Maxazzurro “Calcio Storico”

Maxazzurro “Calcio Storico” Calcio Storico Fiorentino 💙💚⚜️❤️🤍
Pagina a cura di Massimiliano Giusti
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Un caloroso saluto a tutti voi che seguite e sostenete questa pagina!In queste settimane ho ricevuto tanti apprezzamenti...
18/09/2025

Un caloroso saluto a tutti voi che seguite e sostenete questa pagina!
In queste settimane ho ricevuto tanti apprezzamenti per le interviste che i protagonisti hanno voluto condividere con me, e vi assicuro che ne sono profondamente grato.

Da domani, però, sarò costretto a rallentare un po’ il ritmo delle pubblicazioni: ci sono ancora molte storie da approfondire e aneddoti da raccogliere, e desidero dare a ciascuno il giusto spazio e valore. I contenuti continueranno ad arrivare, sempre con passione e senza interruzioni, ma con una cadenza di circa quattro giorni.

In questo modo eviteremo anche di “ingolfare” il web e ci assicureremo che ogni post possa essere letto e apprezzato da tutti voi.

Grazie di cuore per il vostro sostegno e per il contributo prezioso che continuate a dare a questo percorso.

La Storia di Riccardo “Gorpe” Landi. Riccardo Landi, per tutti semplicemente “Gorpe”, vide la luce a Firenze il 18 sette...
18/09/2025

La Storia di Riccardo “Gorpe” Landi.

Riccardo Landi, per tutti semplicemente “Gorpe”, vide la luce a Firenze il 18 settembre del 1967. Crebbe nel quartiere di Castello, circondato da amici d’infanzia che portavano nomi ormai leggendari per lui: Biagi, Carniani, Orso… tutti ragazzi con il cuore tinto d’azzurro. Furono proprio loro a spingerlo verso il campo, ad avvicinarlo ancora di più al mondo che già lo affascinava.

Riccardo, infatti, era sempre stato un tifoso azzurro, ma nei suoi primi anni la passione principale era la Fiorentina. Seguiva la squadra con foga e impeto, pagando spesso sulla propria pelle gli eccessi e le “sciocchezze” commesse dentro e fuori lo stadio, tanto in casa quanto in trasferta. Quella vita lo portò persino a subire un Daspo molto lungo, che lo tenne lontano da ciò che amava davvero. Nel frattempo, però, la vita andava avanti: il lavoro da tappezziere in proprio lo impegnava, e soprattutto erano arrivati i figli, troppo importanti per rischiare di farsi male e compromettere tutto.

Col tempo, le nuvole si diradarono. Il Daspo finì, i figli crebbero, e lui poté finalmente tornare a guardare con occhi nuovi i colori del cuore. Era il 2008 quando mise piede al campo per allenarsi. Ma il destino volle imporgli ancora una prova: quell’anno il regolamento stabiliva che chi aveva superato i quarant’anni non poteva giocare. Riccardo restò fuori, ma non si arrese. Dall’anno successivo, fino al 2014 (con la sola eccezione del 2013), vestì i colori azzurri con orgoglio e passione.

Dentro le mura di casa, però, la battaglia era quotidiana: suo padre, nato a San Frediano, era un tifoso bianco fino al midollo. Le discussioni tra padre e figlio erano vere e proprie disfide, una contrapposizione che accendeva il focolare domestico con lo stesso ardore delle piazze.

Nel 2014 arrivò una nuova espulsione, questa volta di cinque anni. Ma nulla, né il tempo né le difficoltà, scalfì il legame di Gorpe con i suoi colori. Oggi, alla soglia dei sessant’anni, Riccardo Landi guarda indietro con fierezza: è stato, è, e sarà per sempre un grande tifoso azzurro.

Fonte: Riccardo Landi

A cura di:

Storie, Aneddoti e Miti di Fiorenza ⚜️ Il Battistero di San Giovanni ed il suo Colore 🟢Il Battistero di San Giovanni sor...
17/09/2025

Storie, Aneddoti e Miti di Fiorenza ⚜️


Il Battistero di San Giovanni ed il suo Colore 🟢

Il Battistero di San Giovanni sorge come un diamante ottagonale al centro di Firenze, antico persino più della sua Cattedrale. Le sue mura di marmi bianchi e verdi raccontano storie che precedono il Rinascimento, quando la città ancora si affacciava timida sulla sua grandezza futura. Qui furono battezzati principi e popolani, artisti e condottieri: da Dante Alighieri a migliaia di anonimi fiorentini, tutti figli dello stesso fonte. Le sue porte di bronzo, ornate di figure sacre, furono dette da Michelangelo “del Paradiso”, come a suggellare l’idea che San Giovanni fosse non solo edificio, ma soglia verso l’eternità.

Attorno al Battistero la vita della città ha sempre ribollito: mercati, feste, processioni. Era il centro, il punto in cui sacro e civile si toccavano, dove lo spirito della comunità trovava forma tangibile. Qui ogni pietra custodisce il respiro di Firenze, e San Giovanni non è mai stato soltanto patrono religioso, ma anche simbolo di unità e orgoglio cittadino.

Da questa eredità nascono i Verdi. Essi incarnano la forza di un quartiere che ha il suo cuore nel Battistero, e che porta sul campo non solo un colore, ma un’identità radicata nella storia. Nei loro gesti e nei loro corpi in battaglia vive ancora quell’antico spirito che unisce popolo e città, fede e furore. I Verdi sono San Giovanni che si fa grido e resistenza, una promessa che il passato non è cenere, ma fiamma ancora viva nell’arena del Calcio Storico.

Per secoli, il Battistero di San Giovanni fu il luogo di battesimo obbligatorio di tutti i fiorentini. Persino Dante, nel ricordo della sua infanzia, lo definì “il mio bel San Giovanni”, tanto che chiese di poter tornare a vederlo anche da esule. Un simbolo talmente radicato da legare insieme la città intera: i Verdi lo portano sul campo come un marchio di nascita e appartenenza.

Congratulazioni per essere tra le persone con più interazioni e per aver ottenuto un posto nella lista delle interazioni...
16/09/2025

Congratulazioni per essere tra le persone con più interazioni e per aver ottenuto un posto nella lista delle interazioni settimanali! 🎉

Valerio Casini, Cristina Soppelsa, Costanza Costanza Salvini, David GS, Paolo Antonio Bellini

⚪️ La Storia di Claudio Naldoni Claudio Naldoni Nasce il 25.6.1957, il suo esordio avvenne nel 1984, in piazza del Carmi...
16/09/2025

⚪️ La Storia di Claudio Naldoni

Claudio Naldoni Nasce il 25.6.1957, il suo esordio avvenne nel 1984, in piazza del Carmine. Fu subito catapultato in una partita durissima, di quelle che non lasciano spazio all’incertezza: o avevi coraggio, o il campo ti respingeva. In quegli anni, il Calcio Storico era diverso: non erano i regolamenti del Comune o i fischi degli arbitri a stabilire i limiti, ma la sabbia e il sangue dell’arena. Tutto era permesso, o quasi, e solo i più tenaci restavano in piedi.

La sua ultima partita fu nel 1998. Tra quell’esordio e quell’addio, aveva dato tutto: forza, cuore e sacrificio, sempre per il colore che difendeva e per i compagni che lottavano al suo fianco. Non cercava gloria personale, ma il senso di appartenenza a un gruppo, a una storia che si scriveva insieme.

Gli Azzurri di Santa Croce, avversari di sempre, li avevano battuti più volte, con pieno merito. Erano uniti, compatti, più forti. Lui, con tutte le energie di cui disponeva, aveva cercato di ribaltare quella supremazia, ma senza riuscirci. Perché nel Calcio Storico, lo aveva capito bene, non è mai il singolo a decidere: è la squadra a fare la differenza, la compattezza del gruppo a determinare il destino.

Eppure, anche senza vittorie, si considerava fortunato. Aveva avuto l’onore di giocare per Firenze, la sua città, di rappresentarla nell’arena, di sentire sulle spalle il peso e l’orgoglio di una tradizione secolare. Pochi privilegi possono eguagliare questo.

Oggi, guardando il presente, riconosce che il gioco non è più lo stesso. Qualcosa è cambiato, profondamente: è un’altra storia, lontana da quella che lui ha vissuto.

È lui l’autore e con quei testi ha conquistato due premi letterari.

INNO ALLA VITTORIA
C'È UN TEMPO PER AMARE E UN TEMPO PER PREGARE.
QUESTO PERO’ E IL TEMPO DI COMBATTERE !
CHE SI ALZI LA POLVERE, CHE IL, SANGUE SCORRA COSICCHE LA BATTAGLIA ENTRI NEL VIVO.
I MIEI SACRIFICI NON SIANO INUTILI E IL MIO ONORE NON MI FACCIA FARE UN SOL PASSO INDIETRO.
SVANISCA OGNI PENSTERO AL PRIMO SQUILLO DI TROMBA E LA MENTE
RESTI LIBERA.
LO SPIRITO DI SACRIFICIO PERVADA LA MIA ANIMA E NON MI FACCIA
TEMERE NULLA
IL CORAGGIO GUIDI LE MIE GESTA.
NON CERCO VANA GLORIA, VOGLIO SOLO DIFENDERE I MIEI COMPAGNI E CONSEGNARE L'AMBITA VITTORIA AL POPOLO DI SANTO SPIRITO.
POPOLO CHE MI HA SEMPRE ACCLAMATO, ANCHE NEL TRAPI PRIVI DI LUCE.
NON ODIO I MIEI AVVERSARI ANZI LI RISPETTO, MA SONO BIANCO E COME TALE DEVO FARE IL MIO DOVERE.
NON PENSO A ME STESSO MA SOLO AI MIEI COMPAGNI SONO PRONTO A TUTTO
VOGLIO ARDENTEMENTE CHE LE MIE AZIONI CONTRIBUISCANO A
RAGGIUNGERE LA META FINALE.
FORZA BIANCHI, FORZA RAGAZZI
VIVA FIORENZA.
VIVA SANTO SPIRITO.

LA FRATELLANZA
I rapporti interpersonali assomigliano a fiori di serra, bellissimi ma pure delicati e bisognosi di cure.
L'amore, l'amicizia, cosi come le semplici conoscenze ,necessitano di attenzioni se vogliamo che queste restino colorate e vive.
L'unico rapporto spartano che somiglia a un bel fiore selvaggio, nato tra mille difficoltà in luoghi impervi e desolati, è la Fratellanza.
La Eratellanza è oltre. La fratellanza va oltre.
Essa non necessita di cure o attenzioni particolari.
Scorre nelle vene, risponde al richiamo del sangue e dell'onore, si nutre di rispetto e di libertà.
Se un fratello chiama, non esiste distanza né fisica né temporale.
Ovunque voi siate, qualunque cosa abbiate fatto, di qualsiasi cosa necessitiate, i Fratelli non tarderanno ad arrivare offrendo il loro supporto e la loro assistenza.
La Fratellanza è riservata a pochissimi ma il numerico non è importante perché è la qualità del rapporto a fare la vera differenza.
I fiori del deserto e dell'alta montagna, sono pochi e rari ma molto forti!
Essi non temono le avversità, perché superano lo spazio e il tempo.
Così la fratellanza, sentimento innato, valore aggiunto, non è per tutti ma davanti ad essa, io mi inchino.

Fonte: Claudio Naldoni

A Cura:

Storie, Aneddoti e Miti di Fiorenza ⚜️ La Basilica di Santo Spirito ed il suo Colore ⚪️Sull’altra riva dell’Arno, Santo ...
15/09/2025

Storie, Aneddoti e Miti di Fiorenza ⚜️


La Basilica di Santo Spirito ed il suo Colore ⚪️

Sull’altra riva dell’Arno, Santo Spirito si apre come un respiro più intimo e raccolto. La sua facciata spoglia nasconde un cuore luminoso, disegnato dal genio di Brunelleschi, dove proporzioni perfette e luce naturale creano uno spazio di armonia silenziosa. È la chiesa dell’Oltrarno, quartiere di artigiani e botteghe, di mani che trasformano la materia in arte.

Santo Spirito non è mai stato distante dalla vita quotidiana: la sua piazza è un teatro aperto, dove il popolo si raduna, dove si intrecciano feste, mercati e passioni. È il volto popolare di Firenze, il luogo in cui l’anima creativa della città si mescola al fervore della sua gente.

Da qui nascono i Bianchi, che nel Calcio Storico portano con sé lo spirito dell’Oltrarno: diretto, fiero, indomito. I loro colori non sono soltanto simbolo di purezza, ma anche di quella forza schietta che non ha bisogno di ornamenti. I Bianchi sono Santo Spirito che si fa lotta, il quartiere che scende in campo con il cuore pulsante delle sue piazze, trasformando semplicità in coraggio, e coraggio in vittoria.

Si narra che Michelangelo, ancora giovane, frequentasse la chiesa di Santo Spirito, dove i frati gli permisero di studiare i cadaveri per conoscere l’anatomia. Da quel luogo di semplicità nacque un genio capace di plasmare il marmo. È questo lo spirito dei Bianchi: la forza che nasce dall’umiltà dell’Oltrarno, capace di trasformarsi in arte e potenza nell’arena.

La storia di David “Il Secco d’Acciaio” Recati 🟢Lui è David Recati, nato a Firenze l’11 aprile 1978.Dietro al suo sorris...
14/09/2025

La storia di David “Il Secco d’Acciaio” Recati 🟢

Lui è David Recati, nato a Firenze l’11 aprile 1978.
Dietro al suo sorriso schietto c’è un passato fatto di ombre: un’adolescenza segnata dal bullismo, duro e costante, che avrebbe potuto spegnere tanti sogni. Ma non lui. Perché al suo fianco c’era il fratello Massimo, campione d’Italia dilettanti, che lo prese e lo portò a soli quattordici anni all’Accademia Pugilistica Fiorentina.
Lì, tra sudore, fatica e disciplina, David imparò non soltanto a difendersi, ma a forgiare quel carattere che lo avrebbe reso un uomo.

Nel 2004 si avvicinò al colore verde del Calcio Storico. Ci vollero anni prima che potesse calcare davvero la sabbia di Santa Croce: dal 2006 al 2011, infatti, i Verdi non giocarono. Ma quando finalmente arrivò il momento del suo debutto, David era pronto.
Fisico esile, appena 66 chili, ma resistenza infinita, cuore che non conosce resa. Cresciuto come pugile dal maestro Boncinelli, era un atleta tecnico, intelligente, capace di combattere anche contro avversari più imponenti. Non a caso, in piazza gli fu dato un soprannome che racconta tutto di lui: il Secco d’Acciaio.
Perché magro sì, ma incrollabile.

Il suo ricordo più grande non è un episodio isolato, non è un singolo colpo o una singola vittoria: è l’onore immenso di scendere a Santa Croce, là dove ogni passo affonda nella storia e ogni respiro si fa battaglia. È stato parte del gruppo che ha fatto rinascere i Verdi, riportandoli a nuova vita, e il rispetto conquistato non l’ha mai tradito: in campo era onestà pura, senza mai tirarsi indietro.

Ma David non è solo Calcio Storico. Il suo legame con San Giovanni vive anche sul ring e nella palestra, come maestro della Pugilistica. In pochi anni ha guidato ragazzi a traguardi importanti: un titolo assoluto italiano, un bronzo europeo, un torneo Robin in nazionale, vari titoli regionali. Ma forse il suo lato più grande è quello umano: l’impegno sociale, i corsi gratuiti per disabili e malati di Parkinson, la voglia di restituire allo sport ciò che lo sport aveva donato a lui.

David Recati è questo: un uomo che la vita ha messo alla prova, ma che non si è mai piegato.
E se oggi tutti lo chiamano “Secco d’Acciaio”, è perché il ferro della sua volontà non si è mai arrugginito, neppure davanti agli ostacoli più duri.

Fonte: David Recati
A cura:

Storie, Aneddoti e Miti di Fiorenza ⚜️ Nelle pieghe della storia fiorentina, quando le pietre dei palazzi echeggiavano a...
13/09/2025

Storie, Aneddoti e Miti di Fiorenza ⚜️


Nelle pieghe della storia fiorentina, quando le pietre dei palazzi echeggiavano ancora delle lotte tra fazioni e il ricordo dei patiboli era vivo nella memoria popolare, nacquero le Compagnie di Quartiere.
Esse non furono mai entità isolate, ma parte di un più vasto organismo cittadino che teneva le redini della vita pubblica e ne regolava le manifestazioni. Il loro ruolo non era soltanto pratico: esse rappresentavano la continuità di un’antica organizzazione che affondava le radici nel Trecento, quando le divisioni di parte e la necessità di ordine avevano imposto un sistema di regole e gerarchie.

Ogni Compagnia, legata al proprio Quartiere, non si muoveva in autonomia. Le decisioni non erano prese in solitudine, ma sottoposte al vaglio di un Consiglio più alto, garante del decoro e della disciplina. I membri dei Consigli di Quartiere venivano scelti con rigore, i loro nomi registrati e approvati con ufficialità: niente lasciato al caso, nessuna improvvisazione, perché rappresentare un Quartiere significava portare sulle spalle secoli di tradizione.

Le cariche si distribuivano con equilibrio. Il Priore, figura di riferimento, manteneva i rapporti con le alte sfere; il Vicario lo sostituiva e spesso rappresentava il legame diretto con le compagnie di gioco e di festa, come quelle del Calcio, che a Firenze erano più che semplice svago. Vi erano poi i Capitani e i Cavalieri, custodi dell’onore e della disciplina, e ancora cappellani e correttori, commissari e capigruppo, a formare una rete complessa dove l’autorità era bilanciata dalla responsabilità. Ogni incarico durava un anno, come a sottolineare che il potere non era mai possesso, ma servizio temporaneo, e chi non rispettava le regole poteva essere rimosso senza appello.

La città stessa si specchiava nei Quartieri, ognuno con i suoi Gonfaloni, segni araldici che custodivano memorie antiche e identità forti:

Nel Bianco ⚪️ di Santo Spirito sventolavano Nicchio, Scala, Sferza e Drago.

Nell’Azzurro 🔵 di Santa Croce, il Bue, il Lion Nero, le Ruote e il Carro.

Nel Rosso 🔴 di Santa Maria Novella, il Lion Bianco, il Lion Rosso, la Vipera e l’Unicorno.

Nel Verde 🟢 di San Giovanni, le Chiavi, il Vaio, il Drago Verde e il Lion d’Oro.

Così, dietro i colori, gli stemmi e le regole, le Compagnie di Quartiere erano lo specchio della città stessa: un mosaico di discipline, orgoglio e memorie, che sopravviveva da secoli. Non soltanto un’organizzazione per eventi o feste, ma un intreccio di uomini, simboli e tradizioni, erede di un ordine antico che, pur tra mutamenti e interruzioni, continuava a dare forma al volto di Firenze.

La Storia di Simone “il Turco” Ponzalli, in Azzurro.Oggi vi presento Simone Ponzalli, calciante Azzurro e veterano: un’a...
12/09/2025

La Storia di Simone “il Turco” Ponzalli, in Azzurro.

Oggi vi presento Simone Ponzalli, calciante Azzurro e veterano: un’altra grande storia da raccontare.
SIMONE PONZALLI, IL TURCO

Nato a Firenze il 22 aprile 1966, Simone Ponzalli è conosciuto da tutti come il Turco. La sua storia in Azzurro comincia il 19 giugno 1988, giorno del debutto che segna l’inizio di tredici stagioni vissute con la maglia di Santa Croce, fino al 2000.

Da ragazzino abitava a un centinaio di metri dal campo dell’Affrico. Ogni giorno passava davanti a quegli allenamenti e restava incantato: omoni che si affrontavano con una forza e un cuore che sembravano sovrumani. Non poteva immaginare destino diverso dal provare anche lui a giocare al Calcio in Costume, e per lui era naturale farlo in Azzurro. Così bussò alle porte del CUS Firenze, dove incontrò Umberto Mantovelli e Roberto Pedullà: furono loro a indicargli gli orari, e da quel momento iniziò l’avventura.

Gli amici di Coverciano cercarono di dissuaderlo: “Negli Azzurri non entrerai mai, vincono sempre, lì non ti faranno giocare. Vai altrove.” Ma Simone non si arrese. Ebbe merito, ebbe fortuna, e trovò spazio proprio dove serviva: dietro. In quegli anni tanti veterani di quel ruolo avevano smesso, da Curzio Moschini a Enrico Miniati, fino a Roberto Parri. Così, già al primo anno di allenamenti, il Turco debuttò. Da quel momento non uscì più dal campo fino al giorno in cui decise di appendere la maglia al chiodo.

Il soprannome nacque da un viaggio. Nel 1984, appena diciottenne, prese un aereo da solo per Istanbul: Fenerbahçe-Fiorentina, Coppa UEFA. Le telecamere di Teleregione lo ripresero sugli spalti. La domenica successiva, a Como, qualcuno lo riconobbe: “Ecco il ragazzo che è andato in Turchia!” Da lì il destino fece il resto: il Turco. Un nome che non si sceglie, ma che si porta per sempre.

La sua vita sportiva non fu solo Calcio Storico. Prima giocava a calcio, poi gli infortuni lo portarono ad arbitrare.

Arrivò fino alla Serie C, cinque anni di fischietto in mano, dal 1997 al 2002. Ma è dal 1988 che è nell’associazione Italiana Arbitri.

In provincia e in regione lo conoscevano tutti: “Quello che gioca al calcio in costume”. E spesso erano i calciatori a temere lui, più che lui loro. Perché in piazza c’erano pugili, lottatori, calciatori, rugbisti… e un arbitro.

I suoi genitori non misero mai piede in piazza, eppure erano tifosi sfegatati degli Azzurri. Curiose coincidenze non mancarono: la maggior parte delle partite le giocò a fianco di Alessandro Carniani, e anni dopo i loro figli si ritrovarono nella stessa classe.

Il suo primo pallone in piazza lo ricorda ancora nitidamente. Glielo passò Michele “Papero” Tricarico. Simone lo raccolse senza capire nulla, iniziò a correre, e lo scaricò ai primi pantaloni azzurri che gli capitarono davanti, visto che le maglie erano ormai strappate. Tornando indietro, Andrea Casini rideva come un matto gridandogli: “Ma dove k433o vai…?”

Il ricordo più luminoso resta però la finale del 1988. La prima vittoria, la più dolce. Gli Azzurri stavano perdendo 3 cacce e mezzo a 1 contro i Bianchi, ma quelle mezze erano tutte errori nostri. Una partita dominata eppure quasi compromessa. Mancavano pochi minuti, quando Gabriele Zena si voltò verso la squadra e ruggì: “Tutti avanti! Schiacciateli nella loro difesa!” In un lampo, quattro cacce consecutive, il trionfo: 5 a 3 e mezzo.
La maggior parte delle partite la vissi al fianco di Alessandro Dei; ed era come se il destino avesse deciso di metterci sempre accanto, spalla contro spalla, nel fango e nella polvere dell’arena.
Dopo le nostre cacce, quando l’adrenalina correva ancora nelle vene e il clamore della folla ci avvolgeva, lui era sempre il primo che stringevo in un abbraccio: un rito silenzioso, fatto di complicità e riconoscenza, che valeva più di mille parole.

L’anno successivo, semifinale contro i Bianchi. Avvelenati, pronti alla guerra. Le immagini video parlano chiaro: otto minuti di rissa prima ancora che il pallone fosse lanciato. Otto minuti eterni, di pugni e botte. Poi, il gioco. E ancora una vittoria: 7 a 2. La sera, La Nazione chiamò il presidente Giampaolo Ceruti per un commento. La risposta fu lapidaria: “Il mio commento è 7 a 2. Arrivederci.” E riattaccò in faccia al giornalista.

Così rimane la storia di Simone Ponzalli, il Turco: tredici anni di battaglie in Azzurro, una vita tra campo e fischietto, e un soprannome nato dal destino che ancora oggi porta con orgoglio.

Fonte: Simone Ponzalli

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Storie, Aneddoti e Miti di Fiorenza ⚜️ Via de’ Neri custodisce tra le sue pietre il segreto di presenze oscure e solenni...
11/09/2025

Storie, Aneddoti e Miti di Fiorenza ⚜️


Via de’ Neri custodisce tra le sue pietre il segreto di presenze oscure e solenni: la “Compagnia dei Fratelli della Croce al Tempio”. Per secoli, questi enigmatici confratelli scivolavano silenziosi tra le vie, accompagnando i morituri verso l’ultimo respiro, offrendo conforto spirituale in un rituale sospeso tra devozione e mistero. La loro presenza lasciava un’impressione indelebile: vestiti di lunghe vesti di tela nera che celavano interamente i loro volti e corpi, camminavano come ombre senza nome, invisibili eppure tangibili, segnando per sempre il nome della strada. Così Via de’ Neri divenne memoria dei Fratelli, custodi del silenzio e dell’ombra, dove ogni passo racconta un frammento di devozione e di inquietudine.

Nelle pieghe della Firenze trecentesca, quando le strade riecheggiavano di canti religiosi e di clangore di ferri, un gruppo di giovani iniziò a radunarsi per pregare la Vergine. Erano anni difficili, percorsi da guerre, carestie e processioni di condannati che dal Bargello venivano condotti verso il patibolo. Quei ragazzi, mossi da un senso di compassione che superava il timore, decisero di non abbandonare gli ultimi della città. Da quei ritrovi nacque una confraternita destinata a imprimere un segno profondo nella memoria di Firenze: la Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio.

Vestiti di nero, si distinsero presto con il nome di “Battuti Neri” o più semplicemente “i Neri”. La loro missione era chiara e terribile: camminare accanto a chi non aveva più speranza, sostenere con preghiere e parole i condannati mentre percorrevano il breve tragitto che li separava dalla morte. Dopo l’ultimo respiro, erano ancora loro a deporre i corpi nella terra, a pregare affinché l’anima trovasse pace.

Il cuore della confraternita batteva in una piccola chiesetta costruita nei pressi del patibolo fuori Porta San Francesco. Quella chiesetta, insieme all’oratorio che divenne luogo di incontro e di preghiera, era il rifugio dei confratelli, lo spazio in cui si rinnovava il patto di pietà e di solidarietà. Accanto sorgeva un cimitero, dove i giustiziati trovavano sepoltura, quasi a suggellare il legame tra la Compagnia e i dimenticati della società.

Non vi era distinzione tra nobili e artigiani, tra mercanti e bottegai: tutti potevano entrare nella Compagnia, e a ciascuno spettava il medesimo compito. Questo spirito di uguaglianza li rese celebri nella città, facendone una delle confraternite più note e rispettate di Firenze.

Il tempo, però, non risparmia nessuna istituzione. Alla fine del Settecento la Compagnia fu soppressa, e la sua chiesetta interrata per lasciare posto alle nuove fortificazioni. L’Ottocento cancellò gli ultimi resti con la furia delle trasformazioni urbane. Sembrava che la memoria dei “Neri” fosse destinata a dissolversi.

Eppure, nel 1912, la Compagnia risorse. Come un seme rimasto sotto terra in attesa della stagione propizia, tornò a germogliare, riprendendo vita e continuando ancora oggi la sua opera. L’antico spirito di compassione e giustizia sopravvive nei confratelli moderni, che custodiscono la storia dei loro predecessori e il legame profondo con una città che, da secoli, vive anche di memoria e di pietà.

La Storia di Renzo Abbrevi 🔴Renzo Abbrevi è un nome che si intreccia indissolubilmente con il Calcio Storico Fiorentino ...
10/09/2025

La Storia di Renzo Abbrevi 🔴

Renzo Abbrevi è un nome che si intreccia indissolubilmente con il Calcio Storico Fiorentino e con i colori rossi di Santa Maria Novella. Figlio d’arte, porta con sé l’eredità di suo padre Gino — detto Buio — calciante bianco e poi, dal 1978, primo allenatore del nuovo corso dei Rossi. Fin da bambino, Renzo respira questa tradizione come un destino già scritto.

Nel 1968, ancora piccolo, entra in Piazza della Signoria come mascotte dei Bianchi, al fianco del padre. È lì che scopre il richiamo della sabbia e delle voci di piazza, presagio di ciò che sarebbe venuto. Dieci anni dopo, infatti, arriva il debutto: nel 1978 indossa la veste di calciante rosso. La prima partita, persa contro i Bianchi, non è una sconfitta, ma l’inizio di un percorso lungo e intenso, vissuto insieme a un gruppo giovane, quasi tutto di esordienti.

Gioca fino ai primi anni ’90, vivendo stagioni combattute e appassionate. Poi passa dall’altra parte del campo, diventando allenatore. Nel 1992 conquista una delle vittorie più belle della storia dei Rossi: il trionfo contro i Bianchi che apre le porte di una finale attesa da anni. Quel momento segna un punto di svolta, il coronamento di una carriera che non si limita al gioco, ma che incarna uno spirito più grande.

Quando smette definitivamente i panni del calciante, Renzo non abbandona mai la sua tradizione. Grazie al compianto Uberto Bini, entra nelle Vecchie Glorie, una seconda famiglia di ex calcianti che custodisce la memoria viva del Calcio Storico. Oggi, come veterano, continua a trasmettere quell’essenza autentica che lo ha accompagnato fin dall’infanzia: lo spirito immortale della sabbia di Santa Croce.

Fabione!!! 👊🏼💙⚜️ Campione WBO Con il cuore e l’orgoglio di Firenze, Fabio Turchi ha dominato il ring fin dal primo gong....
09/06/2025

Fabione!!! 👊🏼💙⚜️
Campione WBO

Con il cuore e l’orgoglio di Firenze, Fabio Turchi ha dominato il ring fin dal primo gong. Muovendosi con intelligenza e colpendo con potenza, ha imposto il suo ritmo al centro del quadrato, guadagnandosi la vittoria per decisione unanime (97‑93, 97‑93, 97‑94).

Fedeli al soprannome “Stone Crusher”, i primi round lo hanno visto martellare l’avversario con precisione e freddezza, controllando distanza e intensità.

Dalla quinta ripresa, il lettone Volkovs ha provato a ribaltare il match con aggressività, ferendo l’occhio destro del toscano. Ma Fabio, con tenacia e lucidità, ha stretto i denti e ripreso il controllo.

Il match, intenso fino all’ultimo secondo, ha confermato la classe, la disciplina e lo spirito guerriero di un fiorentino vero.

Indirizzo

Sesto Fiorentino

Orario di apertura

17:00 - 18:30

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