19/03/2025
Impressionante‼️
Gran Sasso d’Italia, 67 chilometri, 7200 metri di dislivello positivo in autonomia tra creste e pareti, con ramponi e sci per concludere il primo concatenamento e la prima traversata integrale di tutte le vette principali di questo massiccio, da solo e in inverno. Ma questi… sono solo dettagli. In verità tutto è iniziato due anni prima, quando, scalando da solo lo spigolo sud sud-est del Gran Sasso il mio sguardo e il mio cuore si riempivano di bellezza. È in quel momento che è nato il desiderio di pensare a una “sfida” sportiva che mi portasse ad abbracciare queste montagne. La scelta dell’inverno, e della solitudine invece fanno parte del mio DNA. Se desidero un’avventura devo mettermi nelle condizioni ideali perché questo accada. L’anno passato, ad esempio, non c’era neve e se avessi provato, le cose sarebbero state più facili, ma avrei potuto parlare di ascensione invernale? Il calendario oggi non fa più la differenza… La nostra etica e i nostri ideali si.
Nel mio modo di vivere la montagna esiste anche un’altra regola, il “togliere per avere”. Di fatto, sino alla sera prima, non mi ero informato e non conoscevo quasi nulla di cosa sarei andato a fare, ma avevo un’idea e un sogno e questo mi bastava. Il mio alpinismo prima di tutto deve emozionarmi e regalarmi la possibilità di vivere nuove esperienze, e quest’ultima, avrà per sempre un posto speciale. E a proposito di cose speciali, o meglio di persone speciali… Gli incontri avuti negli anni durante le mie conferenze sulla dorsale appenninica e nei mesi scorsi a L’Aquila con Luca Cococcetta, il Lupo, Luca e Roberto Parisse, Igor Antonelli e le molte persone incontrate in Abruzzo meritano la mia più sincera gratitudine. Senza di loro non avrei ritrovato l’autenticità di chi ama la montagna al di là dei nomi e dei confini.
Gran Sasso d’Italia: 67 kilometers, 7,200 meters of elevation gain, moving autonomously across ridges and faces, using crampons and skis to complete the first enchainment and the first full traverse of all the main peaks of this massif—alone and in winter. But these… are just details.
In truth, everything began two years earlier, when, climbing solo on the south-southeast edge of Gran Sasso, my eyes and heart were filled with beauty. It was in that moment that the desire was born—to conceive a sporting “challenge” that would allow me to embrace these mountains. The choice of winter and solitude, however, is part of my DNA. If I seek an adventure, I must create the right conditions for it to happen.
Last year, for example, there was no snow, and if I had attempted it, things would have been easier—but could I have truly called it a winter ascent? The calendar no longer makes the difference… Our ethics and ideals do.
In my approach to mountaineering, there is another rule: “subtract to gain.” In fact, up until the night before, I had done no research and knew almost nothing about what I was about to undertake. But I had an idea, and I had a dream—and that was enough. My alpinism, above all, must move me, must give me the chance to live new experiences. And this one will forever hold a special place.
And speaking of special things—or rather, special people… The encounters I’ve had over the years during my talks on the Apennine ridge, and in recent months in L’Aquila with Luca Coccetta, il Lupo, Luca and Roberto Parisse, Igor Antonelli, and the many people I’ve met in Abruzzo, deserve my deepest gratitude. Without them, I would not have rediscovered the authenticity of those who love the mountains beyond names and borders.
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