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12/09/2025

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Non Solo Rock 🤘🏻a cura di Cristiano ArdauRicorre oggi la morte di Lucio Battisti, nato il 5 marzo del 1943 a Poggio Bust...
09/09/2025

Non Solo Rock 🤘🏻
a cura di Cristiano Ardau

Ricorre oggi la morte di Lucio Battisti, nato il 5 marzo del 1943 a Poggio Bustone, piccolo borgo in provincia di Rieti.
Figlio di una famiglia semplice, cresce tra le colline laziali in un’Italia che si stava rialzando dalle macerie della guerra. La musica arriva presto, prima con la chitarra, poi con la curiosità per i generi che si affacciavano da oltreoceano come il rock, soul, rhythm and blues. Lì, in quelle corde americane, Battisti intuisce che la canzone italiana può cambiare pelle.

Gli inizi non sono facili: timido e introverso, con il sogno in tasca, si trasferisce a Milano, cuore pulsante della discografia. Nel 1965 incontra Mogol, e quella scintilla segnerà un’intera epoca. L’uno con la chitarra e la melodia, l’altro con la penna e la poesia, danno vita a un sodalizio irripetibile.
Insieme rivoluzionano la canzone italiana, portando la tradizione melodica verso il pop moderno, contaminato dal rock, folk, soul e più avanti, perfino con il progressive.

Tra la fine degli anni ’60 e i ’70 arrivano brani che diventano veri e propri inni generazionali e classici senza tempo.
Emozioni, Il Mio Canto Libero, I Giardini di Marzo, La Canzone del Sole, Fiori Rosa Fiori di Pesco, Mi ritorni in mente.
Canzoni che non raccontano solo le storie d’amore, ma parlano di crescita, di libertà, di desiderio e di cambiare.
La voce di Battisti, mai stata tecnicamente perfetta, è tuttavia peculiare e unica, molto intensa, ruvida e vibrante e porta dentro tutta la forza dell’emozione e del peso delle parole di Mogol.

Album innovativi negli arrangiamenti, raffinati nella produzione, capaci di parlare a milioni di italiani.
Sempre all’avanguardia sulle tecniche di incisione e registrazione.
Nel frattempo, Lucio conquista anche l’estero: le sue canzoni vengono tradotte e reinterpretate, e lui incide in spagnolo, in inglese, arrivando fino in Sudamerica.

La seconda parte della carriera vedrà una svolta radicale dopo il distacco da Mogol, con Battisti che intraprenderà una nuova fase con il paroliere Pasquale Panella.
È il tempo di dischi ermetici e sperimentali, come Don Giovanni nel 1986, L’apparenza nel 1988, La Sposa Occidentale nel 1990, dove i testi diventano visioni astratte e la musica si spinge verso sonorità elettroniche e moderne.
Non tutti li capiscono, in realtà accolti tiepidamente, ma ancora una volta Lucio è avanti.
Si rifiuta di ripetersi e sceglie il rischio della ricerca.

Ma dal 1982 Battisti sceglie il silenzio pubblico, lontano dalle luci della ribalta.
Nessun concerto, niente interviste e niente apparizioni televisive.
Una scelta coraggiosa e controcorrente in un mondo che pretende visibilità continua.
Per Lucio conta solo la musica, non il personaggio; un isolamento che contribuisce ad alimentarne il mito.

In totale, pubblica venti album, quasi 30 milioni di copie. Ma più dei numeri resta la sensazione di aver cambiato per sempre la canzone italiana, di aver aperto nuove strade a intere generazioni di artisti.

Il 9 settembre del 1998, a soli 55 anni, Lucio Battisti muore a Milano per complicazioni dopo un ricovero di dieci giorni. L’Italia intera resta attonita: con lui se ne va non solo un cantautore, ma un pezzo di anima collettiva. Le sue canzoni continuano a vivere, attraversando il tempo e parlando ancora oggi a chi cerca emozioni autentiche.

Lucio Battisti non è stato soltanto un cantante ma un grande innovatore, un poeta moderno, un messia della liturgia laica.

Non Solo Rock 🤘🏻a cura di Cristiano ArdauRicorre oggi l’anniversario della morte di Keith John Moon, storico e leggendar...
07/09/2025

Non Solo Rock 🤘🏻
a cura di Cristiano Ardau

Ricorre oggi l’anniversario della morte di Keith John Moon, storico e leggendario batterista degli Who, scomparso prematuramente il 7 settembre del 1978, a soli 32 anni.
Una vita breve ma intensa, vissuta ad una velocità insostenibile, tanto che ancora oggi il suo nome è sinonimo di follia creativa e energia pura sul palco.

Moon non era un batterista tecnico ma un autodidatta che faceva della potenza e dell’istinto la sua cifra artistica. Non si limitava a tenere il tempo: la sua batteria era un fiume in piena, una seconda voce, un assalto sonoro che accompagnava e spesso trascinava tutta la band.
Keith fu tra i primi a usare la doppia grancassa e a rompere con la simmetria del set, piazzando piatti e charleston anche sul lato destro: un approccio irriverente che anticipava di decenni la batteria moderna.

Il suo stile, però era inseparabile dal suo carattere.
Istrionico, burlone, autolesionista, visse nel mito degli eccessi.
Alcool, droga e scherzi fuori controllo, come la tendenza a distruggere tutto ciò che lo circondava, dagli strumenti alle camere d’albergo.
Entrò nella leggenda quando fece esplodere la sua grancassa al termine di My Generation durante il Smothers Brothers Comedy Hour, lasciando il pubblico attonito e Pete Townshend temporaneamente sordo. Oppure quando, ubriaco, parcheggiò una Rolls Royce direttamente nella piscina di un hotel: un’immagine che, anni dopo, ispirò la copertina dell’album degli Oasis Be Here Now.

La sua esistenza fu un gioco pericoloso senza regole, un continuo oscillare tra genialità e autodistruzione. Non a caso il suo soprannome era “Moon the Loon”, Moon il Matto, appellativo che lo accompagnò fino all’ultimo respiro. Morì per overdose di clometiazolo, un farmaco che gli era stato prescritto per disintossicarsi dall’alcol: tragico paradosso di un uomo che cercava di salvarsi e che invece trovò la fine.

Nonostante ciò, a quasi cinquant’anni dalla sua morte, Keith Moon resta universalmente annoverato tra i più grandi batteristi della storia, al fianco del rivale amico John Bonham dei Led Zeppelin. Ma se Bonham incarnava la potenza monolitica, Moon era puro caos creativo, uno spirito libero che trasformò la batteria in fuoco d’artificio, corpo scenico e detonatore di emozioni.

Keith Moon non ha avuto bisogno di vivere a lungo per diventare eterno. Nel tempo che ha avuto, ha spinto ogni limite più in là, lasciando agli Who e al rock un’eredità che ancora oggi vibra come una scarica elettrica.

Non Solo Rock 🤘🏻a cura di Cristiano ArdauBuon compleanno a George Roger Waters, nato il 6 settembre del 1943, a Great Bo...
06/09/2025

Non Solo Rock 🤘🏻
a cura di Cristiano Ardau

Buon compleanno a George Roger Waters, nato il 6 settembre del 1943, a Great Bookham, cresciuto a Cambridge, fondatore e bassista dei Pink Floyd.
Da piccolo porta con sé il marchio indelebile della perdita del padre in guerra, ad Anzio in Italia, caduto nella seconda guerra mondiale.
Un’assenza che diventerà ferita aperta, ossessione narrativa e generatore poetico di un’intera carriera musicale.
Nel 1965 insieme a Syd Barrett, Nick Mason e Richard Wright dà vita ai Pink Floyd.
All’inizio è il genio visionario di Barrett a guidare la nave floydiana, ma dopo la sua uscita di scena, sarà proprio Waters a imporsi come architetto della band.

Il basso tra le mani, la penna che graffia, l’immaginario che lo farà diventare politico, filosofico e psicologo.
Waters è il regista delle grandi opere floydiane come Dark Side of the Moon nel 1973, viaggio nella mente e nelle ansie moderne, come Wish You Were Here nel 1975, tributo doloroso all’amico perduto Syd fino a The Wall nel 1979, l’opera magna, un monumento di alienazione e isolamento, autobiografia trasfigurata in epica rock.

Il suo carattere non è mai stato facile verso se stesso ma sopratutto verso gli altri.
Caparbio, determinato, visionario e dispotico.
Senza mezzi termini sempre con posizioni e giudizi spesso anticonformisti e crudi.
Ma è proprio da questa tensione che nascono dischi che hanno segnato la storia della musica.
Lo scontro con gli altri membri della band diventa insanabile nei primi anni ’80, e nel 1985 Waters lascia i Pink Floyd, convinto che senza di lui la creatura non potesse più sopravvivere.
La storia e i tribunali di Londra gli daranno torto a metà, con i Floyd che continueranno da soli.
Tuttavia la sua carriera solista si affermerà con successo, con lavori di grande respiro come The Pros and Cons of Hitch Hiking, Radio K.A.O.S., e soprattutto Amused to Death.

Waters non è mai stato soltanto un musicista.
Fine narratore politico, un intellettuale che usa la musica come arma, come manifesto, come parola per raccontare la fragilità dell’uomo.
Ancora oggi, a ottantadue anni, porta in tour spettacoli monumentali, sempre più simili a opere totali, dove musica, immagini e parole si fondano in strumenti di lotta contro guerre, ingiustizie e indifferenza.

Bassista dallo stile asciutto, iconico ma lontano dai virtuosismi, Roger Waters è il basso pulsante del rock, grillo parlante e mente inquieta che ci ha insegnato che il rock non è solo intrattenimento ma denuncia, memoria e visione.
30 album tra Pink Floyd e solista, 250 milioni di vendite per un artista che ha costruito muri, ma che ha anche cercato di abbatterli.

Non Solo Rock 🤘🏻a cura di Cristiano ArdauBuon compleanno al compianto Farrokh Bulsara, noto ai più come Freddie Mercury,...
05/09/2025

Non Solo Rock 🤘🏻
a cura di Cristiano Ardau

Buon compleanno al compianto Farrokh Bulsara, noto ai più come Freddie Mercury, nato ol 5 settembre del 1946 a Zanzibar. Un nome complesso, un’origine lontana ma destinato a infrangere ogni confine culturale, musicale e artistico, frontman, fondatore e autore del gruppo britannico dei Queen.

Cresciuto tra Zanzibar e l’India, frequenta un collegio vicino Bombay, e da giovane scopre la musica come compagna fedele. Pianoforte e rock’n’roll diventano il suo rifugio, e la voce già da allora, si fa spazio tra le mura di un mondo troppo stretto. Con la famiglia, scappando dai tumulti politici, si trasferisce in Inghilterra. Londra diventa il palcoscenico dove il ragazzo timido e insicuro costruirà la scena artistica di Freddie Mercury.

Negli anni ’70, insieme a Brian May, Roger Taylor e John Deacon, fonda i Queen. Non una semplice band, ma un manifesto, fusione di rock, opera, teatralità e sperimentazione. Con Bohemian Rhapsody nel 1975, Freddie abbatte ogni regola della forma canzone.
Sei minuti di follia geniale che la BBC inizialmente non voleva trasmettere, destinati invece a riscrivere la storia della musica.

Sul palco, Mercury diventa un dio del rock con il corpo minuto che si trasforma in energia pura, il microfono senza asta completa, il pugno levato, i baffi iconici degli anni ’80, il passo felino capace di ipnotizzare f***e oceaniche.
Il Live Aid del 1985 resta forse il suo momento più alto con venti minuti di performance da visibilio che, hanno scolpito per sempre la sua leggenda, quanto l’intero stadio che rispondeva all’unisono ai suoi vocalizzi.

Ma dietro la luce, c’è sempre l’ombra. La timidezza cronica, le contraddizioni, la ricerca spasmodica di amore e libertà nella sua sfera sessuale.
Negli ultimi anni, l’HIV lo colpisce inesorabile.
Freddie decide di vivere in silenzio il dolore, ma di regalare al mondo, fino all’ultimo respiro, musica e arte.
L’album Innuendo del 1991 è il suo testamento e l’interpretazione di The Show Must Go On è più che una canzone, la sua dichiarazione di guerra alla morte.
Per il resto della band sarà una prova durissima e, lo stesso John Deacon abbandonerà le luci della ribalta per sempre.

Il 24 novembre del 1991 Freddie Mercury si spegne a soli 45 anni, nella sua casa di Kensington. La notizia della sua scomparsa arriva il giorno dopo l’annuncio pubblico della malattia, e scuote il mondo intero, incredulo per la mesta notizia.

Ma quella voce, capace di spaziare in quattro ottave, continua a vibrare ovunque, negli stadi, nelle radio e nelle memorie di chiunque abbia ascoltato almeno una volta le note dei Queen.
A distanza di decenni con gli oltre 300 milioni di album venduti dalla band.

Freddie Mercury non è stato solo un frontman. È stato un visionario, un artista totale, un uomo che ha trasformato la propria fragilità in grandezza.
Una persona che ha incarnato la musica sino a morirne, riuscendo abilmente ad essere musica e persona, in una fama e una leggenda senza eguali nella musica.

Ci lascia oggi Giorgio Armani, simbolo di eleganza e innovazione. La moda mondiale perde un grande maestro. 🩷
04/09/2025

Ci lascia oggi Giorgio Armani, simbolo di eleganza e innovazione. La moda mondiale perde un grande maestro. 🩷

✨ Quando due voci straordinarie si incontrano… nasce la magia!Annalisa e Marco Mengoni si uniscono per la prima volta in...
03/09/2025

✨ Quando due voci straordinarie si incontrano… nasce la magia!

Annalisa e Marco Mengoni si uniscono per la prima volta in “Piazza San Marco”, una ballad dal respiro cinematografico ambientata nella splendida Venezia. 🎶

🔥 Il brano anticipa il nuovo album di Annalisa, “Ma io sono fuoco”, in arrivo questo autunno.

Anche tu non vedi l’ora di sentirlo? Appuntamento al 5 settembre!

Non Solo Rock 🤘🏻a cura di Cristiano ArdauSettembre non è solo un mese, è un mood. E pochi lo hanno raccontato meglio deg...
01/09/2025

Non Solo Rock 🤘🏻
a cura di Cristiano Ardau

Settembre non è solo un mese, è un mood.
E pochi lo hanno raccontato meglio degli Earth, Wind & Fire con la loro immortale September del 1978; in realtà pubblicata a novembre dello stesso anno.
Un inno alla gioia pura, al ballo della formazione statunitense che non conosce tempo.

Non solo rock 🤘🏻a cura di Cristiano ArdauOgni anno, puntuale come le foglie che iniziano a cadere dagli alberi, con l’in...
01/09/2025

Non solo rock 🤘🏻
a cura di Cristiano Ardau

Ogni anno, puntuale come le foglie che iniziano a cadere dagli alberi, con l’inizio di settembre torna a risuonare nei social Wake Me Up When September Ends, una delle canzoni più note dei Green Day.
Un brano che molti associano al mese di settembre, la ripresa delle attività, ma che in realtà porta con sé un carico emotivo profondissimo.

Il pezzo, contenuto in American Idiot del 2004, il concept album che ha rilanciato la band californiana consacrandola come voce critica dell’America post-11 settembre, nasce da una ferita personale di Billie Joe Armstrong. Il frontman dei Green Day p***e il padre quando aveva solo dieci anni, morto di cancro. Durante il funerale, la mamma pronunciò una frase che sarebbe rimasta impressa nel tempo “Wake me up when September ends”.

L’arrangiamento, malinconico e dolceamaro, parte con la chitarra acustica, con un crescendo struggente con i colpi dei mallets sui timpani della batteria di Tré Cool, e porta il marchio tipico dei Green Day: un rock poi diretto, ma qui più intimo e con liriche vulnerabili rispetto alle loro consuete bordate punk.

Non è un caso che Wake Me Up When September Ends abbia trovato nuova vita anche come simbolo del dolore collettivo, dagli omaggi alle vittime dell’11 settembre fino al ricordo dei soldati caduti in Iraq, tema presente nel videoclip ufficiale. Ma prima ancora di essere un inno generazionale, resta soprattutto la confessione intima di un figlio che non ha mai smesso di piangere il proprio padre.

E così, ogni settembre, questa canzone non è solo un ritornello condiviso in rete ma una finestra aperta sul dolore universale della perdita e, sulla speranza che il tempo, almeno in parte, sappia lenire le ferite.

Non Solo Rock 🤘🏻a cura di Cristiano ArdauNella storia della musica, il finire del mese di agosto richiama inevitabilment...
31/08/2025

Non Solo Rock 🤘🏻
a cura di Cristiano Ardau

Nella storia della musica, il finire del mese di agosto richiama inevitabilmente alla memoria il celebre Festival dell’Isola di Wight, che negli anni a cavallo tra i Sessanta e i Settanta seppe incarnare lo stesso spirito di Woodstock, trasportandolo però in Europa, sulle rive britanniche.

L’isola, una piccola contea autonoma immersa nel Canale della Manica di fronte a Southampton, divenne per tre anni consecutivi il cuore pulsante della controcultura europea.
Le prime tre edizioni, dal 1968 al 1970, hanno scritto pagine leggendarie, tanto da trasformare Wight in un simbolo intramontabile. Dopo decenni di silenzio, la tradizione è stata poi ripresa nel 2002, ma senza i fasti irripetibile
I di quell’epoca.

La prima edizione del 1968 fu un preludio, con 10.000 spettatori e un cartellone che vedeva i Jefferson Airplane, i Tyrannosaurus Rex e gli Smile, embrione dei Queen senza Freddie Mercury e John Deacon; un evento ancora acerbo, ma già carico di tante promesse.

Nel 1969 il festival crebbe esponenzialmente, ospitando i The Who in piena ascesa, Joe Cocker reduce dal trionfo di Woodstock, i King Crimson e la loro rivoluzione prog, e Bob Dylan che tornava sulle scene dopo tre anni di assenza. Fu proprio Dylan a catalizzare l’attenzione mondiale, con una performance che sancì il ritorno dell’eroe folk-rock davanti a una platea sconfinata.

Ma il vero apice si raggiunse nell’estate del 1970, quando Wight divenne il palcoscenico più straordinario d’Europa. Sullo stesso cartellone convivevano Miles Davis (con Keith Jarrett e Chick Corea nella sua band elettrica), i The Who, Leonard Cohen, i Procol Harum, i Supertramp ancora agli esordi, Emerson Lake & Palmer, i Doors, Gilberto Gil e Caetano Veloso, Joan Baez, Donovan e soprattutto Jimi Hendrix, che regalò la sua ultima esibizione europea prima della tragica morte, poche settimane dopo.

Fu un evento colossale con oltre 600.000 spettatori, tensioni organizzative, costi esorbitanti e un clima di rivolta generazionale che travalicava la musica per diventare manifesto sociale e politico. Proprio quell’edizione decretò paradossalmente la fine del festival, con i debiti che portarono al collasso gli organizzatori, segnando la chiusura di un’epopea.

Dal 2002 il Festival di Wight è rinato, con headliner del calibro di Rolling Stones, Paul McCartney, David Bowie, Pearl Jam e Coldplay.
Ma il mito degli anni d’oro resta inarrivabile, perché non si trattava solo di concerti, ma di un’esperienza collettiva che rifletteva lo spirito ribelle, ottimista e visionario di una generazione.

In Italia, quell’eco giunse attraverso la musica leggera, con la celebre L’isola di Wight dei Dik Dik, cover della canzone di Michel Delpech che contribuì a fissare nell’immaginario comune l’immagine di un paradiso di libertà e di utopia giovanile.

Oggi il nome di Wight non evoca soltanto un luogo geografico, ma un mito culturale.
È la memoria viva di un’estate eterna, sospesa tra sogno e rivoluzione, tra note musicali e voglie di riscatto culturale.

Siete pronti a ballare? 😍I nostri DJ sono già alla consolle per tenervi compagnia tutta la notte! 📻 Vi aspettiamo: 🕘 Ven...
29/08/2025

Siete pronti a ballare? 😍

I nostri DJ sono già alla consolle per tenervi compagnia tutta la notte!

📻 Vi aspettiamo:
🕘 Venerdì e sabato ore 21:00
🕒 Sabato e domenica ore 15:00

Non Solo Rock 🤘🏻a cura di Cristiano ArdauBuon compleanno al compianto Michael Joseph Jackson, universalmente conosciuto ...
29/08/2025

Non Solo Rock 🤘🏻
a cura di Cristiano Ardau

Buon compleanno al compianto Michael Joseph Jackson, universalmente conosciuto come Michael Jackson, nato il 29 agosto del 1958 a Gary, nell’Indiana.
Undicesimo di dieci fratelli in una famiglia afroamericana umile, cresce in un ambiente duro ma musicalmente vivace, plasmato dall’inflessibile padre Joseph. Fin da bambino mostra un talento fuori dal comune e, a soli 6 anni, entra nei Jackson 5, con i quali conquista le classifiche Motown grazie a brani come I Want You Back e ABC.
La sua voce squillante e il carisma lo rendono immediatamente la star del gruppo.

Gli anni ’70 rappresentano il trampolino di lancio, mentre i fratelli restano ancorati a un pop più leggero; Michael infatti si proietterà verso la carriera solista.
Nel 1979, con Off the Wall, inizia la trasformazione con un mix irresistibile di funk, disco e soul, guidato dalla visione di Quincy Jones, autentico deus ex machina della musica.
Ma è nel 1982 con Thriller che Michael entra nella leggenda.
L’album con oltre 100 milioni di copie vendute, rimane il più acquistato di tutti i tempi.
Billie Jean, Beat It e l’omonima Thriller non sono solo canzoni, ma icone musicali, accompagnate da videoclip che rivoluzionarono per sempre la musica contemporanea.

Michael diventa così il Re del Pop, con un successo planetario.
È completo e trasversale, cantautore, ballerino, coreografo, compositore, attore, imprenditore, produttore discografico e fine filantropo statunitense.

Il suo stile di danza, con il leggendario moonwalk, entra nell’immaginario collettivo quanto le sue melodie.
Album come Bad nel 1987 e Dangerous nel 1991, consolidano il mito, con un mix di innovazione sonora, provocazioni, videoclip kolossal e tournée mondiali capaci di riempire stadi interi.

Ma alla leggenda si affianca una storia parallela fatta di fragilità. Michael, uomo più famoso al mondo, convive con un’infanzia rubata, un padre severo e un’esposizione mediatica senza precedenti.
Arrivano accuse infamanti, processi mediatici, problemi di salute e una crescente dipendenza dai farmaci.
Un mix che finirà per minare la sua immagine pubblica e la sua stessa vita.

Michael Jackson ha abbattuto le barriere razziali nel mainstream, ha portato il pop a un livello artistico senza precedenti, con oltre un miliardo di dischi venduti, record su record da Guinness dei primati per premi ricevuti e statistiche, permanenze per decenni nelle classifiche musicali e un impegno filantropico che lo vide donare centinaia di milioni di dollari in beneficenza.
Ha saputo incarnare la musica come nessun altro.

Michael Jackson muore improvvisamente il 25 giugno 2009, a Los Angeles, per un arresto cardiaco causato da un’overdose di medicinali. La notizia fa il giro del mondo in pochi minuti e milioni di persone piangono non solo un artista, ma un simbolo di un’epoca.

Il suo lascito artistico è incalcolabile.
La sua musica, la sua danza, la sua presenza scenica e l’impatto culturale rimarranno per sempre punti fermi ed esempi insuperabili.

Indirizzo

Zona Industriale Interstate Coras/Moriscau
Sestu
09028

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