segno opposto il commento del presidente dell’Unione camere penali, Francesco Petrelli, che ha parlato di «reazioni scomposte» e di «furore giustizialista», difendendo così l’operato dei giudici.

Ma il cuore della vicenda è drammatico. Lucia Regna è stata picchiata per sette minuti consecutivi dal marito, al punto da richiedere una ricostruzione facciale con 21 (ventuno!) placche di titanio. Ha perso parte della vista, ha perso il lavoro, ha perso anni di serenità sotto le minacce e le vessazioni di quell’uomo. Eppure, nelle motivazioni della sentenza, il giudice Paolo Gallo scrive che Lucia avrebbe «sfaldato il matrimonio di sua iniziativa», mentre l’imputato «va compreso» perché «amareggiato» e «vittima di un torto».

Una giustificazione che fa rabbrividire: la donna con il viso maciullato dai colpi e ridotta in frantumi, e il suo carnefice dipinto come un uomo da “capire”. Un ribaltamento di ruoli che ricorda i tempi bui del delitto d’onore, che credevamo ormai fosse stato archiviato dalla storia, e che invece ritorna nelle aule di tribunale.

Lucia Regna ha dichiarato, dopo la sentenza: «questo verdetto è una sconfitta di tutte le donne. Mi hanno ferita due volte: lui con i pugni, loro con la penna - in lacrime nel leggere quelle motivazioni in auto, interrotta dal dolore e dall’umiliazione - Una sentenza piena di commenti personali contro di me. Si legge che io ero portatrice di interessi patrimoniali, che avevo lasciato lui e quindi lui aveva una giustificazione. Ma così si lasciano liberi gli uomini di massacrare le fidanzate. Così si creano precedenti. Dopo di me, una donna potrà pensare: perché denunciare, se poi sarò trattata come imputata?».

Ecco perché la vicenda di Lucia non è solo un processo privato: è un processo all’Italia stessa. Alla sua giustizia, alle sue istituzioni, alla sua capacità di difendere davvero chi subisce violenza. Oggi la politica si indigna – con Pellegrino e il Governo Meloni in prima linea – ma le Camere penali difendono i giudici, e la commissione parlamentare sul femminicidio chiede di vedere gli atti. Ma intanto resta un dato: una donna sfigurata, e un magistrato che scrive che il suo aggressore “va compreso”.

La violenza gratuita non si può mai "comprendere", non si giustifica, non si attenua. Si condanna e basta. Sempre. Ogni volta. Senza giustificazioni e senza appelli, ed è tutto il resto che è un insulto, un pericoloso via libera al prossimo massacro.

𝗖𝗢𝗟𝗢𝗚𝗡𝗢 𝗠𝗢𝗡𝗭𝗘𝗦𝗘, 𝗖𝗔𝗠𝗜𝗢𝗡𝗜𝗦𝗧𝗔 𝗣𝗨𝗡𝗧𝗢 𝗗𝗔 𝗨𝗡𝗔 𝗩𝗘𝗦𝗣𝗔.𝗔𝗧𝗧𝗘𝗥𝗥𝗔 𝗘𝗟𝗜𝗦𝗢𝗖𝗖𝗢𝗥𝗦𝗢: 𝗦𝗜 𝗘' 𝗧𝗘𝗠𝗨𝗧𝗢 𝗦𝗛𝗢𝗖𝗞 𝗔𝗡𝗔𝗙𝗜𝗟𝗔𝗧𝗧𝗜𝗖𝗢.Momenti di panico a ...
11/09/2025

𝗖𝗢𝗟𝗢𝗚𝗡𝗢 𝗠𝗢𝗡𝗭𝗘𝗦𝗘, 𝗖𝗔𝗠𝗜𝗢𝗡𝗜𝗦𝗧𝗔 𝗣𝗨𝗡𝗧𝗢 𝗗𝗔 𝗨𝗡𝗔 𝗩𝗘𝗦𝗣𝗔.
𝗔𝗧𝗧𝗘𝗥𝗥𝗔 𝗘𝗟𝗜𝗦𝗢𝗖𝗖𝗢𝗥𝗦𝗢: 𝗦𝗜 𝗘' 𝗧𝗘𝗠𝗨𝗧𝗢 𝗦𝗛𝗢𝗖𝗞 𝗔𝗡𝗔𝗙𝗜𝗟𝗔𝗧𝗧𝗜𝗖𝗢.

Momenti di panico a Cologno Monzese questa mattina intorno alle 11. Un autotrasportatore è stato punto da una vespa entrata nell'abitacolo del camion mentre l'autista stava transitando nella zona del cantiere della ex-Torriani.

L'uomo, dopo la puntura dell'insetto, si è subito sentito male e i colleghi hanno chiamato i soccorsi. Sul posto, oltre a due ambulanze del 118, sono intervenute le autopattuglie della Polizia Locale che, dopo l'atterraggio dell'elicottero dell'Elisoccorso con a bordo il personale specializzato, hanno accompagnato i sanitari per visitare il camionista che nel frettempo si era ripreso.

Non è stato necessario trasportare il camionista sull'elicottero che, nonostante lo stordimento e i disturbi, non è stato colto da shock anafilattico. L'uomo è stato portato in Ospedale per accertamenti con l'ambulanza e l'elicottero è ripartito.

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04/09/2025

GLI SPECIALI DE L'AUDACE
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𝐒𝐓𝐈𝐀𝐌𝐎 “𝐑𝐄𝐆𝐑𝐄𝐃𝐄𝐍𝐃𝐎”: 𝐋'𝐀𝐋𝐋𝐀𝐑𝐌𝐄 𝐄' 𝐆𝐋𝐎𝐁𝐀𝐋𝐄.
𝐃𝐄𝐂𝐋𝐈𝐍𝐀 𝐋’𝐈𝐍𝐓𝐄𝐋𝐋𝐈𝐆𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐄 𝐍𝐎𝐍 𝐏𝐄𝐍𝐒𝐈𝐀𝐌𝐎 𝐏𝐈𝐔'.

𝑑𝑖 𝑀𝑖𝑟𝑐𝑜 𝑀𝑎𝑔𝑔𝑖

Dopo secoli in cui l’ingegno umano ha prodotto invenzioni capaci di rivoluzionare il mondo – dal motore a vapore all’automobile, dalla penicillina a Internet – sembra che negli ultimi vent’anni la curva dell’innovazione si sia fatta meno “visibile”.

A questo fenomeno si aggiunge un dato inquietante e preoccupante: quello che gli studiosi chiamano “effetto Flynn capovolto”. Se nel dopoguerra i test del Q.I. (quoziente di intelligenza) mostravano un costante incremento delle capacità cognitive medie, negli ultimi decenni si registra invece una tendenza opposta: in quasi tutti i paesi sviluppati, l’intelligenza misurata diminuisce.

Le cause possono essere molteplici, ma una in particolare risalta: l’impoverimento del linguaggio. Il linguaggio non è un semplice strumento di comunicazione: è la materia prima del pensiero. Se si riduce il lessico, se scompaiono i tempi verbali complessi, se viene meno la capacità di sfumare, distinguere e articolare, diminuisce anche la possibilità di elaborare pensieri complessi, di fare proiezioni nel tempo, di immaginare scenari alternativi.
Meno parole significano meno pensiero, meno capacità di ragionare, meno libertà. È un paradosso: nel momento in cui abbiamo a disposizione più strumenti tecnologici di quanti ne abbiamo mai avuti, rischiamo di perdere la facoltà essenziale che ha reso possibile ogni invenzione, e cioè la capacità di pensare con precisione e profondità.

Per questo il futuro delle invenzioni non dipende solo dai laboratori o dai computer quantistici, ma anche dalla cura che dedichiamo al linguaggio, alla lettura, alla scrittura, all’educazione. La vera sfida dei prossimi decenni non sarà quindi soltanto quella tecnologica, ma superiormente quella culturale: perché si deve preservare la complessità del pensiero umano in un mondo che tende a semplificarlo fino a svuotarlo.

Incontestabili evidenze convergono quindi, inequivocabilmente, su un recente declino del QI planetario e, oltre alla principale causa di questo fenomeno, le cause possibili sono principalmente “ambientali”: educazione, stile di vita, stimoli cognitivi, più che solamente genetiche o biologiche. Secondo gli scienziati, il fenomeno non è uniforme: varia per area cognitiva e per fascia d’età. Alcuni esperti avvertono che cambiamenti nei test o fattori culturali possono distorcere i risultati. È un fenomeno reale ma complesso, da interpretare con cautela e nel contesto di cambiamenti sociali, tecnologici e culturali.

Quindi: perché sembra che “non sia stato inventato niente di importante” negli ultimi 20 anni? Rivoluzioni visibili (telefono, radio, lampadina, automobile) appartengono all’Ottocento e alla prima metà del Novecento. Dopo il 2000, la scienza lavora su tecnologie già esistenti, ma solo migliorandole (computer sempre più potenti, telefoni sempre più smart, farmaci sempre più mirati). Le nuove invenzioni sono meno “fisiche” e solamente più concettuali: biotecnologie, genetica, intelligenza artificiale, nanotecnologie. Inoltre, l’innovazione oggi è collettiva: non c’è più “un inventore” singolo (tipo Marconi o Bell), ma team internazionali di centinaia di scienziati.

Quelle che seguono sono le invenzioni più significative dal 1500 ad oggi (solo le più significative). Dal 1990 in poi, quindi negli ultimi 35 anni, sembra che l’uomo si sia fermato, e che abbia smesso di pensare, di creare, di costruire e progettare evoluzioni significative veramente innovative come nelle epoche precedenti.

E proprio perché in questo speciale trattiamo appunto la "mancanza di pensiero, di ragionamento e di spessore intellettuale", in questo elenco significativo delle invenzioni sono state volutamente ignorate e tralasciate tutte quelle relative alle arti, ai capolavori dei pittori, degli scultori, dei musicisti, dei filosofi. Perché come si può paragonare, ai prodotti artistici di oggi, quelli di Michelangelo, Raffaello, Bernini o di Leonardo; o la filosofia di Seneca, Socrate, Parmenide, Eraclito ed Epicuro? Come si può paragonare la musica odierna con quella di, uno su tutti, L.v. Beethoven? È appunto impossibile, e lo stesso vale per la poesia, e per tutta la letteratura mondiale, perché siamo ormai all'estinzione definitiva e totale delle arti e dei prodotti letterari, al punto che le più grandi catene di librerie chiudono, le più importanti case editrici non valutano più le nuove proposte, i classici non vendono più una copia, e l'ignoranza letteraria regna sovrana ovunque e dappertutto, anche, e soprattutto, in quegli ambienti dove, per antonomasia, dovrebbe essere invece un caposaldo.

1550 – Gerolamo Cardano – Giunto cardanico
1593 – Galileo Galilei – Termoscopio (precursore del termometro)
1608 – Hans Lipperhey – Primo telescopio ottico
1620 – Cornelis Drebbel – Primo sottomarino funzionante
1623 – Wilhelm Schickard – Calcolatrice meccanica
1642 – Blaise Pascal – Pascalina (macchina per calcoli)
1656 – Christiaan Huygens – Orologio a pendolo
1679 – Denis Papin – Autoclave e digestore a vapore
1698 – Thomas Savery – P***a a vapore
1712 – Thomas Newcomen – Motore a vapore atmosferico
1733 – John Kay – Navetta volante (rivoluzione tessile)
1752 – Benjamin Franklin – Parafulmine
1769 – James Watt – Motore a vapore efficiente
1796 – Edward Jenner – Vaccino contro il vaiolo
1800 – Alessandro Volta – Pila elettrica (prima batteria)
1804 – Richard Trevithick – Prima locomotiva a vapore
1825 – George Stephenson – Locomotiva Rocket (ferrovia moderna)
1826 – Nicéphore Niépce – Prima fotografia stabile
1831 – Michael Faraday – Generatore elettrico
1837 – Samuel Morse – Telegrafo e codice Morse
1839 – Charles Goodyear – Vulcanizzazione della gomma
1846 – Elias Howe – Macchina da cucire
1846 – William Morton – Prima anestesia con etere
1856 – Henry Bessemer – Processo Bessemer (acciaio industriale)
1861 – Louis Pasteur – Pastorizzazione
1866 – Alfred Nobel – Dinamite
1867 – Christopher Sholes – Prima macchina da scrivere
1876 – Alexander Graham Bell – Primo telefono funzionante
1877 – Thomas Edison – Fonografo
1879 – Thomas Edison – Lampadina a incandescenza
1885 – Karl Benz – Prima automobile a benzina
1895 – Wilhelm Röntgen – Scoperta dei raggi X
1895 – Guglielmo Marconi – Radio (prime trasmissioni)
1903 – Fratelli Wright – Primo volo aereo a motore
1928 – Alexander Fleming – Scoperta della penicillina
1936 – Alan Turing – Macchina di Turing (concetto di computer)
1942 – Enrico Fermi – Primo reattore nucleare
1945 – John von Neumann – Architettura moderna del computer
1947 – Shockley, Bardeen, Brattain – Transistor
1953 – Watson & Crick – Struttura del DNA (doppia elica)
1957 – URSS – Sputnik (primo satellite artificiale)
1961 – Jurij Gagarin – Primo uomo nello spazio
1969 – ARPANET – Prime connessioni Internet
1969 – Neil Armstrong – Primo uomo sulla Luna
1971 – Intel – 4004, primo microprocessore
1973 – Martin Cooper – Primo telefono cellulare portatile
1977 – Apple – Apple II, uno dei primi PC di massa
1981 – IBM – IBM PC, standard del computer personale moderno
1983 – Motorola – DynaTAC 8000X, primo cellulare commerciale
1989 – Tim Berners-Lee – World Wide Web
1996 – Clonazione pecora Dolly
2001 – Cons. intern. – Mappatura completa del genoma umano
2003 – Nuove tecniche – Sequenziamento genetico veloce
2004 – Mark Zuckerberg – Facebook (social network su larga scala)
2007 – Apple – iPhone (smartphone moderno)
2010 – Apple – iPad (tablet diffuso)
2012 – CERN – Scoperta del bosone di Higgs
2013 – J. Doudna e E. Charpentier – CRISPR-Cas9 (editing genetico)
2015 – Ricerca biomedica – Immunoterapia CAR-T contro tumori
2016 – Collaborazione LIGO – Rilevazione onde gravitazionali
2017 – DeepMind – AlphaGo (IA che supera l’uomo nel gioco)
2020 – Pfizer / Moderna – Vaccini mRNA contro COVID-19
2021 – SpaceX / Blue Origin – Turismo spaziale privato
2022 – N.I.F. (USA) – Fusione nucleare con energia positiva
2023 – OpenAI – ChatGPT, AI generativa di massa
2024 – Prime applicazioni pratiche di computer quantistici
2025 – Sviluppi di intelligenza artificiale e tecnologie quantistiche

𝐓𝐆𝟓, 𝐃𝐔𝐄 𝐏𝐄𝐒𝐈 𝐄 𝐃𝐔𝐄 𝐌𝐈𝐒𝐔𝐑𝐄. 𝐌𝐎𝐑𝐓𝐄 𝐃𝐈 𝐀𝐑𝐌𝐀𝐍𝐈 𝐄 𝐃𝐈 𝐅𝐄𝐃𝐄. E' morto Giorgio Armani, grande uomo, elegante, raffinato, indisc...
04/09/2025

𝐓𝐆𝟓, 𝐃𝐔𝐄 𝐏𝐄𝐒𝐈 𝐄 𝐃𝐔𝐄 𝐌𝐈𝐒𝐔𝐑𝐄. 𝐌𝐎𝐑𝐓𝐄 𝐃𝐈 𝐀𝐑𝐌𝐀𝐍𝐈 𝐄 𝐃𝐈 𝐅𝐄𝐃𝐄.

E' morto Giorgio Armani, grande uomo, elegante, raffinato, indiscutibilmente capace e che ha costruito un impero. Uno stilista amato e compianto planetariamente. Ma resta pur sempre uno stilista, un rappresentante, seppur togato e con tanto di corona scintillante, dell'effimero, della moda, di un settore cioè che ha a che a vedere con il puro materialismo legato all'immagine, e non al contenuto di una persona. Eppure il TG5 apre il suo TG serale con la notizia della sua morte, gli dedica un coccodrillo in apertura di 4 minuti, e successivamente una intera puntata straordinaria inserita nel palinsesto alla bisogna.

Due giorni fa invece è morto Emilio Fede, Giornalista affermato e altrettanto capace, con pregi e difetti, amato e odiato, ma indiscutibilmente un grande professionista del giornalismo, quello vero, e il TG5 lo ha citato soltanto in una notizia breve a fine TG, niente titolo di apertura, nessun coccodrillo e sopattutto nessun servizio, nè tanto meno un puntata speciale. Eppure Emilio Fede, collega che ha lavorato fianco a fianco per anni con tutti i redattori e direttori del Telegiornale di Canale 5, ha diretto il TG1, il TG4, e ha dimostrato una professionalità indiscutibile, ma purtroppo per lui non ha mai rappresentato l'effimero, ma la sostanza, il pensiero, le idee, le notizie, i fatti, cioè la vita reale di tutti noi e di tutti i giorni.

Due pesi e due misure quindi, proprio come quelle di un abito di Giorgio Armani.

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𝐄𝐌𝐈𝐋𝐈𝐎 𝐅𝐄𝐃𝐄 𝐄' 𝐌𝐎𝐑𝐓𝐎 𝐀 𝟗𝟒 𝐀𝐍𝐍𝐈. 𝐈𝐋 𝐃𝐈𝐑𝐄𝐓𝐓𝐎𝐑𝐄 "𝐅𝐔𝐎𝐑𝐈 𝐃𝐀𝐋 𝐂𝐎𝐑𝐎".Emilio Fede è morto a 94 anni a Segrate, vicino Milano. A ...
02/09/2025

𝐄𝐌𝐈𝐋𝐈𝐎 𝐅𝐄𝐃𝐄 𝐄' 𝐌𝐎𝐑𝐓𝐎 𝐀 𝟗𝟒 𝐀𝐍𝐍𝐈.
𝐈𝐋 𝐃𝐈𝐑𝐄𝐓𝐓𝐎𝐑𝐄 "𝐅𝐔𝐎𝐑𝐈 𝐃𝐀𝐋 𝐂𝐎𝐑𝐎".

Emilio Fede è morto a 94 anni a Segrate, vicino Milano. A confermare la notizia la figlia Sveva. I funerali si terranno giovedì nella parrocchia Dio Padre di Milano 2.

Nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1931, fu inviato Rai in 40 Paesi, poi direttore del Tg1 e, dal 1989, legato a doppio filo con Silvio Berlusconi. Nel 1992 fondò il Tg4, dove impose un genere unico: partigiano, teatrale, inimitabile. Amatissimo o criticatissimo, rimane tra i pochi ad aver trasformato il telegiornale in spettacolo.

Celebre la diretta di 18 ore da Vermicino nel 1981 sul caso Alfredino Rampi, che inaugurò la cosiddetta “tv del dolore”. E memorabili le gaffe che lui stesso amava ricordare, consapevole che in televisione contasse imprimersi nella memoria.

La sua carriera fu segnata anche dalle inchieste: nel 2012 lasciò Mediaset dopo la condanna per favoreggiamento della prostituzione legata al caso Ruby e alle “cene eleganti”. Negli ultimi anni, tra arresti domiciliari e polemiche, non rinunciò al ruolo di protagonista.

Dietro la maschera televisiva, il legame più forte fu con la moglie Diana De Feo, giornalista e senatrice di Forza Italia, scomparsa nel 2021. Da allora, raccontava di sognare solo di raggiungerla.

Emilio Fede è stato il direttore più criticato, ma anche tra i più guardati: un giornalista fuori dal coro, fino all’ultimo un “guerriero”, come lo ha definito sua figlia.

𝗢𝗥𝗥𝗢𝗥𝗘 𝗔 𝗠𝗜𝗟𝗔𝗡𝗢: 𝗠𝗔𝗥𝗧𝗘𝗟𝗟𝗔𝗧𝗘 𝗣𝗘𝗥 𝗥𝗨𝗕𝗔𝗥𝗘 𝗨𝗡 𝗢𝗥𝗢𝗟𝗢𝗚𝗜𝗢.𝗜𝗡𝗗𝗔𝗚𝗜𝗡𝗘 𝗟𝗔𝗠𝗣𝗢 𝗗𝗘𝗜 𝗖𝗔𝗥𝗔𝗕𝗜𝗡𝗜𝗘𝗥𝗜: 𝗔𝗥𝗥𝗘𝗦𝗧𝗔𝗧𝗜 𝗜 𝗥𝗘𝗦𝗣𝗢𝗡𝗦𝗔𝗕𝗜𝗟𝗜Milano, terro...
27/08/2025

𝗢𝗥𝗥𝗢𝗥𝗘 𝗔 𝗠𝗜𝗟𝗔𝗡𝗢: 𝗠𝗔𝗥𝗧𝗘𝗟𝗟𝗔𝗧𝗘 𝗣𝗘𝗥 𝗥𝗨𝗕𝗔𝗥𝗘 𝗨𝗡 𝗢𝗥𝗢𝗟𝗢𝗚𝗜𝗢.
𝗜𝗡𝗗𝗔𝗚𝗜𝗡𝗘 𝗟𝗔𝗠𝗣𝗢 𝗗𝗘𝗜 𝗖𝗔𝗥𝗔𝗕𝗜𝗡𝗜𝗘𝗥𝗜: 𝗔𝗥𝗥𝗘𝗦𝗧𝗔𝗧𝗜 𝗜 𝗥𝗘𝗦𝗣𝗢𝗡𝗦𝗔𝗕𝗜𝗟𝗜

Milano, terrore in pieno centro: in Piazza Missori due giovani hanno aggredito un uomo di 25 anni. Colpiscono la vittima con calci, pugni e colpi di martello alla testa. Gli rubano un orologio da 4.000 euro e si danno alla fuga. La vittima, subito ricoverata in Ospedale, riporta gravi ferite, potenzialmente mortali.

I Carabinieri del Nucleo Investigativo intervengono immediatamente. Filmati di videosorveglianza, intercettazioni e pedinamenti, permettono di identificare rapidamente i responsabili: un italiano di 27 anni e un bosniaco di 26. Le indagini collegano gli stessi due giovani anche ad altri due furti aggravati: il 21 luglio ad Assago, e il 29 luglio a Milano, entrambi ai danni di automobili con sottrazione di bagagli dall’interno.

Durante le perquisizioni domiciliari i militari hanno sequestrato una pi***la replica senza tappo rosso, 13.000 euro in contanti, cellulari e tablet di provenienza sospetta.

I Carabinieri hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari su richiesta della Procura di Milano. La responsabilità degli arrestati sarà accertata solo al termine del processo, nel rispetto della presunzione di non colpevolezza.

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𝐈𝐍𝐃𝐀𝐆𝐀𝐓𝐈 𝐒𝐎𝐋𝐎 𝐏𝐄𝐑 𝐀𝐕𝐄𝐑 𝐅𝐀𝐓𝐓𝐎 𝐈𝐋 𝐋𝐎𝐑𝐎 𝐋𝐀𝐕𝐎𝐑𝐎:𝐋𝐔𝐎𝐍𝐆𝐎: "𝐒𝐎𝐒𝐓𝐄𝐆𝐍𝐎 𝐈𝐍𝐂𝐎𝐍𝐃𝐈𝐙𝐈𝐎𝐍𝐀𝐓𝐎 𝐀𝐈 𝐂𝐀𝐑𝐀𝐁𝐈𝐍𝐈𝐄𝐑𝐈"l'editoriale di Mirco MaggiI...
26/08/2025

𝐈𝐍𝐃𝐀𝐆𝐀𝐓𝐈 𝐒𝐎𝐋𝐎 𝐏𝐄𝐑 𝐀𝐕𝐄𝐑 𝐅𝐀𝐓𝐓𝐎 𝐈𝐋 𝐋𝐎𝐑𝐎 𝐋𝐀𝐕𝐎𝐑𝐎:
𝐋𝐔𝐎𝐍𝐆𝐎: "𝐒𝐎𝐒𝐓𝐄𝐆𝐍𝐎 𝐈𝐍𝐂𝐎𝐍𝐃𝐈𝐙𝐈𝐎𝐍𝐀𝐓𝐎 𝐀𝐈 𝐂𝐀𝐑𝐀𝐁𝐈𝐍𝐈𝐄𝐑𝐈"

l'editoriale di Mirco Maggi

Il Taser, l'Arma, e altri oggetti necessari per difendere, e difendersi, sono strumenti in dotazione ad ogni singolo operatore delle Forze dell'Ordine, forniti necessariamente per espletare la propria funzione. È un paradosso, oltre che ridicolo, colpevolizzare un Agente perché li usa, o indagarlo se le conseguenze poi sono funeste: delinquere, non fermarsi a un alt, scappare, aggredire un pubblico ufficiale provoca, inevitabilmente, la giusta, normale e del tutto improcrastinabile reazione del protocollo standard di quell’operatore di Polizia.

Due gli episodi, a Olbia e a Genova, che hanno fatto scattare l’ennesima gogna mediatica contro i Carabinieri. Due uomini morti nel giro di quarantotto ore, due interventi difficili e rischiosi, e subito la macchina delle indagini che trasforma i militari in indagati per omicidio colposo. Atto dovuto, certo, ma è sempre la stessa storia: chi indossa una divisa deve difendersi due volte, prima in strada e poi nelle aule di tribunale.

A Olbia, sabato sera, i Carabinieri sono intervenuti dopo le segnalazioni di cittadini impauriti. Gianpaolo Demartis, 57 anni, in forte stato di agitazione, non ha risposto ad alcun richiamo e ha perfino ferito al volto un Carabiniere. Solo dopo tre avvertimenti è stato usato il Taser per immobilizzarlo. È morto poco dopo, durante il trasporto in ospedale. Apriti cielo: titoli, accuse, sospetti. Poi l’autopsia ha messo le cose al loro posto. Non è stato il Taser a ucciderlo, ma un infarto legato a una cardiopatia ischemica, aggravata dall’assunzione di sostanze stupefacenti che hanno innalzato la pressione causando edema cerebrale ed emorragia. In poche parole: il Taser non c’entra nulla.

Il giorno dopo, a Manesseno, nell’entroterra genovese, la scena si è ripetuta. Un cittadino albanese di 47 anni, alterato dall’alcol, ha minacciato i vicini, i sanitari del 118 e poi i Carabinieri accorsi per fermarlo. Una furia incontrollabile che ha aggredito tutti. Anche qui il Taser è stato l’unico strumento utile per evitare che la situazione degenerasse e che qualcuno ci lasciasse la pelle. L’uomo ha avuto un arresto cardiaco ed è morto poco dopo. Anche qui i militari sono finiti indagati.

A difendere i Carabinieri è intervenuto con decisione il Comandante Generale dell'Arma, Salvatore Luongo, che in una lettera inviata a tutti i Carabinieri e resa nota dal sindacato Usmia ha scritto: “Il mio sostegno incondizionato ai colleghi coinvolti nei fatti di Olbia e Genova. Episodi che ci ricordano quanto sia complessa e delicata la missione che ogni giorno portate avanti con professionalità e sacrificio”. Parole che servono come scudo morale a chi, ogni giorno, mette a rischio la propria vita in mezzo alle strade, spesso lasciato solo tra la violenza dei delinquenti e il sospetto di certa Magistratura.

Come sempre, la politica si è divisa. Salvini ha ricordato che i Carabinieri hanno fatto solo il loro dovere, il sottosegretario Molteni ha difeso il Taser come strumento che evita l’uso di armi ben più letali, mentre dall’altra parte c’è chi parla di “tortura legalizzata”. Polemiche sterili, che non cancellano una verità: senza quei Carabinieri, senza il loro addestramento e senza gli strumenti che hanno in dotazione, oggi a piangere non ci sarebbero due famiglie, ma forse molte di più.

E allora basta ipocrisie: chi indossa una divisa non è un bersaglio, non è un imputato per definizione, e soprattutto non può mai diventare un capro espiatorio. È un servitore dello Stato che va difeso e rispettato. Perché se togliamo loro anche il diritto di difendersi, e di difenderci, resteremo tutti disarmati. Mandiamo quindi i signori Giudici a fare il lavoro di questi agenti, magari capiranno meglio. Ma sarebbe sufficiente che alcuni Magistrati non facessero politica e si limitassero ad applicare solamente la legge, con ragionevolezza, senza trovare diversivi. E che usassero sempre cervello, cuore e intelligenza. Perché questi, purtroppo, non vengono dati in dotazione come Taser, Arma e altri strumenti necessari per difendere, e difendersi.

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𝐕𝐄𝐑𝐆𝐎𝐆𝐍𝐀 𝐈𝐍 𝐀𝐋𝐓𝐎 𝐀𝐃𝐈𝐆𝐄: 𝐋𝐔𝐏𝐎 "𝐆𝐈𝐔𝐒𝐓𝐈𝐙𝐈𝐀𝐓𝐎"𝐃𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐏𝐑𝐎𝐕𝐈𝐍𝐂𝐈𝐀 𝐀𝐔𝐓𝐎𝐍𝐎𝐌𝐀 𝐃𝐈 𝐁𝐎𝐋𝐙𝐀𝐍𝐎.__________________________________________...
23/08/2025

𝐕𝐄𝐑𝐆𝐎𝐆𝐍𝐀 𝐈𝐍 𝐀𝐋𝐓𝐎 𝐀𝐃𝐈𝐆𝐄: 𝐋𝐔𝐏𝐎 "𝐆𝐈𝐔𝐒𝐓𝐈𝐙𝐈𝐀𝐓𝐎"
𝐃𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐏𝐑𝐎𝐕𝐈𝐍𝐂𝐈𝐀 𝐀𝐔𝐓𝐎𝐍𝐎𝐌𝐀 𝐃𝐈 𝐁𝐎𝐋𝐙𝐀𝐍𝐎.
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di Mirco Maggi

Un lupo maschio di circa 45 chili è stato abbattuto poco dopo la mezzanotte del 12 agosto, a 2800 metri di altitudine in Alta Val Venosta. Non era un mostro, non era un “pericolo pubblico”: era un animale che, come tutti, aveva diritto a vivere e a procurarsi il cibo. Ma la Provincia autonoma di Bolzano, con un decreto firmato dal presidente Arno Kompatscher, ha deciso diversamente: abbatterlo. E il Corpo Forestale Provinciale ha eseguito l’ordine.

L’assessore all’Agricoltura e alle Foreste, Luis Walcher, ha parlato di minaccia per il tradizionale allevamento alpino e, addirittura, per la sicurezza pubblica. Ha citato i 31 attacchi di lupo avvenuti tra maggio e luglio di quest’anno e i 42 della stagione precedente. Ma la verità è che quegli attacchi si sono verificati di notte, fuori dai recinti, senza cani da difesa – solo tre border collie, cani da conduzione, non da protezione. In altre parole: il lupo ha fatto ciò che la sua natura gli imponeva. Il vero errore è stato umano, non animale.

Durissimo il commento di Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente: un lupo scelto a caso, condannato come nelle decimazioni militari del passato, per accontentare le lobby locali. Kompatscher, denuncia Brambilla, voleva un primato e lo ha ottenuto: essere il primo in Italia ad autorizzare l’abbattimento legale di un lupo da quando vige la Direttiva Habitat. Con la beffa del tempismo: Ferragosto, quando l’opinione pubblica è distratta dalle ferie.

Le associazioni animaliste Lav, Lndc ed Enpa avevano tentato di fermare l’abbattimento con ricorsi e appelli. Prima al Tar, che aveva concesso una sospensiva, poi al Consiglio di Stato. Ma l’11 agosto la risposta è arrivata: appello inammissibile, nessuno strumento legale per impedire l’esecuzione. E così, poche ore dopo, il colpo di fucile ha posto fine alla vita del lupo.

Un lupo era già stato ucciso illegalmente con il veleno nei mesi scorsi, e ora la Provincia ha scelto di ripetersi con un’azione “legale”. Ma il risultato non cambia: la perdita è enorme, per la natura e per tutti noi.

Eppure le alternative esistono. In Svizzera le greggi vengono protette da recinzioni efficaci e cani da guardia addestrati. Esistono sistemi di dissuasione non letali: proiettili di gomma, teleanestesia, persino collari ormonali. Qui, invece, si è scelta la scorciatoia più brutale: il fucile.

Chi ama i lupi non può che sentirsi ferito e indignato. Quel lupo non chiedeva di vivere: ne aveva diritto. Un diritto che gli è stato strappato da chi ha preferito la politica della forza a quella della convivenza. La natura ha perso un suo abitante, e noi tutti abbiamo perso un pezzo della nostra civiltà.

Il lupo non è il problema. Il problema è l'uomo che continua a considerarsi il padrone di tutto, quando è soltanto ospite su questa terra, proprio come lo sono i Lupi: vergognatevi!

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𝗖𝗢𝗟𝗢𝗚𝗡𝗢 𝗠𝗢𝗡𝗭𝗘𝗦𝗘: 𝗙𝗘𝗥𝗥𝗔𝗚𝗢𝗦𝗧𝗢 𝗗𝗜 𝗗𝗘𝗚𝗥𝗔𝗗𝗢 𝗘 𝗦𝗣𝗢𝗥𝗖𝗜𝗭𝗜𝗔. 𝗣𝗜𝗖𝗡𝗜𝗖 𝗘 𝗜𝗠𝗠𝗢𝗡𝗗𝗜𝗭𝗜𝗔 𝗡𝗘𝗜 𝗣𝗔𝗥𝗖𝗛𝗜 𝗘 𝗚𝗜𝗔𝗥𝗗𝗜𝗡𝗜 𝗣𝗥𝗘𝗦𝗜 𝗗’𝗔𝗦𝗦𝗔𝗟𝗧𝗢. 𝗦𝗜𝗡𝗗𝗔𝗖𝗢 𝗘...
16/08/2025

𝗖𝗢𝗟𝗢𝗚𝗡𝗢 𝗠𝗢𝗡𝗭𝗘𝗦𝗘: 𝗙𝗘𝗥𝗥𝗔𝗚𝗢𝗦𝗧𝗢 𝗗𝗜 𝗗𝗘𝗚𝗥𝗔𝗗𝗢 𝗘 𝗦𝗣𝗢𝗥𝗖𝗜𝗭𝗜𝗔.
𝗣𝗜𝗖𝗡𝗜𝗖 𝗘 𝗜𝗠𝗠𝗢𝗡𝗗𝗜𝗭𝗜𝗔 𝗡𝗘𝗜 𝗣𝗔𝗥𝗖𝗛𝗜 𝗘 𝗚𝗜𝗔𝗥𝗗𝗜𝗡𝗜 𝗣𝗥𝗘𝗦𝗜 𝗗’𝗔𝗦𝗦𝗔𝗟𝗧𝗢.
𝗦𝗜𝗡𝗗𝗔𝗖𝗢 𝗘 𝗣𝗢𝗟𝗜𝗭𝗜𝗔 𝗟𝗢𝗖𝗔𝗟𝗘: «𝗚𝗜𝗔' 𝗜𝗡 𝗔𝗧𝗧𝗢 𝗖𝗢𝗡𝗧𝗥𝗢𝗟𝗟𝗜 𝗦𝗘𝗩𝗘𝗥𝗜»

Il Ferragosto a Cologno Monzese si è trasformato in un caso che ha fatto discutere cittadini e istituzioni. I parchi e i giardini pubblici, che dovrebbero rappresentare luoghi di svago, relax e incontro civile, sono stati invece teatro di picnic improvvisati, tavolate sull’erba, e consumo smodato di alcolici, lasciando dietro di sé cumuli di rifiuti e uno spettacolo indecoroso. Bottiglie di birra sparse ovunque, sacchetti di plastica abbandonati, resti di cibo e sedie portate da casa hanno trasformato spazi verdi in vere e proprie discariche a cielo aperto, con l’amara conseguenza che il giorno dopo i cittadini rispettosi delle regole si sono ritrovati a camminare in un ambiente sporco e degradato.

I cittadini hanno segnalato gli episodi verificatisi a Cologno, chiedendo maggiore attenzione e controlli più severi da parte delle autorità. "E' una immagine che stride con l’idea di comunità civile - ha dichiarato Stefano Zanelli, sindaco si Cologno Monzese - Quanto accaduto a Ferragosto è sicuramente disdicevole e quella del bere nei parchi lasciando un immondezzaio è una cattiva abitudine che stiamo provando ad ostacolare anche grazie al nuovo regolamento di polizia urbana. Sono segnali che ci indicano che purtroppo nella nostra città permane da parte di alcuni cittadini una mancanza di attenzione al territorio. L’inciviltà di pochi incide sulla vita di tutti e a farne le spese è la collettività. Noi monitoriamo la situazione e stiamo intervenendo sia con i controlli della polizia locale, in autonomia o di concerto con le altre forze dell’ordine, sia utilizzando il sistema della videosorveglianza per l’identificazione dei trasgressori».

Parole severe che confermano la linea del Comune: tolleranza zero verso chi non rispetta gli spazi comuni. L’amministrazione ha infatti investito negli ultimi anni nel miglioramento dei parchi, sia dal punto di vista del decoro urbano sia della sicurezza, e non accetta che in poche ore di festa tali sforzi vengano vanificati da chi confonde il diritto di divertirsi con la licenza di sporcare.

Sul piano operativo, anche la Polizia Locale si è detta pronta ad agire. Il comandante Fabio Scupola ha annunciato che: "sarà predisposto un ordine di servizio specifico per sorvegliare le aree verdi durante i giorni festivi, con l’obiettivo di prevenire e sanzionare episodi simili, ma soprattutto per «civilizzare» gli avventori, riportando ordine e rispetto in spazi che appartengono a tutta la cittadinanza".

L’episodio di Ferragosto non rappresenta però solo un fatto isolato di inciviltà, ma si inserisce in una dinamica più ampia che riguarda la convivenza civile e il senso di responsabilità collettiva. Se da una parte esiste la voglia legittima di trascorrere una giornata di festa all’aria aperta, dall’altra non può esserci giustificazione per comportamenti che arrecano danno alla comunità. La questione non è quindi solo di decoro urbano, ma anche di cultura civica, perché lasciare un parco o un giardino in condizioni peggiori di come lo si è trovato, significa "minare" il patto sociale che regge la vita di una città.

A Cologno Monzese il messaggio dell’amministrazione è chiaro: la libertà di divertirsi non può mai trasformarsi nel diritto di sporcare.

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Indirizzo

Segrate
20133

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